Pagine di seduzione: Harmony Destiny
Di Linda Conrad
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Info su questo ebook
Poi, quando si fa giorno tutto cambia: Annie ha perso la sua innocenza e lui è pentito perché non potrà mai essere il Principe Azzurro che lei sogna e in più ci sono quel libro e la sua leggenda che lo preoccupano.
Linda Conrad
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Pagine di seduzione - Linda Conrad
magia.
1
Sei mesi dopo
Ci sono alcune battaglie che anche gli uomini più coraggiosi e forti del mondo non dovrebbero ingaggiare.
Sospirando, Annie Riley allontanò la cornetta dall'orecchio per non farsi assordare dalle urla della madre, Maeve Mary Margaret O'Brien Riley, che la stava chiamando da Boston. Affrontare al telefono la sua collera, era una di quelle situazioni da cui era consigliabile salvaguardarsi.
Ma sua madre era lontana mille miglia e lei non era più una bambina. In quegli ultimi sei mesi, da quando era andata via di casa, era cresciuta ed era diventata più forte e consapevole.
Riportò la cornetta all'orecchio, cercando d'interrompere quel fiume di parole, un misto di gaelico e inglese, che sua madre non aveva alcuna intenzione di fermare.
«Mamma, per favore, ascoltami» la implorò. «Sono al sicuro sull'isola. Le previsioni dicono che la tempesta passerà a cinquanta miglia da noi.»
«Tuo fratello Michael dice che l'uragano punta dritto nella tua direzione ed è a sole cento miglia di distanza.»
Suo fratello era veramente malvagio. Il suo spirito irlandese non si smentiva. Lavorava in una stazione televisiva e con molte probabilità poteva accedere indisturbato alle notizie meteo. Non era certo in grado di fare delle previsioni, ma aveva riferito a sua madre della tormenta, soltanto per creare problemi.
Le mancava molto la sua famiglia numerosa, con fratelli e sorelle maggiori, ma non per questo aveva rinunciato ad andarsene di casa, a lasciare Boston e gli Stati Uniti.
«Il tuo capo insiste per farti restare?» domandò sua madre. «Scommetto che lui se ne è già andato, vero?»
«No, Nick si rifiuta di abbandonare l'isola nonostante le squadre di soccorso abbiano dei volontari disposti a restare.» Annie non confessò a sua madre che aveva faticato a convincere Nick a farla rimanere.
«A proposito. Che cosa accadrà a quegli adorabili pesci durante la bufera?»
«Non sono pesci, mamma. I delfini sono mammiferi. Respirano ossigeno, come noi. Comunque, c'è un piano per affrontare l'emergenza.»
«Direi che il tuo capo ha il dovere di restare. La famiglia Scoville possiede gran parte dell'isola, ma tu sei una semplice dipendente. Non hai niente da perdere se non... la tua vita.»
«Per favore. Non essere melodrammatica, mamma. Starò bene. Gli uragani colpiscono spesso i Caraibi e il più delle volte non lasciano alcuna testimonianza del loro passaggio. Gli isolani sono abituati. Si barricano nelle loro case, in attesa che passi la bufera. La dispensa è piena di cibo e c'è acqua in abbondanza, oltre a una riserva di batterie, in caso manchi la corrente elettrica. È tutto sistemato e previsto.»
«Oh, dervla» sospirò sua madre, chiamandola figlia in gaelico. «Devi proprio restare su quell'isola? Mi fai stare così in pena che mi verrà un attacco di cuore.» Stava tentando di tutto per convincerla a tornare a casa.
Era la solita. Mille miglia di distanza non erano sufficienti a contenere l'ansia che sua madre le riversava addosso, nel tentativo di farla sentire responsabile di un suo ipotetico malore.
Annie respirò a fondo e tentò di adottare una tattica diversa. «Hai altri sei figli e nove nipoti di cui preoccuparti. Alcuni di loro hanno problemi reali, mamma. Questo è un semplice ciclone. Niente può fermare i Riley, lo sai bene. A proposito. Come sta papà? Prosegue sempre la riabilitazione? Ormai è passato un anno dall'infarto.»
Menzionare i nipoti e la malattia del marito aveva distolto l'attenzione di Maeve dalla figlia.
Annie aveva vinto quella battaglia, ma solo perché era stata abile a dirottare la discussione. Sapeva però che non avrebbe mai vinto una guerra intera. Sua madre sarebbe sempre stata iperprotettiva e proprio quello era stato il motivo per cui aveva scelto di andarsene di casa e vivere la sua vita.
Con un orecchio continuò ad ascoltare le sue lamentele, ma il suo pensiero era rivolto all'uomo per il quale sarebbe stata disposta ad affrontare un uragano al giorno e che sembrava essere uscito da un libro di favole, Nicholas Scoville.
Annie sbirciò attraverso la porta socchiusa il cielo basso, grigio e nuvoloso. C'era una strana luce. Non era il cielo cupo e minaccioso che di solito annunciava l'arrivo di un ciclone tropicale. Ricordava più il chiarore che precede un lampo, il grigiore che annuncia un comune temporale. Le nuvole viaggiavano veloci, sospinte dal vento forte che le sfilacciava. La tempesta si stava avvicinando. Annie avrebbe dovuto accendere la radio per sintonizzarsi sul canale meteo e poi verificare dove si trovasse il suo capo. L'ultima volta che lo aveva visto, stava scendendo verso la spiaggia, al centro di ricerca e recupero dei delfini, per monitorare le condizioni degli animali.
Annie si sentiva ottimista. Secondo lei, gli animali non avrebbero sofferto, rimanendo al riparo nella laguna. Erano in mano a degli esperti. Un volontario del centro, che era stato nel corpo dei Navy Seal, aveva deciso di restare nonostante le previsioni e come lui una veterinaria che prestava la sua opera a titolo di volontariato e che aveva lavorato in sette prestigiose università in campo scientifico. Si diceva che fosse in grado di parlare il linguaggio dei delfini.
Annie sorrise. Amava quegli animali, unici e speciali. I pochi momenti, che aveva condiviso con loro, erano stati un'esperienza esaltante e i delfini sembravano felici di compiacere i loro addestratori.
Aprì la porta per uscire, ma fu investita da una violenta raffica di vento che le fece perdere l'equilibrio e per poco non cadde per terra. Decise di uscire lo stesso, affrontando il vento che le gonfiò la maglietta e le schiaffeggiò il viso. Ma era una bella sensazione trovarsi in balia della natura. Respirò a pieni polmoni l'aria salmastra che veniva dall'oceano e si sentì rinascere. Doveva ammettere, però, che la forza del vento era tale da rendere difficile la respirazione, mentre i capelli svolazzavano ovunque, impedendole di vedere dove metteva i piedi.
Da quando sei mesi prima era arrivata sull'isola, in qualità di fisioterapista personale di Nicholas Scoville, non si era più curata del suo aspetto, dei suoi capelli che adesso erano lunghi e incolti. Non erano più stati così lunghi da quando aveva dieci anni e sua madre glieli aveva fatti tagliare perché avesse un aspetto più ordinato.
Raggiunse a fatica l'estremità del patio che si affacciava sull'oceano e guardò l'orizzonte, cercando d'individuare la lingua di sabbia bianca sottostante.
Vide Nick, voltato di spalle, in piedi contro il vento, che guardava il moto perpetuo e instancabile del mare.
Gridò il suo nome, ma il vento disperse la sua voce. Nick sarebbe dovuto rientrare in casa. Il ciclone doveva essere molto vicino ormai e lei aveva promesso alla signora Scoville che avrebbe vegliato su suo figlio.
Più passavano i giorni e più Annie sentiva di affezionarsi a quell'uomo: figura solitaria, stagliata contro il cielo scuro e tempestoso, che osservava il suo regno dalla riva del mare.
Scese di corsa le scale e lo raggiunse, cercando di ripararsi dal vento come poteva. «Nick! Torna a casa, adesso.»
Avvertendo la presenza di qualcuno, lui si girò. «Dannazione! Perché sei uscita?» imprecò.
Aveva il viso imbronciato, la voce tagliente, lo sguardo impenetrabile ma era così bello e affascinante che le mancò il respiro.
Inoltre abitava in quello che poteva essere definito un moderno castello incantato, arroccato su una scogliera a precipizio sul mare. Lui le ricordava il personaggio di un racconto fantastico, alla ricerca del suo amore perduto, il cui destino era stato cambiato dal maleficio di una strega cattiva. Era spesso intrattabile, furioso, freddo e pretenzioso.
Quando lei aveva iniziato a seguirlo nelle sedute di riabilitazione, gli aveva concesso molta autonomia, lasciandolo libero di decidere tempi e modi perché aveva compreso la grande sofferenza che gli attanagliava il cuore e non voleva che lui si sentisse oppresso.
Ma molte volte, di recente, aveva pensato di lasciare tutto e andarsene.
Dopo quei lunghi mesi di fisioterapia, le condizioni di Nicholas erano migliorate e anche le sue pene sembravano essere diventate un ricordo lontano. E per questo Annie era contenta di non aver mollato, decidendo di restare sull'isola caraibica, nonostante i modi sgarbati e scostanti del suo paziente. Per prima cosa aveva promesso alla madre di lui che avrebbe fatto di tutto per farlo uscire da quella spirale di pessimismo e sofferenza, anche se si era resa conto solo dopo della difficoltà di quel compito. Sembrava normale per lui crogiolarsi nel dolore.
In secondo luogo, Nick non era solo attraente, era irresistibile. Certo, lei era una professionista e non ne avrebbe dovuto tenere conto, invece... il suo fascino l'aveva ammaliata: capelli biondi, appena spruzzati di bianco sulle tempie, alto e atletico, sguardo enigmatico.
Di solito indossava degli anonimi abiti grigi, o blu, che riuscivano comunque a esaltare l'azzurro intenso dei suoi occhi.
Annie era rimasta colpita dal suo sguardo anche se spesso pungente e rabbioso. Bastava una parola detta fuori posto e lui s'incupiva.
Non sapeva che cosa fare per aiutarlo. Tuttavia sentiva il dovere di stargli accanto e salvaguardare la sua salute, comportandosi da professionista, qual era.
Nonostante l'ostilità che dimostrava, quell'uomo era riuscito a risvegliare in lei un desiderio che non aveva mai provato prima.
«Rientrerò, se è questo che desideri» asserì lei, avvicinandosi per essere udita. «Sta per scoppiare una tempesta. È pericoloso restare fuori.»
Le onde era diventate alte all'improvviso. Appena arrivata in quel paradiso terrestre, era rimasta affascinata dalla quiete e dalla pace che vi regnavano, incantata dai surf che dondolavano sull'acqua come foglie trasportate dal vento. Il mare che le era sembrato una culla accogliente e invitante, quel giorno aveva scatenato la sua furia.
Le onde si abbattevano sulla battigia con violenza, rubando sabbia e ciottoli mentre si ritiravano e restituendoli quando tornavano a schiantarsi sulla riva. Non era più il mare docile, trasparente, sfumato di verde e turchese che aveva conosciuto al suo arrivo, ma la furia cieca dell'oceano che si abbatteva sulla terraferma come se avesse voluto ingoiarla.
Annie rabbrividì, nonostante il caldo e l'umidità. «I delfini staranno bene, vero?» domandò, afferrandolo per un braccio.
«Sono preoccupato per Sultana» dichiarò Nick, con tono aspro. «Dovrebbe partorire tra pochi giorni e sarebbe la prima nascita che avviene nel nostro delfinario. Abbiamo preso tutte le precauzioni possibili» concluse, allontanando la mano di lei.
Sembrava che la tempesta fosse dentro di lui.
Nick aveva bisogno di stare ancora solo per qualche minuto. Il ciclone in arrivo aveva rovinato i suoi piani. Si sentiva impotente e il pensiero, di non essere in grado di aiutare la squadra di ricerca durante la tempesta, lo rendeva più nervoso del solito. I brutti ricordi gli riaffiorarono alla mente e un senso di frustrazione s'impossessò di lui. Si coprì il viso con le mani, in un gesto più eloquente di qualsiasi parola.
Ma la situazione più difficile per lui da gestire doveva ancora iniziare. Avrebbe dovuto trascorrere il resto della giornata e... la notte, solo con Annie. Maledetto ciclone e maledetta lei, pensò.
Quella giovane e indomita ragazza era diventata parte della sua vita e non voleva ammetterlo. Aveva donato il suo cuore a una sola donna e la vita gliela