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Il gigante folle
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E-book376 pagine5 ore

Il gigante folle

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Chi è Il Gigante folle? O per meglio dire cos'era Il Gigante folle? Immaginate un viandante russo a spasso nell'Italia del 1917, che da studioso e storico della letteratura italiana in quegli anni, durante la rivoluzione russa ritorna in patria come giornalista inviato italiano d'eccellenza e ne segue questo capolavoro. Zabughin si accorge subito che quella rivoluzione avrebbe portato presto a una dittatura, a differenza del resoconto ideologico fatto da John Reed nel famoso libro "I dieci giorni che sconvolsero il mondo". È appena passato l'anniversario del centenario delle due rivoluzioni russe, e in special modo della Rivoluzione d'Ottobre, in mezzo a tanti volumi celebrativi o critici, trova spazio lo sguardo acuto e preoccupato dello storico disincantato e liberale, che già “in diretta” vede tutti i pericoli della piega che sta prendendo la politica rivoluzionaria, a partire dall'annullamento della libertà religiosa, fino al superamento a grandi passi di ogni idea democratica e di socialismo moderato ottocentesco. Un utile e argomentato controcanto di riflessione, anche oggi, a chi continua acriticamente a celebrare quella rivoluzione già definitivamente sconfitta nell'89, ma anche a ogni idea di populismo e antidemocrazia che sembra prendere vigore negli ultimi tempi. Sommario 1 - presentazione (Biagini) 2 - vita e opere (Castelli) 3 - “il gigante folle” e sua genesi (Carteny) 4 - la poetica di Zabughin (Valle) 5 - Il gigante folle
LinguaItaliano
Data di uscita28 giu 2020
ISBN9788833861203
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    Anteprima del libro

    Il gigante folle - Vladimiro Zabughin

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    Nota del Curatore

    Presentazione

    Introduzione

    Il Gigante folle di Vladimiro Zabughin: un Post Scriptum

    Prefazione

    Prologo

    i. Viaggiando cogli emigrati

    ii. Pietrogrado, la città dei cinque governi

    iii. Saturnali di guerra

    iv. Giallo-azzurro… o Giallo-nero?

    v. Un’oasi latina

    vi. Laude della pazzia

    vii. Il crollo

    Congedo

    contrappunti

    © 2019 Miraggi Edizioni

    via Mazzini 46, 10123 Torino

    www.miraggiedizioni.it

    Progetto grafico Miraggi

    Finito di stampare a Borgoricco (PD)

    nel mese di giugno 2019 da Logo srl

    per conto di Miraggi Edizioni

    su Carta da Edizioni Avorio Book Cream 80 gr

    Prima edizione digitale: ottobre 2019

    isbn 978-88-3386-120-3

    Prima edizione cartacea: giugno 2019

    isbn 978-88-99815-52-3

    Nota del Curatore

    Il presente volume ripropone in una nuova forma editoriale il testo pubblicato da V. Zabughin nel 1918 per la casa editrice fiorentina R. Bemporad & figlio. L’edizione originale uscì all’interno della collana I libri d’oggi, interamente dedicata alla guerra e inaugurata nel 1915 con Le novelle della guerra, una raccolta di racconti di Guy de Maupassant scritti tra il 1883 e 1899 e tradotti per l’occasione. A parte il volume iniziale, nella collana vengono pubblicati saggi e reportages sui vari paesi e territori di guerra, spesso corredati da carte geografiche e talora da fotografie (come in questo volume). Tale collana rappresenta un caso emblematico della stampa di propaganda del tempo di guerra, che in quegli anni ha un grande sviluppo su tutti i fronti. Il grande desiderio di informazione da parte dei lettori contemporanei, e la corrispondente risposta da parte sia di case editrici private che di materiali vari stampati o finanziati direttamente dagli stati belligeranti, contribuì così, insieme ad altri fattori, all’aumento del prezzo della carta. Il gigante folle ha infatti il prezzo di un volume quadruplo (£ 3,80), pur essendo di fatto un volume doppio rispetto alla maggior parte degli altri, proprio a causa del rincaro della carta, come specificato in un’avvertenza sul dorso, cui si aggiungono ulteriori 40 centesimi tramite applicazione di apposito bollo quale sovrapprezzo di guerra. L’aumento della richiesta di carta provoca anche una sua progressiva perdita di qualità, rendendo gli esemplari oggi superstiti estremamente fragili e ad alto rischio di automacerazione.

    La presente edizione ha pertanto anche il fine di preservare il testo di Zabughin dalla sua scomparsa materiale, insieme a quella delle sue Istantanee della Rivoluzione russa, distribuite su otto tavole variamente posizionate nell’edizione originale e qui riunite nella sezione finale Documenti iconografici. Alla presentazione di A. Biagini e all’introduzione di A. Carteny segue un testo di G.P. Castelli che ricostruisce ciò che avvenne a Zabughin al ritorno dalla sua missione in Russia.

    Presentazione

    Presentare la riedizione de Il gigante folle di Vladimiro Zabughin significa tornare a parlare di un tema fondamentale per la comprensione della storia del Novecento e del mondo contemporaneo. Nel corso dei miei studi ho avuto l’occasione di occuparmene nel volume In Russia tra guerra e rivoluzione¹, dove attraverso la documentazione dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito si ricostruivano profili e circostanze della Missione militare italiana in Russia. In tale contesto la missione di Vladimiro Zabughin, voluta e promossa dal ministro della propaganda all’estero Vittorio Scialoja nel gabinetto Boselli, si propone come una vicenda di grande importanza per il ruolo che avrebbe potuto svolgere l’Italia nei confronti del cambio di regime russo. Zabughin, infatti, inviava un lungo rapporto² all’Ufficio propaganda di Roma indirizzato a Romeo Gallenga Stuart, che aveva preso il posto di Scialoja come sottosegretario per la propaganda all’estero e la stampa con il governo Orlando. Zabughin riportava qui una sintesi personale degli avvenimenti di cui era stato protagonista tra l’estate e la fine dell’anno 1917, in cui emerge un’interessante testimonianza dei contemporanei sugli avvenimenti verificatisi nella Russia dell’epoca: a differenza delle preoccupazioni del generale Giovanni Romei Longhena, comandante della Missione fondamentalmente attento a problematiche politico-strategiche, nell’ambito degli equilibri internazionali, le descrizioni del professore Zabughin rientravano principalmente nelle questioni di carattere politico e sociale sul futuro della Russia. Emerge in questa prospettiva infatti la forma mentis dello studioso e del filologo, uomo di cultura e mediatore e costruttore di ponti tra differenti culture e civiltà. Da raffinato intellettuale e appassionato della spiritualità cristiana, tra oriente e occidente, Zabughin si era preparato con scrupolo alla missione all’interno dell’impero russo e aveva visitato preliminarmente il fronte italiano, procurandosi documentazione visiva da proporre all’estero con il fine di utilizzare materiali di differente origine nel modo più utile alla causa italiana in Russia. La sua missione lo porta nel giugno a Pietrogrado, poi a Minsk, quindi in varie località, a Riga, Dvinsk, fino alla capitale romena Iasi, dunque richiamato a Pietrogrado e infine a Mosca: durante tutte queste tappe il professore risulta capace di mettere al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica le tematiche più importanti per la guerra nell’interesse dell’Italia, come la questione del confine orientale, dell’Adriatico e della Dalmazia, la capacità di mobilitazione dell’Italia e le prospettive di cooperazione economica e di dialogo culturale tra Italia e Russia… Una straordinaria visione critica di questa missione emerge nella sua opera dal titolo evocativo Il gigante folle: istantanee della rivoluzione russa, che con la prefazione di Scialoja sarebbe stata pubblicata nei mesi successivi come un vero e proprio reportage sulla realtà della Russia della rivoluzione. La presente ristampa si propone dunque di riportare all’attenzione la capacità di analisi di un osservatore attento e acuto di quella realtà. A un secolo di distanza, il testo rivela una straordinaria capacità di lettura critica necessaria per la comprensione della Russia contemporanea.

    Antonello Biagini

    Introduzione

    Vladimir Nikolaevič Zabughin nasce a Pietroburgo da una famiglia della borghesia intellettuale russa nel 1880: il padre era un alto funzionario del ministero delle finanze e la madre laureata in medicina. Spirito acuto e vivace, si laurea in storia e filologia nel 1903 e per perfezionare gli studi umanistici si porta a Roma: qui presso l’Università degli Studi nel 1911 ottiene la libera docenza in Letteratura umanistica, presso la Facoltà di Lettere. La sua profonda formazione classicista era emersa infatti sin da un lavoro su Quinto Aurelio Simmaco e il suo tempo, per il quale fu premiato nel 1900, ma la conoscenza e l’amore per la cultura letteraria umanistica e italiana si inserisce anche in una tendenza tipica dell’ambiente pietroburghese a cavallo del secolo. Le ricerche sull’Accademia Romana quattrocentesca e sul suo fondatore, Pomponio Leto, che nei suoi viaggi si era spinto sino in Russia, gli erano in effetti state suggerite dal suo maestro G.V. Forsten. Fu proprio grazie ai primi due volumi del suo Giulio Pomponio Leto. Saggio critico, usciti nel 1909 e nel 1910, che ottenne la libera docenza nell’Università romana. Questi, insieme al terzo tomo di note edito due anni dopo (un ulteriore volume previsto non vide mai la luce), costituiscono forse ancora oggi la sua opera più nota in ambito accademico, nonostante non sia agevole districarsi nel fitto tessuto della sua grande erudizione e nel continuo intrecciarsi dei filoni d’indagine³.

    L’importanza di Virgilio nella cultura classica di ogni tempo, e in particolare in quella umanistica e rinascimentale italiana, poi, avrebbe costituito il polo d’attrazione dei suoi studi negli anni seguenti, in buona parte confluiti nella sua opera Vergilio nel Rinascimento italiano da Dante a Torquato Tasso. Fortuna, studi, imitazioni, traduzioni e parodie, iconografia, il cui primo volume uscirà nel 1921 e il secondo (incompleto) alla fine di novembre del 1923, due mesi dopo la sua tragica e prematura morte su un ghiacciaio dell’Ortles. Il lungo sottotitolo già preannuncia il carattere interdisciplinare dell’opera, uno dei tratti caratteristici della personalità stessa di Zabughin nonché del suo insegnamento universitario, per le tracce che ne rimangono (sintetici argomenti delle lezioni di alcuni dei suoi corsi e qualche titolo di tesi di laurea assegnate)⁴. È questo un lungo e complesso itinerario di studi che si riflette nella sua opera forse più nota anche ai non addetti ai lavori: Il cristianesimo durante il Rinascimento, o con titolo più congruo Storia del Rinascimento cristiano in Italia, incompiuto e pubblicato postumo nel 1924⁵. Qui si evidenzia tutta la passione spirituale e religiosa dello storico della letteratura e del filologo: profondo conoscitore dell’Umanesimo e del Rinascimento in Italia, Zabughin vi ripercorre la storia letteraria e del pensiero umanistico da Dante Alighieri a Torquato Tasso, in un percorso che dalla prospettiva di studio virgiliano si amplia a una più complessa chiave di lettura sul fenomeno storico del Rinascimento. Uscendo dalla prospettiva di studio burckhardtiana allora egemone in Italia, incentrata sulla visione laica e pagana del fenomeno storico dell’Italia rinascimentale, Zabughin propone un approccio di ricerca basato sugli elementi spirituali e filosofici che animano autori noti e meno noti, che attraverso dotti richiami e interconnessioni tra le arti (poesia, pittura, musica) risulta capace di rideterminare l’importanza del fattore ideologico e culturale del Cristianesimo sul Rinascimento.

    Oltre l’interesse per la poesia e la letteratura, più che per le arti figurative in Zabughin fu costante l’amore e la passione per la musica. Se infatti dovette rinunciare a causa di una grave malattia – come ci informa egli stesso – al diploma in pianoforte del conservatorio di Pietroburgo, la musica non lo lasciò mai, neppure all’Università. Non solo perché emerge dai suoi studi con continue contaminazioni e paralleli, ma perché fondò proprio nell’Ateneo romano nel 1918 il Gruppo Universitario Musicale, poi esteso in almeno altre sei università italiane, e giunse a chiedere nel 1922 l’abilitazione alla libera docenza anche in Storia della musica.

    Oltre ai suoi numerosi scritti scientifici ha lasciato una vivace memoria della sua esperienza in Russia nella pubblicazione qui riproposta: Il gigante folle: istantanee della rivoluzione russa (con prefazione di Vittorio Scialoja, Firenze 1918). La sua figura di attivo e influente intellettuale nel contesto del dibattito culturale, religioso e diplomatico tra Russia e Italia, emerge d’altronde negli studi di storia dell’Europa orientale grazie al prof. Angelo Tamborra, che approfondisce il contesto degli émigrés russi in Italia e la discussione sulla divisione/riunificazione delle chiese tra Est e Ovest⁷, e al suo allievo prof. Antonello Biagini, che studia la missione militare italiana in Russia durante le Grande Guerra⁸. Nella comunità dei russi in Italia, infatti, Zabughin risultava essere un intellettuale saldamente legato a un concetto di religiosità tradizionale in qualche modo reso ancor più forte con la propria conversione al cattolicesimo. La critica che da questa posizione spirituale si prospettava nei confronti della gerarchia ecclesiastica ortodossa era proprio quella di una burocratizzazione della struttura religiosa in cui di fronte alla costruzione di un corpo tanto articolato la Chiesa però aveva perso la sua anima. Il rinnovamento della religiosità della Chiesa, quindi, poteva passare dunque solo attraverso una riunione spirituale di Oriente e Occidente, delle chiese occidentale e orientale, cattolica e ortodossa. A livello individuale questa prospettiva si concretizza in qualche modo quando, attraverso la sua educazione ortodossa, porta a compimento il suo approdo al cattolicesimo romano di rito greco. Fin dagli inizi del primo decennio del secolo, dal 1903, Zabughin emerge dunque come una personalità intellettuale, culturale e accademica, di prestigio e autorevolezza nell’orizzonte italiano, protagonista dal 1910 attraverso la rivista «Roma e l’Oriente» del dibattito sull’unione delle Chiese⁹.

    Più che esule o émigré, sottolinea Tamborra, egli risultava essere piuttosto uno straniero ben integrato in Italia¹⁰, con viaggi di ritorno alla madrepatria, sposato a un’italiana di nome Amelia Maria Festa, benestante e proprietario di un palazzo a Roma. Inoltre il suo impegno nel giro di 10 anni si rivolge verso la Russia in una duplice prospettiva: sia seguendo da vicino i movimenti per la riforma spirituale finalizzati ad una riunione delle chiese, sia, dopo la prima rivoluzione del febbraio, nel 1917, per l’organizzazione di una missione di propaganda della guerra italiana su incarico del ministro Vittorio Scialoja. D’altronde quel decennio si era aperto con le conseguenze della rivoluzione del 1905, che aveva messo in discussione la tradizionale primazia della Chiesa ortodossa rispetto ai vecchi credenti e ad altri gruppi fino allora perseguitati. La ricostituzione del patriarcato, inoltre, apriva nuove prospettive di riunificazione spirituale – più che di federazione tra strutture ecclesiastiche – e diveniva presupposto per un rinnovato ecumenismo. D’altronde sono anni di dibattito intenso e spesso aspro, proprio sul modernismo¹¹: in questo contesto Zabughin si rivela profondo conoscitore dei protagonisti dell’epoca in Italia, e dunque animatore di queste tematiche attraverso le pagine della rivista «Roma e l’Oriente»¹². L’occasione della missione in Russia, dunque, gli lasciava straordinarie possibilità di azione in ambito spirituale¹³, oltre che di attività politico-diplomatica¹⁴.

    La sua morte, per un incidente alpinistico, lascia nel 1923 un grande vuoto nel panorama intellettuale e accademico dell’epoca.

    Andrea Carteny

    Il Gigante folle di Vladimiro Zabughin: un Post Scriptum

    Gian Paolo Castelli

    Un multiforme ingegno rinascimentale

    Partii l’indomani

    15

    novembre. Viaggiai senza incidenti sino a Southampton, ove le autorità inglesi, ad onta dei documenti presentati in quantità più che sufficiente, non vollero credere al carattere ed allo scopo della mia missione, fecero interrogatori e perquisizioni minute quanto stupide, sicché alla fine mi accorsi – già sul piroscafo – della scomparsa di una preziosa collezione di giornali russi dei giorni della rivoluzione bolscevista, che portavo con ogni cura, onde presentarli per informazioni al Ministero degli Affari esteri. Sarebbe opportuno, secondo il mio debole parere, richiederli alle autorità britanniche, facendo altresì rilevare tutta la sconvenienza del trattamento da esse inflitto non alla mia persona, ma al Governo che era mio mandatario. Al Havre le perquisizioni non si rinnovarono, ma dovetti stare circa cinque ore alla polizia, che non voleva – neppure quella di Francia – credere alla mia missione, e mi fece partire alla fine con una ben poco lusinghiera opinione in merito al buon senso francese.

    Ora, di ritorno dal mio lungo, avventuroso ed istruttivo viaggio, che durò esattamente due volte e mezza più di quanto avevamo divisato con Sua Eccellenza Scialoja e che mi costò oltre diecimila lire più di quanto ebbi in assegno dall’Ufficio Propaganda, mi permetto di esporre qualche considerazione di ordine generale riguardo alla situazione russa ed all’azione, da svolgere in questa Repubblica, da parte degli Alleati.

    Con queste parole Zabughin si avvia a chiudere la relazione che scriverà, al suo ritorno in Italia, al sottosegretario per la Propaganda all’estero e la stampa Romeo Adriano Gallenga Stuart, il quale proprio nel novembre 1917 aveva rilevato le competenze dell’Ufficio di propaganda di guerra all’estero, costituito nel 1916 e allora posto sotto la direzione del ministro senza portafogli Vittorio Scialoja¹⁵. Nel rapporto sono naturalmente descritti gli aspetti più strettamente propri dell’incarico che Zabughin aveva ricevuto tramite Scialoja dal Governo italiano, in particolare le numerose conferenze e proiezioni che egli tenne in teatri e cinematografi, o in edifici atti a tale genere di incontri, al fine di far conoscere a soldati e civili la posizione dell’Italia nel conflitto, le condizioni dell’esercito italiano al fronte, la sua produzione industriale (meccanica e bellica in particolare) e in generale informazioni volte a rafforzare la simpatia già presente nella popolazione russa nei confronti dell’Italia su basi più concrete e fondate. Da questa e dalle descrizioni presenti nel libro in merito all’evolvere della situazione emerge il ruolo fondamentale – e, almeno in tale misura, inaspettato – giocato da cinema e teatri quali luoghi di formazione dell’opinione pubblica del tempo. Come viene specificato nella relazione, inoltre, si trattava di conferenze e proiezioni gratuite per i soldati ma a pagamento per i civili, i cui incassi venivano poi girati alla Croce Rossa. E ciononostante riscuotevano un notevole successo, con file al botteghino e spettacoli in sequenza. Zabughin, con una nota che avrà forse fatto piacere a suo cognato Marcello Piacentini – il quale nel 1915-16 aveva progettato il Cinema-Teatro Corso in Piazza San Lorenzo in Lucina con novità tecniche (struttura in cemento armato) e stilistiche (Secessione viennese)¹⁶ – non manca neppure di rilevare come la Settima Arte rappresentasse per molti russi una novità:

    Per capire quanto era necessaria l’opera di propaganda italiana in Russia ed in Romania, basti dire che le mie films erano, per Odessa, le prime comparse sullo schermo, per Jassy erano state precedute da una sola piccola film del

    1915

    , una delle prime concesse del Comando Supremo, e infelice anzi che no.¹⁷

    Appare incredibile come un personaggio oggi noto e ricordato soprattutto per la sua erudizione filologica in più ambiti linguistici, oltre che per la sua attività in ambito religioso (cui se ne affiancano altri meno noti che speriamo di aver presto occasione di illustrare), riuscisse anche a intrattenere con successo soldatesche e folle eterogenee con diapositive di produzioni FIAT o Ansaldo, film e conferenze su argomenti bellici, tecnologici, statistici ed economici, nonché con discussioni di carattere più propriamente politico. In questo avrà forse avuto un peso l’essere figlio di un alto funzionario della Russia zarista, Nikolaj Pavlovič Zabughin, che aveva lavorato per il Dipartimento commerciale e manifatturiero del Ministero delle finanze e si era occupato in particolare di commercio con l’Asia. Nel 1896, ad esempio, in qualità di membro del Gabinetto del ministro diresse la Sezione Commercio della Russia con la Persia nell’Esposizione panrussa dell’industria e dell’arte che si tenne a Nižnij Novgorod (dal 1932 al 1991 nota come Gor’kij), nella quale fra l’altro venne esposta la prima automobile russa di serie. Lo stesso anno pubblicò un libro sulla navigazione nell’Estremo Oriente russo¹⁸.

    Non era comunque la prima volta che Zabughin (figlio) intraprendeva un’attività così apparentemente lontana dai suoi interessi filologici umanistici e rinascimentali. Infatti la sera del 14 dicembre 1916 nella sala della Permanente a Milano¹⁹, affollata da un pubblico elettissimo, nella quale spiccavano molte fra le più alte personalità della politica, della scienza, del commercio, dell’industria ed erano largamente rappresentate le autorità civili e militari, il valoroso ed illustre scrittore russo, fervente amico dell’Italia e delle cose italiane, come lo definisce il Monitore italo-russo, aveva tenuto una applauditissima conferenza, intesa ad illustrare gli sforzi della Russia nell’attuale guerra europea e la necessità di una sempre più stretta comunanza di azione fra le Potenze alleate per raggiungere la finale vittoria²⁰. Il resoconto termina preannunciando la ripetizione della conferenza entro il successivo mese di gennaio a Roma e a Napoli, ma nei tre numeri successivi della rivista (gennaio, febbraio e marzo 1917) non vi si fa cenno. Tuttavia, il 19 febbraio 1917 dall’Ufficio Affari riservati della Direzione generale di Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno si informa il Prefetto di Milano che:

    L’Ambasciata di Russia ha comunicato al Ministero degli Esteri che il Sig. Zabughine, Professore dell’Università di Roma, terrà in diverse città del Regno, tra cui cotesta, una serie di conferenze allo scopo di diffondere nel popolo italiano la conoscenza della Russia e di contribuire all’avvicinamento delle due Nazioni.

    Se ne informa la S.V. con preghiera di voler cooperare, per quanto possibile, alla riuscita di tale iniziativa.

    Pel Ministro

    Vigliani²¹

    Il 16 febbraio lo stesso Vigliani aveva in effetti già inviato al questore di Milano il seguente telegramma:

    Prof. Vladimiro Zabughin per incarico comitato italo-russo pro mutilati guerra italiani e prigionieri russi terrà conferenza città Regno con proiezioni pellicola cinematografica intitolata La Russia in guerra di m.

    794

    , munita di permesso ministeriale

    12493

    data

    15

    corrente.

    Avvertonsi però SS.LL. che detto permesso deve ritenersi valido nel solo caso che pellicola sia rappresentata scopo beneficenza a cura Prof. Zabughin.²²

    È ancora il Monitore italo-russo che ci informa di altre due conferenze storico-geografiche tenute da Zabughin nell’aprile o nel maggio seguenti ai soldati feriti negli ospedali di Santa Marta e De Merode a Roma, illustrate con proiezioni [cioè, diapositive] e cinematografie interessantissime²³. Zabughin dunque, conferenziere piuttosto attivo a quanto possiamo desumere dalle tracce rimaste in vari ambiti, nelle sue presentazioni si serviva non solo della parola ma anche dell’immagine, veicolata secondo le più recenti possibilità offerte dalla tecnica. Né mancava la musica, illustrata o suonata (da lui stesso o da altri), di cui era conoscitore tanto critico quanto pratico, essendo un discreto pianista, a quanto sappiamo. Ricorda, in questa sua multiformità d’ingegno e d’interessi, l’uomo rinascimentale; di quel Rinascimento, che amò sino alla fine, tanto infaticabile e curioso quanto minuzioso indagatore. Così riferisce in apertura della sua relazione a Gallenga:

    Mi preparai con ogni cura a tale non facile missione, visitando i punti più importanti della fronte italiana e raccogliendo al Comando supremo una quantità non indifferente di diapositive, l’Ufficio propaganda mi fornì qualche film militare italiana, mentre dalla ditta Fiat S. Giorgio ebbi una ricca collezione di diapositive illustranti le costruzioni navali ed i grandi cantieri di artiglieria Ansaldo. Inoltre, volendo dare al mio apostolato un carattere non solamente militare ma anche economico ed intellettuale, raccolsi con l’aiuto delle Camere di Commercio e dei consoli russi di Torino e di Milano una discretamente larga messe di films e di diapositive di carattere industriale, nonché qualche spartito di giovani musicisti italiani, ripromettendomi di usare di codesto materiale nel modo più utile alla causa in Russia.²⁴

    E lo usò, musica compresa, come si può constatare dal suo rapporto e da qualche pagina dello stesso Gigante folle. Possiamo dunque star sicuri che quando nel febbraio del 1917 si recò a Milano (e verosimilmente altrove) per la conferenza-proiezione di beneficenza con materiali sulla guerra in Russia, ne approfittò per reperire dalla Camera di Commercio e dal console russo il materiale che poi sfrutterà nella sua tournée in Russia.

    Tout se tient. Il termine apostolato, sopra evidenziato in corsivo e che ritorna più volte nella sua relazione e in altri suoi scritti, richiama un altro aspetto capitale in Zabughin: la sua missione spirituale di ricongiungimento della Chiesa d’Occidente con quella d’Oriente. La sua conversione al cattolicesimo di rito orientale, il legame con l’Abbazia di Grottaferrata e la fondazione della rivista «Roma e l’Oriente» sono ben note, grazie soprattutto agli studi di Giuseppe M. Croce²⁵. E naturalmente anche in questa occasione, nell’alternarsi di presentazioni a militari e civili, incontri con le autorità (assai mutevoli e dalle incerte prerogative), con il tessuto produttivo e commerciale indigeno e straniero, con conoscenti o parenti, tra spostamenti e viaggi faticosi, difficili e talora pericolosi, egli trova il tempo di volgere il suo sguardo alla situazione sia della chiesa ortodossa russa del vecchio regime, sia ai possibili focolai di novità che cerca, quando può e con discernimento, di incoraggiare. E invia cronache e articoli alla rivista di Grottaferrata, di cui fu animatore principale e quasi instancabile; altri ne pubblicherà al suo ritorno. Si rende ben conto (e non furono in molti a farlo così precocemente) di come la rivoluzione rappresentasse la più aspra battaglia per la libertà religiosa e politica, che abbia mai insanguinato il mondo e del rivolgimento epocale che ne sarebbe conseguito; ma mentre all’inizio intravede per la Chiesa locale la possibilità di riscattarsi dalla subordinazione al potere imperiale cui era soggiogata (anche e soprattutto spiritualmente), con la presa del potere da parte dei massimalisti dubita che ad essa verrà lasciata quella possibilità di auto-organizzarsi che pure – a parole – sembra il principio cardine del nuovo stato bolscevico.²⁶

    Ma ancora non basta. Non dobbiamo far l’errore di credere che, preso dalla sua ardua missione e in un momento di svolte capitali per la storia del popolo russo e del mondo intero, l’autore dei tre tomi italiani del Giulio Pomponio Leto (1909-1912) e della sua versione russa (Iulij Pomponij Let, 1914, assai diversa dall’edizione italiana), nonché di un gran numero di articoli od opuscoli di grande erudizione filologica, avesse dimenticato i suoi cari studi umanistico-rinascimentali, maturati del resto proprio nella natia San Pietroburgo. Scriverà infatti il 25 aprile 1921, nella toccante introduzione al primo volume di Vergilio nel Rinascimento italiano da Dante a Torquato Tasso:

    Questo libro nacque dal primo corso universitario che dettai a Roma nel

    1912

    -

    3

    . Da allora vi ho sempre lavorato, con paziente diligenza. Giudichi il lettore se ne valeva la pena.

    Mentre vi lavoravo, il mondo fu flagellato dalla guerra e da immani sconvolgimenti sociali. Codesto studio, dedicato alla fortuna di un poeta antico, mite e vergineo, attraverso varie generazioni di una società vecchia, pacata, dignitosa e complimentosa, se ne risente. Mi convenne leggere le Vergilianae quaestiones dell’epistolario guariniano a Pietrogrado, mentre i comunisti russi bombardavano il Palazzo d’Inverno, e studiare le risonanze classiche del Morgante in pieno sfacelo della fronte russa, tra un Comando e l’altro, tra un’avanzata ed una fuga di tovaristsci.

    Ed il libro finì col diventare, anch’esso, alquanto rivoluzionario.

    Non volli innovare, né far l’originale per forza. Non è colpa mia se il mondo ha cambiato, se la guerra ha infranto i vetri di quella serra sovrariscaldata, o vogliam dire campana pneumatica, ove gli storici ufficiali, ordinari e togati della letteratura lavoravano per decenni. Ed oggi si lavora all’aria aperta.²⁷

    Sono otto paginette che fanno tremare i polsi per la franchezza e il sentimento di adesione ai propri studi, per la lucidità di visione sulla tradizione degli studi letterari e al tempo stesso sul mondo intorno in rivolgimento, per il travalicare del campo letterario in quello delle arti figurative e musicale, nonché per quel suo stile così peculiare, che soprattutto nei suoi ultimi anni si fa spesso intenso e vibrante, senza suonare retorico.

    Palazzo Zabughin

    Nella parte conclusiva della sua relazione Zabughin riferisce di aver proposto a Scialoja (o al Governo italiano) che la missione gli venisse affidata sin dal 1916 e specifica come essa avrebbe avuto, in tal caso, frutti assai più abbondanti di quelli che potrà raccogliere ora, dopo il precipitare degli eventi nell’ottobre-novembre.

    In quanto all’opera mia, posso assicurare di avere lavorato senza risparmio di forze, di avere messe più volte a repentaglio la salute e l’istessa vita, mosso dal solo desiderio di fare un po’ di bene a la mia patria d’adozione, all’Italia, che cercai di servire con tutto l’amore che le porto, con tutto l’intenso desiderio che ho di vederla grande, vittoriosa e felice. Sono pronto a seguitare codesta opera nella forma che sembrerà più opportuna al R. Governo, e mi metto a tale uopo a completa disposizione dell’Eccellenza Vostra nella speranza di potere ancora rendere qualche servigio all’auspicato lavoro a pro di una durevole intesa italo-russa, a difesa dell’italianità dell’Adriatico, a garanzia della pace nei Balcani, ad efficace rimedio contro le mire espansionistiche e le subdole macchinazioni dell’Austria. Ho fede che in politica la parola impossibile non deve esistere. Lavorai per uno scopo che ritengo necessario – e lo raggiungeremo.²⁸

    Zabughin si augurava dunque di aggiungere stabilmente alla sua già multiforme vita un versante politico-diplomatico; con conseguente

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