Il principe e il leone
Di Luca Casetta
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Info su questo ebook
Ma lui non vuole essere il Re spietato che desidera suo padre.
Con l’aiuto di Napirasu, una giovane prigioniera dall’animo indipendente, affronterà un pericoloso viaggio dal soffocante palazzo reale fin lungo il fiume Tigri, arrivando alla Grande Palude, dove vivono liberi gli ultimi leoni.
Ilani si ribellerà al padre, affronterà nemici e la natura selvaggia per salvare gi animali e scoprire se stesso.
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Anteprima del libro
Il principe e il leone - Luca Casetta
d'Assiria
Colophon
Luca Casetta
Il principe e il leone
ISBN 9791280184931
© 2021 by All Around srl
Testo: Luca Casetta
Illustrazioni di copertina: Cinzia Ghigliano
Progetto grafico e impaginazione: Claudia Giorgini
Editing a cura di Sesta Luna srl di Moony Witcher
www.sestalunaservizieditoriali.it
redazione@edizioniallaround.it
www.edizioniallaround.it
La sala delle armi reali
Dentro, l’aria era irrespirabile.
Fuori, un falco volava libero sopra i tetti di Ninive.
Era come se fosse lui il padrone della città, la capitale dell’Impero Assiro.
Il principe Ilani era chiuso là dentro, sentiva le forze mancare sempre di più e le fitte allo stomaco inasprirsi. Strinse i denti, prese di nuovo il panno di lino e ricominciò a lucidare le armi.
Suo padre Assurbanipal, re d’Assiria, autoproclamatosi re del mondo, l’aveva segregato nella grande Sala delle Armi Reali.
Il ragazzo non riusciva a sentirsi felice nell’impugnare una spada, sebbene avesse ricevuto un’educazione finalizzata a farlo diventare dell’Impero Assiro. Ne aveva una proprio davanti e provò disprezzo ma doveva assolutamente finire di pulirla. Fece per prenderla ma in quel momento la luce ambrata del mattino entrò dalla finestra: pareva miele giallo in un nido d’api nero. Un nido ricco di malvagità!
Ilani fu tentato da quella luce e si diresse verso la finestra. Da lì si poteva vedere tutta la gigantesca città di Ninive. Desiderava tanto correre in quelle strade e non stare al chiuso a lucidare armi!
Si affacciò e il falco attirò la sua attenzione: era magnifico. Con ali larghe e possenti volava vicinissimo alle torri e alle mura, vigilate da mille implacabili arcieri.
Il falco volteggiava tra le ziggurat, i templi dedicati alle divinità, prendendosi le maledizioni dei sacerdoti. Infine, arrivò proprio vicino alla finestra dove era affacciato Ilani. Il ragazzo avrebbe voluto essere al suo posto e trasformare i suoi riccioli ribelli in piume rigide e maestose, gli occhi blu in pupille nerissime capaci di vedere ogni cosa.
Un sibilo spezzò l’aria.
Il falco smise di sbattere le ali e precipitò giù.
Si sentirono urla gioiose, provenivano dalle mura sovrastanti la finestra: «Hai visto? Ho vinto la scommessa. Il mio arco non sbaglia mai» disse un uomo e l’altro si complimentò.
Le loro risate arrivarono fino a Ilani. Le sentì addosso, come se un serpente viscido gli stringesse il corpo fino a sfioragli il volto.
Reagì con rabbia: il bracciale dorato che portava gli sembrò pesante quanto una pietra delle miniere. D’impeto lo scagliò contro il muro di mattoni smaltati e il respiro si tramutò in lamento. La tunica, color porpora fenicio, affogò in una pozza di sudore, mentre i sandali rimasero incollati ai piedi.
Il principe d’Assiria si piegò a terra. Le armi presenti nella stanza gli parevano vive e più le guardava più sentiva risate d’acciaio intorno a lui.
Ogni arma serviva solo a uno scopo: uccidere!
Uccidere, senza ragione, anche un meraviglioso falco!
Seduto sul pavimento alzò la testa e guardò la grossa mazza da ufficiale, la lunga spada di fanteria e l’elmo di ferro. Poi gli occhi si fermarono sulla spada del re. Sentì di voler vomitare davanti agli strumenti di morte appartenenti a suo padre!
Ma doveva assolutamente lucidare quella spada fino a farla brillare: era la punizione che Assurbanipal gli aveva assegnato per aver osato rispondere in modo brusco.
Mai mettere in dubbio le decisioni del re! Nessuno poteva disobbedirgli. Così come nessuno, in Assiria, poteva decidere liberamente il proprio futuro.
Neanche il principe.
Specialmente il principe.
La spada reale s’ergeva dritta in verticale, appoggiata a due spesse aste sul muro. Sembrava sfidarlo.
Ilani s’alzò. Non c’era più nessun falco alla finestra.
Strinse i pugni e strozzò le lacrime.
Poco dopo sentì dei passi e delle voci fuori dalla Sala delle Armi, così decise di abbandonare la spada, ormai lucente e sperò che qualcuno stesse arrivando per liberarlo da quell’odiosa punizione.
La porta si aprì con un cigolio affaticato.
«Principe, avete ospiti» disse una guardia dal volto inespressivo.
Di colpo l’aria divenne più leggera.
A entrare fu Daian, il suo maestro. Grande e grosso, seguiva il principe sin da piccolo, allenandolo nel combattimento per farlo diventare un re guerriero. Non era troppo severo, anzi. Ilani lo rispettava e lo ammirava, benché il combattimento non fosse tra gli insegnamenti che amava. Daian, nonostante il suo aspetto incutesse timore, sapeva ascoltare e capire. Per questo Ilani si fidava di lui.
L’uomo diede una rapida occhiata alla stanza e alle armi lucidate.
«Ho fatto del mio meglio, maestro Daian ma alcune erano proprio sporchissime!» disse mantenendo un tono basso.
Daian gli rifilò un cenno d’intesa e chiuse di botto la porta facendo sussultare il giovane principe. La forza che aveva nelle braccia era portentosa. I soldati, che un tempo avevano combattuto con lui, dicevano fosse in grado di atterrare un toro a mani nude o portare in spalla un intero tronco di cedro del Libano.
Daian era il capo della Qurubti sha Sheppe
, la guardia reale d’Assiria e aveva combattuto a fianco di Assurbanipal per molto tempo. Era uno dei suoi più fidati soldati.
Ilani sapeva bene che il re si fidava di lui come di nessun altro ma spesso non erano d’accordo su molte questioni di palazzo. Daian, in più occasioni, aveva messo in guardia Assurbanipal dalle troppe mire al trono dei comandanti dell’esercito, consigliandogli di non muovere guerre e di essere più saggio. Ma il re non gli aveva mai dato ascolto, sebbene lo ritenesse tra i suoi migliori soldati!
D’altra parte Daian aveva visto troppe guerre e troppi morti, per questo i suoi occhi mostravano uno sguardo malinconico e triste. Ilani sapeva perfettamente che l’esercito assiro era crudele con tutti i nemici. Uomini e animali venivano torturati e uccisi senza alcuna pietà.
Il principe continuò a fissarlo. Dall’armatura di Daian esplodevano i muscoli che mostravano vene sinuose e grosse: sembravano come i fiumi Tigri e Eufrate che attraversavano l’Assiria.
«Posso uscire adesso?» gli chiese.
Il maestro rispose a bassa voce: «Sì, perché tra poco arriverà l’esercito a palazzo. È richiesta la tua presenza». Ilani si arruffò i capelli, infastidito.
Daian, seduto su un piccolo mobile di cedro che cigolava sotto il suo peso, si toccò la barba riccioluta: «Ragazzo, quello che hai fatto a tuo padre è stato… pericoloso. Gli hai risposto in modo irrispettoso. Se non fossi suo figlio, ora saresti… ».
Si fermò, lo sguardo si fece serio: «Capisci?».
Lui rimase in silenzio, capendo perfettamente le sue parole e il rischio che aveva corso contraddicendo Assurbanipal.
Daian si alzò dallo sgabello e andò a prendere un guinzaglio dal tavolo degli attrezzi: «Questo sarà usato molto presto».
Ilani lo guardò senza parlare. Sapeva a cosa sarebbe servito.
«Sì, Ilani. Nella caccia» esclamò il maestro, agitando il guinzaglio.
Nabu
Il sole colpiva infuriato Ninive e il palazzo reale risplendeva di una luce intensa che abbelliva ancora di più le pitture sulle mura. Il mattone crudo e l’adobe, i due materiali più usati per costruirlo, davano spessore alle ceramiche smaltate che splendevano sotto i raggi dorati.
A mezzogiorno, finalmente, Ilani uscì dalla Sala delle Armi e si mise a camminare lungo uno dei tanti, anonimi, corridoi di palazzo. Al suo passaggio tutti i servitori si misero contro il muro, immobili.
Ilani non tollerava quel comportamento. Vedere molti uomini schiacciarsi come lucertole contro il muro solo perché lui stava arrivando, era una scena insopportabile.
Infatti, quando il principe giungeva in una qualsiasi stanza del palazzo, dalle cucine alle stalle reali, i servitori si facevano immediatamente da parte, intimoriti dalla sua presenza.
Si fermò al centro del corridoio. Questa volta voleva guardarli attentamente.
I camerieri portavano dalla mensa molte prelibatezze: brodi di carne saporiti, bolliti di verdure speziate, frutta secca inzuppata nel miele e fumanti tipi di pane. Mentre i sarti erano carichi di stoffe di lana e lino dai colori vivaci quali il rosso, il blu e il giallo dorato.
Ilani scrutò un ragazzo che poteva avere la sua età: piuttosto paffutello, sbarbato, con i capelli ordinatissimi ma ora tutti sudati per l’agitazione di essere osservato dal principe in persona. Gli avesse trovato un difetto… e zac! Poteva essere ucciso senza neanche un valido motivo. Il principe vide cosa il giovane teneva tra le mani e capì il suo lavoro: era l’apprendista scacciamosche del re.
Probabilmente si stava allenando per il banchetto reale, quella era la battaglia più dura per lui, visto che i fastidiosi insetti osavano assaltare Assurbanipal mentre pranzava con la regina, all’aperto.
«Sei nuovo qui? Non ti ho mai visto… » chiese Ilani.
Il servitore, pietrificato dalla paura, si sarebbe volentieri fuso col muro contro cui si appoggiava. Prese coraggio e riuscì solo a balbettare poche parole: «Sì, mio principe, sono giunto a palazzo da una settimana, vengo dai monti Zagros».
A Ilani si illuminarono gli occhi. I monti, così come