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Laghi e delitti 3: Racconti finalisti del Concorso Letterario Ceresio in Giallo 2022
Laghi e delitti 3: Racconti finalisti del Concorso Letterario Ceresio in Giallo 2022
Laghi e delitti 3: Racconti finalisti del Concorso Letterario Ceresio in Giallo 2022
E-book296 pagine4 ore

Laghi e delitti 3: Racconti finalisti del Concorso Letterario Ceresio in Giallo 2022

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Info su questo ebook

Acque che riflettono la luce del sole, acque che celano terribili misteri. Acque che con il loro continuo mormorio regalano al
vento storie di passioni, di verità nascoste, di morti e di delitti. Il fascino delle atmosfere lacustri, così piene di contrasti e di
bellezze che fanno da scenario a tragici eventi, è il filo conduttore dei racconti di Laghi e Delitti 3.

Autori:
Davide Benedetto, Cristina Biolcati, Lucia Cabella, Ivan Sergio Castellani, Saverio Catellani, Fiorenzo Comelli, Alessia Corazzi, Ugo Criste, Christian Floris, Barbara Ghedini, Massimo Martini, Roberta Mannu, Lorenza Moz, Adele Murino, Gian Luca Pacchiotti, Silvia Roselli, Gioia Senesi, Monica Serra, Silvana Severino,
Dario Tedesco, Daniele Torquati.
LinguaItaliano
Data di uscita2 mag 2023
ISBN9788869436895
Laghi e delitti 3: Racconti finalisti del Concorso Letterario Ceresio in Giallo 2022

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    Anteprima del libro

    Laghi e delitti 3 - A.A. V.V

    DAVIDE BENEDETTO

    IL POSTO DELLE CASTAGNE

    «È questo il posto?»

    «Bello vero? Me l’ha consigliato un collega, c’è venuto due settimane fa, dice che si mangia molto bene.»

    Margherita scese dalla macchina. Vero, pensò lasciando scorrere lo sguardo sul casolare e sul fienile, il posto era proprio bello: una vecchia fattoria come tante, ma restaurata con gusto. Facciate pastello, una vera da pozzo nel prato ben tosato, i vecchi ulivi contorti, con i rami piegati dal peso dei frutti.

    Mentre entravano nella minuscola reception si chiese di quel collega, anche lui magari ci portava le sue donne, anche lui aveva una moglie e dei figli, come Giulio. Scacciò il pensiero: basta, era arrivato il momento di chiarirsi, con Giulio.

    L’uomo dietro il bancone era senz’età, il viso abbronzato e scolpito di rughe, gli occhi blu tra i capelli sale e pepe, le spalle larghe sotto la camicia un po’ sfilacciata.

    «Salve! Ben arrivati all’Agriturismo la Bella Vita» li salutò.

    «Bellissimo posto! Un vero gioiellino» replicò Giulio, enfatico come sempre. «Lei è il proprietario?»

    «Magari!» sorrise l’altro. Poi spiegò: «No, io lo gestisco, per un amico. Lei è Giulio, immagino.»

    «Bravissimo, ha indovinato al primo colpo» esclamò Giulio.

    «Facile, in questo periodo, di settimana, siamo praticamente vuoti. Voi siete Giulio e… Margherita, giusto?» Lei annuì, silenziosa, sotto lo sguardo appena sornione di lui

    «Io sono Cosimo, benvenuti. Allora Giulio…» consultò il registro «… ecco qui, le ho preparato la stanza numero quattro, come mi aveva chiesto. Tranquilla, sul retro, ma con una bella vista: non avete il lago di Vico, ma l’affaccio è sul castagneto e sulle colline. Con un po’ di fortuna ci scappa di vedere qualche volpe o istrice, a mattina presto.»

    «Non credo proprio! E chi si alza all’alba, quando c’è un bel calduccio a letto?!» ammiccò Giulio. Margherita arrossì, basta che finisca presto ’sta storia, pensò.

    Ci aveva pensato un bel po’, a Roma: quel weekend al lago di Vico, i castagneti, le colline, le passeggiate lungo le rive a primo sole. Per un attimo ci aveva sperato, poi aveva capito che quella proposta, nel linguaggio di Giulio, significava solo passare il weekend chiusi in camera, a far faville, come diceva lui. Se aveva accettato era per calcolo: voleva chiudere, glielo avrebbe detto (meglio, scritto) dopo, al rientro in città.

    Era stanca, logora: delle bugie, dei lunghi silenzi, di accontentarsi degli avanzi, di fare i conti con la sua coscienza. Sapeva benissimo che, chiuso con lei, lui avrebbe trovato qualcun’altra. Problema suo, a quel punto.

    Il pomeriggio del sabato lo passarono, prevedibilmente, a letto: non che non fosse piacevole, Giulio faceva del suo meglio e i risultati… arrivavano. Peccato che crollasse a russare, subito dopo, non c’era verso di cavargli due parole che non fossero vanteria, o peggio, promesse di altri, inarrivabili giochi. Mai conosciuto, in vent’anni da adulta, qualcuno così superficiale.

    La cena fu piacevole, anche se erano quasi soli nel salone vetrato: soltanto una donna, che mangiava da sola al tavolo d’angolo, di spalle. Cosimo le regalò un momento speciale, sedendosi al pianoforte sulla parete opposta: una lunga, dolce melodia, con la luce che arrivava dal lago, filtrata dalle foglie dei castagni che facevano filare lungo il prato e disegnava riflessi dorati e bruni sulla tovaglia bianca. Poi si allontanò, salutandoli soltanto con un cenno discreto, mentre la cameriera pienotta li incalzava con gli antipasti, il tris di primi, il secondo di pesce.

    «Mangia, mangia, che dobbiamo riprendere energia per dopo!" la incitava Giulio. L’idiota! Margherita sapeva benissimo che sarebbe crollato appena in camera. Non più giovane (aveva passato la cinquantina), Giulio si credeva un Casanova, quando invece era solo un anonimo funzionario in una grande azienda, un ingranaggio piccolo piccolo che credeva di farsi grande a letto.

    Alle nove e mezzo, come previsto, il sedicente mandrillo già ronfava in camera. Margherita sgattaiolò fuori, decisa a prendersi la sua parte di magia. Il sole ormai era quasi un ricordo, ai primi di settembre, al lago, tra le colline, la sera arriva prima di quel che si vorrebbe. Margherita fece il giro della casa, per raggiungere la sponda. Mentre passava accanto al fienile, qualcosa attirò la sua attenzione: nel grande castagneto dietro il rustico, i tronchi dei grandi alberi sembravano nascondere qualcuno. Si fermò, incuriosita, per l’ora e per il posto. Cerco una visuale migliore, spostandosi appena: ecco, sì c’era qualcuno, era la donna che era a cena con loro (si erano salutate quando era uscita), sembrava parlare animatamente con qualcuno.

    «Buonasera, signora Margherita» lei si voltò di scatto, Cosimo le sorrideva tranquillamente sotto la pergola.

    «Buonasera Cosimo.»

    «Forse l’ho spaventata?»

    «No, è solo che...» lo guardò, chissà perché le ispirava fiducia, superò l’imbarazzo «ero distratta, mi scusi, pensavo di aver visto qualcuno là, nel castagneto, e mi sembrava strano.»

    Lui s’accigliò. «A quest’ora? Nel castagneto? Mi sembra strano… dov’è questa persona?»

    «Laggiù, tra gli alberi, vede…» cominciò a dire lei, girandosi per indicare. Ma la donna, se c’era stata, era scomparsa «No, guardi» riprese Margherita «devo essermi sbagliata, non c’è nessuno. Anzi, sa che le dico» continuò un po’ sostenuta «dev’esser stata la stanchezza, il viaggio, la strada…»

    «Lo so, il bello di questo posto è proprio lì, è un posto appartato, discreto. Uno gira e rigira per le provinciali, e poi, zac! nascosta dietro l’ennesima curva del lungolago eccola qua, la Bella Vita!»

    Margherita colse al volo l’allusione, anche se garbata. Avrebbe voluto spiegare, chiarire, magari anche confidarsi. Scelse una ritirata strategica.

    «Comincia a fare fresco, credo che andrò a dormire.»

    «Allora buonanotte! E si ricordi, l’alba è il momento delle volpi…»

    «… e degli istrici» completò lei, più rilassata.

    Una riga di luce tagliava in due il cuscino: avevano lasciato la persiana semi aperta, il pulviscolo danzava illuminato dal primo sole. Margherita sbirciò il cellulare, le sette meno cinque. Giulio ronfava, neanche a dirlo.

    Scalpicciò a piedi nudi fino alla finestra, chissà, magari una volpe ritardataria…

    Fuori la notte aveva lavato di bel nuovo il bosco di castagni, la brina imperlava l’erba e gocciolava giù dalle foglie, un velo di foschia fumigava tra i tronchi. Margherita guardava e guardava…

    Che cos’era laggiù, quella grossa chiazza scura nella penombra? Troppo grande per essere una volpe, un istrice non so, si disse, ma comunque non si muove, che strano. Poi gelò, le mancò il fiato: quello che s’allungava al sole era un braccio, e in cima al braccio una mano, immobile anche quella, e dietro il braccio, una persona, stesa nell’erba zuppa.

    Scese le scale in pantofole, infilò di corsa il portone già aperto: fuori il lago, senza un’increspatura, si scaldava al sole, nel silenzio del bosco. Quasi andò a sbattere addosso a Cosimo, che usciva dal fienile. Lui cercò di salutarla, lei lo scansò, i piedi ormai fradici, il pigiama che s’impigliava nei cardi, farfugliando una spiegazione

    «Nel bosco… come ieri sera… qualcuno per terra… non si muove più…»

    Cosimo lasciò cadere la sella dalla spalla, la raggiunse, la superò, in un attimo era tra i castagni, scomparve. Pochi metri più avanti, il respiro corto, Margherita lo raggiunse: lo vide esitare, come se volesse dirle qualcosa, cercare di fermarla, poi seguì lo sguardo di lui. E svenne.

    Il tenente dei Carabinieri era giovane, gentile.

    «Come si sente signora? Sono il tenente Alberto Moscardo»

    Erano seduti sotto la pergola, di fronte al lago, il sole quasi caldo scintillava sull’acqua. Lei e questo simpatico tenente, perché Giulio… Giulio se l’era data a gambe bellamente, tra un ma insomma, non potevi farti gli affari tuoi? e un tutto questo chiasso, sai, se mia moglie ne sente dire. Scomparso, volatilizzato, con la vaga promessa di tornare per pranzo (figurati se ci rinunciava), quando tutto fosse finito.

    «Sto bene, grazie. Dov’è Cosimo?»

    «È venuto da noi in caserma, per il verbale. Si è raccomandato di trattarla con riguardo, e allora sono venuto io qui. Se non le dispiace… purtroppo devo farle qualche domanda.»

    «Non si preoccupi, chieda pure… anzi no, prima mi dica, chi era quella donna?»

    «Una nostra vecchia conoscenza. Non le posso far nomi, diciamo che era una persona che aveva interessi economici importanti, qui al lago di Vico. E sembra, badi bene, sembra, che ultimamente avesse anche qualche affare un po’ meno pulito.»

    «C’entra per caso qualcosa lo scandalo al Comune di Ronciglione? Quella storia di mazzette, l’Ufficio Tecnico…»

    L’altro la guardò, sbalordito. Poi sbottò: «Veramente signora, si tratta di indagini ancora riservate!! C’è il silenzio stampa, lei come fa a saperlo?»

    Margherita fece un sorriso stanco «Niente di strano, tenente. Sono giornalista, una brava giornalista penso. Seguo la cronaca di provincia, per il mio giornale, ho le mie fonti.»

    L’altro la guardò pensieroso. Poi riprese: «E sarebbe disposta a… mettere in comune le informazioni?»

    «Nei due sensi?» chiese Margherita.

    «Sotto vincolo di riservatezza…» ribatté l’altro

    «…ma con l’esclusiva, in anticipo sulle altre testate» concluse lei

    «Andata» disse il tenente, sbottonandosi il primo bottone della giacca d’ordinanza.

    «Chi era la donna? E com’è stata uccisa?» cominciò lei

    «Una per lei e una per me, d’accordo?» lei sorrise e annuì, cominciando a prenderci gusto «Si chiamava Agata Sempremari, cinquantasei anni, originaria di Vetralla. Ufficialmente nullatenente, ma alle Entrate la conoscono bene, hanno in sospeso svariati accertamenti.»

    «E…?» l’incalzò lei

    «Come purtroppo ha potuto vedere lei stessa, è stata accoltellata, brutalmente. Ma non pensiamo a un delitto passionale. La Scientifica sta lavorando sul posto, ma non ho grandi speranze, in mezzo all’erba, tutto fradicio… Il medico legale dice che il corpo è stato esposto solo per un paio d’ore, l’omicidio deve essere avvenuto verso le sei… Adesso tocca a lei.»

    Margherita sospirò, raccogliendo le idee. «Primavera 2018. All’Ufficio Tecnico di Ronciglione ci sono un paio di geometri e un dirigente, nemmeno io faccio nomi, che devono valutare, e nel caso approvare, un grosso progetto di lottizzazione da queste parti.»

    Un grosso albergo di lusso, con la sua brava piscina, la spa, il parcheggio… in tutto sei-sette ettari. Porterà turismo, e soldi, gli hanno detto, e di soldi ce ne saranno, e ce n’è, per tutti. Per tutti quelli che saranno… collaborativi, diciamo. Ma c’è un problema (c’è sempre un problema), dicono i geometri al dirigente, ci sarebbero dei vincoli, su quei terreni.

    Una tomba etrusca, scavata nel dopoguerra e poi interrata di nuovo, per sottrarla ai tombaroli. Il punto è che non si sa dove sia esattamente, ci sarebbe forse una traccia nell’archivio pastorale di una vecchia canonica, nelle campagne tra il paese e il lago…»

    «L’incendio della canonica di San Bartolomeo!» l’altro saltò sulla sedia.

    «… che però qualcuno ha provvidenzialmente fatto bruciare.»

    «Trovate le taniche e gli inneschi, mai risaliti a nessuno. Vada avanti!» intimò il tenente.

    Lei sorrise, quasi scusandosi.

    «Non ho molto altro da offrirle. Il resto lo possiamo immaginare.»

    Tolto di mezzo l’archivio, la strada è in discesa. La Sovrintendenza cerca di opporsi, ma non ha più nulla cui appigliarsi.

    A gennaio del 2019 il TAR dà ragione all’imprenditore, tale Gioacchino Giusti, e sblocca l’area. Il resto è noto.»

    Moscardo se ne stette a pensare un attimo. Margherita lo guardò interrogativa.

    «Riberti e Delgesù, i due geometri, li abbiamo controllati già a settembre, ma ormai era tardi per le intercettazioni ambientali. Pandolfi, il dirigente, risulta incensurato. Mentre il Giusti è tutta un’altra storia.»

    «Testa di legno?» chiese Margherita.

    «Mafia russa» assentì lui. «Sapevamo che cercavano di riciclare. Masse di denaro, il turismo ora tira tanto…»

    «La donna, chi era?»

    «Agata Supremari possiede, anzi, possedeva quasi cinquanta ettari tra bosco di castagno e coltivi, il più bell’appezzamento qui sul lago di Vico. E nel bel mezzo doveva sorgere l’albergo.»

    «Solo che…»

    «Solo che lei non vendeva. Mai capito se soltanto tirava sul prezzo, oppure davvero… sa era una donna strana, una donna sola, c’era chi diceva che fosse molto legata a quei luoghi…»

    «Ma allora… il caso è risolto, tenente!» saltò su Margherita.

    Lui sorrise, guardandola con attenzione.

    «Magari, signora Margherita, magari. Abbiamo un probabile movente, questo sì. Un’idea dei mandanti, pure, glielo concedo. Ma l’esecutore? Pensiamo a uno del posto, pratico di boschi e sentieri, ma… se almeno avessimo qualche prova, qualche rilievo…»

    Allungò lo sguardo. Margherita si girò per vedere avvicinarsi un sottufficiale, incappucciato nella tuta bianca dei RIS, ma quello rispose allo sguardo interrogativo del tenente scuotendo sconsolato la testa.

    «Allora ricapitoliamo, lei ha detto che secondo il medico legale Agata è stata uccisa verso le sei di stamattina.»

    Il tenente annuì.

    «Alle sette circa io e Cosimo abbiamo trovato il corpo. E voi siete arrivati… quando siete arrivati?»

    «Alle sette e trenta eravamo qui. Lei era svenuta, come ricorderà.» Il tenente notò che arrossiva, e decise che quel rossore le stava d’incanto.

    «Giusto, ero svenuta, sa, noi donne… Posti di blocco?" chiese brusca.

    «Subito, prima delle otto. Tre sulla provinciale, due sulla statale.»

    «Dunque, dunque… l’assassino ha colpito nel bosco, dietro la casa. E l’unica strada per andar via da qui passa davanti alla casa… sentieri? Ce ne sono?»

    «Abbiamo i colleghi forestali in giro dalle otto meno venti» ribatté il tenente.

    «Bei riflessi, davvero. Bravo tenente.» E qui fu lui ad arrossire, chissà perché. «Quindi, se il nostro uomo ci ha visto andare verso il bosco…»

    «… e non poteva raggiungere il lungolago…» completò lui.

    «… non poteva usare la strada privata della Vita» continuò lei.

    «… perché lo avrebbe visto il personale…»

    «... e i sentieri nemmeno…»

    «… perché c’erano già i forestali…»

    Margherita e il tenente si guardarono folgorati.

    «È ancora qui, da qualche parte!!» gridarono insieme.

    Il tenente fece per scattare su dalla panca, ma lei lo fermò.

    «E se…» cominciò lei. Poi lo guardò, come un gatto guarda un grosso topo in trappola. E riprese: «Siamo sempre d’accordo che io potrò pubblicare in anticipo, giusto?» Lui assentì, facendosi attento. Lei continuò, sempre più eccitata. «Quanto tempo ci mettereste a battere la zona? Un giorno, una settimana? Due? Con il rischio che vi scivoli tra le mani di notte, lasciandovi un cadavere per le mani e la stampa…» arrossì «… cioè noi, a cuocervi a fuoco lento? Perché non vi siete mossi prima?Se sapevate cosa stava succedendo, perché non avete fatto nulla? eccetera eccetera. Se li immagina i titoli, tenente?»

    «Io sì, e lei anche, e molto bene. Si vede che è del mestiere… di quei mastini» aggiunse acido.

    «Ma noi abbiamo un patto giusto?» Lui confermò annuendo. «E allora adesso ne facciamo un altro.»

    «Nel senso che?»

    «Nel senso che se io le faccio catturare l’assassino, lei mi fa assistere al suo interrogatorio.»

    Lui sorrise, sornione.

    «E come farebbe a portarmi l’assassino?»

    «Semplice: facendo da esca!»

    Lui sbiancò, provò a replicare, Margherita lo interruppe.

    «No no no, mi faccia prima dire» s’alzò dalla panca, camminando su e giù nelle sue pantofole fradice.

    «Uno: non sapete chi, ma sapete perché. E il perché, e chi c’è dietro, è decisamente importante in questa storia. Due: quindi vi serve prenderlo, e alla svelta. Non solo per quei cattivoni di giornalisti…» Lui tossicchiò, imbarazzato. «… ma anche e soprattutto perché forse il nostro uomo è andato oltre, e quelli, spaventati, cominceranno da subito a cancellare le tracce. Tre: abbiamo capito che il Nostro è ancora qui in giro. E che probabilmente lo abbiamo preso in contropiede quando, io e Cosimo, ci siamo precipitati sul posto. Quattro, che segue dal tre...» Il tenente le sorrise. «... Probabilmente il Nostro pensa che possiamo averlo visto, ma…» prevenendo l’alzata di mano dell’altro «Cosimo non è rimasto qui, è da voi, giù in Centrale.»

    «Stazione» precisò timidamente il tenente.

    «Prego?» chiese lei, seccata per l’interruzione.

    «Si chiama Stazione, non Centrale. I Carabinieri, sa…» chiarì lui in un soffio. Lei sbuffò spazientita, e riprese la sua conta.

    «Cinque: io sono l’unico potenziale testimone oculare rimasto a portata nei paraggi. Certo ci sarebbe Cosimo, ma per adesso è al sicuro, e lui è bloccato in zona, quindi perché non approfittare per liberarsi del primo testimone sottomano?»

    «E sei…» offrì il tenente.

    «Sei: io vi faccio da esca, lui ci prova, voi siete nascosti nei paraggi e lo beccate.»

    «Non se ne parla nemmeno!» esclamò il tenente, facendo la faccia scura.

    «Lei mi ricorda il mio direttore» replicò Margherita.

    «Perché?»

    «Anche lui mi dice sempre così. E sa come finisce, sempre?»

    «Non oso chiederlo.»

    Aveva vinto lei, adesso veniva la parte difficile.

    Al telefono il magistrato era parso irremovibile: una donna, e giornalista poi, farle correre un rischio simile… c’era voluto del bello e del buono, compresa una telefonata a tre con il suo Direttore credete a me, cari signori, se s’è messa in testa questa cosa qui… E alla fine aveva vinto, come previsto, pensò. Va a sapere perché gli uomini non lo capiscono mai…

    E adesso aveva paura, una paura matta.

    Moscardo aveva fatto un bel po’ d’altre telefonate, gli altri reparti, le aveva detto, avevano riempito il bosco, non li avrebbe visti (e nemmeno il Nostro, come continuavano a chiamarlo), ma sarebbero stati sempre a un passo da lei. Non contento aveva anche preteso dal Comando (il suo Direttore, pensò lei) un elicottero su pista, pronto al decollo a chiamata.

    Poi le aveva dato un’ultima occhiata.

    «Sicura?»

    «Sicura!» aveva risposto lei, che non lo era mica più tanto.

    Dopo, le macchine dei Carabinieri erano ripartite sgommando, sirene accese.

    Il personale della Bella Vita s’era rintanato come da istruzioni, e si era ritrovata sola, a camminare lentamente, in bella vista sul sentiero, nel silenzio del lago e del bosco. Che è un silenzio strano, pensò, perché mica tanto silenzio è: c’è il vento, che agita i rami dei castagni che sembra sempre qualcuno sia lì dietro, c’è il vento che adesso, mentre Margherita camminava sul sentiero della riva, si fa coraggio (più di lei) e sbatte un po’ d’ondine sulla sponda, e ci sono gli uccelli che pigolano e cinguettano…

    Un momento, perché avevano smesso di botto?

    Successe tutto in un momento.

    Successe che i passi di corsa dietro di lei…

    Successe che improvvisamente ebbe freddo, mentre si girava per vedere…

    Successe che l’uomo, la faccia stravolta per lo sforzo, le veniva addosso, il grosso coltello nella destra.

    Successe che il cuore le si fermò, come tutto il mondo intorno… Successe lo sparo, uno solo, preciso…

    Successe il sangue sulla gamba dell’uomo, in terra a contorcersi.

    E poi improvvisamente successero un sacco di altre cose.

    Gente in mimetica, che spuntava come funghi (no, non lo avrebbe scritto così!) con le facce striate grigio-verde e le mitragliette spianate, urla e comandi, e il tenente che la raggiungeva e la portava via, e diceva cose insensate, le diceva, brava bravissima, e Cosimo che la guardava e faceva il gesto di togliersi il cappello (che non c’era) mentre lei saliva sulla Giulietta, sirene spiegate a incrociare l’ambulanza che arrivava, perfino l’elicottero su in cielo (inutile ma non si sa mai), e lei pensò e Giulio, povero Giulio, adesso chi glielo dice alla moglie, ma chi se ne frega di Giulio, concluse.

    E poi finalmente scoppiò a piangere.

    Il Direttore non la finiva più di complimentarsi, alla fine gli chiuse il telefono in faccia con la promessa di richiamarlo per decidere il titolo dell’articolo, in prima naturalmente.

    Salì sulla corriera, stanca morta e ancora incredula: destinazione Roma, casa, il giornale, la vita normale.

    Le colline intorno al lago passavano veloci dietro il vetro, tranquille e paciose come se niente fosse.

    La Margherita riflessa dal finestrino ricambiò il suo sorriso: quello per lei sarebbe stato soltanto il posto delle castagne, decise. E basta. E poi c’era sempre quel tenente simpatico…

    CRISTINA BIOLCATI

    SAGOME NELLA GORA

    Il lago di Carezza è in debito d’acqua, come sempre capita nella stagione estiva. Ma quando dalla strada che crea tornanti sopraelevati si ha la possibilità di guardare giù, il turchese intenso compensa ogni pochezza. È un luogo splendido, dove i turisti amano sostare a bivaccare. Non fosse per quel mistero che da qualche anno aleggia e non trova soluzione. Una macchia oscura, quasi che una voce sinistra godesse a sussurrare: È sepolto accanto al fossato di lamponi, povero angelo. Lo veglia un filare d’uvaspina e, nelle notti di luna, la volpe mette fuori il muso dalla tana e l’odora. Giace in profondità, ben coperto dal cellophane, ma il fiuto degli animali è micidiale. Tutto si è compiuto e il suo cammino è da tempo terminato. Nessuno lo sa né lo dovrà scoprire.

    ***

    Obereggen serba ai turisti un cielo plumbeo, tra i boschi dell’Alto Adige. È piena estate, ma la valle, costellata di ripidi dirupi, non concede al sole di bucare e tingersi di rosa. Sulla catena montuosa del Latemar, è uno spettacolo che latita da giorni.

    Davide Costa suda copiosamente mentre risale il pendio che porta a Malga Moser. La caserma di Nova Ponente in Val d’Ega, dov’è stato trasferito, dista solo pochi chilometri, ma sulle Dolomiti il passo è lento, specie se si viaggia su una vecchia Fiat Panda. Costa la lascia parcheggiata di sghembo fra un tir e un grosso fuoristrada, giù alla segheria che costeggia il torrente. Al bivio c’è una sbarra: l’ultimo tratto va percorso a piedi. Il suo cuore fa le bizze e la pancetta che ha messo su non aiuta di certo. A cinquant’anni, fatica a stare al passo con le sue montagne.

    Sa che la donna che ha chiamato attende. La sparizione di un figlio è un evento che inchioda alle proprie responsabilità, la peggior cosa

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