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la musa di me stessa: Poesia bipolare
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E-book136 pagine1 ora

la musa di me stessa: Poesia bipolare

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Info su questo ebook

Poetessa dell’eccesso, in questo libro Silvia Canonico traccia un diario di vita sfrenata, vissuta ai margini della strada, un’atmosfera alienante e provocatoria degna della più celebre cultura underground. Un’articolata sequenza tra romanzo e poesia, una sensualità sudicia che si è sporcata vivendo il furore di tramonti irripetibili, di sbronze colossali e fughe chimiche dalla realtà ai piedi di un burrone cupo dove l’autrice danza sul bordo in una scatenata estasi dei sensi.
Il suo è un anticonformismo paradossale che devasta, il malessere dello scrittore moderno che impronta il fulcro del discorso attorno a sé, un “io” segnato e sofferente che diviene musa spietata e allo stesso tempo vulnerabile per rinascere sempre più forte.
LinguaItaliano
Data di uscita31 dic 2017
ISBN9788885725201
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    la musa di me stessa - Silvia Canonico

    La Signoria Editore

    Silvia Canonico

    LA MUSA DI ME STESSA

    Poesia bipolare

    La Signoria Editore

    Firenze

    ©2017 Italia Stargate srls

    Edizione elettronica Dicembre 2017

    ISBN 9788885725201

    Questo libro è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell'inventiva dell'autore e vengono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o defunte, fatti o luoghi è assolutamente casuale.

    Progetto grafico: ©Fabio Gimignani

    www.lasignoriaeditore.it

    info@lasignoriaeditore.it

    LA MUSA DI ME STESSA

    "Le cicatrici sono aperture attraverso le quali un essere

    entra nella solitudine dell’altro."

    Frida Kahlo

    PREFAZIONE

    a cura di Fabrizio Raccis

    Poetessa dell'eccesso, in questo libro Silvia Canonico traccia un diario di vita sfrenata, vissuta ai margini della strada, un'atmosfera alienante e provocatoria degna della più celebre cultura underground. Un'articolata sequenza tra romanza e poesia, una sensualità sudicia che si è sporcata vivendo il furore di tramonti irripetibili, di sbronze colossali e fughe chimiche dalla realtà ai piedi di un burrone cupo dove l'autrice danza sul bordo in una scatenata estasi dei sensi.

    Il suo è un anticonformismo paradossale che devasta, il malessere dello scrittore moderno che impronta il fulcro del discorso attorno a se, un « io » segnato e sofferente che diviene musa spietata e allo stesso tempo vulnerabile per rinascere sempre più forte.

    Scruta bene, si guarda indietro e riflette con gli occhi di una donna che ha un'anima randagia e affamata, affamata di passioni, di sfrenati viaggi verso l'ignoto, la fuga verso una libertà sognante che s'infrange al mattino sotto i raggi di un sole che penetra le tenebre lasciando il bruciore di una cicatrice netta come un cesareo.

    Quando si ragiona col cuore\ si è costretti a sanguinare[...] La poesia che traspare tra le pagine di La musa di me stessa è una poesia ben più lucida della prosa, assai essenziale e fondamentalmente, a tratti rincuorante, al punto di far scattare un meccanismo curativo per l'autrice, che alterna le pagine di questo suo diario caustico a versi intensi che smorzano la tensione.

    Tra l'angoscia e gli eventi che hanno caratterizzato il suo percorso si fa strada tuttavia una sensibilità profonda, una capacità di mettersi a nudo senza tanti giri di parole, uno specchio di paure umane capaci di stropicciare il cuore del lettore.

    Il libro chiude con consapevolezza, abbandonando il senso di sconfitta, Solo io posso sopravvivere a me stessa[...] dopo essere partito con una fuga dalla vita normale al pensiero di quegli abiti nuziali troppo stretti e soffocanti, termina con l'evasione da un ospedale viva quanto basta per trascinare quel corpo nudo e ossuto via da quelle sentenze sbagliate, dai farmaci e dai pregiudizi morali di una società che cataloga ogni anima nomade in patologie di sterminio.

    Non ricordo perché mi sono ritrovata in quel posto, ancora una volta, forse non c'era un motivo solo, ma tanti, scatenanti, in ogni caso ero lì.

    Qualche mese prima, sognavo, per la prima volta nella vita, un abito da sposa, una famiglia normale, una vita serena, regolare, una vita come milioni di altre ed era bellissimo, ma per un qualche motivo che ancora oggi non mi spiego è tutto finito, sempre tornando a casa, col solito treno.

    Mangiare era una forzatura, gonfia di medicine, mi trascinavo le giornate, ma niente era più efficace, così iniziai a bere e a ogni sbornia cadere, tornavo a casa sempre senza un pezzo, un braccio sanguinante, un polso slogato, un osso lussato, cadevo sempre, cadevo comunque, non c'era più nessun ricordo a farmi male, vivevo d'oblio e non volevo pensare.

    Ho provato anche ad amare, c'era già qualcuno pronto ad aspettare, ma non ce la facevo, non mi interessava la sua dolce e travolgente serata, un bacio imbarazzante, poi una birra e la fine una scopata. Cazzo, sono scappata, come chi scappa inseguito dalla polizia, no quella non era cosa mia, non volevo un altro amore, volevo solo stare in pace.

    Mi è stato imposto d'andare in quel posto, c'ero finita e dovevo inventarmi qualcosa.

    Sono fatta male

    c'è qualcosa

    dentro di me

    che continua a marcire

    una ferita mai guarita

    infetta, putrefatta

    seccata sulla pelle

    cucita

    con la saliva

    sterilizzata col pianto

    tenuta in vita

    con lo sguardo

    poggiato sempre altrove

    senza mai mostrare dove

    è troppo facile perdersi

    nel circolo vizioso del dolore

    quando non si contano i passi

    quando ciechi si avanza

    senza mai guardarsi indietro

    si perde il senso, l'orientamento

    la speranza.

    Forse è proprio questo

    quello che succede

    quando si ragiona  col cuore

    si è costretti a sanguinare.

    I pazzi si liberano sempre, sono illusionisti, i codardi scappano, i furbi sfuggono, i pazzi volano, i pazzi non esistono, li hanno inventati loro e dentro le gabbie, la sanità mentale, resta a marcire.

    Televisori sintonizzati su canali vuoti, occhi fissi, come chiodi sui muri, due anziani che giocano a briscola, poche vie di fuga e troppi divieti di sosta in questa giostra.

    Una pillola blu per essere felice, una gialla per sorridere, una nera per sognare.

    Le sentenze confortanti sulle mie patologie mi creavano disturbi allo stomaco, e giù sciroppi contro il vomito e poi, poi mani e piedi legati con lo sguardo sul soffitto a cercar la risposta giusta, per giorni, ore e infine mesi.

    Vegetavo in uno stato catatonico, sempre in netto peggioramento, fino a che non smisi anche

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