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Contro Mancuso e la Chiesa: La filosofia di Vito Mancuso, papa Francesco e la crisi del cristianesimo
Contro Mancuso e la Chiesa: La filosofia di Vito Mancuso, papa Francesco e la crisi del cristianesimo
Contro Mancuso e la Chiesa: La filosofia di Vito Mancuso, papa Francesco e la crisi del cristianesimo
E-book444 pagine6 ore

Contro Mancuso e la Chiesa: La filosofia di Vito Mancuso, papa Francesco e la crisi del cristianesimo

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Info su questo ebook

Da qualche tempo, ma sarebbe meglio dire da qualche secolo, le religioni stanno vivendo un periodo molto critico, anche se qualcuno, ottimista, pensa che ci sia un revival disordinato, cioè un ritorno alla fede non ben lineare. In ogni modo la crisi è profonda, ma non c’è da stupirsene, perché il Cristianesimo, come tutte le altre religioni, si fonda sulla «sabbia della fede», non sulla «roccia della realtà». Aver fede in una divinità, come viene insegnato ai bambini, significa credervi con certezza, anche se non è stata mai vista e nemmeno percepita. Ciò che il cuore avverte con una immagine sacra o con la Bibbia è un sentimento che non deriva dal Cielo, ma dal cuore, dal proprio «io» profondo. Tutta la credenza relativa alla divinità è una montatura che l’uomo ha elaborato, senza alcun riscontro, se non la pace intima e l’illusione di essere ascoltato.
Qualcuno, consapevole di astrattezze dogmatiche e di contraddizioni non più accettabili, si sforza di eliminarle per presentare la fede in una versione rinnovata e salvare così il Cristianismo (analogo sforzo ci sarebbe presso le altre confessioni). Tuttavia alcuni spiriti inquieti, nella scia dei coraggiosi del passato, insistono contrastando sia costoro sia il Magistero, per rendere vittoriosa la verità e radiosa la sua luce, così da migliorare la vita individuale e sociale.

Ton Milan nacque nella Puglia del dopoguerra e visse in un clima stagnante della religione, che tuttavia permetteva di tollerare la dura vita contadina, ancora prigioniera della mentalità feudale. La sordità parziale, diagnosticata in verde età, ma che lo aveva colpito sin dalla nascita, lo aveva plasmato negativamente. A vent’anni un intervento chirurgico invasivo lo rese completamente sordo. Sentendosi perso, la fede cattolica gli fu molto utile all’inizio come ancora di salvezza, non avendo altro, ma in seguito si rivelò insufficiente (non fu aiutato da Dio, ma dall’«io» assimilatogli, come comprese in seguito).
Pur confinato nel suo angusto handicap, si trasferì al Nord, dove lentamente si sentì rinascere, sgretolando «pezzo per pezzo» il complesso edificio in cui si sentiva racchiuso, non senza crisi acute, per la sua sete di riscatto e per pervenire all’agognata verità, che gli si era balenata, trovandosi in un ambiente diverso. Così dopo gli anni avventurosi di riflessioni, contattando alcuni studiosi, frequentando alcune chiese, attingendo a libri e riviste, è pervenuto a una riconsiderazione razionale di Dio, cioè alla sua inesistenza, avvalendosi del proprio silenzio e molto spesso anche della sua solitudine. Oltre che di "Contro Mancuso e la Chiesa" è autore di numerosi saggi, raccolte di poesie e di due romanzi autobiografici.
LinguaItaliano
Editoreton milan
Data di uscita13 dic 2021
ISBN9791220874038
Contro Mancuso e la Chiesa: La filosofia di Vito Mancuso, papa Francesco e la crisi del cristianesimo

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    Anteprima del libro

    Contro Mancuso e la Chiesa - Ton Milan

    INTRODUZIONE

    L’autore confessa che il titolo Contro Mancuso e la Chiesa gli deriva dall’antica opera Contro Celso (Contro il libro di Celso intitolato La Dottrina Verace) di Origene. Questo autore, detto Adamanzio, l’invincibile, fu un filosofo cristiano di Alessandria d’Egitto, 185-254 d.C., che volle controbattere le critiche anticristiane di Celso, filosofo greco, che sarebbe morto nel 178 (si ignora l’anno di nascita). Sarebbe vissuto durante il regno di Marco Aurelio, 121-180, imperatore e filosofo, che regnò prima con Lucio Vero, 130-169 d.C., di cui era fratello di adozione, nel periodo 161-169 d.C., e poi con Commodo, suo figlio, nel periodo 175-180 d.C. L’augusto perseguitò i cristiani, avendo notato in molti di essi un atteggiamento anti-imperiale, ritenuto un crimine politico per la stabilità dell’impero. Il rampollo, che gli successe alla sua morte, cessò la persecuzione per volere della sua concubina Marcia, che era cristiana liberta (cioè schiava, resa libera), di cui era protettore con diritto di alcune prestazioni.

    A titolo informativo furono anticristiani nell’antichità anche il filosofo Porfirio di origine fenicia, 233-305 d.C., che riteneva la religione cristiana un incitamento all’illegalità, uno stimolo a non aver timore dell’empietà per il perdono che ne riceveva. Era assurdo per lui che con l’acqua (del battesimo) uno potesse lavarsi dei propri crimini. Era vegetariano, considerando gli animali pari agli uomini, nel solco del pensiero del filosofo greco Pitagora, 580-495 a.C. Non riteneva vero che Dio avesse creato gli animali per essere consumati dagli uomini.

    L’altro critico anticristiano fu Flavio Giuliano, 331-363, imperatore filosofo, di stirpe costantiniana, che fu definito «l’Apostata».

    Dopo questa premessa l’autore ritiene di dover controbattere il teologo Vito Mancuso, classe 1962, non con le illusioni, ma con la realtà, ossia di ciò che è palpabile ed evidente. Da dove deriva la divinità, se non dalla remota antichità, quando gli uomini vagavano smarriti con le tenebre intellettive, senza alcun raziocinio, intendendola nella scia del culto dei defunti e degli eroi, che vennero divinizzati gradualmente? È stata adorata, supplicata e percepita nell’intimo profondo dall’uomo.

    Mancuso, benché cattolico ma eretico, sdoppia la divinità in «Deum e Deus», (si veda il cap. 5) considerando il primo, come il Principio Universale, accettabile razionalmente; il secondo, invece riguarda il biblico Creatore, che Gesù chiamava Padre, non dimostrabile, ma accettabile soltanto per fede.

    L’autore comprende le ebbrezze spirituali che il credente può provare, le sublimazioni che può godere, il conforto indicibile che può ricevere e la libertà che può vivere, ma tutto ciò per una spinta interiore che gli deriva dalla profondità del suo cuore, nella scia dell’educazione ricevuta, quindi non dal cielo. Potrebbe affrancarsene, effettuando una «transizione» dalla divinità alla realtà del Mistero, la sovrastruttura di leggi ed energie, che costituisce l’autogoverno di tutto il creato.

    In genere le divinità hanno attributi umani, per cui non ci sarebbe da meravigliarsi se, in seguito ad alcune ricerche, si è scoperto che Yahweh potrebbe essere legato a un eroe, vissuto anni prima, come protagonista bellicoso.

    Nel secolo scorso il livello conoscitivo raggiunto dalla scienza aveva indotto molti a pensare di poter confutare la divinità, ma le ulteriori conoscenze acquisite con la fisica quantistica, che demolivano alcune certezze acquisite, avevano indotto diversi studiosi a rimanere decisamente religiosi, ma si sarà trattato di pochi individui.

    L’autore intende negare il Dio religioso, che è stato cristallizzato nel corso dei secoli, chiarendo appunto la complessa natura umana che tende facilmente a un’essenza superiore, che lo protegga, lo conforti e lo premi, superando così la propria angoscia esistenziale.

    Il presbitero polacco Michał Heller, classe 1936, dice che il teologo, se ignora i risultati della ricerca scientifica, rischia di far uso di una rappresentazione obsoleta del mondo, limitando l’efficacia del suo insegnamento, perché la gente è molto informata attualmente, per cui non accetta affermazioni teologiche che siano in contrasto con la realtà. Se dai tempi di Niccolò Copernico, 1473-1543, astronomo e presbitero polacco, Galileo Galilei, 1564-1642, astronomo toscano e Giovanni Keplero, 1571-1630, astronomo luterano tedesco, sono stati raggiunti alti livelli conoscitivi, c’è moltissimo ancora da scoprire. Comunque è certo che Dio fu escogitato da menti ristrette che dovettero fantasticare, avendone sentito il bisogno di considerarlo, non potendo comprendere la complessa realtà della natura e dell’universo, riferita in precedenza.

    Nota:

    Fu il filosofo e storico Evemero da Messina del IV secolo a.C. ad aver intuito che gli dèi derivavano da personaggi distintisi in qualche modo per eroismo o impegno eccezionale.

    Capitolo 1      

    Varie

    Del teologo Vito Mancuso, classe 1962, d’ora in avanti M, si prendono in esame sia il suo saggio Io e Dio, sia il libro inchiesta Disputa su Dio (scritto con il giornalista Corrado Augias), trattato nella seconda parte.

    Il M riferisce in anteprima i pensieri di due pensatori:

    1) Immanuel Kant, 1724-1804, esponente dell’Illuminismo tedesco (v. nota a fine capitolo): "Io avrò fede nell’esistenza di Dio e in una vita futura, e ho la certezza che nulla potrà mai indebolire questa fede".

    Per l’autore vi si intravede la fede cristiana, ma è noto che si era sentito dibattuto fra credere e non credere; sostanzialmente sarà stato un «ateo spirituale», non credente.

    Affermava fra l’altro:

    a) Tutte le prove dell’esistenza di Dio altro non sono che mere ripetizioni vane.

    b) Un’esperienza religiosa basata su prove teoriche ha un valore molto relativo. Se Dio, per essere creduto, va preventivamente «dimostrato», allora non è più grande dell’uomo che lo pensa.

    c) "O Dio è un’evidenza che s’impone da sé, rendendo inutili le prove della sua esistenza, oppure non esiste o, se esiste, è inconoscibile.

    d) "La nostra epoca è la vera e propria epoca della critica cui tutto deve sottomettersi. La religione, mediante la sua santità, e la legislazione, mediante la sua maestà, vogliono di solito sottrarsi alla critica. Ma in tal caso esse suscitano contro di sé un giusto sospetto e non possono pretendere un rispetto senza finzione, che la ragione concede soltanto a ciò che ha potuto superare il suo esame libero e pubblico".

    Secondo l’autore il M deve comprendere lo stato d’animo di Kant, che si trovava davanti alla sua Germania luterana e alla rivoluzione borghese della Francia (1789-1799), scoppiata poco dopo l’avvento dell’Illuminismo, che spazzava via sia l’ancien regime, supporto della Chiesa monarchica, sia il modo contraddittorio di intendere la religione.

    Diceva anche: "L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che deve imputare a se stesso. Uno stato di minorità indica quando un uomo non è la guida di se stesso. «Sapere aude», cioè abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza; abbi il coraggio di usare la tua ragione per uscire dallo stato di minorità".

    2) Albert Schweitzer, 1875-1965, teologo protestante, medico e musicista tedesco (famoso soprattutto per avere realizzato l’ospedale di Lambaréné nel Gabon, in Africa). Si chiedeva: Qual è la conoscenza di Dio più vitale? Quella che deriva dalla mia esperienza di Lui come volontà etica.

    Per l’autore la volontà etica non deriva da Dio, essenza proposta dagli antichi che cercavano di rispondere alle proprie domande inquietanti per colmare il vuoto intimo, ma dalla percezione del Mistero, che affascina e induce all’amore, alla dignità, alla giustizia e all’altruismo.

    Il M, vedendosi circondato da innumerevoli manifestazioni contrastanti della società, positive e negative, fluttuanti fra vita e morte, giustizia e ingiustizia, ricchezza e povertà, si chiede quale sia il senso esistenziale. Si chiede inoltre se sia stato un bene o un male che gli uomini siano nati, vissuti ed estinti nel passato. Che senso ha vivere oggi e morire domani? Risponde che bisogna considerare Dio «fondamento e direzione dell’essere», «principio e porto di tutte le cose». Ma in base all’attuale realtà è difficile per lui parlare di Dio perché è inteso come qualcosa che è in contrasto con il dinamismo sociale, o è ritenuto un sogno di un altro mondo diverso e distaccato. Crede che non siano più integrabili Dio e il mondo: si può scegliere uno disprezzando l’altro o viceversa.

    Nel passato con le grandi civiltà c’è stata una sostanziale armonia tra la divinità «senso complessivo del vivere» e gli uomini immersi nella storia, di cui erano protagonisti. Oggi essa manca. Inoltre ci sono alcuni che non la intendono affatto, perché sono privi di quella intima esigenza, intesa come «fame e sete di giustizia». Ciò è deleterio perché, secondo lui, si ritiene necessaria la religione, senza la quale una società precipita facilmente nel nichilismo, privandosi di utopie e ideali che stimolano la vita. Ne è in gioco la libertà dell’«io» contro il vigente autoritarismo religioso e lo scientismo negatore del libero arbitrio.

    Ritiene di poter rifondare con piena libertà, fuori dalle secolari concezioni cristallizzate, il pensiero di Dio, che è negato o alterato, essendo convinto della sua presenza, così essenziale come verità della vita.

    Il M critica il Cattolicesimo, ritenendolo responsabile dell’«asfissiante immobilismo religioso» per il suo potere ecclesiastico e pontificio e per il suo Magistero, mentre dovrebbe qualificare in meglio la fede come fondamento.

    Il suo obiettivo è quello di permettere al credente di considerare insieme la divinità e il mondo, essendo integrati, essendo un «unico sommo mistero della vita, dell’intelligenza, della libertà, del bene e dell’amore».

    Soltanto così si potrebbe essere fedeli a Dio e al mondo, raggiungendo la serenità interiore, che per lui sarebbe «il vero tesoro in cielo».

    Da questo succinto prologo si ricava la sua tenace e convinta fede in Dio, per ricostituire la serena armonia esistenziale, con una Chiesa rivisitata che garantisca libertà a ogni credente.

    L’autore contesta la sua fede, perché Dio non esiste, come attesta la scienza con tutte le osservazioni effettuate e le analisi eseguite. La divinità è una pura illusione degli antichi, privi di raziocinio, protrattasi per millenni, facendo scorrere molto sangue. Tuttavia qualcosa di buono è stato fatto alla sua ombra. L’attuale crisi della religione è dovuta sia alla sconvolgente rivelazione della divinità immaginata, sia all’assenza dell’alternativa, quella del Mistero, sovrastruttura di leggi ed energie, operativo e autonomo. Soltanto con questa consapevolezza si può migliorare la vita, con armonia, giustizia, libertà e rispetto, senza alcuna considerazione divina.

    Nota:

    L’Illuminismo tedesco è generalmente caratterizzato da posizioni moderate in campo politico e religioso. Nella Germania del XVIII secolo la classe nobiliare si manteneva salda al potere economico e politico sia per la debolezza del potere centrale, sia per la frammentazione del territorio nazionale. La sua originalità è dovuta soprattutto alla forma logica in cui temi e problemi sono presentati e fatti valere. L’ideale di una ragione che avesse il diritto di investire con i suoi dubbi e i suoi problemi il mondo della realtà, si trasforma in un metodo di analisi razionale, cauto e deciso. L’avanzato progresso economico della classe borghese chiedeva un rinnovamento politico, ma diffidava delle masse popolari, ritenute essenziali per una radicale lotta rivoluzionaria, per cui ci furono solo moderate riforme.

    Capitolo 2      

    Perplessità

    Volendo intendere la perplessità dei credenti davanti alle situazioni sconcertanti che mettono in dubbio le proprie convinzioni, il M cita il filosofo Norberto Bobbio, 1909-2004, che si definiva un «uomo non credente», il quale, poco prima di morire, affermava di sentirsi immerso nel mistero, che la ragione non riusciva a comprendere. Per questo motivo egli lo ritiene laico, ma non ateo, considerandolo un’anomalia. Lui diffidava di tutte le fedi; con il «lumicino» della ragione ha cercato appassionatamente di penetrare il mistero in cui gli uomini sono immersi, ma senza riuscirci. È stato sempre fedele alla sua etica personale, che si riassume in «diritti del dubbio contro le pretese del dogmatismo, doveri della critica contro le seduzioni della infatuazione, lo sviluppo della ragione contro l’impero della cieca fede, la veridicità della scienza contro gli inganni della propaganda».

    Affermava inoltre: L’unica certezza, considerando i limiti della mia ragione, è che non sono un uomo di fede. Vivo semplicemente il senso del mistero, che dovrebbe essere comune tanto all’uomo di fede quanto a quello di ragione. Con la differenza che il primo si sente colmare con rivelazioni celesti, e di cui non riesco a convincermi. Quando mi rendo conto di essere arrivato alla fine della vita senza aver trovato una risposta alle domande ultime, la mia intelligenza è umiliata, ma non mi afferro alla fede. Resto uomo di ragione pur limitata e umiliata.

    L’autore comprende che lo studioso non valutava affatto l’alternativa alla divinità, fermandosi sulla soglia del mistero. Quest’ultimo è diverso da quello che egli interpreta, ossia il Mistero, sistema di leggi ed energie che governa la vita terrena e l’equilibrio dell’universo cosmico; vi si ferma estasiato, non riuscendogli ad andare oltre.

    Per il M la maggior parte degli uomini non vuole rinunciare allo «slancio vitale e al gusto positivo del mondo che sottostà alla dimensione religiosa che accompagna il cammino dell’umanità». Ritiene che non si vuole perdere la fiducia complessiva nella vita che la fede in Dio custodisce e incrementa. Quindi per lui è sempre Dio il fulcro della vitalità. Che sta succedendo, egli si chiede?

    L’autore comprende il bisogno della religiosità di gran parte degli uomini semplici, essendone stati condizionati sin da piccoli, non riuscendo a svincolarsene, come avevano fatto il filosofo Norberto Bobbio e altri pensatori, per aver meditato, subendo non poche crisi sconvolgenti. Non bisognerebbe, come suggerisce il M, in questo libro e in altri, soddisfarne l’esigenza di fede con un’interpretazione divina diversa da quella antropomorfica della Bibbia e della dogmatica del Magistero ecclesiale. Ma intenderebbe invece cavalcare l’onda rivoluzionaria della modernità, della secolarizzazione e della scienza, per dissolvere tutte le religioni e le relative divinità, additando la luce radiosa della realtà che sensibilizza, stimola, responsabilizza e conforta.

    Il M ritiene che bisogna rivedere la fede, perché quella cattolica, tramandata da molti secoli, non sarebbe più sufficiente, non potendo soddisfare le esigenze attuali. Coinvolgendo Martin Heidegger, 1889-1976, filosofo, esponente dell’esistenzialismo tedesco (vedi nota a fine capitolo), il quale diceva fra l’altro: Ormai solo un Dio può aiutarci a trovare una via di scampo, pensa che la realtà attuale sia in fibrillazione per le domande che molti si pongono esigendo risposte esaurienti a riguardo della divinità, per la propria incertezza. Tuttavia si mostra ottimista per la crescita della religiosità nel mondo, non soltanto per il Cristianesimo, ma anche per tutte le altre religioni, a dispetto del diffuso ateismo e della fuga dei fedeli praticanti.

    Per l’autore si tratta di un revival «drogato», dopo l’ebbrezza dell’ultra modernità, che sta creando vuoti intimi. La credenza del Dio consolatore, presente nella storia, nonostante la sua effettiva assenza, sempre manifestata in ogni situazione tragica, bellica, catastrofica e violenta, sarebbe un ripiego momentaneo, perché manca l’alternativa credibile, che sarebbe la spiritualità, insita in ogni uomo.

    Il M gioisce per l’ottimismo che due giornalisti del settimanale inglese, The Economist, hanno infuso nel loro libro: God is back, how the global revival of faith will change the world (Dio è tornato, come il revival globale della fede cambierà il mondo). Inoltre si sente confortato, sia pure superficialmente, dalla dissoluzione delle varie teorie filosofiche, i cui autori ritenevano di aver confutato la religione. L’autore ritiene che essi si erano limitati soltanto alla critica demolitrice, ignorando il bisogno intimo da soddisfare anche, e soprattutto, per la propria solitudine intima, pur vivendo nella collettività.

    Il M, spulciando, ha notato che in fondo si tratta di un Dio «adattato», inteso come uomo, sensibile, consolatore, che ama e aggrega la società, facendo un favore alla politica. Quindi non più il Dio della tradizione, vetusto di millenni, che sceglieva i monarchi, favoriva le vittorie e le sottomissioni dei popoli e restava impassibile davanti ai grandi massacri di milioni di innocenti: è ormai relegato nelle pagine storiche, colme di illusorie credenze. Coloro che ancora pensano sia possibile che un giorno tutto il mondo possa diventare cristiano, nonostante la radicalità delle varie religioni e la moltitudine dei credenti relativi (i soli islamici sono oltre un miliardo), devono ricredersi.

    L’autore non è un profeta, ma è evidente che nel futuro le religioni decadranno definitivamente per la certezza dell’illusorietà divina e della realtà del Mistero, la sovrastruttura che presiede all’intero creato.

    Dilungandosi, il M disillude i creazionisti, fedeli al racconto biblico, secondo il quale Dio avrebbe creato il mondo meno di seimila anni fa. Delude coloro che credono veramente che Dio possa decidere sulla sorte dei passeri, come aveva predicato Gesù in Matteo 10,29 e Luca 12,6, ossia essere costantemente presente nella vita di ogni uomo, soccorrendolo in ogni sua necessità. È controsenso anche, credere che Dio, avendo cura dei capelli, Matteo 10,30 e Luca 12,7, cioè che si preoccupa dell’incolumità di ogni uomo, possa restare indifferente davanti a tanta cronaca drammatica e tragica di ogni giorno dovuta alla spietatezza umana e agli sconvolgimenti naturali. Consiglia di non rifugiarsi nel vago, ossia nel «non saper dare risposte adeguate per l’eclisse divina», come faceva il filosofo Bobbio. L’autore chiarisce che, a prescindere dalla scienza, è la storia che confuta la divinità per essere stata sempre assente.

    Il M ha notato che l’interesse crescente per la religione non sempre coincide con la Chiesa, la quale è ancora arroccata fra l’altro alle vetuste credenze della grazia di Cristo, scaturita dal sacrificio della croce, che feconda la giustizia. Prima la religione era ritenuta soltanto un’espressione intima, ora vi si fa frequente riferimento nei discorsi pubblici e politici. Cita Gianni Vattimo, classe 1936, filosofo e politico, il quale, notando quanto il termine Dio fosse così centrale, dava la seguente spiegazione: La crisi della modernità ha portato con sé la dissoluzione delle principali teorie filosofiche che ritenevano di aver liquidato la religione. Oggi non ci sono più plausibili ragioni filosofiche forti per essere atei, comunque per rifiutare la religione. Secondo l’autore lui doveva avere una visione superficiale per esprimersi in modo ottimista a favore della Chiesa, senza tener conto soprattutto della chiusura dei templi e dei monasteri, conseguente alla riduzione dei fedeli. Non ha notato nemmeno la crescente schiera degli studiosi atei ben decisi, di cui si riferiscono alcuni con i relativi pensieri:

    - Richard Dawkins, classe 1941, biologo e saggista britannico: La fede in Dio, nonostante è praticata da gran parte dell’umanità, si qualifica come una illusione, una credenza falsa, con le sue forti contraddizioni. L’ateismo è indice di una mente libera e indipendente.

    - Bertrand Russell, 1872-1970, filosofo e saggista britannico: Sono fermamente convinto che le religioni sono dannose e false. Il danno arrecato da una religione è di due specie: uno dipende dalla natura generica della fede, l’altro da quella particolare dei dogmi accettati. Non sono cristiano perché non credo in Dio e nell’immortalità; Cristo, per me, non è stato altro che un uomo eccezionale.

    - Steven Weinberg, classe 1933, fisico statunitense: La religione rappresenta un insulto alla dignità umana. Con o senza di essa, ci sarebbero sempre i buoni che farebbero il bene e i cattivi che farebbero il male. Ma per fare cose malvagie a persone buone occorre la religione.

    - Daniel Dennet, classe 1942, filosofo e psicologo statunitense: Le grandi idee della religione hanno tenuto gli esseri umani sotto una sorta di incantesimo per migliaia di anni, più a lungo di quanto si intende con la documentata storia umana.

    - Sam Harris, classe 1967, filosofo e neuro-scienziato statunitense: Se non si capisce che la crudeltà è sbagliata, non verrà scoperto tramite la Bibbia (o il Corano), perché ne è piena. Dalla religione non si ottiene alcuna moralità; si decide cosa è buono solo con i buoni libri, ricorrendo a intuizioni morali, fissate nell’intimo e perfezionate nel corso di migliaia di anni.

    - Christopher Hitchens, 1949-2011, giornalista e saggista britannico-statunitense: La religione uccide, vanta false pretese metafisiche, inventa false cosmogonie, ha testi sacri estremamente discutibili e millanta miracoli; non migliora gli uomini e corrompe i bambini.

    - Piergiorgio Odifreddi, classe 1950, matematico e saggista piemontese: Se la Bibbia fosse un’opera ispirata da un Dio, dovrebbe essere corretta, giusta e veritiera. Come mai trabocca di assurdità scientifiche, contraddizioni logiche, falsità storiche, truci violenze e perversioni etiche?.

    - Michel Onfray, classe 1959, filosofo francese: Le religioni sono indifendibili in quanto strumenti d’oppressione e di frattura con la realtà o di esclusione da essa. Per l’autore alcune loro prese di posizione antireligiose sono esagerate, perché qualcosa di buono c’è sia nei testi sacri, riguardante l’etica, sia per le grandi opere realizzate. Tuttavia le loro critiche sono sostanzialmente giuste, perché la fede divina non ha alcun fondamento concreto: è una pura elaborazione per la quale spesso sbandano e si scontrano cruentamente gli uomini.

    Il M, dando per scontato la crescita religiosa (per gli ottimisti il mondo sarà quasi interamente religioso tra qualche decennio), ritiene che il mondo reale sarebbe inadeguato a produrre cultura, nel senso dello sviluppo filosofico e artistico. Questa difficoltà di elaborare cultura rende instabile, secondo lui, la religiosità spirituale. Ed è triste che questa crescita religiosa possa contrapporsi alla cultura contemporanea, quasi a voler ripararsi davanti all’immensa crescita del progresso della tecnologia, che è sconvolgente. Davanti alle paure che lui suppone per l’avvento del post umanismo, con tutte le incognite, di cui intravede qualcuna inquietante, come la creazione artificiale della vita in laboratorio, l’autore lo tranquillizzerebbe. Infatti ritiene che l’uomo, consapevole di essere completamente solo e soggetto, come tutti gli altri esseri viventi, alle leggi del Mistero, si responsabilizzerebbe. Non è d’accordo con il M quando afferma: Dal sentimento di un mondo che appare sempre meno ospitale crescerebbe negli uomini il desiderio della religione in quanto altro mondo. Non si dovrebbe più parlare di religione ma di spiritualità. Le paure, cui allude il M, deriverebbero dall’assenza di qualcosa di concreto, dal vuoto, ma il Mistero garantirebbe all’uomo pienezza, vitalità, libertà, intraprendenza e responsabilità in ogni campo, proteso al bene, in quanto che assicura la vita. Se oggi questo risveglio non è constatabile ciò è dovuto alla mancanza della cultura del Mistero. C’è stata la dissacrazione delle religioni, che ha originato il disincanto, ma mancava la cultura dell’alternativa, cioè l’etica atea-spirituale, che potesse colmare la sfera intima dell’uomo, con riferimento al Mistero, ossia alla sovrastruttura delle leggi e delle energie.

    Se per il M la crescita delle religioni è dovuta all’incremento dell’instabilità emotiva, conseguente a quello del progresso tecnologico, ciò è dovuto alla scarsa conoscenza della spiritualità (pochi ne sono coscienti), che dovrebbe colmare il vuoto lasciato dalla religione, come ritiene l’autore. Questi è convinto che il suo concetto di Mistero favorirebbe le forze positive e dialogiche, di cui la società ha bisogno. Anche il M le auspica, ma sbaglierebbe suggerendo una nuova interpretazione della divinità, ritenendosi cattolico. Non più quella che guidava gli eserciti, per cui si cantava il Te Deum dopo le vittorie militari. Inoltre nega anche quella della Provvidenza, che sceglieva gli uomini per la guida dei paesi verso la piena sottomissione alla Chiesa di Roma. La proponeva s. Agostino, 354-430, vescovo e teologo algerino. Chissà se, assistendo alle guerre, ai genocidi, alle pandemie e alle catastrofi, avrebbe cambiato opinione.

    L’autore si sente sicuro delle proprie affermazioni per essere pervenuto a quella che ritiene la somma verità, incontestabile, fatta passare dal filtro della scienza sperimentale; tuttavia, come ogni uomo retto, si riserva sempre il dubbio. Si può dire quello che si vuole a riguardo di Dio, per renderlo credibile, ma in ogni modo è contestabile quello che è descritto nei sacri testi, onnipotente, onnisciente, amorevole e interventista, elaborato da menti ottenebrate e ignoranti (in termini non dispregiativi) del remoto passato. Confuta inoltre quel Dio che oggi è ritenuto vicino a chi soffre, che ascolta chi lo prega, che protegge dai disastri chi è in pericolo, che miracola chi lo supplica, perché non esiste. Nessuno dei credenti si rende ancora conto che è un totem, verso il quale s’inchina e si genuflette, sentendolo intimamente, senz’accorgersi che è la propria voce che echeggia nella «cattedrale» del suo cuore.

    Il M sbaglia se considera la religione «l’unico pensiero forte politicamente significativo», nel senso che possa sprigionare quell’energia intellettuale capace di suscitare passioni e muovere i popoli. Ormai il passato, con tutte le sue efferatezze, i suoi smarrimenti, le sue ingiustizie, i suoi spettacolari prodigi, i suoi torrenti di sangue, le sue immense disperazioni all’ombra delle grandi opere artistiche, si sta chiudendo nell’archivio storico. Il futuro si prospetterebbe solo con l’unica verità accertata, cui è indirizzato il progresso. Quindi si confutino, pur con gradualità e delicatezza, tutte le innumerevoli pseudo verità!

    Il M ritiene che l’Occidente abbia visto accrescere la propria civiltà per merito del Cristianesimo (l’autore obietta che ne è stata anche ostacolata con roghi e repressioni, perché non apprezzava la scienza e reprimeva la critica).

    Il mondo ha bisogno di coesione, perché gli uomini sono interdipendenti a livello nazionale e internazionale, e sarebbe possibile soltanto con la religione, secondo il M, purché non si coltivi il sogno che tutta l’umanità diventi cattolica. Ma, riferisce l’autore, considerando il sanguinoso passato e il tormentato presente, essa non potrà più amalgamare nel futuro i popoli, anche se si attuasse una revisione profonda, essendosi rivelata offuscante e dispersiva, incapace di responsabilizzare gli uomini. Si richiede ora la nitida spiritualità che possa frenare sia i folli «cortocircuiti intellettivi», sia gli istinti bestiali per un saggio governo dell’umanità e della natura. Il M si appella costantemente alla religione, perché la nuova civiltà derivante dalla prodigiosa rivoluzione tecnologica avrebbe bisogno del suo apporto sapienziale, per produrre quell’etica, ritenuta essenziale per l’armonia della vita.

    Dal sentimento di un mondo sempre meno ospitale deriva il bisogno della religione, essendo un altro mondo, tutto sommato più umano e più confortevole (ma fittizio!). L’autore chiarisce invece che sarebbe la spiritualità a favorire maggiormente la coesione dell’umanità, pullulante di tante religioni, avendo potenzialità convincente, perché considera soltanto la realtà. Per masse crescenti di individui la fede sta diventando illusoria. Il contrario afferma il M, il quale constata la crescita religiosa per l’instabilità dovuta alla rivoluzione tecnologica, ma sarebbe minacciata dalle contraddizioni dei testi sacri, pertanto suggerisce la rivisitazione dei valori religiosi, altrimenti ne risentirebbero sia il Cristianesimo, sia la cultura. È del parere che la religione, senza un accordo con la scienza e la filosofia, non sarà mai all’altezza della dignità intellettuale. La civiltà tecnocratica senza l’apporto sapienziale della religione, non sarà mai in grado di produrre quell’etica capace di unire gli uomini tra loro. L’autore lo contesta sia per il «ciarpame» interpretativo della fede, sia per le immani tragedie della storia, verificatesi nonostante il dominio di due millenni della religione, sia per la spiritualità che sarebbe esaustiva sostituendosi a essa. Riferisce che la religione è una grande zavorra, che non favorisce né l’armonia sociale, né il controllo dei freni inibitori per la sua natura ferina. La spiritualità etica, da infondere in ogni uomo sin dall’infanzia nel mondo intero, è quella che favorirebbe l’aggregazione dei popoli, non più nemici per razza, cultura e dottrina, ma fraterni.

    Il M, convinto che debba esserci armonia tra scienza e sapienza, cita Albert Einstein, 1879-1955, fisico ebreo tedesco, che diceva: La religione senza la scienza è cieca; la scienza senza la religione è zoppa. L’autore chiarisce che per la profondità del suo pensiero razionale, lui non alludeva alla divinità, comunque la si voglia interpretare, interventista o immobile, ma alla spiritualità che «tende a guidare sapientemente l’azione umana per il bene, la libertà, il rispetto e l’altruismo».

    L’uomo deve sforzarsi di essere probo e domo, ovviamente aiutato sin dall’infanzia con la saggia istruzione e l’educazione etica, che lo responsabilizzino al cospetto della realtà. Le religioni e i relativi corredi di santi (per alcuni hanno preso il posto degli dèi) vanno messi in disparte.

    Per Alfred North Whitehead, 1861-1947, filoso e matematico britannico, la religione e la scienza costituiscono le più intense forze generali che influenzerebbero l’umanità. Alla sua epoca la religione era fondamentale, oltre che dominante, mentre la spiritualità era sconosciuta ai più, per cui era inevitabile che vi facesse riferimento.

    Il M è convinto che la questione della fede e dell’esistenza di Dio può creare difficoltà di natura psicologica in molti individui, perché non saprebbero trovare risposte esaurienti.

    Sarebbe saggio, secondo Epicuro, 341-270 a.C., filosofo greco, che per vivere bene è meglio non interessarsi degli dèi, nei quali pur credeva, ma se ne stavano tranquilli nell’Olimpo, senza curarsi degli uomini. Tuttavia ci sono individui che sono sereni credendo in Dio e altri invece, gli atei, che sono ugualmente felici.

    Davanti alla domanda di Dio (c’è o non c’è) si possono avere risposte plausibili per entrambe le controparti:

    1) Se per uno Dio è il senso della vita, per un altro può essere la ricerca scientifica, l’avventura, la ricchezza, il potere, l’arte o un impegno da perseguire.

    2) Se per uno il mondo è stato creato da Dio, per un altro è derivato da un lentissimo processo autonomo di aggregazione e disgregazione nel tempo di elementi costituenti la vita.

    3) Se per uno la natura e la storia sono la manifestazione di un ordine che non può non derivare da Dio, per un altro sono registri di disordine e ingiustizia, che lo rendono inesistente.

    4) Se per uno la pura morale è data dalla rivelazione di Dio, per un altro è autonoma.

    5) Se per uno la Bibbia con la sua rivelazione giudaico-cristiana è la manifestazione dell’amore di Dio per l’umanità, per un altro è uno dei tanti libri sacri con alcune pagine interessanti e altre che sono nefande.

    6) Se per uno Gesù è Figlio di Dio, incarnatosi, morto in croce e risorto, vincendo la morte, per un altro è soltanto un profeta che additava amore e giustizia. La sua risurrezione sarebbe dovuta sicuramente all’autosuggestione di alcuni o all’esaltazione degli agiografi.

    7) Se per uno Dio è vicino a chi lo supplica o gli chiede aiuto, per un altro è assente davanti alle immani tragedie e alle stragi degli innocenti.

    8) Se per uno Dio accoglie nel suo paradiso l’anima di chi muore, premiandola, per un altro la morte significa la fine di tutto, non essendoci alcuna continuità.

    Davanti a questa sequela di duplici risposte contrastanti, è difficile per il M dare una risposta sicura alla domanda di Dio, per cui conclude con Benedetto Croce, 1866-1952, filosofo e storico abruzzese, spirituale, il quale scriveva: Un istituto muore quando non soddisfa più alcun bisogno o a misura che scema la quantità dei bisogni che esso soddisfa. Giustamente ricalca l’autore, finché si procede con le «mezze» o provvisorie risposte altalenanti, ignorando la razionalità e la scienza, che rivelano l’inesistenza della divinità.

    Nota 1:

    L’esistenzialismo tedesco è una corrente filosofica che attinse al pensiero di Søren Kierkegaard, 1813-1855, filosofo e luterano danese, il quale rivalutava il singolo individuo, delimitato nella sua angoscia esistenziale, prigioniero della sua colpa. Si opponeva all’ottimismo e al razionalismo del filosofo tedesco Wilhelm Hegel, 1770-1831.

    Martin Heidegger intese indagare il senso dell’uomo, del suo esserci nel mondo, che si qualifica con l’impegno di prendersi cura di tutto ciò che gli serve per vivere e, pensando alla propria limitatezza, progettare, guardando avanti, non senza considerare il proprio passato.

    Nota 2:

    Se la fecondazione di una creatura umana avviene con l’incontro dello spermatozoo maschile con l’ovocita femminile, se il seme di un chicco di grano sotterrato dà luogo a una pianta, se gli alberi crescono, se gli uccelli volano, se le nuvole danno pioggia, se i pesci vivono nell’acqua, se gli aerei sorvolano i territori, se le navi solcano i mari, se la Terra gira con altri pianeti intorno al sole e le sue acque non si disperdono nel cosmo, se le stelle splendono nel cielo e si movimentano le galassie, tutto ciò avviene per l’esistenza delle leggi e delle energie della sovrastruttura, intesa come Mistero (con la M maiuscola) che avvolge tutto l’immenso creato.

    Capitolo 3      

    Instrumenta laboris (parte I)

    Vita

    Il M apre il capitolo con la domanda: Che cos’è la vita?, cui confessa che non è possibile darvi una risposta esauriente, essendo molto complessa per la lunghezza temporale della sua gestazione, della sua nascita, del suo sviluppo e della sua evoluzione nel corso delle lunghe e molteplici ere.

    Paul Davies, classe 1946, astrofisico britannico, ha proposto come probabile origine della vita la teoria del «colpo di fortuna». Affermava anche: La scienza ha bisogno della religione perché comprende che la sua visione non può dare ragione di tutta la realtà e, soprattutto, perché è necessario affidare i rapidi progressi scientifici e tecnologici contemporanei alla saggezza di una guida spirituale. Al tempo stesso, la religione deve tener conto delle scoperte scientifiche e inglobarle nella sua visione spirituale del mondo: una religione che non fosse in grado di farlo, non giungerebbe al XXII secolo. Per l’autore è chiaro che lui auspicherebbe una religione priva di illusioni.

    Per l’origine della vita il M riferisce che Stanley Miller, 1930-2007, biochimico statunitense, fece un particolare esperimento allestendo un «brodo», che per lui doveva essere simile a quello primordiale con acqua, ammoniaca, metano e idrogeno, esponendolo a frequenti scosse

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