Atei in Paradiso: Anche per chi non crede
Di Carlo Toma
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Anteprima del libro
Atei in Paradiso - Carlo Toma
La ricerca dei popoli
Esiste una domanda banale e allo stesso tempo profonda? Potrebbe essere questa: Dio esiste
?"
Chi non se l’è mai chiesto?
Da quando l’uomo è sapiens, ovvero in grado di discernere tra più opportunità, se l’è sempre posta.
E subito affiora la categorica deduzione: Se esiste, dovrebbe mostrarsi, dimostrare la sua presenza. E se non lo fa, è un motivo valido per definirlo inesistente.
Ogni logica ha la sua ragion d’essere, ma essendo questa una domanda capitale, penso che approfondire l’argomento non sia poi così banale.
Ogni tentativo per dimostrarlo si è rivelato vano, come pure il contrario. Nessuna scienza può garantire l’esistenza o l’inesistenza di Dio.
Occorre anche precisare che – ammettendo la Sua presenza scontata – in maniera velata e continua nel tempo, qualche accenno di una Sua intrusione nella vita degli uomini, l’abbia esibito.
Nei secoli lontani vigeva l’ambizione della conquista, del possesso di altre terre per avere dominio e ricchezza sfruttandone risorse e forza lavoro.
Alessandro Magno, gli Imperatori Romani, Gengis Kan, i Conquistadores iberici al di là dell’Atlantico, sono, tra tanti, nomi che rimandano a brutali invasioni di nuovi territori con l’intento di averne controllo e ricavarne profitto.
I sottomessi dovevano soggiacere ai nuovi padroni con il malcelato desiderio di scacciare gli invasori.
Le lotte, spesso, erano impari, e decretavano un tempo di servile sottomissione facendo nascere la voglia e l’attesa di un ‘liberatore’ che potesse attuare il proposito di riscatto e di essere di nuovo liberi.
Affonda, quindi, in tempi remoti il desiderio di un ‘Essere’ divino foriero di libertà e di pace.
La ricerca di un Dio è sempre stata la scusa delle masse sottomesse per avere uno sfogo, una speranza in più per uscire dal loro stato di sofferenza.
Ogni popolo oppresso, sofferente, ridotto in schiavitù, domato da una forza straniera, ha cercato di trovare conforto in una Entità superiore con il recondito, nascosto desiderio di essere liberato dal proprio stato di dolore.
Da sempre la tesi della teoria, definita in maniera egregia da Vittorio Messori, ‘mitica’, propone il grido di ogni popolo perseguitato in cerca un ’salvatore’, così ben nascosto da non arrivare mai ad un atto liberatorio concreto, e presente, quindi, solo nelle menti di gente la cui esausta illusione crea e determina un Essere che esiste solo nella loro, purtroppo sfinita, fantasia.
L’uomo ha sempre cercato sicurezza per l’avvenire nell’idea che un Essere potente e buono fosse in ascolto delle sue preghiere, delle sue suppliche per avere un appoggio morale e fisico nei momenti di difficoltà.
Questo si è tramutato, nei millenni, nel concetto di un Dio di qualsivoglia maniera.
Gli Egizi ebbero già allora il culto del divino. Lo stesso Faraone veniva considerato dio in terra. Politeisti, avevano idea della presenza dei loro ‘dei’ nella vita di ogni giorno.
Esisteva il dio Ra, il sole; Nun, l’acqua; Iah, la luna; Nut il cielo. Maggior valore era dato a Osiris, dio cosmico che dominava la vita dell’aldilà. Il dio Khnum, dio creatore, che dava forma e vita agli umani come un vasaio al tornio.
La loro religione arrivava anche a quella che gli studiosi chiamano ‘zoolatria’, ovvero la venerazione di animali che per loro capacità naturali assecondavano i bisogni del popolo: il mansueto bue, la cui pazienza e utilità agricola erano esaltate dagli Egizi come virtù sconosciute all’uomo e quindi degne di culto religioso.
Il gatto, cacciatore di topi infestanti le loro case, portava quella utilità così preziosa che veniva ricompensata con la sua deificazione al punto da venire mummificato in caso di morte.
Al di là dell’Atlantico, ancor prima della scoperta dell’America, gli Aztechi, i Maja, avvertirono anch’essi per secoli l’idea di un Dio protettore da ingraziarsi, per ottenere favori nei raccolti, nelle guerre coi nemici, nella salute.
Gli Aztechi, dapprima nomadi, arrivati nella valle del Messico, zona ricca di fiumi e laghi, nella cui conca si trova oggi Città del Messico e gran parte della sua periferia, ancor prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo, veneravano le loro divinità assimilando anche quelle trovate sul posto. Presero vita divinità dai nomi quasi impronunciabili: Huitzilopochtli, Tezcaptlipoca, Quetzalcoati.
Si creò così un sincretismo religioso, ovvero la due religiose si mischiarono fino a formarne una sola.
Il popolo Maya aveva una forma religiosa che comprendeva un vero e proprio pantheon di ‘dei’. Era una religione che si riferiva alle forze della natura, agli astri del cielo, alla pioggia, al vento, basata sul concetto della dualità: la luce e il buio, la vita e la morte, il bene e il male.
Il loro dio supremo era Itzamnà, dio del sole e altra importante divinità era Kukulkàn, serpente piumato, al quale erano destinati sacrifici umani (ancora oggi sul fondo dei ‘cenotes’, grandi pozze naturali della zona, si suppone vi siano scheletri delle fanciulle a lui immolate).
I Romani, così avversi alle religioni altrui, avevano una quantità di divinità tanto da erigere un tempio che li racchiudesse tutti, ancora oggi visibile, il Phanteon.
Noti anche oggi, con Giove capostipite di tutti gli dèi, Nettuno, dio del mare, Plutone, re degli Inferi, inviso all’Olimpo, il monte sacro dei suoi colleghi. Marte dio della guerra, Apollo, per la musica e la poesia, Venere, dea dell’amore, e tanti altri ripresi dalla religiosità greca che aveva venerato gli stessi dei seppur con nomi diversi.
Ogni popolo, in ogni epoca, ha avuto pensieri proiettati a una forma di vita che travalicasse, andasse oltre la propria, considerando un’esistenza diversa e migliore di quella umana.
La ricerca di Dio da parte dell’arte e della scienza
L’uomo ha sempre aspirato al trascendente, ovvero a quello che potrebbe esistere in un’altra vita, oltre la sfera del percepibile, del visibile.
Al di là delle proprie facoltà conoscitive, da sempre immagina che possa esistere qualcosa o Qualcuno a lui superiore per capacità, potenza e intelletto.
Aristotele, storico filosofo, vissuto in Grecia circa quattrocento anni prima di Cristo, nei suoi pensieri lo valuta come ‘Colui che causa il movimento