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La forma dell'amore
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E-book112 pagine1 ora

La forma dell'amore

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Info su questo ebook

Essere genitori è in assoluto il mestiere più difficile al mondo. Richiede un’assoluta capacità di mimesi, di comprensione, di accoglienza, insomma di tutte le caratteristiche più nobili che il genere umano possa avere. È anche un’avventura meravigliosa, che a volte, per puro caso, può diventare particolarmente ardua. E questa è la storia di una famiglia, di una coppia, e in particolare di una mamma, che ha affrontato alcune prove durissime che la vita le ha riservato. Improvvisamente, si è ritrovata a fare i conti con un nemico sconosciuto, non solo a lei e alle persone più care, ma all’intera comunità scientifica. Come affrontare tutto ciò? 
LinguaItaliano
Data di uscita22 ago 2023
ISBN9791220145589
La forma dell'amore

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    La forma dell'amore - Virginia Bruna

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    Virginia Bruna

    LA FORMA DELL’AMORE

    © 2023 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-4283-0

    I edizione agosto 2023

    Finito di stampare nel mese di agosto 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    La forma dell’amore

    Non sempre possiamo forgiare il futuro per i nostri giovani.

    Ma possiamo forgiare i nostri giovani per il futuro.

    (Franklin Roosvelt)

    Ci sono due lasciti inesauribili

    che dobbiamo sperare di lasciare ai nostri figli:

    ali e radici.

    (Harding Carter)

    Prefazione

    Essere genitori è in assoluto il mestiere più difficile al mondo. Richiede un’assoluta capacità di mimesi, di comprensione, di accoglienza, insomma di tutte le caratteristiche più nobili che il genere umano possa avere. È anche un’avventura meravigliosa, che a volte, per puro caso, può diventare particolarmente ardua. E questa è la storia di una famiglia, di una coppia, e in particolare di una mamma, che ha affrontato alcune prove durissime che la vita le ha riservato. Improvvisamente, si è ritrovata a fare i conti con un nemico sconosciuto, non solo a lei e alle persone più care, ma all’intera comunità scientifica. Come affrontare tutto ciò?

    La risposta è stata: con amore, per amore. Si è generata così una forza potente, in grado di superare l’ignoto, gli ostacoli, la delusione derivante dall’incontro con un’umanità insensibile, pensando solo al benessere del proprio figlio, tendendo sempre alla comprensione di ciò che fosse la cosa migliore per lui. L’incredibile capacità di una mamma che, con grande spirito critico, ha vagliato tutte le possibilità per fare sempre e solo il bene, anche andando oltre l’autorità e i consigli di alcuni specialisti. Una lotta quotidiana contro l’ingiustizia, la burocrazia, la superficialità e l’indifferenza, che ha portato a tirare fuori risorse inaspettate, una dolce ferocia e aggressività, paragonabili a quelle di una leonessa. Una battaglia condotta anche pensando a chi, per molti e vari motivi, non ne ha le possibilità. E così facendo, l’amore si è moltiplicato. Ha allargato la famiglia. Ha fatto eco attraverso l’aiuto degli affetti più vicini, degli amici, e di tutte le persone che al momento giusto hanno donato una parola o un gesto di conforto.

    Quando la vita, poi, ha rimesso tutti ancora alla prova, tutto quello che si era imparato è servito nuovamente. Anche da questa considerazione nasce questo libro: dalla speranza che raccontare questa esperienza possa essere d’aiuto anche per gli altri. Un modo per rimettere in circolo, in un’altra forma ancora, l’amore.

    Capitolo 1 – GLI ARRIVI

    L’arrivo di Gioele è stata una sorpresa, non lo aspettavamo, non lo cercavamo, non eravamo sposati. Io mi ero laureata da poco e stavo cercando il mio posto nel mondo del lavoro, viaggiavo molto ed ero concentrata sul mio futuro professionale.

    È stata un’enorme novità non facilmente gestibile. Bisognava informare i nonni, soprattutto quelli materni: come l’avrebbero presa? Alla fine, non così male come pensavamo potesse succedere.

    Il saggio nonno Luigi si è limitato ad un laconico: Vedete di fare quello che dovete fare. Lasciandomi un po’ di dubbi su quale potesse essere la soluzione. Mentre nonna Franca ancor più sorprendente se ne è uscita con un: Così forse saprò dove sei, ogni tanto. Sbagliando di grosso perché l’arrivo di Gioele non ha frenato per nulla la nostra voglia di viaggiare, portandoci appresso anche il piccolino un po’ ovunque.

    Nonostante tutto, in poco tempo, abbiamo organizzato il matrimonio riparatore e preparato una casa dove accoglierlo, eravamo pronti al grande evento. E lui non voleva poi saperne di arrivare. Con un ritardo di dieci giorni rispetto alla scadenza ufficiale, ha deciso che era arrivato il momento di presentarsi, in quello che si è rivelato un lungo lunedì di novembre.

    Fin da subito gli è e ci è stato chiarito quanto sarebbe stata ardua la sua esperienza: alle 22.00 di quella sera ci è stato richiesto di fare la scelta tra un evento naturale con il rischio di un esito infausto per il bambino ed un parto cesareo d’urgenza, perché c’era una sofferenza fetale e il battito cardiaco non era regolare. Ovviamente abbiamo deciso per l’intervento, anche se questo, purtroppo, non ci ha consentito di vivere molte delle intense sensazioni, pur dolorose ma sempre naturali, che si provano durante un parto spontaneo.

    E Gioele, dopo aver scatenato tutto questo caos, bel bello non aveva assolutamente nessun problema; e mentre io mi gestivo quindici giorni di febbre e dolori inspiegabili, lui era un bimbo in ottima forma, dai piedi lunghissimi e dalla capigliatura rossa, almeno secondo suo padre. In realtà sarebbe diventato biondo e con gli occhi verdi, sommando queste caratteristiche possedute da alcuni suoi avi e saltate da alcune generazioni.

    Marco ancor oggi insinua che tutto il trambusto l’ho creato apposta per farlo nascere alle 23,40 nel segno dello Scorpione, come me, perché quello era l’ultimo giorno, e se fosse nato dopo la mezzanotte avrebbe avuto un altro segno zodiacale.

    Mi sono persa le sue prime ore di vita, perché ero talmente provata dagli accadimenti e dallo stress che, quando me lo hanno portato, dopo un primo sguardo carico di dubbi - non assomigliava per nulla a quanto descritto da suo padre! -, ho affermato: Che bello, ora potete portarlo via! Grazie. E lui ancora mi rinfaccia che molti dei suoi traumi psicologici derivano da questa mia accoglienza.

    Quando ripenso a lui da piccolo, mi vengono in mente i suoi boccoli dorati e gli occhioni smeraldo con cui osservava il mondo e che riflettevano la sua curiosità per ogni cosa.

    Gioele è sempre stato un bimbo molto dolce e disponibile nei confronti di tutti, caratteristica quest’ultima che conserva ancora oggi e che lo rende, e presumo ne farà, un ottimo medico.

    Ripercorrendo la sua infanzia, uno dei primi episodi in cui ha dimostrato la sua grande empatia nei confronti degli altri, è accaduto all’asilo. Un bambino piangeva disperato perché la mamma l’aveva appena lasciato e lui, bimbo di appena quattro anni, si è seduto vicino a lui, lo ha abbracciato e, confortandolo, gli ha sussurrato di non piangere perché la sua mamma sarebbe tornata a prenderlo nel pomeriggio: Non ti ha abbandonato. Un concetto che è totalmente estraneo a bimbi così piccoli.

    Era talmente buono che Marco, mio marito, con timore diceva: Non è che ci viene missionario, e ancor peggio juventino? - affronto totale per lui milanista!

    Non sempre però era così angelico. Quando la sua compagna Monica ha insistito - troppo dal suo punto di vista -, per avere un gioco che stava utilizzando lui, ha pensato bene di azzannarla alla guancia, lasciandole l’impronta di tutti i suoi bellissimi dentini, proprio tutti. Per fortuna i genitori di Monica sono persone ragionevoli e non ci sono stati strascichi spiacevoli, ma un attimo di panico, devo confessarlo, l’ho avuto.

    Anche altre volte ha dimostrato il suo spirito, come quando l’avevo iscritto alle selezioni per lo Zecchino d’Oro e dopo settimane in cui nonna Franca gli insegnava Volevo un gatto nero - che lui aveva imparato perfettamente -, è salito sul palco, si è fatto sistemare il microfono, ed ha dichiarato stentoreamente: Io non canto!. Si è girato, è sceso dal palco e non c’è stato modo di fargli cambiare idea.

    Oppure la volta in cui, avendo imparato all’asilo dei nuovi termini che sapeva perfettamente non essere consoni alla vita civile, è arrivato da me e ha esclamato: C***o!. Io avevo intuito lo scopo dell’esclamazione, e cioè irritarmi e farmi reagire, e perciò l’ho ignorato e lui bel bello, con la mano sul fianco mi si avvicina e dice: Ho detto C***o!. Al che non ho più potuto ignorarlo ed abbiamo affrontato una lunga spiegazione sul perché non si devono dire le parolacce. Cosa che, peraltro, lui sapeva già benissimo.

    Nonostante questi episodi è sempre stato, e lo è ancora, una personcina molto assennata, e non ha mai amato che io lo lasciassi per andare al lavoro. Appurato che il lavoro serve per avere il denaro per vivere, un giorno ha candidamente affermato: Perché devi andare a lavorare che se vai alla banca basta mettere la tesserina ed escono i soldi?, lasciandomi letteralmente senza parole.

    Aveva capito già quasi tutto della vita, anche se non sempre le sue conclusioni erano corrette. Ricordo nitidamente quando mi disse: "Perché mi devi portare dalla dottoressa quando

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