Grazie Presidente: Analisi e bilanci della
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Politica per voi
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Anteprima del libro
Grazie Presidente - Maria Margherita Peracchino
Prima Parte
Il primo Presidente a succedere a se stesso
20 aprile 2013, Giorgio Napolitano -classe 1925-, con 738 voti, viene rieletto Presidente della Repubblica italiana.
E’ il momento più buio della seconda Repubblica. Al primo Presidente comunista della storia italiana viene chiesto di ‘‘sacrificarsi’ per il bene del Paese e accettare la rielezione. Accetta. E’ il primo Presidente della Repubblica a succedere a sé stesso.
Una rielezione che inizia prendere corpo almeno 2 mesi prima.
26 febbraio 2013, il giorno successivo alle elezioni politiche 2013. Il dato definitivo della Camera dei deputati è un numero destinato a fare storia: il Movimento5Stelle di Beppe Grillo ha totalizzato 8.688.545 di preferenze, il 25,55%, diventando in poco più di 3 anni il primo movimento politico d’Italia, superando in dirittura finale, se pur di misura, persino la ‘gioiosa macchina da guerra’ del Partito Democratico, fermo a 8.642.700 voti, il 25,41% del totale. Intanto, il Pdl di Silvio Berlusconi è riuscito nell’impresa che neanche i più benevoli sondaggi Ghisleri avrebbero pronosticato: conquistare tutte le regioni date in bilico -dalla Lombardia alla Sicilia, passando per Campania e Veneto- e arrivare a poco più di 100 mila voti dal centro-sinistra alla Camera. Roba da film di fantascienza.
Certo, tutti si attendevano un ‘boom’ di Grillo -anche il Presidente Giorgio Napolitano, nonostante le dichiarazioni minimizzatrici dei giorni precedenti- ma nessuno avrebbe scommesso un penny sul sorpasso grillino dei partiti tradizionali.
La parola chiave della legislatura diventa quella pronunciata da un terreo Enrico Letta già la sera del 25 febbraio: ‘Ingovernabilità’. Non alla Camera, dove l’assurdo Porcellum assegna alla coalizione vincitrice 340 seggi su 630. Ma al Senato, dove né il Pd, né il redivivo Pdl riuscirebbero a formare una maggioranza, nemmeno alleandosi con i montiani, i quali per miracolo sono riusciti a superare le soglie di sbarramento previste.
Considerato che Giorgio Napolitano sarà praticamente costretto ad assegnare l’incarico esplorativo al centro-sinistra (visto il premio vinto alla Camera), l’unica alternativa possibile al Grande Inciucio 2, ovvero Pd-Pdl-Monti, resta l’accordo del Pd con il M5S. Ipotesi rimasta poi, come vedremo, solo di scuola.
27 febbraio. A lanciare un ramoscello di ulivo nei confronti del M5S di Beppe Grillo, percepito fino a ieri come il simbolo dell’antipolitica ed ora elevato al rango di statista, è in prima persona il Segretario Pd, Pierluigi Bersani, durante un’affollata conferenza stampa. Consapevole della cruda realtà dei numeri parlamentari, Bersani aveva solo due soluzioni. Escluso dai giochi Mario Monti, condannato dagli elettori all’irrilevanza politica, non rimaneva che accordarsi con il Pdl di Berlusconi per un governissimo, oppure mettersi l’anima in pace e virare verso il programma grillino pur di ottenerne la fiducia.
Il 28 febbraio arriva a stretto giro di posta la risposta di Beppe Grillo alle avances formulate dal Segretario del Pd. Una chiusura che sembra essere definitiva: «Il M5S non darà alcun voto di fiducia al Pd (né ad altri). Voterà in aula le leggi che rispecchiano il suo programma chiunque sia a proporle». Il primo di marzo Grillo stupisce tutti pubblicando un post dal titolo emblematico, «Napolitano chapeau», nel quale viene lodata la dura presa di posizione del Presidente della Repubblica, in visita di Stato in Germania, contro il candidato cancelliere dell’Spd, Peer Steinbrueck, che aveva dichiarato di essere «inorridito dalla vittoria di due clown nelle elezioni italiane». Potere dello snobismo germanico che fa sotterrare l’ascia di guerra a Grillo, fino al giorno prima nemico ‘virtuale’ giurato dell’inquilino del Quirinale. Scrive Grillo: «Napolitano merita l’onore delle armi. In questi anni è stato criticato per molte scelte a mio avviso sbagliate, ma ieri in Germania ho visto, al termine del suo mandato, il mio Presidente della Repubblica. Un italiano che ha tenuto la schiena dritta». Un tentativo di svolta decisiva nel rapporto dei grillini con il Quirinale che resterà solo sulla carta.
Il 4 marzo un inedito Bersani in versione ‘guerriero’ sbatte la porta in faccia all’ipotesi di accordo con il Pdl avanzata da Massimo D’Alema dichiarando che «il governissimo non corrisponde in nessun modo ad una esigenza di novità». Poi, propone ai grillini un programma di Governo basato sugli ‘8 punti’, ma non riceve risposte positive. Il 6 marzo, ad otto giorni dal vertice del Consiglio europeo dove l’Italia sarà rappresentata dal premier ancora in carica, Mario Monti, il Presidente Napolitano esprime il desiderio che le forze politiche possano raggiungere un accordo, quale che sia, per mostrare all’Europa una parvenza di Governo unito e addomesticato che esegua senza fare troppe storie le indicazioni economiche provenienti dalla troika formata da Ue, Bce, Fmi. Ma Grillo lascia cadere nel vuoto l’appello.
Il 7 marzo scoppia il caso Napolitano-Durnwalder. La vicenda si apre con la procura di Roma che indaga per calunnie e offese all’onore del Capo dello Stato il procuratore regionale di Bolzano della Corte dei Conti Robert Schulmers. Il magistrato sudtirolese denuncia le indebite pressioni del Quirinale sui vertici della Corte dei Conti italiana al fine di ottenere un trattamento di favore per il leader del partito Sudtiroler Volkspartei, nonché Presidente della provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder.
Il ras bolzanino, ininterrottamente al potere dal 1989 quando ancora esisteva il Muro di Berlino, era stato citato in giudizio dalla Procura contabile per un danno erariale di circa 1 milione e 600 mila euro. In pratica Durnwalder avrebbe utilizzato fondi pubblici per spese personali di ogni tipo. Si dà il caso che Durnwalder sia molto amico di Napolitano. È lo stesso Schulmers a denunciare un incontro carbonaro tra Napolitano e Durnwalder avvenuto al Quirinale il 5 giugno del 2012, durante il quale Luis avrebbe chiesto a Giorgio di attivarsi in sua difesa per insabbiare l’indagine. A rivelarlo è stato lo stesso giovane e coraggioso magistrato contabile attraverso due mail inviate al Presidente dell’ANM dei magistrati contabili, Tommaso Miele (il 26 febbraio 2013) e al Procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola (il 1 marzo 2013). Schulmers denuncia, ma riceve solo bacchettate invece di pacche sulle spalle e solidarietà. La storia si conclude con l’insabbiamento del caso Durnwalder e con le gravissime accuse (fino a 11 anni di galera) ribaltate sull’efficiente e coraggioso Robert Schulmers, dipinto da alcuni giornali come una testa calda.
Sempre il 7 marzo una nota ufficiale del