Piangerò Domani
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Anteprima del libro
Piangerò Domani - BENEDETTO LA COLLA
11°
PREFAZIONE
Questo libro racconta un sogno. Il sogno di Lucio, che da ragazzo immagina per sé un futuro da medico e una vita da dedicare agli altri. Intorno a questo sogno, che nel tempo si realizza, ruota questo breve romanzo, che si rivela un apologo sull’impegno professionale e sulla dedizione al prossimo.
La vicenda esistenziale del dottor Lucio Scala si snoda dagli anni Sessanta fino ai nostri giorni e si svolge in una Sicilia di cui non è difficile indovinare località, realtà e atmosfere.
Nella storia di Lucio hanno un ruolo importante diversi personaggi, sia nella sua vita privata che in quella professionale. La moglie Elvira in primis, che sa comunicare una forza straordinaria
e la cui presenza rimane per la vita e oltre la vita. Poi il figlio Giuseppe, che nel tempo stabilisce una forte complicità col padre (molto tenero è l’episodio della partita di calcetto). E ancora i pazienti, tra i quali Luisa e Nardo, affetti da Sclerosi multipla, le cui esperienze diventano emblematiche.
Lucio, che lavora presso un Centro fisiatrico, si preoccupa che i suoi assistiti abbiano non solo un reale sollievo delle loro sofferenze con le terapie ma che abbiano sempre nuove occasioni di integrazione sociale, nuove motivazioni per vincere la tentazione di isolarsi, nuovi stimoli a non emarginarsi. Crea così una associazione che diventa una fondamentale palestra di umanità: portare serenità alle persone che soffrono, non farli sentire soli nel dolore diventa una missione di ordine etico, oltreché professionale. Una missione in cui impegnare cuore e talento.
Vivere giorno per giorno, godere delle piccole gioie della vita, cogliere gli attimi fuggenti di serenità. Questo è il messaggio da leggere tra le righe di un romanzo scritto con immediata semplicità e con fresca spontaneità. Scritto, cioè, con quello slancio naturale che si conviene – come già detto- ad uno apologo sulla condivisione e sulla generosità.
ERNESTO DI LORENZO
CAPITOLO 1°
I mitici anni ’60, vengono da tutti ricordati come gli anni del boom economico.
L’Italia, dopo la seconda guerra mondiale, cercava di ricucire le proprie ferite, e tutti erano in preda alla voglia di riprendere una vita normale, con la speranza di una vita migliore
Anche il fascismo sembrava essere un periodo lontanissimo, si pensava al futuro e a costruire nella libertà una vera democrazia.
Tutti cercavano di dimenticare le brutture della guerra e tendevano al benessere che sembrava finalmente arrivare più o meno in tutte le famiglie.
Nascevano nuove industrie, e nuove possibilità di lavoro, l’intraprendenza del genio italiano veniva apprezzato anche all’estero.
Tutto questo succedeva soprattutto al Nord, mentre nel Meridione, specialmente in Sicilia, le cose andavano piuttosto a rilento.
Infatti, si assistette al fenomeno delle grandi emigrazioni dal Sud, in cerca di quel riscatto economico, che si protrasse per vari anni.
Nella piccola cittadina di Calamo, piccolo paese della Sicilia occidentale, la vita trascorreva senza tanti cambiamenti epocali.
I paesani vivevano in maggioranza di agricoltura e quindi non sentivano molto il cambiamento che si stava verificando nel resto dell’Italia, anche se pure qui alcuni giovani erano emigrati verso il nord in cerca di fortuna.
Quella mattina, si annunciava piena di promesse, il sole inondava le case del suo tepore primaverile, e anche la famiglia Scala, era già in piena attività, Giuseppe, il capo famiglia, come ogni mattina era già uscito per andare a lavorare, da alcune ore, era rappresentante del mulino locale La Spiga
, che forniva la farina, e i suoi derivati ,a tutti i forni del paese e del circondario.
Il suo lavoro consisteva nel procurare gli ordinativi di farina, da parte dei forni locali e anche di alcuni paesini vicini. Era suo compito anche, quello di riscuotere le varie forniture che erano già state consegnate.
Giuseppe, si alzava ogni mattina molto presto, per arrivare a completare il giro stabilito ogni giorno.
Non guadagnava molto, però era sufficiente per non far mancare il necessario alla sua famiglia, che era composta oltre alla moglie di tre figli.
Egli era orgoglioso di quei figli, perché con tanti sacrifici, era riuscito a farli studiare e adesso erano arrivati all’Università.
I due maschi più grandi erano iscritti alla facoltà di medicina, mentre la figlia, aveva preferito la facoltà di lingue.
Non gli sembrava vero, e già immaginava il futuro, quando andando a passeggio per il corso, la gente si sarebbe girata e avrebbe bisbigliato, additandolo e facendolo riempire di orgoglio, Guarda, quello è Giuseppe Scala, il padre dei dottori Scala.
Con quei pensieri in testa, andava ogni mattina sempre più felice a lavorare.
La moglie, il cui nome era Tonina, era una donna piena di energia, che sapeva trasmettere a tutta la sua famiglia. Era una persona che non si perdeva mai d’animo, nonostante le difficoltà quotidiane.
Aveva un carattere allegro e ottimista. Mai si lamentava, anzi, quando a volte il marito, aveva qualche attimo di scoramento per le difficoltà oggettive, di mantenere i figli all’Università, lei sapeva tirarlo su, sorridendo e facendogli coraggio.
Gli diceva, di non preoccuparsi, che ce l’avrebbero fatta, e lo diceva così convinta, che il marito, guardandola così serena e sorridente, arrivava a convincersene anche lui.
Anche lei si dava da fare per aiutare il bilancio familiare, infatti con la sua macchina da cucire, faceva piccoli lavori di sartoria, e rammendava anche le calze di nylon delle donne, perché costava troppo riacquistarne un altro paio nuove.
Il figlio più grande, Nicola, era già all’ultimo anno di medicina, e presto si sarebbe laureato, il secondo, Lucio, era ancora al secondo anno, mentre la figlia Maria, era al primo.
Avrebbero dovuto stringere la cinghia, ancora per alcuni anni, ma erano fiduciosi che l‘avrebbero spuntata.
Come ripeteva sempre Tonina, che era molto religiosa, Dio li avrebbe aiutati, e avrebbe dato loro sicuramente la strada per arrivare alla meta.
Il secondo dei figli, Lucio, quel giorno si era svegliato presto, perché aveva un appuntamento nella mattina, con una ragazza che in quel periodo frequentava, sempre con una certa circospezione, poiché in paese ancora le ragazze non avevano acquistato quella indipendenza, che invece al nord era cosa comune.
Lucio, era un ragazzo, di carattere allegro e ottimista, aveva ereditato molto del carattere della madre.
Era alto di statura, e di corporatura snella e agile, lineamenti abbastanza regolari, che diventavano più belli quando sorrideva.
Dalla sua aveva il potere di suscitare simpatia nelle persone che incontrava, e questo lo aiutava molto, anche considerando il lavoro che avrebbe esercitato dopo la laurea.
Si sa i malati hanno bisogno di qualcuno che li sappia rassicurare, e Lucio con questa sua qualità empatica era il meglio che ogni persona sofferente avrebbe potuto ricevere.
Ogni malato da lui avrebbe potuto ricevere oltre le cure dovute al caso, quella forza