Mistero di una mente e di un cuore

Di Marco Santeusanio

Narrativa - racconto lungo (32 pagine) - Uno sconvolgente viaggio nella mente e nel cuore di una spietata serial killer

Milena è una serial killer brutale e spietata, per tanti anni rimasta impunita per i propri crimini, ma ora internata in un manicomio criminale, dopo essersi consegnata alla polizia in seguito all’omicidio dell’unico uomo che abbia veramente contato nella sua vita. In questo lungo dialogo con una misteriosa interlocutrice, la donna metterà a nudo i propri demoni, raccontando i feroci delitti di cui si è macchiata e le ragioni profonde che l'hanno spinta a diventare una macchina omicida divoratrice di uomini. Una storia di traumi e ferite, che corre lungo i fili di incomprensione e violenza, voglia di contatto umano e aggressiva diffidenza, maniacalità e depressione. Perché dietro al mostro, in realtà, c'è una bambina che piange e desidera con tutta se stessa essere amata.

Marco Santeusanio è nato a Napoli nel 1995. Cultore di horror, thriller e noir, nel 2018 il suo cortometraggio La Sepoltura viene presentato in concorso al Fi Pi Li Horror Fest e a L'Aquila Horror Film Festival. Nel 2019 esordisce in campo letterario pubblicando il racconto Horror Il diavolo tra noi. Segue nel 2020 Quello che Lui vuole, pubblicato nell'antologia I volti del male di Weird Books e riproposto con un finale alternativo da Delos Digital nella collana Horror Story. Nel 2021 per la stessa casa editrice compare nel volume The Horror Show con il racconto La Grotta dei Desideri. Nel 2022 pubblica sulla collana The Tube – Exposed la zombie story ad ambientazione partenopea Il Diluvio.

• Lingua: Italiano
• Editore: Delos Digital
• Data di uscita: 5 lug 2022
• ISBN: 9788825421064

Anteprima del libro

1.

Ospedale Psichiatrico Giudiziario Castiglione delle Stiviere

25 Ottobre 1995

– Cosa stai facendo, Milena?

– Non lo vedi? Sto dipingendo.

– Be’, certo, ma ti posso chiedere che cosa?

– Non te lo riuscirei mica a spiegare. Lo devo prima finire.

– Mi sembra molto… astratto.

– E no, non lo puoi guardare. Non fino a quando non l’avrò finito, e noi due avremo finito questa chiacchierata. Non lo puoi capire se non mi conosci.

– Chiedo scusa. Riguarda te?

– Tutti i miei quadri riguardano me.

– Immagino siano molto importanti, per te, vero?

– Sai, dipingo per evadere, per distrarmi… ma poi tornano sempre a galla i ricordi, gli eventi, il passato. Allora ci metto dentro la mia storia, ciò che sono, e lo lascio sulla tela. Sono un po’come dei miei… bambini.

– E a questo ci devi tenere proprio tanto. Ti vedo tanto impegnata, concentrata, forse anche un po’ tesa, ma hai lo sguardo di chi sta realizzando qualcosa di grosso.

– Be’, sarò onesta… questo può essere il mio capolavoro.

– Ti definiresti un’artista, Milena?

– Sono una principiante, non di più. Mi sarebbe piaciuto studiare arte, ma non me l’hanno mai permesso.

– Non me l’hanno mai permesso… Questa frase mi sembra uno dei tanti motivi per cui tu sei qui oggi. Non lo pensi anche tu?

– Boiate. Lo sappiamo perché sono qui.

[…]

– Da dove vuoi cominciare il tuo racconto?

– Oddio, che domanda…Quando parlo della mia vita è sempre un gran casino. Certe storie manco mi sembrano vere, sembrano uscite da un incubo. Alcune mattine quando mi sveglio non ricordo neanche da quanto sto qui…

In ogni caso io… partirei dalla fine.

– La fine, benissimo. E qual è la prima cosa che ricordi?

– Le mie mani… sporche di sangue.

– È un ricordo forte, lo capisco. Però è un’immagine superficiale, come la punta di un iceberg. Secondo me – non te la prendere – possiamo fare ancora meglio, dobbiamo scendere più in profondità. Mi segui?

– Da dove vorresti iniziare allora?

– Io direi da quando sei andata via di casa.

– Quindi vuoi sapere la mia storia proprio dall’inizio?

– Sì. È fondamentale per ciò che dobbiamo fare, per capire.

– Non sarà facile, e sarà molto brutto.

– Io non ho paura, Milena. Ne ho accompagnati tanti, verso momenti di grande chiarezza. È parte di ciò che faccio.

[…]

– Va bene… L’hai voluto tu.

2.

– Avevo solo diciott’anni, ero una bambina. Pallida come un cencio, piccina, solo un po’ formosetta e tanto silenziosa. Una come se ne vedono tante, ma con gli occhi grandi e tristi. La gente mi diceva che ero ancora confusa, immatura, ingenua, che ero troppo buona: non mi conoscevano mica. Nessuno mi ha mai conosciuto per davvero.

– Cosa non capivano di te?

– Sapevo già come funzionava la vita. Dopo tutto quello che avevo passato, avevo ben chiaro come girava il mondo. Io dovevo sopravvivere.

– Cosa avevi deciso di fare?

– Avevo preso tutti i soldi che tenevo da parte e ero andata a Milano, solo con uno zaino in spalla, senza voler più tornare.

– L’avevi detto alla