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Shifting views: Edizione italiana
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E-book245 pagine3 ore

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Info su questo ebook

Il modello di successo Denver Carlisle vive finalmente da solo. Ha un nuovo appartamento, un vicino che ha un problema a chiudere le tende, e il proprietario della panetteria locale, che gli fa tremare le ginocchia. È circondato da uomini, e Denver non ha nessuno da molto tempo. Si mette in gioco, chiede a Ethan Monahan di uscire e ricorre a un po’ di esibizionismo con il suo vicino. Solo per essere rifiutato da entrambi. È la prima volta che gli succede.

Ethan Monahan gestisce la sua panetteria e ha un nuovo vicino che va in giro nudo. Quest’ultima cosa lo distrae un po’ troppo. Quando il vicino nudo si rivela essere nientemeno che il modello Denver Carlisle – nonché il cliente che gli ha chiesto di uscire – Ethan cerca di fare ammenda. In modo puramente amichevole.

L’amicizia porta a qualcosa di più, ed entrambi gli uomini si trovano in difficoltà con le emozioni e i compromessi. Denver ha problemi di fiducia che potrebbero ricoprire il Sahara, e Ethan è un prodotto del sistema di affidamento, pieno di risentimento e con una seria diffidenza verso chi ha soldi.
C’è solo un modo per conciliare i loro problemi: lavorarci insieme.
LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2022
ISBN9791220704113
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    Anteprima del libro

    Shifting views - Meg Harding

    1

    Denver Carlisle vuole bene al suo fratello gemello Dorian. Non è invidioso della sua felicità. È felice che Dorian faccia le cose da adulto e viva con il suo fidanzato, un giocatore professionista di hockey, in un quartiere di periferia. Denver non ha certo mai pensato che avrebbe vissuto con suo fratello per sempre. Solo, insomma, per altri dieci anni o giù di lì. L’idea che Dorian se ne andasse era sempre stata vaga. Denver sapeva che sarebbe successo, ma non gli aveva dato molto peso.

    Ora però di peso gliene sta dando eccome. E sta cercando di non odiare suo fratello. Perché gli vuole bene, e Dorian è felice, e il suo trasferimento è una buona cosa.

    Si scosta i capelli biondi e sudati dal viso e guarda le pile di scatoloni che contengono la sua roba. Denver deve portare tutto nell’appartamento che ha appena comprato. Il suo nuovo appartamento da scapolo al terzo piano di un palazzo artistico senza ascensore. I suoi fratelli si sono offerti di aiutarlo, ma Denver, in preda a un broncio che non voleva che vedessero, ha rifiutato. Si sta pentendo molto di quella decisione. Come farà a portare tutto lassù? Dietro tutte le scatole (e sotto alcune altre) ci sono il suo divano, il letto e il comò. Non ha la minima possibilità di riuscire a portarli di sopra. Aveva assunto dei traslocatori per mettere tutto nel camion. Forse avrebbe dovuto pagarli anche per scaricare. Perché non l’aveva fatto?

    Qui a New York, ci sarà di certo una ditta di traslochi da contattare al volo. Chiama un po’ di aziende – seduto sul paraurti posteriore del camion dei traslochi con le gambe che dondolano avanti e indietro – e al terzo tentativo riesce a trovarne una che manderà dei ragazzi, se aspetta un’ora e paga il doppio. Denver può permetterselo.

    Nel tentativo di non essere completamente inutile, passa quell’ora a trasportare le scatole più leggere su per le scale fino al suo appartamento.

    Per il momento, è uno spazio vuoto con pareti dai colori orrendi. Il precedente proprietario aveva un gusto discutibile. La cucina è di un rosso acceso, il bagno di un viola intenso, la zona giorno verde chiaro con una parete in una tonalità più scura, una camera da letto è lavanda e l’altra rosa caldo. Secondo il suo agente immobiliare, l’ex proprietario aveva un figlio di cui aveva la custodia nei fine settimana. Denver preferisce credere che sia stato il bambino a scegliere i colori.

    Deposita gli scatoloni nella stanza rosa più piccola. I progetti di Denver per quella stanza sono in evoluzione: meglio farne una camera da letto per gli ospiti o una palestra? O forse uno studio personale? Non è sicuro, quindi per ora sarà un buon ripostiglio.

    Denver ha a malapena intaccato la pila di scatoloni – come fa ad avere così tanta roba? – quando arrivano i traslocatori. È più che felice di affidare il resto a loro. «Tutte le scatole vanno nella stanza attualmente rosa,» dice loro. «Il letto e il comò vanno nella stanza lavanda. E il divano va nella zona giorno.» Esita. «Le pareti le ho trovate così. Le devo ridipingere.» Non può lasciare che questi uomini pensino che abbia scelto quei colori vivaci. La sua dignità non glielo permette. Lo guardano come se fosse uno strambo, ma iniziano a spostare le sue cose, quindi la considera una vittoria.

    L’intero processo non sembra esattamente semplice a Denver, eppure nel giro di un’ora tutto il carico viene spostato nel suo appartamento.

    Alla fine resta solo con tutta la sua roba inscatolata che non può disimballare perché prima deve ridipingere tutte le pareti della casa. Vuole sostituire anche le ante dei mobili della cucina: il legno sembra sbiadito, incrinato in alcuni punti e scheggiato ai bordi. Sta pensando che un bel mogano scuro con una semplice maniglia argentata starebbe bene. Anche il pavimento potrebbe essere cambiato. Denver è un fan dei pavimenti in legno e delle piastrelle. La moquette raccoglie lo sporco. Avrà bisogno di un nuovo ventilatore a soffitto e di nuove lampade. E un nuovo piano da lavoro per la cucina e il bagno.

    Fondamentalmente cambierà tutto. Gli piace la disposizione dell’appartamento e la zona, ma questo è tutto. È la prima volta che vive da solo e potrà scegliere l’aspetto di ogni cosa. Vuole ricominciare da zero. Fuori tutto, dentro quello che vuole.

    Non lascerà entrare nessuno finché non sarà finito. Non vuole il loro contributo. Per la prima volta nella sua vita, può fare tutto da solo, da vero adulto.

    Primo punto della lista: andare a comprare la vernice.

    Più facile a dirsi che a farsi. Ci sono troppe opzioni. Tiene in mano dei campioni, li confronta e valuta, li espone alle luci e ci mette la mano intorno per vedere come appaiono al buio. Che tipo di colore è? Ha sempre lasciato le sue camere da letto del loro colore originale, non ha mai avuto voglia di litigare con il proprietario di un appartamento per cambiarlo. Ha avuto pareti bianche (non la sua passione), marrone chiaro (orrendo) e una tonalità di beige (nessuna opinione in particolare).

    Una commessa minuta dai capelli neri gli si avvicina. «Posso aiutarti?»

    Il suo sorriso disinvolto stressa Denver. Si sente come un pesciolino di fronte a uno squalo. «Come faccio a sapere se mi piace uno di questi colori?»

    Il suo sorriso si allarga. «Possiamo darti dei campioni da provare sul muro. Sono solo cinque dollari a contenitore.» Ed è così che finisce per spendere centotrenta dollari in campioni di vernice perché non riesce a decidersi. Squalo: 130. Pesciolino: 0.

    Si ferma in una pizzeria dietro l’angolo mentre torna a casa, dove prende una pizza grande con funghi e peperoni rossi e un sacchetto di grissini per cena. Farà abbastanza lavori nell’appartamento da potersi permettere qualche carboidrato in più. Forse sarebbe stato meglio andare a fare la spesa invece di cercare la vernice.

    Oh, beh. C’è sempre domani.

    Mangia la pizza seduto sul divano con il faldone del campionario di colori aperto davanti a lui sul tappeto e circondato dai campioni di vernice. Suppone che non importi da dove cominciare. Li testerà tutti. Inizia con un colore grigio argentato, prendendosi il tempo di dipingere un quadrato perfetto, o quasi, sulla parete del soggiorno. Un blu molto chiaro accanto a esso e a seguire una macchia di giallo ocra.

    Tre ore dopo, la parete sembra una trapunta patchwork veramente brutta, e lui sbadiglia tanto da farsi scrocchiare la mascella. Mette il pennello nel lavandino, infila la pizza fredda nel frigorifero e pondera se fare una doccia o meno. Se la fa, probabilmente si sveglierà e dovrà stare in piedi. In caso contrario, può andare dritto a dormire.

    Ah, il dilemma.

    Solo quando fissa il letto, si ricorda: il piumone e le lenzuola sono in una scatola. Anche i cuscini. Il materasso è appoggiato contro il lato della struttura del letto.

    Non è un fallimento dello stare da solo se chiama sua sorella Georgina e va a dormire da lei.

    Nel corso della settimana successiva, Denver scopre che c’è un motivo per cui non si è mai dedicato alla decorazione di interni. Non capisce come sua sorella lo faccia per vivere. È frustrante. Georgina continua a offrirgli il suo aiuto e lui è tentato di accettare, ma è qualcosa che vuole fare da solo. Beh, se da solo include una squadra di operai per sostituire i pavimenti, gli armadietti e i banconi. Ma Denver è occupato a dar loro indicazioni precise, sotto quegli sguardi che lo rendono nervoso, e a dipingere l’appartamento. E se stesso. Ora ha una pila di vestiti irrimediabilmente macchiati di vernice.

    La chiave per non pensare troppo al colore delle pareti è dirsi Beh, puoi sempre dipingerci sopra se sembra una merda. È un mantra che ripete a se stesso in ogni stanza, a ogni colpo di pennello. Spera che abbia un aspetto migliore una volta che ci avrà appeso delle cose e avrà comprato altri mobili. Ha bisogno di un sistema di Home Theater e di un nuovo televisore, un tavolino da salotto e un tavolo da pranzo. Dovrebbe avere uno di quei tavoli che la gente mette accanto alla porta d’ingresso e su cui si mettono delle ciotole per le chiavi? Ha anche bisogno di tende per le molte finestre e per la doccia!

    Questo è il motivo per cui non dovresti lasciare che gli altri scelgano le cose per te. Tutto sommato, Denver dovrebbe esserci abituato. Avrebbe potuto decorare qualcosa. Ma era sempre stato in affitto o a casa dei suoi genitori. Era più facile scaricare queste decisioni su Georgina e sua madre, persino su James a volte. A loro piace decorare.

    È seduto a gambe incrociate sul pavimento, con gli occhiali da lettura che non lascia vedere quasi a nessuno appollaiati sul naso, e sta cercando di dipingere intorno alla parte inferiore della cornice della finestra. Gli piacerebbe che rimanesse bianca. Per la sua camera da letto ha optato per un rilassante blu oltremare con una parete grigia, con finiture e piastrelle bianche. È convinto che un tema marino darà un tocco di classe.

    Denver è assorto nel suo compito, con la schiena dolorante per essere stato piegato così a lungo, ed è quasi all’angolo.

    «Ce ne andiamo per oggi. Dovremmo finire domani.»

    Denver fissa con sgomento lo schizzo di blu sulle rifiniture bianche, sul davanzale e persino sul vetro della finestra. Proprio quel che ci voleva: uno spasmo alla mano. Fa un respiro profondo. Sarebbe ingiusto urlare contro il falegname per averlo spaventato. Non è colpa del ragazzo. «Grazie,» dice. «Buona serata.»

    «Anche a lei, signor Carlisle.»

    Denver prende le salviette che ha tenuto a portata di mano e si mette al lavoro per rimuovere al più presto la vernice prima che si asciughi. Andrà bene.

    Il telefono comincia a squillare. Questioni di lavoro o di famiglia. Denver tentenna. È un po’ troppo occupato per il lavoro in questo momento, ma non va mai bene ignorare del tutto le chiamate. E quando si tratta di famiglia… non lo lasciano mai stare.

    Sbuffando, posa con cura il pennello sulla pila di carta assorbente e si alza con lentezza. Le ginocchia scricchiolano. Con gambe rigide cerca il telefono, seguendo il suono fino alla fonte. Lo trova infilato per metà sotto il letto, al centro della stanza. Guarda brevemente il nome sullo schermo: Dorian.

    «Ehi,» risponde, «sono un po’ occupato in questo momento. Posso richiamarti?»

    «Sono fuori dal tuo appartamento. Fammi salire. Ho un mazzo di carte, una bottiglia di rum e un sacchetto di caramelle.»

    La protesta di Denver gli muore sulla punta della lingua, soppiantata dalla preoccupazione. Suona terribilmente come un pacchetto benessere. «C’è qualcosa che non va?» Dorian ed Eric hanno forse litigato?

    «Non c’è niente che non va. A meno che non consideri qualcosa il fatto che sei sparito dalla faccia della Terra. Mi manchi. Dai… Fammi salire, Denver.» Il tono di Dorian acquista un’intonazione lamentosa.

    Denver si strofina una mano tra i capelli macchiati di vernice. Ciocche secche gli si incastrano tra le dita. Sospira. «Ti ha mai detto nessuno che sei troppo codipendente? Sto dipingendo la mia camera da letto. Non sono in vena di giocare o di bere.»

    «Va bene,» risponde Dorian. «Ecco perché ho portato delle caramelle. Possiamo dipingere mentre le mangiamo.»

    Dorian non si lascerà convincere da questa linea d’azione. «Dammi un secondo.» Denver riattacca per andare al citofono e aprire la porta d’ingresso. Forse dovrebbe riordinare il casino che è il suo appartamento, ma non gli piace toccare gli attrezzi del falegname in sua assenza. E se spostasse qualcosa che non dovrebbe essere spostato? Dorian dovrà farsi strada tra gli attrezzi, le piastrelle e le assi di legno lasciate sparse in giro. Denver è in cucina, intento a stappare due birre – nessuno dei due diventerà brillo, figuriamoci ubriaco con della birra artigianale – quando sente i passi di Dorian.

    «Wow. Hai lasciato qualcosa come prima?»

    Denver lo saluta. «Non ho buttato giù nessun muro,» dice con un mezzo sorriso Gli porge una delle birre. «Questo è tutto quello che avrai. Non voglio che tu ti intrometta nel lavoro di tinteggiatura. E non voglio suggerimenti. Voglio che questo posto sia tutto mio.»

    Dorian prende la birra, destreggiandosi con le borse per liberare una mano. Alza i suoi brillanti occhi blu. «Ho una notizia per te, Denver. Non sei questo enorme mistero che sembri pensare di essere. Il mio trasloco non avrebbe dovuto mandarti in crisi.»

    «Dorian.» Quando erano più giovani, il tono irritato di Denver avrebbe fatto sì che il fratello gli saltasse addosso per peggiorare la situazione. Ora che hanno raggiunto i trenta, Dorian a volte si trattiene. Per fortuna questa è una di quelle.

    Alza le braccia, con le borse a penzoloni e la birra in una mano. Rovina l’immagine rassicurante che Dorian sta probabilmente cercando di dare. Beh, quello e l’alzata di occhi. «Va bene, va bene. Dammi un pennello e diamoci da fare.»

    «Mi piace questo colore. È rilassante.»

    Denver studia la faccia di Dorian, ma sembra sincero. Gli piace davvero. Un groviglio di tensione che Denver non sapeva nemmeno di avere nella pancia si scioglie. «Grazie. Sto lavorando sui bordi della finestra, ma sono abbastanza scarso. Vuoi pensarci tu mentre do una seconda mano alle pareti?» Gli sembra di vedere il colore sottostante apparire in certi punti.

    «Certo.»

    Parlano senza sosta per i primi minuti, aggiornandosi sulla loro settimana e sui pettegolezzi di famiglia, per poi scivolare in un confortevole silenzio mentre dipingono e mangiano caramelle. È facile perdere la cognizione del tempo in quel modo, e Denver non sa quanto sia passato quando sente il fischio basso di Dorian e dice: «Questo lo devi vedere.»

    Denver si contorce e la schiena scrocchia al movimento. Il suo corpo non gradisce il lavoro manuale. «Cosa?»

    «Vieni qui e basta. Fidati di me. Ne vale la pena.»

    La curiosità ha la meglio su di lui e Denver si avvicina al fratello. Dorian fissa intensamente fuori dalla finestra, con gli occhi spalancati e le labbra dischiuse. Denver segue il suo sguardo e… oh. C’è un uomo molto nudo nell’edificio di fronte. È visibile dalle ginocchia ai pettorali, le tende sono abbassate quel tanto da nasconderlo dal collo in su, e Denver inclina la testa per tentare di vedere la faccia del tizio. Il signor Nudo gli dà le spalle e Denver non può vedere cosa sta facendo. Lui è un modello, ha visto dei bei culi nel suo lavoro. Questo non ha nulla da invidiare. Sembra così sodo da poterci far rimbalzare delle monetine. Non che Denver voglia farlo. Ha delle idee che riguardano la sua bocca, però… Il girovita dell’uomo è bello e curato, accentuando ancora di più il muscoloso sedere tondo. «Dannazione,» sospira Denver. Lo sa che la sua finestra è aperta? Con un corpo come quello, forse sta dando spettacolo di proposito.

    Il tizio comincia a girarsi. Denver ha un attimo per rendersi conto che lui e il fratello lo stanno fissando in modo inquietante dalla finestra. Si abbassa, trascinando Dorian con sé. Non gli importa nemmeno che una linea di vernice blu finisca spalmata sulle piastrelle color crema della sua camera da letto.

    «Beh,» dice Dorian con un ampio sorriso. «Potresti voler conoscere i tuoi vicini.»


    Ethan Monahan non sta passando una buona giornata. C’è la fila fuori dalla panetteria-caffetteria che possiede e gestisce. Questa sarebbe una buona notizia, se non fosse che uno dei suoi forni si è rotto durante la notte e uno dei suoi dipendenti non si è preoccupato di presentarsi. Dicono che i problemi arrivano in tre, e lui sta cercando di non concentrarsi su quale potrebbe essere il terzo disastro. Riesce a malapena ad affrontare i primi due.

    «Mi dispiace,» dice per quella che sembra la milionesima volta. «Abbiamo finito i croissant al cioccolato stamattina. Offriamo però uno speciale cappuccino al cioccolato bianco, se lo vuole provare.» L’espressione stizzita sul viso della donna gli dà la risposta prima che lo faccia la sua bocca. È un no deciso. Se ne va senza comprare nulla.

    L’assistenza per il forno non arriverà prima di due ore. Se il tecnico non riuscisse a ripararlo, Ethan potrebbe piangere. I forni sono costosi, okay? E di certo non riuscirebbe a farsene recapitare uno nuovo entro oggi. I forni non appaiono magicamente. Dovrà chiudere il negozio per una parte della giornata per l’installazione, senza dubbio. La Monahan Bakery è soprattutto questo: una panetteria. La loro sezione caffetteria è minima ed esiste solo perché il caffè è un prodotto molto richiesto. Ma da sola non basta a tirare avanti gli affari. E non può riuscire ad avere abbastanza prodotti senza uno dei suoi forni. Potrebbe cucinare le cose a casa e portarle qui, ma non sarebbero più fresche come appena sfornate. Sarebbero prodotti che hanno passato la notte e poi hanno dovuto sopportare un viaggio in macchina. I clienti si accorgerebbero della differenza.

    Casey, una delle sue fornaie/salvatrici, esce dalla cucina, con la porta che sventola dietro di lei. Ha un vassoio di muffin in equilibrio tra le mani. Ethan si affloscia un po’ per il sollievo.

    «Ti prego, dimmi che sono al cioccolato.»

    Lei sorride tesa ma annuisce. I suoi capelli neri e ricci sono crespi, con ciocche che spuntano dallo chignon di solito ordinato. Un po’ di eyeliner è sbavato sotto gli occhi. «Lo sono. Ho un altro vassoio già pronto e ci sono alcuni pasticcini in arrivo, ma poi dobbiamo aspettare la prossima infornata.» Fa scivolare i muffin nella vetrina come se fossero palle da bowling dirette ai birilli. Per fortuna i muffin non cadono. Ha fatto pratica. «Ho chiamato anche Cole. Verrà subito dopo la fine della lezione.»

    Cole è uno dei loro cassieri – il loro unico cassiere per ora – e uno studente di Scienze Politiche alla NYU. Se arriva, Ethan può sparire nel retro e fare ciò in cui è veramente bravo: cucinare. Le sue capacità relazionali sono buone, dopo anni di pratica, ma non gli piace lavorare a contatto col pubblico. Gli estranei gli danno ansia, specialmente quando hanno il potenziale per distruggere qualcosa che ama. Ha visto le cose di cui la gente si lamenta su Yelp. Ha avuto incubi su qualcuno che scriveva parole orribili sulla sua panetteria.

    «Grazie,» dice, riversando un mondo di significato in quell’unica parola. Quando avrà un minuto per respirare, metterà un annuncio per nuovi cassieri. Deve licenziare chi non si è presentato ed espandere lo staff. Ha bisogno di tenere le basi coperte. Non è giusto chiamare Cole nel suo unico giorno libero. Preferirebbe non farlo più.

    La ressa mattutina si dirada verso le nove, e Ethan prende un panno e un flacone di detergente per pulire le inevitabili briciole rimaste

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