Favole per credere alle favole
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Info su questo ebook
Un bambino sdraiato sotto un albero che non vuole credere alla forza dell’immaginazione e una bambina che lo convince del contrario raccontandogli nove favole. Nove operette morali sul bisogno di capire e sul piacere fantasticare, sul mistero del canto e su quello della visione, sul regno dell’amore e su quello della guerra, sull’avventura di nascere e camminare, viaggiare e dirsi addio. Un incontro con grandi protagonisti della letteratura – Socrate, Ulisse, Machiavelli, J.L. Borges e altri – che animano in veste di personaggi queste brevi narrazioni.
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Anteprima del libro
Favole per credere alle favole - Sonia Gentili
Ora racconta
In primavera, quando si chiudono gli occhi, in fondo al nero c’è sempre un po’ di rosso: in quella stagione persino nel buio si nasconde un po’ di sole.
Un bel giorno di primavera, un bambino di otto anni se ne stava proprio così, sdraiato sull’erba a contemplare il sole a occhi chiusi, sperando che tutti si dimenticassero di lui fino al tramonto.
Mentre se ne stava così deliziosamente sdraiato sentì una voce che diceva:
«… ed ecco, l’albero si trasforma in una nave…».
Il bambino non aveva voglia di aprire gli occhi, ma l’idea di un albero che diventa nave lo aveva colpito.
«Gli alberi possono trasformarsi in navi solo se uno li abbatte, li fa a pezzi e poi fabbrica una nave col loro legno» pensò con un misto di soddisfazione e delusione.
Era soddisfatto per aver mosso a quello strano albero un’obiezione così sensata, ed era deluso perché la sua obiezione sensata aveva cancellato dal regno delle possibilità un albero così interessante.
«Non hai cancellato proprio niente, mio caro.» Era la stessa voce di prima ad aver parlato.
Il bambino puntò i gomiti, si sollevò leggermente e aprì gli occhi.
Davanti a lui c’era una bambina. Stava in piedi e gli copriva il sole.
Avrebbe voluto dirle solo di spostarsi, perché era bello farsi accarezzare la pelle dal tepore di quel maggio profumato, ma era davvero troppo curioso di chiederle:
«Come fai a saperlo?»
«Come faccio a sapere cosa?» chiese a sua volta la bambina.
«Come fai a sapere quello che stavo pensando!» rispose lui. Era impaziente e un po’ irritato.
«Questo non voglio dirtelo, perché tu e le tue obiezioni sensate vorreste rovinare le cose che io immagino» rispose la bambina, «ma per fortuna non potete farlo.»
«E perché?» chiese il bambino, che ormai si era messo a sedere. Decise di mettersi in piedi, per non guardare la bambina di sotto in su.
«Sono più alta di te, è inutile che ti alzi» disse lei.
«Ma come fai a sapere…»
«Ma come, ma perché… accontentati di sapere che i tuoi ragionamenti non hanno alcun potere sulle mie favole» concluse lei.
«Immagino che tu non voglia spiegarmi nemmeno questo, giusto?» chiese il bambino, arrabbiato perché lei non voleva rispondere alle domande e intimorito dal fatto che continuava a leggergli nel pensiero.
«Sbagliato. Questo sei stato tu a spiegarlo a me: quindi ti devo qualcosa.»
«Perché sono stato io? Quando?»
«Perché anche se