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Atti apostolici: Forieri di violenza - psicologica e fisica - Controstoria proibita del Cristianesimo e della Chiesa Cattolica delle origini
Atti apostolici: Forieri di violenza - psicologica e fisica - Controstoria proibita del Cristianesimo e della Chiesa Cattolica delle origini
Atti apostolici: Forieri di violenza - psicologica e fisica - Controstoria proibita del Cristianesimo e della Chiesa Cattolica delle origini
E-book361 pagine5 ore

Atti apostolici: Forieri di violenza - psicologica e fisica - Controstoria proibita del Cristianesimo e della Chiesa Cattolica delle origini

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Info su questo ebook

L’autore, dopo aver scritto i saggi “Dio, controstoria di un mito”, “Religioni, uno scandalo millenario” e “L’inganno dei Vangeli”, approfondisce ulteriormente il tema del Cristo elaborato, cui unisce la lunga e tragica carrellata del messianismo bimillenario, sconvolgente in gran parte per spietatezza, bestialità e incoerenza, di cui sono stati autori anche non pochi santi.
La Chiesa Cattolica, con la sua struttura piramidale, al cui vertice si pone il papa, si è inserita abilmente nel solco costantiniano per dominare da Roma quasi tutto il mondo, assicurandosi prima vasti possedimenti e inserendosi poi nell’alta finanza per la gestione del suo immenso tesoro. Tutto questo all’ombra di Pietro, il principe degli apostoli, cui Gesù avrebbe affidato le chiavi del suo regno, che però sarebbe stato tutt’altro. Tuttavia questo è stato trasferito nel Cielo; inoltre sembra che lui non sia mai stato nella città eterna, non essendocene alcuna testimonianza (sono voci vaghe quelle relative alla sua tomba, mai trovata). Invece Paolo vi ha dimorato, senza riferire nulla di lui.

Ton Milan, nato in ambiente contadino e spartano del Sud, visse sotto la cappa religiosa che anteponeva il radioso e confortante Cielo allo squallore degli ultimi strascichi del feudalesimo medioevale. In verde età gli fu diagnosticata una sordità parziale, che in realtà lo aveva colpito sin quasi dalla nascita. Escluso ed emarginato anche per la sua minorazione, si era chiuso a riccio, coltivando desideri di riscatto nella natura agreste.
A vent’anni un intervento invasivo lo rese completamente sordo, scaraventandolo nel silenzio assoluto. Fra le sue gravi crisi nichiliste, non ebbe né guida e né conforto, ma solo pietà. La fede cattolica gli fu una delle poche ancore di salvezza di cui si avvalse, non avendo altro.
La sua febbrile voglia di evadere lo spinse lontano dal remoto Sud, verso una metropoli del Nord, dove giunse con la sua valigia di cartone. Visse quindi il ’68 studentesco, soggiornando poi in Messico per alcuni mesi e visitando Praga e Kiev, per vederne l’impronta del comunismo sovietico aldilà delle rispettive cornici turistiche.
Dopo varie crisi religiose e decenni di meditazioni, letture ed esperienze, è approdato a una riconsiderazione razionale delle idee di Dio e della religiosità tradizionale, fondamentalmente illusorie.
LinguaItaliano
Editoreton milan
Data di uscita5 ago 2018
ISBN9788828369813
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    Anteprima del libro

    Atti apostolici - Ton Milan

    (1818-1848)

    Introduzione

    Il terzo volume di questa complessa trilogia tratta l’operato degli apostoli, specificamente di Pietro, Bàrnaba e Paolo, completando così l’analisi critica del Cristianesimo. L’autore non ha ritenuto opportuno considerare gli altri scritti neotestamentari, soprattutto le Lettere Paoline, perché mancano generalmente i riferimenti di confronto per confutare quanto vi è affermato. Bisogna accettarli integralmente come sono, aderendo alla fede che vi è stata profusa intorno a Gesù il Cristo e alla resurrezione, oppure negarli in toto.

    Mentre i Vangeli e gli Atti tendono a giustificare la nuova dottrina scaturita dal Giudaismo, con costanti riferimenti all’Antico Testamento (AT), sebbene in maniera ingannevole, le Lettere ne espongono la teologia, che non era assolutamente nelle intenzioni di Gesù, il quale si ritenne sempre un ebreo, fedele alla Torah.

    Se con i Vangeli sinottici l’animo del credente si proietta fuori dal contestato fariseismo, con il quarto evangelista si immerge in un mondo surreale, convincendosi così ad accettare pienamente la religione cristiana, pur intrisa di Ellenismo, quindi di paganesimo.

    La vita terrena dev’essere vissuta in rapporto al Cielo, reso un meraviglioso regno, a cui aspirare dopo la propria dipartita. Non il dominio satanico della terra, che resta sempre consistente, nonostante il messianismo impostato con Gesù, il Vittorioso e il Redentore, ma quello divino del Cielo. Occorre accettare questo credo, ispirato da Dio e dal Suo Unigenito, per tollerare le iniquità terrene, prima di salire da Loro, dove c’è la radiosa vita eterna, come asserisce Paolo.

    Senza una visione analitica, come è stato notato, tutto ciò sembra verosimile. Si diventa facilmente schiavi di una credenza, di cui il potere approfitta per gestire la vita collettiva con criteri affatto equi. La vera fede salvifica, però, è ben altra, come il lettore avrà ormai inteso, pervenendo a questo volume.

    Ogni uomo deve poter vivere in armonia con la collettività e la natura, servendole rettamente per essere servito in maniera identica: ognuno deve sentirsene obbligato. La credenza celestiale non ha mai offerto questa possibilità, perché non riusciva a responsabilizzarlo, come si evince dalla realtà turbolenta sia del passato, sia del presente.

    Il vaglio di questo terzo volume dovrebbe permettere ai credenti di convincersi ulteriormente delle illusioni e delle falsità della religione cristiana e indirettamente di tutte le altre esistite ed esistenti: le religioni offuscano la visione della vita e rendono nemici gli uomini. Questi sono soli con i loro intelletti nel contesto delle leggi della natura e dell’universo (Mistero). Nel loro breve arco esistenziale possono essere ben consapevoli di se stessi e raggiungere i livelli esaustivi di dignità, libertà, rispetto (non amore, essendo utopistico) e inventiva, attingendo con avvedutezza alla prodigiosa ricchezza del pianeta e governandone sapientemente la vitalità. Purtroppo si sono sempre comportati, nella quasi totalità, come irresponsabili prevaricatori contro i propri simili e l’intero creato. Gli esigui esempi radiosi di abnegazione non sono serviti a invertire l’insana violenza che insanguina e distrugge il pianeta.

    Capitolo I

    Le ultime disposizioni di Gesù e la Pentecoste

    Gli Atti degli Apostoli sarebbero stati scritti da Luca, l’autore del terzo Vangelo. Furono composti molto probabilmente a Roma negli anni Ottanta-Novanta, circa trent’anni dopo le prime lettere di Paolo, databili negli anni Cinquanta-Sessanta. Terminano bruscamente con il biennio della prima prigionia romana di Paolo. Secondo alcune ipotesi non si tratta di un solo autore, ma almeno di due, senza menzionare i passaggi di mano per le varie redazioni intercorse.

    La prima parte copre un arco di dodici anni e fa riferimento alla diffusione della dottrina cristiana nella Giudea e nella Samaria; vi domina la figura di Pietro. La seconda parte interessa i successivi vent’anni, durante i quali è narrata la diffusione del nuovo credo in Asia Minore, di cui si interessò maggiormente Paolo, che vi giganteggia; Luca gli fu accanto in molti dei suoi viaggi e quando fu condotto prigioniero a Roma.

    Non si può restare indifferenti davanti all’improvviso ingresso di Paolo nella storia del Cristianesimo, essendo stato assente durante l’apostolato di Gesù. È strano che i Vangeli diano molto risalto alla vicenda di Gesù, con il concorso delle folle che lo seguivano, i portentosi miracoli, la cacciata dei cambiavalute dal cortile del Tempio, l’ingresso trionfale a dorso di asino in Gerusalemme, la crocifissione e infine la resurrezione, senza che lui non ne sapesse nulla. Si tratta di eventi ineludibili che Paolo non poteva assolutamente ignorare. Anche se si fosse trovato nella sua Tarso, in un modo o nell’altro ne sarebbe venuto a conoscenza, almeno tramite il suo maestro Gamaliele. È molto probabile, però, che la vicenda di Gesù fosse stata marginale e non spettacolare, come fanno supporre i Vangeli. Lo storico Giuseppe Flavio non ne riferisce nulla, se non un breve trafiletto, che si presume non suo; mentre riporta il caso di Giovanni Battista, che per lui fu influente. Si può concludere che Paolo ne avesse saputo qualcosa, restandone però indifferente, e ne avesse approfittato in seguito per fondare una nuova corrente del Giudaismo per favorire i gentili, che erano permeati di Ellenismo.

    Il racconto degli Atti inizia già in un clima mistico, svincolato dalla realtà, con Gesù risorto che, prima di ascendere al Cielo, apparve ai discepoli per quaranta giorni. Il fedele deve credere pienamente a questa impostazione iniziale, per poter accettare tutto il seguito del racconto lucano.

    Nel secondo volume della trilogia, riguardante i Vangeli, Luca 24,51 afferma che gli undici apostoli erano rimasti a Gerusalemme, dove Gesù era apparso a loro e aveva mangiato; vi erano tornati dopo la sua ascensione al Cielo avvenuta a Betania.

    Per Matteo 28,16 gli undici apostoli avrebbero visto Gesù in Galilea (ma erroneamente!), dove ricevettero l’istruzione di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, senza menzionare alcuna ascensione al Cielo, anzi il racconto si chiude con queste parole: «Ed ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo».

    Marco 16,19 scrive che Gesù, dopo le istruzioni rivolte agli apostoli di predicare il Vangelo a ogni creatura, si elevò al Cielo. Ma queste parole fanno parte del finale canonico, quindi non sarebbero sue.

    Giovanni 20,19 confermerebbe indirettamente che Gesù apparve ai discepoli a Gerusalemme, dopo essersi fatto vedere da Maria Maddalena, ma non riferisce alcuna ascensione.

    Gesù non ascese subito al Cielo, come farebbe supporre il Vangelo di Luca, invero molto conciso, ma dopo quaranta giorni, come è riferito negli Atti 1,2.

    Atti 1,4: «Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre "quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni’"».

    La promessa fatta da Dio sarebbe quella riferita dal profeta Gioele 2.24 e riportata più avanti in questo capitolo. I riferimenti evangelici sarebbero Luca 24,49: «E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

    Giovanni 14,16: «Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce».

    Ma per Matteo 28,20 è Gesù che rimarrà sempre con loro tutti i giorni sino alla fine del mondo.

    Che differenza esiste fra l’acqua, già suggerita da alcuni profeti, per detergersi simbolicamente dalle proprie impurità, e accedere alla grazia del Padre, e lo Spirito, mai nominato prima se non per intendere lo stesso Creatore? L’uso disinvolto della parola Spirito invero devia o confonde le menti che, altrimenti, potrebbero essere orientate meglio nella loro vita. Nella Chiesa Lo s’intende come una terza persona, distinta, della Trinità. È una concezione fuorviante, che infatti non ha apportato alcun beneficio all’uomo. Quando la fede non è veramente limpida o è travisata si hanno drammi e tragedie per il prevalere della parte spuria nei cuori, per cui si travalica facilmente.

    Che significato ha essere battezzato nello Spirito Santo a differenza del battesimo dell’acqua, se in questo si sottintende il coinvolgimento di Dio, come affermano i profeti? Perché questo privilegio accordato ai Cristiani e negato agli Ebrei, che soffrivano con la circoncisione, un atto di adesione a Lui in nome dell’Alleanza? Si deve convenire che il rito del battesimo (deriverebbe dal bagno giovanneo nel Giordano, tipicamente giudaico), come si è configurato, è schiettamente umano, non deriva dal Cielo.

    La Bibbia Dehoniane riconosce che la formula trinitaria del battesimo, specificata da Matteo, possa essere stata aggiunta successivamente al testo evangelico per l’uso liturgico che si determinò dopo, quindi non sarebbe stata istituita da Gesù; in Atti 2,38 Pietro invita a farsi battezzare nel suo nome.

    Il battesimo si deve intendere non come un puro rito esteriore di iniziazione o introduzione, ma come un lavacro spirituale delle proprie colpe con l’acqua, da eseguire nel nome del Padre. Ma ogni interessato dovrebbe parteciparvi coscienziosamente, disponendosi con tutto il proprio cuore. Ciò non può avvenire con i bimbi poco dopo la loro nascita, come stabilì Agostino, il vescovo di Ippona.

    Per la concezione della Trinità molti padri della Chiesa ne vollero vedere il primo riferimento nell’episodio della Genesi 18,2, riguardo a tre uomini che apparvero ad Abramo. Secondo la tradizione jahvista uno di loro doveva essere certamente il Creatore, mentre gli altri due dovevano essere angeli, come si comprende poi in Genesi 19,1; quindi questi due non potevano essere la seconda e la terza persona della Trinità, il Figlio e lo Spirito Santo. Uno, che vuole comprendere con la tersa luce della ragione (e non con quella nebbiosa della fede), non può non chiedersi: «Se i tre personaggi erano creature celesti come potettero mangiare e quindi esplicare i naturali processi digestivi?». Tutto si potrebbe attendere da Dio, l’Onnipotente, il Padre ma, considerando la storia che si è snodata fino ai giorni attuali, si deve affermare che Egli non è mai sceso fra gli uomini, facendosi uguale a loro. Non ha mai ritenuto utile farlo, anche perché si sarebbe percepita sempre la Sua presenza con la preghiera, l’amore, la giustizia e la pace, se fosse stato vero.

    La formula matteana del battesimo trino non corrisponde a quella lucana degli Atti 1,5, nel nome dello Spirito Santo; quest’ultima dovrebbe essere la più conforme, come i vari passi evangelici dimostrerebbero con l’affermazione di Giovanni Battista: Marco 1,8, Giovanni 1,33 e Luca 3,16, che specifica in Spirito Santo e fuoco.

    Gli apostoli, che avevano assistito alla prassi rivoluzionaria del loro Maestro, sentendo ripetere spesso «il regno dei cieli è vicino», avevano sempre pensato di poter assistere al ristabilimento del giusto regno d’Israele, Atti 1,6: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno d’Israele?». Ma Gesù smorzò questo entusiasmo e rese indefinibile il tempo della realizzazione. Le parole degli apostoli lasciano trapelare l’ansia degli Ebrei, di avere il regno d’Israele, secondo le aspettative messianiche. Gesù ne troncò la speranza. Ma questa negazione sarebbe veramente sua o dell’autore sconosciuto degli Atti, il quale avrebbe previsto (post eventum) il dominio incontrastato del potere romano? Questo si impose spietatamente con la disfatta di Gerusalemme e la distruzione del Tempio nel 70 d.C. Tuttavia, supponendo che fosse sua, c’è da chiedersi: "Veramente Gesù si sarà contraddetto, se lo stesso Paolo, che divenne apostolo alcuni anni dopo la sua morte, vi aveva creduto come la sua prima lettera ai tessalonicesi conferma? Forse lui aveva ignorato la risposta negativa che Gesù aveva dato agli apostoli, Atti 1,7: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla Sua scelta».

    1Tessalonicesi 4,15: «Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti».

    1Tessalonicesi 4,17: «Quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore».

    Atti 1,12: dopo l’ascensione (quando Gesù fu assunto al Cielo, due uomini in bianche vesti, presunti angeli, dissero agli apostoli riuniti che egli sarebbe tornato nuovamente): «Allora gli apostoli ritornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato».

    Si noti la delicatezza delle parole quanto il cammino permesso in un sabato, che ci fanno intendere il rispetto che gli apostoli avevano per le disposizioni giudaiche relative al riposo sabbatico, vigenti ancora oggi presso le comunità ebraiche. Tale giorno fu poi sostituito dalla domenica, che presso gli Ebrei non aveva alcun nome, ma era semplicemente il primo della settimana.

    Atti 1,16: Pietro disse: «Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di David riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù».

    Sembra che egli si riferisca al Salmo 41,6, come aveva fatto Giovanni 13,18, in cui David, rivolgendosi a Dio, esclamò: «I nemici mi augurano il male: Quando morrà, e perirà il suo nome?. Chi viene a visitarmi dice il falso; il suo cuore accumula malizia e uscito sparla. Contro di me sussurrano insieme i miei nemici, contro di me pensano il male: Un morbo maligno su di lui si è abbattuto, da dove si è steso non potrà rialzarsi. Anche l’amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno».

    Il grido di sconforto di un infermo, divenuto speranza dopo, costituisce per Pietro una profezia annunciata dallo Spirito Santo (non risulta nel Salmo) per bocca del re. Prosegue, quindi, anche in questo libro degli Atti il medesimo impegno di forzoso accostamento della vicenda terrena di Gesù alle profezie, davanti al crescente uditorio dei nuovi credenti. Ciò prova ulteriormente le intenzioni degli apostoli di elaborare la nuova dottrina, con l’autorevolezza dell’AT, non sapendo come impostarne le basi, alterando però il messianismo, non più a favore d’Israele, ma dell’intera umanità.

    Atti 1,18: Pietro, proseguendo, dice: Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti [impiccandosi, scrive la Bibbia Paoline, mentre la Bibbia Dehoniane chiarisce che egli sarebbe morto per caduta, N.d.A.] si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere. La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akèldamà, cioè Campo di sangue. Infatti sta scritto nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti, e Il suo incarico lo prenda un altro».

    Invece Matteo 27,5 riporta un’altra versione, come è stato riferito nel testo riguardante i Vangeli. Sarebbero stati i sacerdoti che, presi i soldi buttati da Giuda, comprarono il campo del vasaio e lo riservarono per la sepoltura dei forestieri, accreditando una profezia di Geremia (in realtà si tratta di Zaccaria 11,12).

    Pietro allude forse al Salmo 69,21, in cui David invoca la punizione divina contro i suoi nemici: «L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati. Hanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato aceto. La loro tavola sia per essi un laccio, una insidia i loro banchetti. Si offuschino i loro occhi, non vedano; sfibra per sempre i loro fianchi. Riversa su di loro il Tuo sdegno, li raggiunga la Tua ira ardente. La loro casa sia desolata, senza abitanti la loro tenda; perché inseguono colui che hai percosso, aggiungono dolore a chi Tu hai ferito. Imputa loro colpa su colpa e non ottengano la Tua giustizia. Siano cancellati dal libro dei viventi e tra i giusti non siano iscritti».

    David non predice alcun futuro contro i nemici del Messia e quindi di Gesù, ma maledice quelli che inveivano contro di lui, già colpito da Dio.

    Nello stesso paragrafo Pietro dice: «Il suo incarico lo prenda un altro». Qui fa riferimento al Salmo 109,6, dove David, amareggiato per l’iniquo comportamento ricevuto da coloro per i quali si era prodigato con amore e dedizione, esclama, rivolto a Dio: «Suscita un empio contro di lui e un accusatore stia alla sua destra. Citato in giudizio, risulti colpevole e il suo appello si risolva in condanna. Pochi siano i suoi giorni e il suo posto l’occupi un altro. I suoi figli rimangano orfani e vedova sua moglie. Vadano raminghi i suoi figli, mendicando, siano espulsi dalle loro case in rovina».

    Il riferimento di Pietro è palesemente arbitrario! Anche lui si sforza di fare questi accostamenti per dare credibilità a quel Gesù, non come lo ha conosciuto veramente, ma come è stato elaborato dopo la sua morte e la successiva resurrezione.

    Atti 2,1: «Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi».

    La descrizione rievoca l’evento dei 70 anziani, sui quali Mosè invocò lo Spirito del Signore (Numeri 11,25). Senza dubbio essa è allegorica non tanto per lo scetticismo che ingenera quanto per la stessa eccelsa fede, che non richiederebbe alcuna spettacolarità, essendo gli uomini sottomessi a Dio. Se non Gli ubbidissero, peggiorerebbero la propria situazione, brancolando nel buio con conseguenze gravi per se stessi. Dio non potrebbe rendersi manifesto a un gruppo d’individui, affinché Gli credano. Tutti, essendo effimeri mortali, sarebbero tenuti a crederLo per avere la propria redenzione dai peccati (odio, egoismo, iniquità, violenza eccetera).

    Luca ha voluto usare una cornice surreale per riportare un evento che doveva essere semplice, in cui ognuno prometteva un’adesione personale per la diffusione del nuovo credo. Forse sarà parso a lui, o a chi gli ha comunicato l’evento, di intravedere sui visi di ognuno di loro una luce radiosa per l’entusiasmo che li animava, avendo assunto un arduo impegno.

    Inizialmente festa della mietitura, Esodo 23,16, la Pentecoste (termine greco che significa cinquanta giorni dopo la Pasqua), divenne festa della rinnovazione dell’Alleanza presso i Giudei. Con la discesa dello Spirito Santo la festività ha acquisito un’altra valenza per la Chiesa, intenzionata a subentrare al Giudaismo anche con le festività.

    «Parlare in altre lingue» per la Bibbia Dehoniane avrebbe una certa parentela con il carisma della glossolalia, di cui intravede i riscontri nell’AT: Numeri 11,25, 1Samuele 10,5, 1Samuele 10,13, 1Samuele 19,20 e 1Re 22,10, ma trattasi di profetismo, che è diverso dalla facoltà di parlare in altre lingue, non assolutamente possibile per miracolo!

    Atti 2,15: poiché gli apostoli erano stati derisi e considerati ubriachi, Pietro, come capo della comunità, esclama: «Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino. Accade invece quello che predisse il profeta Gioele». Si trascrive Gioele 3,1: «Io effonderò il Mio spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il Mio spirito ed essi profeteranno. Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e splendido. Allora chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamato».

    È simile a quello originale dell’AT che al posto di splendido riporta terribile.

    Il profeta, dopo aver descritto le sofferenze che il popolo d’Israele avrebbe patito, afferma la gioia che avrebbe vissuto e l’abbondanza che avrebbe goduto, terminando in Gioele 2,24: «Le aie si riempiranno di grano e i tini traboccheranno di mosto e d’olio. "Vi compenserò [parla Dio, N.d.A.] delle annate che vi hanno divorato la locusta e il bruco, il grillo e le cavallette, quel grande esercito che ho mandato contro di voi. Mangerete in abbondanza, a sazietà, e loderete il nome del Signore, vostro Dio, che in mezzo a voi ha fatto meraviglie. Voi riconoscerete che Io sono in mezzo ad Israele, e che sono Io il Signore vostro Dio, e non ce ne sono altri: mai più vergogna per il mio popolo».

    È una profezia che focalizza chiaramente la notevole differenza esistente fra il clima riportato e quello tragico e turbolento di Gesù! E, nonostante l’affermazione di Dio, nella profezia di Gioele, che la salvezza è in Sion e in Gerusalemme, la Chiesa l’ha omesso nel testo lucano.

    Dopo il dono della profezia per tutti, perfino per gli schiavi, Dio aveva annunciato che ci sarebbero stati eventi apocalittici; dovevano essere presenti soltanto i più degni che il Signore avrebbe chiamato e coloro che Lo avrebbero invocato. Per i Cristiani non si tratta più di Dio, ma di Gesù, reso Signore, per cui il giorno di Dio diventa il giorno del ritorno di Gesù, lo evidenzia anche la nota della Bibbia Dehoniane relativa al passo degli Atti menzionato. Quindi sarà salvo colui che avrà riconosciuto Gesù come Signore. È stata fatta un’indebita trasposizione, voluta da Paolo, come afferma egli stesso in Romani 10,9: «Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo».

    Atti 2,24: Pietro, dopo l’annuncio della resurrezione di Gesù per un disegno prestabilito da Dio, che avrebbe fatto in modo che fosse inchiodato sulla croce per mano degli empi, afferma: «Dice infatti David a suo riguardo: "Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; poiché Egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua; ed anche la mia carne riposerà nella speranza, perché Tu non abbandonerai l’anima mia negli inferi, né permetterai che il Tuo santo [nella Bibbia Paoline è riportato servo, e in quella del testo ebraico fedele, N.d.A.] veda la corruzione [sinonimo di morte, N.d.A.]. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la Tua presenza". Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca David, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi. Poiché però era profeta e sapeva che il Signore gli aveva giurato solennemente di far sedere sul Suo trono un suo discendente, previde la resurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne vide la corruzione».

    Pietro, per dare credibilità alla resurrezione di Gesù, fa riferimento al Salmo 16,8 (riportato nel cap. 10), come avevano fatto Giovanni 20,9 e lo stesso Luca 24,26, per il quale Gesù menziona Mosè e tutti i profeti per accreditarsi come il Cristo profetizzato.

    Si nota che non vi è alcuna allusione a Gesù. Il rapporto che David ha con Dio è talmente intimo e intenso che, sentendosi sciogliere interamente nel Suo abbraccio, immagina di non essere abbandonato alla corruzione (morte). Parla di se stesso davanti a Lui, considerandosi Suo servo, per cui come è stato possibile per Pietro dire che «Dio aveva giurato solennemente al profeta David di far sedere sul Suo trono un suo discendente, prevedendo così la resurrezione di Cristo?». E tutta la Chiesa, primitiva e posteriore, ha inteso vedere in Gesù il Figlio di Dio, il discendente di David, il Santo, il Servo, il Messia, l’Agnello… Come è stata possibile questa alterazione?

    Atti 2,33: Pietro prosegue dicendo: «Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che Egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire. David, infatti, non salì al cielo; tuttavia egli dice: "Disse il Signore al mio Signore: ‘Siedi alla Mia destra, finché Io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi’." Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele, che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù, che voi avete crocifisso».

    L’apostolo fa riferimento al Salmo 110, di cui riporto quello ebraico: «Annunzio del Signore rivolto al mio signore (si noti la distinzione tra Signore e signore, rispettivamente Dio e il discendente di David, N.d.A.): Sta’ seduto alla Mia destra fino a che renderò sottoposti a te i tuoi nemici. Il Signore manderà da Sion lo scettro che simboleggia la tua forza, domina con esso sui tuoi nemici. Il tuo popolo accorrerà volontario quando dovrai combattere, nel luogo santo i giovani saranno freschi in tuo favore come rugiada che esce dal grembo dell’alba. Il Signore ha giurato e non cambierà idea: "Tu rivestirai la tua funzione in eterno [probabilmente quella sacerdotale, N.d.A.], poiché tu, o mio re, sei giusto". Il Signore sta alla tua destra, nel giorno del Suo furore trafiggerà i tuoi nemici. Farà giustizia delle genti su di un campo di battaglia pieno di cadaveri, trafiggerà teste in una vasta terra. Il re potrà bere da un torrente durante la via, perciò potrà tenere la testa alta».

    In esso David, sapendo che nella sua discendenza ci sarebbe stato un valoroso re, oppure un messia guerriero, riferisce quello che Dio gli dice direttamente: gli assicura il dominio sui suoi nemici e durante la loro disfatta Egli starà alla sua destra; infine gli rimarrà accanto quando scatenerà la propria furia. In questo discendente davidico Pietro vede Gesù, come hanno fatto Matteo 22,44 e Marco 12,36.

    Nell’uditorio mancavano i farisei, altrimenti l’apostolo avrebbe ricevuto le dovute critiche, avendo coinvolto Dio nell’elevazione di Gesù, un uomo, all’altezza di Dio e nel contempo anche Messia. Come poteva fare quest’affermazione con sicurezza? La configurazione di Gesù, come Messia, non rispondeva ai requisiti veterotestamentari. Soltanto i popoli di cultura ellenistica avrebbero potuto accettare, con i culti misterici del vicino Oriente, questo Gesù trasfigurato, come in effetti è successo. Sarebbe stato più saggio elaborarne un’altra identità, quella prettamente umana. Comunque Gesù poteva essere accettato dagli Ebrei come uno dei tanti messia che si sacrificarono per Israele; ma renderlo Dio, come aveva fatto Paolo, significava alterare l’AT, rigidamente monoteistico.

    La vera fede, come

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