Pagine Disadattate (Le prime 100)
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Anteprima del libro
Pagine Disadattate (Le prime 100) - Bruno De Domenico
INDICE
Introduzione
Quei porci sono qui sotto
Le associazioni di familiari dei malati psichiatrici
ASSPER - Non me ne frega niente che mi sono addormentato davanti a quella malata psichiatrica
Beatrice e racconto di fantasia scaturito dopo l’incontro con Beatrice
Luca
Il Dormitorio pubblico vicino al cimitero
Lettera a Pupi Avati
Lettera a Erika
Perché quel maledetto pomeriggio di aprile
PAGINE
DISADATTATE
Le prime 100
(Da 1 a 100)
Titolo | Pagine Disadattate (Le prime 100)
Autore | Bruno De Domenico
ISBN | 9791221439359
© 2022 - Tutti i diritti riservati all'Autore
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Ogni uomo ha dei ricordi che racconterebbe solo agli amici. Ha anche cose nella mente che non rivelerebbe neanche agli amici, ma solo a sé stesso, e in segreto. Ma ci sono altre cose che un uomo ha paura di rivelare persino a sé stesso, e ogni uomo perbene ha un certo numero di cose del genere accantonate nella mente.
Dostoevskji, Memorie dal sottosuolo
Introduzione
La mia maestra delle scuole elementari era violenta, ma faceva e diceva anche delle cose buone.
E in un suo consiglio l’ho seguita alla lettera, per oltre quattro decenni.
Aveva detto: Dovete avere un quaderno tutto vostro. In cui potete scrivere tutto quello che volete. Anche le parolacce!
Forse l’avrei fatto lo stesso, ma in ogni caso da allora non solo ho avuto sempre un quaderno dove scrivere tutto quello che volevo
, ma ho sempre girato portandomi appresso almeno un quaderno, un blocconote, qualunque cosa di cartaceo dove immortalare le idee più strampalate, gli appunti più bizzarri; pensieri, poesie, fino ai prosaici nomi e numeri di telefono, date, indirizzi…
Questi quaderni si sono trasformati, così, in un grande Zibaldone, come avrebbe detto Leopardi, di pensieri, sogni, riflessioni, come avrebbe detto Jung.
Quando è arrivato il computer, naturalmente, ho cominciato a scrivere lì, e lì ricopiavo tutti i quaderni.
Nei decenni ho accumulato così migliaia e migliaia di pagine di memorie, poesie, racconti, riflessioni, lettere, aforismi, idee, brevi testi teatrali, monologhi.
E da tanto coltivo l’idea di cominciare a pubblicare almeno una parte di queste pagine… quelle che, perlomeno, non mi annoio leggendole io!
E finalmente tutto quanto accaduto in questi ultimi anni mi ha convinto a non rimandare ulteriormente.
Poiché non so quanto ancora vivrò, mi propongo di pubblicarne più o meno 100 pagine al mese, al netto degli altri progetti.
Dopo queste prime 100 pagine, così, pubblicherò altre 100 pagine, da 100 a 200. Poi altre 100, da 200 a 300, e così via. Fino a quando?
Finché vivrò scriverò, e, spero, pubblicherò.
A prescindere da quanto venderò.
Solo la vita potrà interrompermi. Anzi. Solo la morte potrà interrompere la scrittura e interrompere la pubblicazione. O perlomeno, interromperle in questa dimensione.
Infine, perché pagine disadattate?
Perché questa sineddoche?
Sono pagine scritte da un eterno disadattato, e perciò ne mantengono questa precipua caratteristica, tensione, vibrazione.
Nel male, quando il disadattamento consiste nell’ostinazione, nell’incapacità di adattarsi per mancanza di empatia, umiltà, elasticità, disponibilità.
Diciamo pure per mancanza di intelligenza emotiva.
Nel bene, quando il disadattamento consiste nella fierezza e nel coraggio di non piegarsi ai ricatti, all’omologazione, al conformismo, al così fan tutti
, al sono le regole
…
Questa modalità rozza, disumana, antiumanistica e superficiale, così rigidamente, grottescamente e fanaticamente affermatasi in questi ultimi anni.
27 aprile 2022
26 gennaio 1992 - 14:24 (sottovoce)
Quei porci sono qui sotto.
Se sanno che io li sto ascoltando e che mi trovo in questa stanza, s’introdurranno all’interno e mi uccideranno con un lungo coltello.
Loro sanno che nessuno verrà a cercarmi, e rimarranno impuniti.
Questa è una casa dello studente, ma negli anni successivi questa stanza non verrà assegnata più a nessuno, per non scoprire il mio cadavere.
I portinai ne parleranno direttamente con quelli che stanno più in alto di loro, e chi sta in alto ne parlerà con chi sta ancora più in alto.
Negli sgabuzzini di questo grande palazzo si raduneranno affollate assemblee, nell’oscurità, e qualcuno ne approfitterà per fare all’amore.
Nel mio nome gli studenti rinunceranno a laurearsi,
per preparare tutto con la massima cura, affinché nulla venga mai scoperto.
Verrà elaborato un apposito codice segreto, da appendere nella bacheca, del quale tutti, una volta entrati nel palazzo, capiranno l’essenza più profonda, rimanendo intrappolati e divenendo complici del delitto.
La linea telefonica sarà cancellata, e loro risponderanno, a chiunque mi cercasse, che mi sono chiuso in casa e che non voglio sentire nessuno.
Faranno persino un giornale, col nome anch’esso segreto, che informerà gli inquilini, giorno per giorno, dello stato delle cose, e dei sempre migliori accorgimenti escogitati per occultare la verità in modo più sicuro ed efficace.
E nell’ultimo dell’anno faranno grandi feste, e diranno che non ci sono perché non c’ero neanche l’altra volta e non ci sono mai stato e mai ci sarò.
Eppure io impedirò questo scempio.
Non risponderò alle loro provocazioni ignobili.
Io so che tutti si sono accordati molti anni fa, so che comunicano mediante linee speciali, si avvalgono di una potente tecnologia, e talvolta usano, invece, i piccioni viaggiatori. E li tengono ben nascosti.
Dove? Ma nella Piazza San Marco, a Venezia.
Io vincerò questa congiura.
Ho le mie armi, e le so adoperare.
Camminerò a passi felpati, nella mia stessa casa.
Se busseranno farò finta di dormire.
E nei casi più gravi, tratterrò il respiro, così che non mi sentano.
Ma non smetterò di scrivere.
Tutto quello che scrivo sarà trasmesso, e quando dico trasmesso, voglio dire trans-mittere, a mio figlio, al mio bambino che avrò generato da solo, altrimenti non sarebbe mio.
5 febbraio 1995, domenica, ore 22:18
Ed effettivamente divento sempre più forte. Il mio cuore diventa sempre più simile a una rude scorza di frutta, o, più precisamente, a una rozza corteccia del più rozzo degli alberi. Col tempo anche il corteggiamento alle donne diverrà sempre più calcolato, freddo, ottimizzato rispetto ai vantaggi e agli svantaggi, alla bellezza della donna in questione, alla prevista disponibilità, focosità, agli sforzi necessari e alle stesse probabilità di raggiungimento dell'obiettivo, che dovrà divenire, a sua volta, sempre più materiale, sempre meno affettuoso, meno sincero, meno amoroso.
E così sarà per l'amicizia, per la mia tristezza, la mia solitudine, i miei antichi innamoramenti di cui a malapena, un giorno, mi ricorderò.
Gli altri (Roma, 21 maggio 1995 - 24:45)
Se stai con loro e non parli, sei strano.
Non è ammesso. Vuol dire che sei depresso.
Cominciano a compatirti.
E ti cercano con lo sguardo come se tu stessi zitto affinché loro comincino a cercarti con lo sguardo, e rivolti a te fanno smorfie spiritose, perché loro sono buoni e vogliono farti uscire dalla tua presunta depressione, e ti chiedono cose che sanno benissimo, o di cui non frega loro un cazzo, o che sanno benissimo e di cui contemporaneamente non frega loro un cazzo, affinché tu possa esibirti in un ridicolo egocentrismo da tredicenni, da loro valutato come indice di salute mentale, in contrapposizione al tuo sano silenzio, per loro foriero della loro stessa depressione, della loro stessa paura, della loro morte.
22 aprile 1996 - 12:10
Devi chiuderti nel tuo mondo d’avorio, torre di avorio, la gente intorno a te rumoreggia, devi dire stupidaggini per scaricare la merda dal cervello, non puoi neanche pensare alla donna con cui facevi l’amore, che ti ha sempre mandato al diavolo quando più ne avevi bisogno. Cerchi un’intimità che non troverai mai, con una donna, con un amico, un gruppo o un’ideologia.
Dovresti studiare per l’esame di stato, ma perché ti sei laureato, per fare contenta la mamma? È una continua intermittenza di speranza e disperazione. Non sarà in quei capelli corvini, non sarà in quel nasino all’insù, in quel collo perlaceo o in quegli occhi verdi, azzurri o neri, che troverai rispecchiata la tua anima.
Non c’è specchio che possa esaudirti, che possa riflettere la tua pesante, ingombrante, contorta anima.
26 luglio 1997 - 10:34
Perché la mattina presto viene tanta voglia di uccidersi?
Perché la mattina presto sei fresco dal sonno, sei realmente lucido, realmente cosciente, non sei ancora distratto dalla tivù, dalla radio, dalla pubblicità, dai giornali, dal chiacchiericcio inutile che ogni giorno si spreca nel mondo in miliardi di tonnellate più pesanti del carbonfossile, non sei ancora distratto dalla politica, dalle astrazioni della metafisica, dell’economia, della macrostoria, come la chiamava quell’idiota militante anarchico.
La mattina presto non sei distratto dalla congiuntura economica, dal giallo dell’estate, dall’ultima commedia americana, dal lavoro, dalle ferie, dalle feste, dalle reste, dalle ceste, dalle messi, dalla messa, dalla ressa, dalle risse, dalla massa, dalla cassa, dalle tasse, dalle cisti, dalle guerre e dai trattati.
La mattina presto sei tu, sei soltanto tu, interamente tu, senza residui, rivoli per il letto, senza briciole di sogni in testa, briciole di te nel sogno, la mattina presto sei lì, col sole, l’aria fresca, non troppo inquinata, e prima che la tua testa venga nuovamente riempita, guardi la finestra, e