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Sergej Sazonov e la politica estera russa all’epoca dell’ultimo zar
Sergej Sazonov e la politica estera russa all’epoca dell’ultimo zar
Sergej Sazonov e la politica estera russa all’epoca dell’ultimo zar
E-book244 pagine6 ore

Sergej Sazonov e la politica estera russa all’epoca dell’ultimo zar

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La Russia dei primi anni del Novecento è un paese dove stanno avvendendo notevoli cambiamenti e dove al rigido sistema monarchico oppressivo va man mano sostituendosi un regime autocratico con una Duma popolare espressione di un nuovo sentire sociale.  Proprio sullo scorcio dell’Ottocento si affacciano sulla scena politica zarista uomini che vengono chiamati a svolgere incarichi istituzionali dopo una lunga formazione universitaria e presso Scuole ed accademie militari.
Tra questi possiamo annoverare Sergej Dmitrevič Sazonov.
Diplomatico di lungo corso, Sazonov ricoprì incarichi in diverse sedi europee tra cui Londra e la Santa Sede dimostrando indiscusse doti di mediatore e uno spiccato senso del dovere istituzionale. 

Sergej Sazonov e la politica estera russa all’epoca dell’ultimo zar è un libro sulla figura di un personaggio così poco indagato dalla storiografia italiana, e rimasto per lo più all’ombra per il breve periodo in cui operò come ministro degli Esteri. 
Francesco Randazzo   

Emilio Cassese è nato a Napoli e si è laureato presso l'Università Statale di Perugia (Facoltà di Scienze Politiche) nel 2010. Da novembre 2011 a dicembre 2014 ha svolto il suo dottorato di ricerca presso l'Università Statale di Roma «La Sapienza».
Da diversi anni collabora con il dipartimento di Storia dell'Economia dell'Università Statale di San Pietroburgo (Russia). I suoi interessi scientifici riguardano in primo luogo la storia della Russia di fine Ottocento e inizio Novecento con particolare interesse per le riforme amministrative e giuridiche. Svolge la sua ricerca presso importanti istituzioni russe e collabora con il dipartimento di Storia dell'Europa dell'Est dell'Università Statale di Perugia, con l'Ambasciata del Kazakistan a Roma e il Consolato Onorario del Kazakistan di Perugia.
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita26 apr 2023
ISBN9791222099637
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    Sergej Sazonov e la politica estera russa all’epoca dell’ultimo zar - Emilio Cassese

    Francesco Randazzo

    Sergej Sazonov e la politica estera russa all’epoca dell’ultimo zar

    immagine 1

    The sky is the limit

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    Indice dei contenuti

    Prefazione

    Introduzione

    Il contesto storico e la diplomazia zarista

    La diplomazia verso Oriente

    Sergej Sazonov e la Grande Guerra

    Cronologia di una rivoluzione

    Sazonov e la questione Ottomana

    La questione polacca secondo Sazonov

    Note

    immagine 1

    Quando lo zar mi ha chiesto della possibilità di una guerra europea, gli ho risposto che, a mio avviso, il pericolo di guerra si sarebbe verificato in Europa solo se l'Austria-Ungheria avesse attaccato la Serbia. Aggiungo che durante la prima guerra balcanica parlai francamente in tal senso all'ambasciatore austro-ungarico a Pietrogrado, conte Thurn, e poi all'ambasciatore tedesco, conte Pourtales, chiedendo loro di portare la cosa all'attenzione dei loro governi. Lo zar, accolte le mie osservazioni, si sedette pensieroso e sussurrò: Spero che non lo faccia".

    Fonte: https://ru.citaty.net/avtory/sergei-dmitrievich-sazon

    Prefazione

    La Russia dei primi anni del Novecento è un paese dove stanno avvendendo notevoli cambiamenti e dove al rigido sistema monarchico oppressivo va man mano sostituendosi un regime autocratico con una Duma popolare espressione di un nuovo sentire sociale. Sebbene eletta a livello popolare, ma poi fortemente ridimensionata sia nella sua composizione sociale che nel suo sbilanciamento social-rivoluzionario dalla Legge di Stolypin del 1907, essa avrebbe dovuto fungere da catalizzatore di tutte quelle istanze liberal-rivoluzionarie presenti nel paese sin dalla rivoluzione del gennaio 1905. Proprio sullo scorcio dell’Ottocento si affacciano sulla scena politica zarista uomini che vengono chiamati a svolgere incarichi istituzionali dopo una lunga formazione universitaria e presso Scuole ed accademie militari. Così avvenne per Nikolaj Bunge che diede un forte impulso alla emancipazione dei servi della gleba attraverso lo strumento economico della Banca contadina; Sergej Vitte, illuminato statista che dette stabilità al rublo introducendo il bimetallismo e ottennendo dalla Germania condizioni tariffarie doganali molto favorevoli: fu lui a incoraggiare le società private straniere ad investire in Russia facendo fare un balzo in avanti all’industria russa e all’economia nazionale; Pëtr Stolypin, il riformatore per eccellenza, colui che per sei anni, da ministro degli Interni, seppe realizzare una riforma epocale in ambito agricolo introducendo la prima forma di capitalismo in ambito sociale e dando vita alla figura del kulak, imprenditore agricolo perseguitato in epoca sovietica; Aleksandr Izvolskij, politico e diplomatico di buon rango che pianificò e portò a termine l’Accordo con la Gran Bretagna del 1907 che definì la nascita della Triplice intesa. Tra questi uomini possiamo annoverare Sergej Dmitrevič Sazonov che se non ebbe la stoffa da riformatore di Stolypin, le capacità manageriali di Vitte e la tempra autoritaria e le competenze economiche di Bunge fu senza dubbio da annoverare nella schiera degli uomini nuovi alla corte dell’ultimo zar ovvero di quei burocrati che provengono da un lungo percorso di formazione politica che nulla ha a che vedere con i vecchi funzionari zaristi, per decenni reclutati solo per fedeltà monarchica e senza ambizioni.

    Diplomatico di lungo corso, Sazonov ricoprì incarichi in diverse sedi europee tra cui Londra e la Santa Sede dimostrando indiscusse doti di mediatore e uno spiccato senso del dovere istituzionale. La sua apparizione sulla scena politica di primo piano viene spesso, e maliziosamente, attribuita alla sua parentela con il ministro degli Interni Stolypin, di cui era cognato, che lo avrebbe favorito a corte. In realtà, e stando ai numerosi riscontri documentali, il suo percorso politico come ministro degli Esteri, sarebbe il naturale sviluppo del suo impegno come diplomatico e uomo fedele alle istituzioni zariste, niente di più. Il suo impegno politico come ministro degli Esteri, in sostituzione di Aleksandr Izvolskij, incrociò il diffcile momento storico in cui si ritrovò non solo la Russia ma l’intero continente europeo. Da politico influente di un così grande impero, forse, qualche responsabilità in relazione all’inefficiente azione diplomatica nei rapporti tra Austria e Serbia (su quest’ultima, la Russia ha un’influenza storico-politico-religiosa di lunga tradizione) potrebbe essergli attribuita seppur nella cornice di un più vasto sistema di imprudenze internazionali, svincolate dalle singole responsabilità, che hanno portato al primo conflitto bellico mondiale.

    Un libro sulla figura di un personaggio così poco indagato dalla storiografia italiana, e rimasto per lo più all’ombra per il breve periodo in cui operò come ministro degli Esteri, mancava nel panorama degli studi specialistici sulla storia russa prebellica e l’accesso a documenti in lingua originale oltre alla vasta bibliografia internazionale, lo consacrano come importante ricerca per la nuova generazione di studiosi.

    Francesco Randazzo

    Ad Anastasia, Chiara,

    Domenico e Antonella…

    Introduzione

    Se la volontà degli uomini fosse libera, cioè ognuno potesse agire come gli talenta, tutta la storia sarebbe una serie di casi fortuiti slegati. Se anche un solo uomo fra milioni di uomini nel corso di un millennio avesse la possibilità di agire liberamente, e cioè a suo talento, evidentemente un solo libero atto di quell’uomo, contrario alle leggi, annienterebbe la possibilità dell’esistenza di qualsiasi legge per tutto il genere umano. Se invece esiste una sola legge che governi le azioni degli uomini, non può esistere la libertà dell’arbitrio, poiché la volontà degli uomini deve essere soggetta a questa legge. In questa contraddizione consiste il problema del libero arbitrio, che dai tempi più remoti ha preoccupato i maggiori ingegni dell’umanità, e dai tempi più remoti è stato posto in tutto il suo significato. In questi termini si esprimeva Lev Tolstoj in Guerra e Pace [1] , il capolavoro storico che smette di essere cronaca e si intreccia, attraverso le vite dei personaggi, agli avvenimenti del suo tempo. Una poderosa riflessione su ciò che muove le vicissitudini delle vicende umane. Eppure, lo stesso Tolstoj non avrebbe mai potuto descrivere gli eventi in maniera così complessa come accadde durante la Grande guerra . Una letteratura senza pari nella storiografia mondiale venne generata, tre imperi multietnici, quello zarista, austro-ungarico e ottomano, crollarono e milioni di persone tra militari e civili, perirono [2] . Senza il conflitto del 1914 sarebbe impossibile immaginare la Rivoluzione d’Ottobre, l'ascesa dello stalinismo e quella del fascismo italiano, il potere nazista e il dramma dell'Olocausto. Come afferma lo storico Fritz Stern si trattò della prima calamità del XX secolo, dalla quale tutte le altre ebbero origine [3] . Il consistente ampliamento dell’orizzonte storiografico, verificatosi negli ultimi decenni nell’ambito degli studi sulla Grande guerra, ha continuato però a tendere verso una sostanziale marginalità dell’esperienza russa in molti importanti studi dedicati alla Prima guerra mondiale [4] . Lo storico russo Vladimir V. Noskov, a proposito della gigantesca ombra del 1917 sugli studi concernenti la partecipazione dell’impero zarista alla prima guerra mondiale [5] , può essere utilizzato come stimolo per ulteriori ricerche e discussioni sulle dinamiche che hanno interessato l’ultima fase dell’epoca zarista [6] .

    Ad onta di questa significativa carenza nell’incorporazione del caso russo all’interno dell’orizzonte europeo, figurano anche gli studi diplomatici; e non è un caso che solo negli ultimi anni siano state intraprese nuove ricerche sulla scia del fondamentale testo di G. Petracchi, Diplomazia di Guerra e rivoluzione[7].

    (7. G. Petracchi, Diplomazia di guerra e rivoluzione, Italia e Russia dall’ottobre 1916 al maggio 1917, il Mulino, Bologna, 1974 e successivamente G. Petracchi, da San Pietroburgo a Mosca, la diplomazia italiana in Russia 1861/1941, Bonacci ed., Roma, 1993. F. Randazzo, L’altra diplomazia. L’Italia la Russia e le relazioni euroasiatiche nel periodo della Belle Epoque, Ed. Libellula, Tricase, 2014)

    Il presente saggio raccoglie studi e pubblicazioni diluite nel tempo e aspira a offrire un luogo ulteriore di riflessione su temi che toccano la Russia imperiale alle soglie del primo grande evento storico del Novecento che l’ha vista cimentarsi in diversi appuntamenti con la storia: lo scontro bellico contro il Giappone (1904-1905), la tristemente nota domenica di sangue (gennaio 1905), la prima Costituzione russa (ottobre 1905), la prima guerra mondiale (1914) e, per chiudere il cerchio, la rivoluzione russa (febbraio-novembre 1917).

    Periodo difficilmente sintetizzabile in pochi passaggi poiché denso di eventi che hanno portato alla ribalta personaggi della storia russa difficilmente dimenticabili per la capacità di aver impresso una svolta nuova allo stagnante immobilismo entro cui si muoveva la diplomazia russa dei Romanov. Alla old school diplomatica di fine Ottocento appartengono uomini come Karl Nassel’rode e Aleksandr Gorčakov, gli allievi Nikolaj Giers, Sergej Vitte, Aleksej Lobanov-Rostovskij, Ivan Šiškin, Michail Murav’ëv, Vladimir Lamsdorf e infine Aleksandr Izvol’skij che inaugura la diplomazia della società di massa.

    La Russia si avvia a un destino drammatico, non preannunciato da nessun segnale evidente, anche perché attorno allo zar Nicola II avevano cominciato a ruotare uomini di grande calibro e spessore culturale. Basti pensare allo statista Petr Stolypin autore di una riforma agraria epocale e chiamato dallo zar a rivestire il ruolo di primo ministro subito dopo la crisi monarchica del 1905. Basti pensare a Sergej Sazonov e alla sua disputa per vedersi riconoscere a corte un ruolo superiore a quello acquisito, all’indomani della morte di Stolypin, da Grigorij Rasputin.

    Sullo scorcio del XIX secolo, la diplomazia zarista aveva stentato a farsi strada tra le grandi potenze e la disastrosa conduzione della guerra contro il Giappone, all’alba del nuovo secolo, aveva evidenziato i limiti di un progetto ambizioso che andava dalla conquista della Siberia al controllo degli immensi territori di frontiera. La diplomazia non fu sempre all’altezza di sostenere le alte ambizioni della corte a causa soprattutto di una instabilità sociale che pervadeva l’intero impero e la mancanza di polso dimostrata dallo zar soprattutto nella scelta dei suoi ministri. Un rimprovero che viene mosso allo zar da molti suoi biografi che, al contrario, tendono a esaltare i meriti del suo entourage più qualificato.

    Sergej Sazonov, cresciuto politicamente in un clima di frenetico imperialismo economico-militare, ha interpretato la missione diplomatica quale mediazione dei malumori della " nuova società"; la sua attività politica e diplomatica si rivelerà straordinariamente ricca di spunti e farà da corollario alle vicende storico-diplomatiche russe pre-belliche, sottolineando il ruolo di primo piano svolto dalla Russia prerivoluzionaria a dispetto della marginalità in cui essa è stata relegata in importanti studi dedicati alla Prima guerra mondiale [8].


    Il contesto storico e la diplomazia zarista

    […] Il Trattato di Versailles non ha conferito la pace all'umanità,

    il che ora, credo, non è messa in dubbio dagli stessi promotori,

    i quali anche se riusciranno a mettere in atto tutti i decreti da esso proposti,

    (molti dei quali) contengono l'embrione di inevitabili

    scontri internazionali, nel più o meno, prossimo futuro [1] .

    Se notoriamente le origini della diplomazia moderna in Europa si fanno risalire alle relazioni tra gli stati del nord Italia durante il basso Medioevo (Milano, Venezia e la Toscana nel XV secolo), variegate sono le tesi sulla nascita della diplomazia in Russia. Sicuramente l’espansione e il rafforzamento dello Stato centralizzato ebbe un ruolo determinante per implementare tale sviluppo, tanto che la cornice storica di questo processo comprende una fase temporale che spazia tra il XV e il XVII secolo. Con l'ascesa di Mosca a principato, i posti privilegiati negli affari esteri erano occupati dai boiardi della Duma, la cerchia di rappresentanti della nobiltà feudale, che a partire dal XV secolo, divenne organo consultivo permanente. I boiardi che venivano scelti, erano responsabili del soggiorno dei diplomatici stranieri, della negoziazione, della redazione di documentazione e degli affari dell'ambasciata. Ciò si riflesse nell’aumento del flusso di documenti diplomatici apparsi durante il regno di Ivan III (1462-1505) [2] .

    Con l'espansione delle funzioni del governo centrale, le nuove istituzioni erano state organizzate secondo le strutture della cancelleria italiana, provando a seguire la stessa impostazione rinascimentale [3] . La pace di Lodi del 1454 e la costituzione della Lega italica, avevano reso necessaria infatti un’attenta costruzione degli organigrammi diplomatici, con il compito assai arduo di mantenere l’equilibrio politico raggiunto nella penisola. Non a caso è sostanzialmente noto il ruolo di Nicodemo Trincadini, quale rappresentante sforzesco permanente presso la corte di Cosimo Medici a Firenze, stretto collaboratore del duca Francesco Sforza [4]. La svolta vera e propria avvenne con le relazioni periodiche che i diplomatici della Serenissima inviavano al Gran Consiglio, ancora oggi preziosissima fonte storica. Il senato veneziano stabilì la precisa struttura formale della diplomazia, fissando le modalità comportamentali, la periodicità dei rapporti da inviare e la loro parziale cifratura. Non è un caso che la Duma dello Zar [5] , prevedeva proprio un ruolo specifico tra i d’jak per le relazioni con i sovrani esterni al Principato, corredato da un archivio dei dispacci che venivano redatti durante gli incontri della corte zarista a ricevimento [6].

    L'ordine degli affari esteri e l’ordine degli ambasciatori crebbero durante il periodo di Ivan IV (1533-1584), quando oltre alle relazioni esterne, venivano incaricati mercanti stranieri, impegnati nel riscatto e nello scambio di prigionieri, nella raccolta di informazioni doganali e di numerose imposte. Viene ufficialmente individuato il 1549 come l’anno della compilazione di un vero e proprio ordine degli ambasciatori e degli archivi diplomatici, redatta da Ivan Mikajlovič Viskovatij, che divenne sia custode del sigillo del Principato moscovita che amministratore del dipartimento diplomatico in stretta collaborazione con un altro confidente dello zar Ivan Groznij, Aleksej Fjodorovič Adašev [7].

    Tali ampie funzioni dell’ambasciata ne avevano ostacolato la crescita e causato una certa lentezza burocratica. Non a caso il diplomatico Afanasij L. Ordin-Naščokin (1667-1671) fece notare che l’ordine degli Ambasciatori stava gradualmente diventando uno dei centri più importanti della vita amministrativa dello Stato e per questo andava riformato [8] .

    Per lo studio delle lingue straniere e l'acquisizione di maggiori competenze, molti boiardi che intendevano avviarsi alla carriera diplomatica vennero, quindi, inviati presso scuole di formazione all'estero. Questa nuova fase aveva gettato solide fondamenta per la formazione dei giovani diplomatici. Descrivendo la situazione in questo campo, l’inglese R. Lenghorn rilevava che nel XVIII sec:

    In Russia, era stato organizzato un importante servizio di traduzione e la questione della formazione del personale diplomatico era stata discussa ampiamente dal governo imperiale [9] .

    Tuttavia, la formazione del diplomatico zarista vale a dire, basato sul servizio pubblico e sulle relazioni esterne delle missioni diplomatiche permanenti in altri paesi si verificò solo durante il regno di Pietro I [10] . Lo zar che aveva dotato i russi di una solida struttura imperiale, oltre alla costruzione di nuove scuole e alla formazione culturale degli studenti adottò anche le uniformi dei diplomatici e dei funzionari nello stile europeo.

    Il Collegio degli Affari Esteri della Russia venne costituito nel 1720, con l’ukaz Ob upravlenii vo vsech kollegijach i v gubernijach del (Sul controllo di tutti i collegi e negli affari delle province), alla base del quale vi era il testo definizioni del Collegio degli Affari Esteri. Il documento regolava la selezione del personale, definiva la struttura organizzativa dell'istituzione, chiariva i ruoli e le competenze dei funzionari. Inoltre i membri del consiglio di amministrazione venivano designati dal Senato, per un totale di persone impiegate pari a 142. All'estero invece vi erano 78 persone tra ambasciatori, ministri, agenti, consoli, segretari, copisti, traduttori, studenti e sacerdoti. Tutti i funzionari prestavano giuramento di fedeltà allo Zar e alla Patria. Nel corso del tempo, in particolare durante il regno di Caterina II, il numero dei dipendenti del consiglio di amministrazione aveva raggiunto le 230 persone. Nel gennaio 1779 venne emanato il decreto Štaty kollegii inostrannych del sekretnoj i publičnoj ekspedicii per le spedizioni pubbliche e segrete. Venne inoltre definito, lo stipendio del Presidente (Cancelliere) e del Vice Presidente (Vice-Cancelliere), Il numero degli interpreti, degli scribi e di funzionari ecclesiastici e ministri statali [11] . Gli stipendi venivano stabiliti secondo una proporzione delle opere e della capacità di ciascun diplomatico, sulla base di una valutazione statistica collegiale. La maggior parte dei rappresentanti russi all'estero sono erano ministri di secondo rango [12] .

    La più numerosa composizione diplomatica del periodo si trovava a Costantinopoli; vi erano due Consoli, due assistenti, un segretario d'ambasciata, 10 studenti, 8 interpreti, 8 funzionari amministrativi, e un dottore. Come sottolineava lo storico A. B. Kamensky: Gli storici sono unanimi nel ritenere che in 34 anni di regno, la politica estera dell’impero è stata oggetto di estrema attenzione da parte di Caterina e nessuna questione seria sarebbe stata discussa senza di lei. Tuttavia, la percentuale di partecipazione al meccanismo decisionale appare controversa. Il biografo di Caterina II, A. G. Brikner credeva che la zarina, sin dai primi giorni del suo regno, fosse seguita negli affari di politica estera e guidata anche negli aspetti decisionali [13] .

    Alla fine del XVIII inizi del XIX secolo l’Europa venne investita dal nuovo modello napoleonico in quasi tutti i settori sociali, politici, economici e amministrativi, nel campo della pubblica amministrazione. Venne completamente riformato il sistema di organizzazione militare, con un massimo accentramento dei poteri, di unità di comando e una rigorosa disciplina sotto la supervisione e responsabilità di alti funzionari.

    La nuova ondata riformatrice colpì anche la Russia, tanto che lo zar Alessandro I, l’8 settembre 1802, avviò un grande processo di riforma ministeriale e assunse e un numero maggiore di personale diplomatico, nominando ambasciatori presso le sedi di Vienna, Stoccolma; Ministro a Berlino, Londra, Copenhagen, Monaco di Baviera, Lisbona, Napoli, Torino, Costantinopoli [14] . La riforma amministrativa venne perfezionata e completata dal ministro Michail M. Speranskij, che nel 1811 pubblicò il Obščee učrešdenie ministerstv (La struttura complessiva del Ministero) [15] , dove venne migliorata la funzionalità organizzativa del Ministero con giornalieri verbali e rendicontazioni, una rigorosa subordinazione di tutti i reparti del Ministero, nonché la nomina di un ministro e del suo vice (Vice Ministro) da parte dello zar, creando di fatto un Collegio Ministeriale [16] .

    Nel 1832, con il decreto imperiale di Nicola I Ob obrazovanii ministersva inostrannych del (Sulla Formazione del Ministero degli Affari Esteri), venne ufficialmente abolito il Collegio e trasformato in una sola unità strutturale all’interno del Ministero degli Esteri e da questo momento in poi il personale sarebbe stato arruolato attraverso bandi e decreti imperiali.

    Sotto la guida del principe Aleksandr Michajlovič Gorčakov infatti, il Ministero degli Esteri decise di allargare le relazioni internazionali al settore politico-economico, avallando una significativa espansione della rete di rappresentanze estere. All'inizio degli anni ‘90 del secolo XIX il Dicastero era provvisto di 6 ambasciate e 26 missioni, 25 consolati generali e 86 vice-consolati imperiali [17] .

    I principali compiti del Ministero degli Esteri e delle sue strutture prevedevano le relazioni politiche con gli Stati esteri, la protezione in terre straniere del commercio russo e degli interessi russi generali, nonché le richieste di tutela giuridiche dei

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