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Dear Cathi, lettere per l’infinito
Dear Cathi, lettere per l’infinito
Dear Cathi, lettere per l’infinito
E-book155 pagine2 ore

Dear Cathi, lettere per l’infinito

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Info su questo ebook

Catherine conduce un’inconsueta vita di donna solitaria e fuori da ogni stereotipo. È la figlia di Aileen, che oltre a essere una medium, una sensitiva, ha un dono speciale che rivela alla figlia solo poco prima di morire: è in grado di aprire spazi temporali per viaggiare nel tempo. Semplicemente sedendo sulla sua poltrona è possibile superare ogni spazio dimensionale.
Cathi, giovane donna di quel tempo, speciale e stravagante, intraprende quel percorso per la prima volta e varca la porta del tempo; si ritrova a Betlemme nel bel mezzo di una guerriglia. Qui conosce un soldato e subito s’innamorano. Il loro sarà un amore tormentato e doloroso, ma sarà anche così intenso e forte da andare oltre ogni dimensione possibile?

Lilli Fulco è nata a Roma l’11 giugno del 1962 e dopo gli studi magistrali ha conseguito il baccellerato in Scienze Religiose. Ha insegnato per undici anni poi ha seguito il marito nella dirigenza di istituti alberghieri in vari punti dell’Italia fino al ritorno nella città di Roma. Oggi lavora presso una municipalizzata della stessa capitale. L’autrice è al suo secondo libro; il primo, edito dalla medesima casa editrice, è Un giorno quando ci rivedremo.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2022
ISBN9791220135290
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    Anteprima del libro

    Dear Cathi, lettere per l’infinito - Lilli Fulco

    LQpiattoCerritelli.jpg

    Lilli Fulco

    Dear Cathi,

    lettere per l’infinito

    © 2022 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-3048-6

    I edizione ottobre 2022

    Finito di stampare nel mese di ottobre 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Dear Cathi, lettere per l’infinito

    Alla mia cara mamma Gabriella

    Introduzione

    Questo racconto, è frutto della fantasia della scrittrice, le vicende storiche narrate sono da attribuirsi a piccole ricerche e ad un amico, il quale partecipò alla guerra dei sei giorni . Purtroppo è da tempo passato a miglior vita. Di lui, si conosce solo il nome Peter . Per quanto riguarda la posizione delle idee della narratrice, ella ha individuato una via di conoscenza sull’aldilà, del tutto personale.

    Primo capitolo

    Quanto tempo ci vorrà prima ch’io mi abitui alla tua assenza, forse mai. Catherine, pensava spesso a lui, a quando l’aveva incontrato l’ultima volta attraverso il portale del tempo; quel giorno le sembrò che fosse proprio l’ultimo saluto. Direi che sarebbe stato troppo facile dirgli addio allora e quei momenti, quasi un rimpianto, che la facevano perdere in ricordi magnifici e sereni, in cui loro si vedevano in una dimensione elastica e indefinita. La possibilità di ritrovare il senso della vita, ed il valore di tutto ciò che sta oltre l’umana consapevolezza, era ora, il raggiungimento dell’utilità della sua stessa esistenza. Tutto gradualmente dettagliato, nel ripensare alla loro speciale realtà, tutto scritto leggermente nella sua testa e nel suo cuore, identico ad una registrazione medianica molto intima; l’apprendimento e la sintesi di una vita, non solo osservata ma anche vissuta. Catherine era ormai una donna di ottant’anni, ancora anticonformista e caparbia, che viveva la fine del XIX secolo, con un grande nutrimento di rivoluzione, in un ambiente inglese, ancora molto legato alla regina Vittoria. Riusciva a comprendere, che oltre il tempo, tutto è contemporaneamente collegato all’eterno presente e sapeva, che il suo solo pensiero, poteva arrivare a destinazione senza più percorrere la fisicità, senza più intraprendere materialmente la strada di una meta. Tutto era nell’ora, nell’immanenza della coscienza e del desiderio di comunicare. Aveva la certezza che Vincent fosse con lei da sempre, in quanto la sua realtà lo comprendeva. Il flusso della vita l’aveva portata ad essere una donna solitaria, cercando sempre di pulire ed abbellire la sua vita ed il suo domani, superando, dentro di sé, l’attaccamento smisurato alle cose sensibili, come una inutile fuga dal mondo, recando alle innumerevoli brame, l’incapacità di abbandonarsi ad una misera consolazione. Amava vestire con dei calzoni di suo padre e non certamente con la seta leggera e le pettinature Romantiche e laboriose del suo tempo, si sentiva libera di condurre una vita senza impedimenti, immersa nel ciclo di vita di un fine secolo, che cambiava in continuazione. Ormai la borghesia e la media borghesia aveva perso assai del loro potere e insieme, stabilmente, coesistevano vari modi di pensiero e stili, che si adattavano benissimo alle varie esigenze del sociale in costante rivoluzione, quindi Cathi, non era costretta a condurre una vita etichettata all’ordine pubblico, fino ad allora considerata un obbligo. Amava fumare la pipa, una bizzarria che la distingueva e la faceva sorridere a volte, per il modo in cui la guardavano i suoi servitori non poco attoniti, ed usava un tipo di tabacco aromatizzato al limone perché pensava, che ciò si confacesse meglio ad una signora; si beava di osare tanto, quantomeno, amava molto andare contro corrente. Abitava in un maniero delle campagne inglesi, vicino Londra, una residenza signorile medioevale ristrutturata in stile ottocento, posizionata nella parte alta della grande tenuta, con poco personale di servizio, giusto quello che le avevano lasciato i genitori, morti prematuramente in un incidente, quando lei era ancora giovanissima ma fedele e abituato al suo stile di vita assai esclusivo. La madre di Catherine, Aileen, era stata in vita una sensitiva. Segnata dalla invalidità e non potendo camminare, visse un’esistenza costretta su di una poltrona ma vedeva gli spiriti e parlava con loro; essi le esprimevano i concetti significativi della sofferenza umana, quella che non lascia scelta se non intraprendere l’unica strada da seguire: la lotta; la battaglia continua che dà la spinta al valore della vita, che non serve comprendere, il dolore è un’esperienza che va ascoltata, elaborata e capita, come lo spazio in cui far riposare il cuore e la mente nell’accettazione di essa. La sofferenza, vista come un equilibrio da ristabilire nel destino datole. Aileen sapeva di come le entità dell’oltre, seguissero costantemente i nostri pensieri, sia nelle azioni che nei sentimenti non espressi ma, sempre e comunque, con un dovuto e rispettoso silenzio che qualifica la vita terrena donataci. Essi erano e sono un continuo ponte tra il nostro tempo fisico e l’eterno presente. Catherine fissava ogni volta quella poltrona dove soleva stare la madre, rannicchiandosi nei pensieri e negli insegnamenti ricevuti, come se fosse un libro che le si apriva davanti per essere sfogliato e per ricostruire tutte le informazioni determinanti del sapere. Fissando quella poltrona, sgualcita e sfilacciata di colore rosa antico, posta vicino alla finestra da sempre, si abbandonava così ai ricordi, dimenticando se stessa e guadagnandone nei pensieri. Portava dentro di sé quelle lezioni che infondevano gioia al cuore, ed aveva la certezza che tutto si potesse superare, anche la morte. Si fissava sulle antiche parole della madre e di Vincent, ricolmando la sua anima stanca, come fosse un santuario di consolazione, intimo e totale. Aileen, oltre ad essere una medium, aveva un dono speciale, che rivelò alla figlia solo poco prima di morire; era in grado di aprire uno spazio temporale e viaggiare attraverso il tempo. Sedendo sulla poltrona, si poteva varcare e superare ogni spazio dimensionale perché la verità conosciuta, nelle diverse sfere del momento, è alla radice di tutte le ragioni, anche se le spiegazioni e le ricerche su come certi fenomeni potessero accadere, sono ed erano ben lontane dalla misera comprensione umana. Il senso del tutto, contiene una sua mistica e va oltre ogni dettato illuminante. Ma, se si accetta tutto ciò, il resto della vita rimane magicamente accessorio ma pur vero. Le modalità dei viaggi avevano solo un dettaglio, o forse un solo limite, tutt’altro che trascurabile, non era possibile compromettere il naturale percorso degli eventi, non si poteva cambiare ciò che era già scritto nel disegno divino e si poteva percorrere solo il futuro ma forse lei cambiò proprio il suo destino, anche se involontariamente. Fu così, che proprio nel suo primo viaggio, incontrò Vincent, l’uomo che avrebbe amato infinitamente oltre ogni barriera e ogni certezza acquisita. Quel giovane uomo, che avrebbe rincorso nelle epoche e nei secoli, per vivere con lui solo briciole di un toccante amore. Nella misura che comunque, quell’armonia d’intenti, non l’avrebbe mai limitata, anzi avrebbe dato, invece, le ragioni della sua stessa esistenza. Si ricordava di quel giorno e di come fosse stata la prima volta a sedersi su quella poltrona misteriosa e quasi sorridendo nel ricordarlo, si accorse che desiderarlo, fu come un’emozione verginale, timoroso ma fortemente voluto. Era il 1860 ed aveva 25 anni quando decise di provare a viaggiare per la prima volta. Indossava quei soliti pantaloni neri anonimi, una camicia bianca e una vecchia giacca che erano stati di suo padre e dello stesso colore dei calzoni; si ricordava di come, la vecchia Catherine, avesse chiuso gli occhi quel pomeriggio e concentrandosi, desiderò fermamente, con tutta se stessa, di potersi ritrovare in un misterioso futuro. Era un pomeriggio e un vortice l’avvolse, la trasportò verso un ignoto incomprensibile. Cathi, ormai anziana, sapeva che qualcosa in noi, vive sempre, fino a quando l’ultima persona lo avrebbe ricordato e così, serena e fiduciosa della sua memoria, pensò alla grandezza di quel suo vissuto lontano. Era consapevole che la conoscenza dei viaggi nel tempo rappresentassero il vertice di una scala, di cui ella si apprestava a salire solo il primo gradino, ed aveva la sicurezza che non poteva acquisirne il significato, se non provando una progressiva esperienza. Così, spinta da una irrefrenabile curiosità ed emozione Cathi, giovane donna di quel tempo, speciale e stravagante, intraprese quel percorso per la prima volta e varcò la porta del tempo come avesse un appuntamento col destino, a cui nessuno può sfuggire. Ma dove sarebbe finita? Questa era l’unica domanda che a memoria, ricordava d’esseri chiesta, prima che il suo corpo si smembrasse in minuscoli atomi e poi più nulla. Sorridendo a se stessa ricordò di essersi svegliata confusa come se avesse attraversato tutto l’universo, stordita e dolorante come l’aver ricevuto parecchie legnate. Nell’ imminente, cercò di stare ferma, finché la nebbia che la circondava, non si dissolse intorno a lei, inerme e stesa su di una specie di pavimento, poi, quando la luce del sole si rivelò attraverso le nebbie, si fece coraggio ed aprì gli occhi. Si ritrovò per terra, con la sabbia in bocca, in un deserto che non conosceva con una luce cocente che le stava addosso. Un giovane, in divisa color cachi, la stava chiamando insistentemente ma sentiva più forte il rumore delle bombe che le cadevano vicino e gli spari di fucili che non conosceva, i quali scaricavano la loro forza sugli abitanti spaventati di un villaggio sconosciuto, per poterne riconquistare il territorio. Sono il capitano Adler le disse quell’uomo che la stava aiutando ad alzarsi forza, si metta al riparo con gli altri. Cathi capì subito che si trovava nel bel mezzo di una guerra, e prima che potesse riflettere e rispondere a quel giovane che la stava aiutando ad alzarsi da terra, pur barcollando, lo seguì velocemente verso un riparo dove c’erano gli altri abitanti della città. La madre, Aileen, le aveva tetto che, quando avesse voluto tornare indietro, avrebbe dovuto girare l’anello che le aveva messo al dito mignolo ma Catherine, pur avendo paura in quei frangenti così concitati, decise di non farlo e restò seduta insieme agli altri, attendendo un qualcosa che non osava immaginare. Gigantesche macchine da battaglia, veicoli con dei cingoli ed una torretta rotante, in cui erano posizionati dei piccoli cannoni, si muovevano attorno a lei, come fossero padroni di un territorio di fresca conquista; il fumo della guerra e la polvere del luogo le attanagliavano la gola, mentre la gente, attorno a lei, inveiva contro quei militari entrati in città. Catherine aveva paura ma la sua curiosità fermò gli occhi sui fucili, i quali sembravano scaricare più proiettili contemporaneamente per zittire quella moltitudine umana che si affollava contro l’esercito. Osservando qua e là, vide una bandiera che sventolava in alto su di un pennone e ne riconobbe il simbolo: era bianca, con due strisce azzurre su di un lato lungo e, nel mezzo, la stella di Davide formata da due triangoli equilateri, uno con il vertice rivolto verso l’alto, l’altro, con il vertice rivolto verso il basso. Sentiva di esistere in una realtà cronologica completamente nuova, conoscendo un mondo circostante in cui velocemente avrebbe dovuto porsi con intelligenza e il più amabilmente possibile per non destare curiosità, relazionandosi, tra l’altro, con un approccio e dinamismo ancora tutto da costruire con arguzia e il buon senso possibile. Certo in quel divenire, la diffidenza non la spingeva oltre e cercava di filtrare correttamente le sue vibrazioni in quella sfasatura di tempo, valutando il da farsi di volta in volta. Mentre rifletteva e considerava come il tutto nell’universo potesse avvenire nel medesimo istante e in un eternamente presente, si domandava quale fosse l’anno in cui si trovava e per quale ideale di giustizia si stava combattendo. Catherine aveva paura ma il suo spirito intrepido le confermava, ancora una volta, di aspettare, prima di ritornare a casa. Ormai, era scesa la sera e se ne stava in una brandina all’interno di un riparo insieme a dei bambini e delle donne che parevano disperarsi, invece di essere felici dei loro liberatori; la sua mente pensava, in una moltitudine di contenuti e sembrava le dicessero ‘ vivi questa realtà storica fino in fondo, ed il suo significato lo potrai leggere tra le righe di un disegno che solo nel domani ti sarà chiaro. La sua forte capacità spirituale si stava sviluppando piano piano, in un sentimento quasi di riverenza verso quel luogo, tutto oltrepassava i limiti del bisogno e l’esperienza che si apprestava a vivere, non poteva assolutamente giustificarsi se non come un capriccio arcano. Era convinta, all’epoca del viaggio, che la sua piccola vita avrebbe avuto un senso, partendo proprio da lì e che, l’opportunità che stava vivendo come un destino dovuto, era da considerarsi proprio il suo cammino karmico, indispensabile e indiscutibile per la sua edificazione terrena. Era spinta, da un movimento misterioso, senza avere altra scelta, quasi costretta a intraprendere quella strada ignorandone la comprensione seppur dinamicamente doveroso per l’anima. La vecchia Cathi si rammentava, guardando la poltrona della madre, di come si era addormentata quella notte, certa che sarebbe

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