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Matematiche certezze: Un'indagine di Mariani e Crema
Matematiche certezze: Un'indagine di Mariani e Crema
Matematiche certezze: Un'indagine di Mariani e Crema
E-book215 pagine2 ore

Matematiche certezze: Un'indagine di Mariani e Crema

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Info su questo ebook

Una serie di delitti insanguina Torino nei giorni intorno a Ferragosto, rovinando giornate che il commissario Crema sperava tranquille e senza complicazioni. Tutti gli omicidi sembrano opera di un serial killer e si verificano in giorni sempre più ravvicinati: il commissario torinese e la sua squadra si impegnano in una lotta contro il tempo per individuare il colpevole o, almeno, per evitare nuovi delitti. L’obiettivo sembra raggiunto ma quattro anni dopo, a Genova, il commissario Mariani si trova a indagare su un omicidio che presenta singolari analogie con i casi torinesi. Ed è immediata la domanda se le somiglianze sono casuali o nascondono altro. Risolvere il caso genovese aiuterà Crema a raggiungere la matematica certezza di aver individuato correttamente il “suo” assassino?

Maria Masella è nata a Genova. Ha partecipato varie volte al Mystfest di Cattolica ed è stata premiata in due edizioni (1987 e 1988). Ha pubblicato una raccolta di racconti – Non son chi fui – con Solfanelli e un’altra – Trappole – con la Clessidra. Sempre con la Clessidra è uscito nel 1999 il romanzo poliziesco Per sapere la verità. La Giuria del XXVIII Premio “Gran Giallo Città di Cattolica” (edizione 2001) ha segnalato un suo racconto La parabola dei ciechi, inserito successivamente nell’antologia Liguria in giallo e nero (Fratelli Frilli Editori, 2006). Ha scritto articoli e racconti sulla rivista “Marea”. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Morte a domicilio (2002), Il dubbio (2004), La segreta causa (2005), Il cartomante di via Venti (2005), Giorni contati (2006), Mariani. Il caso cuorenero (2006), Io so. L’enigma di Mariani (2007), Primo (2008), Ultima chiamata per Mariani (2009), Mariani e il caso irrisolto (2010), Recita per Mariani (2011), Per sapere la verità (2012), Celtique (2012, terzo classificato al Premio Azzeccagarbugli 2013), Mariani allo specchio (2013), Mariani e le mezze verità (2014), Mariani e le porte chiuse (2015), Testimone. Sette indagini per Antonio Mariani (2016), Mariani e il peso della colpa (2016), Mariani e la cagna (2017), Mariani e le parole taciute (2018), Nessun ricordo muore (2017) e Vittime e delitti (2018), questi ultimi due con protagonista la coppia Teresa Maritano e Marco Ardini. Per Corbaccio ha pubblicato Belle sceme! (2009). Per Rizzoli, nella collana youfeel, sono usciti Il cliente (2014), La preda (2014) e Il tesoro del melograno (2016). Morte a domicilio e Il dubbio sono stati pubblicati in Germania dalla Goldmann. Nel 2015 le è stato conferito il premio “La Vie en Rose”. 2018, terza classificata alla prima edizione del Premio EWWA.

Rocco Ballacchino è laureato in Scienze della comunicazione. È autore dei gialli, editi da Il Punto - Piemonte in Bancarella, Crisantemi a Ferragosto (2009), Appello mortale (2010) e Favola Nera (2012), quest’ultimo scritto a quattro mani con il giornalista Andrea Monticone. Dopo Trappola a Porta Nuova, edito da Fratelli Frilli Editori, ha pubblicato Scena del crimine – Torino piazza Vittorio, Trama imperfetta – Torino piazza Carlo Alberto, Torino Obiettivo Finale e Tredici giorni a Natale in cui al centro della scena c’è il duo investigativo composto dal commissario Sergio Crema e dal critico cinematografico Mario Bernardini (Fratelli Frilli Editori 2013-2017). Dal 2018 è il curatore della collana di gialli per ragazzi I Frillini, per la quale ha pubblicato I gemelli Misteri e l’invasione zombie. È tra i fondatori del collettivo di scrittori ToriNoir.
 
LinguaItaliano
Data di uscita18 mar 2019
ISBN9788869433375
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    Matematiche certezze - M. Masella

    Parte Prima

    Genova

    CAPITOLO 1

    Genova, venerdì 15 agosto

    Qualcuno deve lavorare anche a Ferragosto, in famiglia non siamo da vacanze a comando, quindi sono qui, in via Antica Romana di Quarto, sul luogo del delitto. L’appartamento è ben esposto al sole e nessuno deve aver provveduto ad accostare le gelosie da un po’ di giorni: il risultato è l’odore dolciastro del sangue.

    La Petri è venuta con me, è entrata alla brava e l’ho vista impallidire anche se di morti ammazzati ne ha già collezionati un bel po’.

    Ma è stato l’odore a darle la nausea.

    Era capitato anche a me, quando ero navigante e trovavo morti rimasti al sole e al caldo per troppo tempo.

    Torrazzi ci ha preceduti: lo vedo accanto al corpo.

    Mi avvicino.

    Non aspetta che chieda. – Poi sarò più preciso, ma a una prima stima il decesso risale a lunedì.

    – Quindi quattro giorni?

    – Quattro buoni, Antonio.

    – La causa è quello che sembra?

    Quasi ride, ma è quella risatina rauca per esorcizzare la morte. – Antonio! Gola tagliata. Sangue? Abbondante. Chiunque capirebbe che quella gola non è stata recisa dopo il decesso avvenuto per altra causa.

    Neppure un anno fa ho avuto un caso simile, una donna sgozzata. Ma era molto più giovane… Per dipanare la matassa di quel caso mi ero spinto fino in Toscana. Un lampo e il pensiero di Iachino: sono trascorsi tanti mesi e non so nulla. Non posso chiedere, ho dato la mia parola che non ne avrei parlato neppure con mia moglie.

    Mi frego gli occhi sperando che il gesto scacci il ricordo del guardrail, del funerale… Di tutto.

    Devo tornare al presente, mi sollevo perché ero piegato per vedere meglio. – Capito.

    – Delle buone foto. Del viso, da varie angolazioni. È una richiesta che non ha mai fatto e lo guardo, stupito.

    – Ha la bocca chiusa, Antonio, non aperta come sarebbe normale. – Mi guarda. – Cosa ti capita? Immaginavo che tu l’avessi notato.

    Mi stringo nelle spalle: di Iachino non posso dirgli nulla. – Dovremo aprirla, ma prima documentiamo come abbiamo trovato il corpo. – Mi ha parlato come se fossi un principiante.

    – Capito.

    Ci allontaniamo e faccio segno ai colleghi della Scientifica, ripetendo la richiesta di Torrazzi.

    Uno borbotta che l’avevano sentito…

    In quel momento arriva il PM, non è Nazareni con cui si lavora bene. Entra baldanzoso. E dà di stomaco.

    Quello che stava scattando le foto richieste da Torrazzi commenta, a voce non tanto bassa: – Che non ci inquini le prove, cazzo.

    E il PM che da verde era diventato bianco cencio vira sul rosso. Prende fiato e rapido si scusa dicendo che non si aspettava una cosa così.

    Per sicurezza resta qualche passo indietro.

    – Ora proviamo ad aprire la bocca, Antonio. Se le foto sono fatte.

    – Fatte – risponde il collega della Scientifica. – Una dozzina, per tranquillità.

    – Perché ha richiesto dei primi piani sul viso, Mariani? – ed è il PM.

    Indico Torrazzi con un gesto solo accennato. – Bocca chiusa, inconsueto. Vuole aprirla.

    – Qui?

    Ed è Torrazzi a replicare: – Qui. Subito. Può essere un dato importante.

    Toglie i guanti di lattice, già imbrattati di sangue e ne calza un paio pulito. – Se qualcuno ha voglia di sentirsi male o di dare di stomaco, può fare qualche passo indietro? Qui ci manca solo il puzzo di vomito. – Mi fa un cenno. – Dammi una mano, Antonio.

    Obbedisco. Infilo guanti puliti e lo aiuto tenendo sollevata la testa della vittima.

    Torrazzi si china, lagnandosi della sua schiena. Anche la mia non sta tanto bene…

    – Poi ti dirò meglio, Antonio, ma penso che questa bocca sia stata tenuta chiusa a forza. Come fanno quelli delle pompe funebri. – Mi lancia una mezza occhiata rapida.

    Annuisco.

    Lo tengo d’occhio mentre apre la bocca della vittima.

    – Fatemi luce.

    Uno della Scientifica si accosta e illumina l’interno della bocca con una torcetta.

    – Ecco qua la nostra sorpresa, Antonio. – E Torrazzi mostra la mano, sul palmo sono adagiati due dadi insanguinati.

    Il viso della Petri ha riacquistato un colore normale. Le chiedo se è tutto ok, risponde di sì; poi, esitando, commenta che era stato l’odore…

    – Lo so, Petri. Se la vista fa star male, si chiudono gli occhi; anche se ci si tappa il naso, gli odori si sentono ugualmente. Ma ora va meglio?

    Annuisce.

    – Allora apriamo un fascicolo. Dadi, cosa ne dici? – E lo chiedo soprattutto per rendere tutto più normale.

    Fa segno di sì e poi un mezzo sorriso come se avesse capito il senso della mia domanda, perché per la scelta del nome dell’indagine non è mai stata consultata.

    – E ora parliamo con la vicina che ci ha chiamato.

    È una donna della stessa età della vittima, ha soltanto qualche chilo in più. È scesa giù, a pianterreno. Ora è seduta su un gradino della stretta scala che porta ai piani superiori.

    Ci vede e si alza, a fatica.

    – Stia comoda, signora… – Cerco di ricordare il nome che mi è stato detto quando sono arrivato e aggiungo: – Signora Ratto.

    Si rimette seduta e la imito, sistemandomi accanto a lei. – Può ripetermi come l’ha trovata?

    – L’ho detto ai suoi colleghi. Ma glielo ripeto. – Prende un lungo respiro. – Nina… Antonina… Non l’ho vista a messa. Andiamo sempre giù a Sturla, in piazza. Quando torno, vedo le gelosie spinte in fuori.

    – E questa mattina?

    – Anche.

    – Non andavate insieme?

    Fa segno di no. – Io sono lenta e scendo prima per non arrivare a messa cominciata, come Nina. Poi saliamo insieme e le do… – Manda giù una specie di inizio di pianto. – Le davo il braccio. Non la vedo e quando torno su ci sono le gelosie come prima. Sola lei, sola io. Sempre con la paura di sentirci male. Ho le sue chiavi e lei le mie. Abito lì. – Si alza ed esce dal portoncino e indica più in giù, dove la strada cambia nome e diventa viale Cembrano. – Da tanti giorni non la vedevo, allora mi dico che è meglio dare un’occhiata. Salgo, suono: niente. Apro. – Resta per qualche istante con la bocca aperta come se non trovasse il fiato. Sto per chiederle se si sente male, se ha bisogno d’aiuto, quando riprende: – Entro e chiamo il 118.

    E sono stati loro ad avvisarci.

    – Da quanti giorni non la vedeva? Può essere precisa?

    – Lunedì mattina, uscivo a fare la spesa e l’ho incrociata che ne tornava.

    – E non vi siete più viste?

    – Con questo caldo e tutto chiuso stavamo in casa. – Esita. – E Nina… Antonina stava per conto suo. Le chiavi, sì per tranquillità se ci si sentiva male. Ma confidenza no. Con nessuno.

    – Ha notato qualcosa di strano? Qualche persona diversa? – E già chiedendolo sento l’assurdità della mia domanda.

    – Niente. Tante case sono vuote da anni e a Ferragosto anche chi le abita ancora va via quei due giorni, per il ponte.

    Sono in Questura e sto cercando di concentrarmi sull’omicidio su cui si dovrà indagare, quando arriva la Petri. Le chiedo cosa c’è.

    – A proposito dei dadi, commissario…

    – La Scientifica li ha presi in carico, ma sembra un tipo molto comune – la interrompo.

    – Volevo dirle un’altra cosa. Qualche anno fa, non ricordo di preciso, quattro o cinque, mi sembra che ci sia stato un caso analogo, a Torino. – Mi lancia un’occhiata. – Lo so, lei non segue la cronaca nera, bada solo alle indagini che le vengono affidate, ma io cerco di imparare dove posso.

    – Fai bene. – Anche se dubito che si possa imparare se non sul campo.

    – Pensavo di fare una ricerca sul modus operandi, commissario.

    – Buona idea, Petri. – Tengo per me che non mi piace metter mano su un’indagine iniziata da altri… Eppure, mi è già capitato di doverlo fare. Ora aspettiamo che Torrazzi ci dia i risultati dell’autopsia.

    Sono uscito cercando un bar aperto. In tutta piazza della Vittoria ne ho trovato soltanto uno, è anche gelateria pasticceria e quindi per un caffè ho dovuto fare coda mentre davano torte gelato e coni e coppette.

    Il mio doveva essere il primo caffè da ore perché non era buono, segno che la macchina era stata tanto ferma.

    Sono di nuovo nel mio ufficio ed è arrivata la Petri, con fogli in mano.

    – Trovato qualcosa?

    – Cinque anni fa, commissario. A Torino. Se ne è occupato il commissario Crema Sergio. – Mi guarda. – Lo conosce?

    – No, mi pare di non averlo mai incontrato.

    In quel momento sento bussare, dico Avanti ed entra il PM.

    Gli indico una delle due sedie davanti alla mia scrivania.

    – L’ispettore Petri ha ricordato che i dadi erano un elemento importante in un caso a Torino. Ha fatto qualche ricerca. Esito positivo, cinque anni fa. Se ne era occupato il commissario Crema Sergio.

    – Interessante.

    Continuo, ignorando il suo commento, a mio parere, privo di senso: – Il dottor Torrazzi non mi ha ancora fatto avere i risultati dell’autopsia. Neppure la Scientifica ha consegnato i reperti.

    – Quindi non ha ancora nulla.

    – Interrogherò i vicini di casa, i parenti della vittima. Le solite cose…

    – Se c’è stato un caso analogo, potrà darci indicazioni, Mariani.

    – È probabile.

    – Farò richiesta per la documentazione, Mariani.

    – Buona idea. – Il pensiero di leggere pagine e pagine, asettiche, in cui tutto si incastra alla perfezione, mi dà più nausea dell’odore del sangue vecchio di giorni.

    – Se la studi bene, ci sentiamo appena ha qualcosa da dirmi.

    Il PM è uscito, aggiungendo di avvisarlo se ci saranno novità. Novità consistenti. Siamo di nuovo soli e possiamo lavorare senza sciocche interferenze, quindi chiedo alla Petri cosa ha già trovato sulla vittima.

    – Descalzo Antonina, anni 79. Vedova da quindici anni di Nappi Fabio, idraulico. Niente figli.

    – Casalinga?

    Annuisce. – Appartamento di proprietà.

    Niente di lussuoso. Da una parte la via è una serpentina di casette tutte addossate le une alle altre, di due o tre piani, diverse fra loro solo per i colori delle facciate e la posizione delle finestre, e dall’altra è chiusa da un muraglione verso la collinetta dell’ex Ospedale Psichiatrico.

    – Il deposito del marito era al piano terra.

    – Fonti di reddito?

    – Risulta la pensione del marito. Probabilmente affittava l’appartamento sopra il suo. Ma in questi giorni è difficile reperire i dati, commissario. Anche i vicini sono via.

    – Capisco.

    – Faccio quello che posso, commissario.

    – Non preoccuparti, anche Ferragosto passerà, Petri. – Una pausa. – Questo Crema… Mi puoi procurare il numero di telefono?

    Senza una parola mi porge un foglio.

    – Prevedevi che lo chiedessi?

    Fa segno di sì.

    È imbarazzante scoprire che mi conosce così bene.

    Scaccio il pensiero molesto delle mie fisime e compongo il numero fornitomi dalla Petri.

    Risponde dopo qualche squillo. Un uomo ma sullo sfondo una voce di donna. È chiaro che l’ho beccato mentre si gode un giorno di riposo.

    Gli racconto in breve perché l’ho cercato, gli dico che farei un salto a Torino per parlargli e vedere i posti.

    Mi risponde che domani è in servizio e mi spiega come rintracciarlo.

    Riattacco, mi giro verso la Petri. – Domani vado a sentire il collega.

    – Si goda Torino, commissario – e abbozza un mezzo sorriso.

    E mi dico che questo Crema mi dovrà raccontare tutto, passo dopo passo. Non soltanto la soluzione. Spero che sia uomo ragionevole…

    Parte Seconda

    Torino cinque anni prima

    CAPITOLO 2

    Torino, giovedì 13 agosto

    Il commissario Sergio Crema si allontanò dalla finestra, dopo aver osservato per qualche minuto corso Vinzaglio quasi completamente privo di traffico.

    Non gli era mai capitato in passato.

    Per la prima volta, da quando stava con Maria, aveva scelto di lavorare ad agosto e di scappare dalla città a settembre. Una decisione arrivata dopo un lungo dibattito a cui aveva partecipato anche la loro bambina, nonostante avesse solo tre anni. L’avevano interpellata per gioco, promettendole una spiaggia tutta per lei se fossero andati al mare in un periodo più tranquillo rispetto alla calca agostana.

    La stessa cosa aveva fatto anche l’ispettore Quadrini che se ne stava placidamente seduto sulla scrivania di fronte a quella del suo superiore in attesa che qualcosa accadesse.

    Il sovrintendente Ansaldi e l’agente Marini, gli altri due componenti della squadra Crema, proprio in quell’istante erano, con ogni probabilità, sdraiati in qualche spiaggia italiana e si lasciavano cullare dai raggi del sole.

    – Non male l’idea di lavorare ad agosto, Sergio.

    – Fin troppo calmo. – Crema fece seguire a quell’osservazione il lancio di un foglio appallottolato nel cestino poco distante dalla scrivania.

    – Canestro! – commentò Quadrini.

    – Evidentemente il crimine, nonostante la cosiddetta crisi, non si fa mancare nulla.

    – Per fortuna non ci occupiamo di topi di appartamento.

    – Ci sarà pur qualche vantaggio ad andare a caccia di assassini nella Mobile.

    Quadrini iniziò a ridere in maniera eccessiva rispetto alla qualità della battuta del collega.

    Quel clima idilliaco durò ancora qualche attimo e venne infranto dal suono del cordless di Crema.

    Il commissario rispose, ascoltò e la sua espressione mutò. Il sorriso si trasformò in una smorfia.

    Quadrini si alzò in piedi e si avvicinò alla postazione del suo superiore.

    Sergio scosse la testa e

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