Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Neanche l’inferno risponde
Neanche l’inferno risponde
Neanche l’inferno risponde
E-book246 pagine3 ore

Neanche l’inferno risponde

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il nostro, per certi versi, è un mondo di rifugiati. Ogni giorno migliaia di persone si riversano sulle coste del Mediterraneo con tutta la loro vita racchiusa in uno zaino, alla ricerca di un approdo migliore. Che siano vittime di conflitti, perseguitati per motivi politici o religiosi, per le proprie idee o i propri orientamenti sessuali, spesso in fuga da una vita di miseria e degrado, sono diversi, sono tanti, forse troppi, e per questo fanno paura.
L’impotenza delle istituzioni politiche, nazionali e internazionali, di fronte a un’immigrazione di questo tipo, caotica e inarrestabile, è palese. Ciò induce un’organizzazione segreta a impossessarsi di un piccolo naviglio da guerra e ad addestrare un equipaggio scelto con l’obiettivo di affondare i barconi dei migranti in rotta verso l’Italia. Nome in codice Orca blu. Le regole di ingaggio sono chiare: un affondamento ogni notte finché gli sbarchi non cesseranno.
L’eco sui media non si fa attendere. E controverse sono le reazioni della gente: c’è chi pur comprendendone le ragioni ne condanna i metodi e chi condanna a prescindere. La stessa comunità internazionale, chiamata a dare la caccia al naviglio pirata, al suo interno è divisa.
La pressione emotiva si fa sentire anche sui sette membri dell’equipaggio che ogni notte condanna a morte centinaia di migranti. Come sono arrivati a decidere di prendere parte a un’impresa di questo genere? Possibile sia solo per denaro? Oppressi dai sensi di colpa, consapevoli di non poter più tornare indietro.
Romanzo di attualità sconvolgente. Nella versione inedita si è aggiudicato il secondo posto al premio letterario Pegasus Golden Selection, 2020.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2020
ISBN9788832926538
Neanche l’inferno risponde

Leggi altro di Giorgio Ronco

Correlato a Neanche l’inferno risponde

Ebook correlati

Gialli per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Neanche l’inferno risponde

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Neanche l’inferno risponde - Giorgio Ronco

    Prima parte

    1

    Sabato 6 giugno, ore 03.45

    Non era stato un feroce cetaceo.

    Non era stata una mostruosa creatura del mare che nel buio e il silenzio più totale aveva urtato e sollevato il gommone, e poi capovolto con tutto il suo dolente carico umano.

    No, Asif l’aveva capito subito. Quel colpo pulito, preciso...

    E infatti tra i rantoli e le urla di aiuto quasi subito più fievoli si era anche sentito un impercettibile rumore di motori, via via più chiaro, e quella sorta di cetaceo si era mosso all’indietro, dileguandosi poi nel buio con rumore crescente.

    Era stata una grossa imbarcazione a motore che li aveva investiti e poi se n’era andata da dove era venuta, lasciandoli lì a morire. Perché?

    Quando c’era stato l’impatto, Asif era proprio là, seduto con la schiena contro il bordo. Avrebbe potuto essere troncato di netto, al pensiero gli vennero i brividi.

    Qualcuno più a destra non era stato così fortunato.

    Poi, una volta in acqua, il giubbotto l’aveva tenuto a galla.

    Ma i più non l’avevano, o l’avevano perso nell’impatto, e si erano annegati rapidamente.

    Nuotando piano senza direzione, Asif veniva sfiorato da corpi senza vita. C’era sicuramente anche del sangue... avrebbe potuto attirare qualche squalo?

    Tese l’orecchio. Forse c’era qualcuno che aveva bisogno di aiuto, ma non sentiva niente. Provò a dare la voce e gli parve di sentire rispondere, parecchi metri più in là.

    Mentre si spostava verso le voci, rivide l’immagine del gommone stracolmo di gente. Dove lui era solo, per fortuna.

    E tutti gli altri?

    A parte alcune donne e bambini, a bordo c’erano più che altro giovani dell’Africa sub-sahariana.

    Giovani robusti, ma che non sapevano nuotare.

    Il primo che trovò fu un ragazzo ivoriano, Biko, anche lui solo.

    Aveva il giubbotto, ma piangeva e tremava. Era sotto shock, e Asif restò con lui ad aiutarlo e rincuorarlo.

    In breve altri si unirono a loro.

    Quando un po’ di tempo dopo videro arrivare un mercantile, da centotrenta erano rimasti in sei a galleggiare fra i morti nel mare che si schiariva.

    Il giorno dopo il Corriere riportava in prima pagina la notizia dello speronamento.

    Misterioso speronamento

    di un gommone a venti miglia dalle coste libiche

    Oltre centoventi i morti

    Ieri mattina, verso le tre e quarantacinque, un gommone di migranti è stato speronato da un’imbarcazione non identificata, che subito dopo l’urto si è dileguata senza prestare soccorso ai naufraghi. L’episodio, che è avvenuto a venti miglia dalle coste libiche, è stato raccontato dai pochi superstiti al commissariato di Pozzallo (Rg), dove sono stati sbarcati dalla nave Medea che li ha soccorsi dietro segnalazione del Centro Operativo della Guardia Costiera.

    Secondo la testimonianza dei naufraghi, l’imbarcazione che li aveva investiti aveva una dimensione simile a quella di una motovedetta e procedeva a fari e motori spenti... A bordo del gommone c’erano centotrenta migranti. Sei in tutto i superstiti. Il gommone era partito dalla Libia quella notte stessa. Fortunatamente la telefonata di aiuto era stata fatta non appena il gommone era andato in panne, così i soccorsi avevano potuto arrivare rapidamente. Una strana circostanza è data da una seconda telefonata alla Guardia Costiera con la segnalazione dell’impatto. Secondo le autorità inquirenti è probabile che sia stata fatta dallo stesso investitore...

    Al momento della richiesta di intervento, il mercantile italiano Medea, proveniente da Tunisi, stava facendo rotta verso Alessandria. Il comandante Franco Lofusco, che è riuscito ad arrivare sul posto poco dopo l’incidente, si è trovato di fronte un vero cimitero di corpi galleggianti, alcuni anche con orrende mutilazioni, come fossero stati attaccati dagli squali. Ma i più erano già affondati o erano stati portati via dalla corrente.

    I media di tutto il mondo ne furono invasi. Se ne parlò ad alta e bassa voce. Vennero fatti i più diversi tipi di ipotesi, ma non si venne a capo di nulla.

    Erano troppe le domande che non trovavano risposta.

    Va bene l’incidente, ma perché non soccorrere quei disgraziati? E perché investirli a motore e fari spenti?

    Dove stava andando in quel modo?

    Doveva aver spento luci e motore poco prima di investirli.

    Perché?

    2

    Un anno prima... lunedì 27 maggio

    Birreria all’Alto Campo diceva un’insegna rettangolare metallica a fondo nero, dove le prime due parole erano scritte in rosso e in piccolo, seguite dal nome del locale in grande corsivo bianco. Subito prima della birreria, a sinistra, un negozio di frutta e verdura. A destra, un vicolo cieco.

    La doppia porta a riquadri si apriva su una sala rettangolare profonda una quindicina di metri, chiusa in fondo da un bancone. Il locale era areato da tre grandi ventilatori a soffitto, e arredato con una serie di rustici tavoli quadrati in legno scuro. Il pavimento a rombi diagonali bianchi e neri dava un senso di movimento, mentre alle pareti quadri con scorci di vicoli genovesi e una serie di applique a palla primi novecento creavano un’atmosfera calda.

    Lucilla non aveva voluto radio né televisore nel suo locale, il cui sound era affidato unicamente alle ballate del grande Fabrizio. Con incursioni di Dalla.

    A chi entrava l’Alto Campo dava subito una piacevole sensazione retrò.

    In fondo sulla destra c’era il cosiddetto box, un separé a uso esclusivo di Guido Santovini, e il cui unico ospite abituale era l’amico fraterno Valerio, lo scrittore. In quello spazio, impreziosito da una finitura superiore in ferro battuto, Guido se ne stava nelle ore morte, e sorvegliava il locale, leggeva il giornale, riceveva visite e rigirava scartoffie di lavoro. In altre parole faceva anche tutto quello che non era strettamente necessario fare nell’ufficio interno, dietro la sala biliardo. Una stanza che lui teneva più che altro per archivio, il computer e gli incontri riservati.

    Quel mattino di fine maggio il cielo a Genova era nuvolo, così la poca luce che in genere entrava dai due vicoli era ridotta in partenza e metà delle applique erano già accese.

    Pochi clienti trasandati ai tavoli tradivano l’originaria anima bohémien del locale.

    Lucilla armeggiava alla vetrinetta degli stuzzichini, Houssein stava pulendo un tavolo e dalla cucina arrivava un promettente aroma di cipolle arrostite. Per il locale si spandevano in sottofondo le note di Fila la lana e nel box di Guido c’era un giovane con i capelli scuri spioventi sopra un taccuino moleskine.

    Valerio.

    Dopo qualche minuto, Lucilla uscì dal banco e portò lì una Lager e un trancio di farinata.

    Come lei posò lo spuntino, il giovane alzò la testa dal taccuino, si tirò su i capelli e malgrado la vicina vetrata mandasse ben poca luce, il separé si accese di lavanda. Uno sguardo cui Lucilla non era ancora riuscita ad abituarsi, e che ogni volta la metteva sottosopra. Non conosceva donna nella zona che non se lo sarebbe fatto volentieri. E anche lei...

    Adesso però c’era Guido. Più socio e amico, che un amante, ma in ogni caso era meglio lasciar stare.

    Valerio la guardò in modo strano, più che altro la scrutò con insistenza.

    Cosa c’è, Valerio, qualcosa che non va?

    No, niente. Non preoccuparti, rispose il giovane spaziando indiscreto su di lei.

    Allora, perché mi guardi in quel modo?

    Il giovane sorrise e distolse lo sguardo.

    Volevo provare alcuni piccoli ritratti. E stavo facendo il tuo.

    Oddio! fece lei, lisciandosi istintivamente la canotta. Quando hai finito, me lo fai leggere?

    Vedremo.

    Dopo una ventina di minuti, si sentì fuori della birreria una voce nota che parlava vivacemente con Nadir, il fruttivendolo tunisino del negozio accanto, e quasi subito la sagoma atletica di Guido si stagliò sull’uscio.

    Bonjour à tout le monde, fece lui entrando in birreria con in mano il giornale e una cartella portadocumenti. Posò il materiale nel box dov’era Valerio e continuò fino al bancone a salutare Lucilla.

    Ciao socia, ti vedo in gran forma stamattina.

    Dici? rispose lei, regalandogli un sorriso deluxe. Speriamo bene, Valerio ha appena detto che mi sta facendo un piccolo ritratto... E dal commercialista, com’è andata?

    Bene, alla fine. Pare che abbiamo risolto, ma ce n’è voluto.

    Come mai?

    Perché è un tipo rigido e presuntuoso. Ho dovuto alzare la voce. Dove cavolo l’hai trovato?

    Quando ho preso il locale, me lo sono ritrovato. Ma adesso, visto che delle pratiche amministrative e commerciali ti occupi tu, se vuoi cambiare non c’è problema.

    Ci penserò.

    E bravo, tenente, tutto fisco e amministrazione. Un vero lupo di mare…

    Senti, fai portare anche a me uno spuntino nel box? Dei cuculli se ci sono.

    Giuseppe li ha appena fatti. Siediti che arrivo subito.

    Guido andò a sedersi a lato di Valerio, sempre chino sul suo moleskine.

    Cosa stai scrivendo?

    Senza parlare Valerio gli girò il taccuino aperto.

    Lunga, colori caldi, ciuffo à la garçon.

    Un sorriso largo che ti fa volare...

    E giù, a zigzagar per la canotta

    agli opulenti seni.

    Lucilla, eh? Un ritratto perfetto, direi. Guido scosse la testa divertito. Poi continuò ammiccando. E se lo usassi per fare pubblicità al locale? Potrei mettere delle locandine giù al porto. Sai che movimento verrebbe fuori?

    Non mi pare che ne manchi.

    Fuori del box, Lucilla li stava osservando.

    Il profilo di Guido, che ricordava un po’ quello di un pugile, creava un curioso contrasto con quello aquilino di Valerio. E poi biondo uno e bruno l’altro.

    Dio non poteva farli più diversi. Già a guardarli.

    Ehi, voi due! Non fate troppo gli scemi alle mie spalle, se no finisce che vi sbatto nel vicolo. Poi, dopo aver posato il vassoio con i cuculli, in tono più civettuolo aggiunse: Allora, questo capolavoro, posso vederlo anch’io?

    Respingendo le inutili proteste dell’amico, Guido le allungò il taccuino,

    Lucilla lesse e rilesse, non disse nulla, ma era visibilmente compiaciuta. Poi fingendo di farsi seria fissò entrambi.

    Secondo voi, dovrei vestirmi diversamente?

    Scherzi? Sei una meraviglia, rispose Guido ridendo, mentre Valerio assentiva.

    Tornando al bancone, Lucilla allungò la traiettoria fino al piccolo bagno interno, e lì davanti allo specchio si mise a controllare quello che aveva letto.

    Valerio aveva ragione, la canotta accollata esaltava le generose sagome dei seni, e i movimenti, e lo sapeva. Un look che era sicuramente un’attrattiva per il locale, anche se le aveva creato più di un problema, soprattutto da quando con Guido erano arrivati i marinai.

    Si girò e si rigirò. Provò anche il sorriso.

    Al limite per il look qualcosa poteva anche fare, ma per il sorriso non c’era verso. Un tratto naturale... più tutti quegli anni… quando sorridere era stato comunque l’unico modo per non sprofondare. Sì, era ineliminabile, e suggeriva disponibilità.

    La memoria le andò a quell’episodio di due anni prima, quando alcuni marinai avevano cercato di metterle le mani addosso.

    Erano in quattro, danesi, e stavano bevendo birra al bancone. Le sorridevano in modo allusivo, in particolare uno quasi del tutto sbronzo. Scherzava con lei, e lei stava al gioco, mentre gli altri spalleggiavano il compagno. Finché, mentre stava rientrando al banco con i resti di un tavolo, quello l’aveva presa al volo per la vita, e con l’aiuto di un compagno che la teneva da dietro aveva provato a infilarle la mano sotto la canotta.

    In quel momento del pomeriggio nel locale non c’era quasi nessuno e lei se la sarebbe vista brutta se, avvertito dal fracasso delle stoviglie cadute per terra, non fosse intervenuto in suo aiuto quel giovane scrittore seduto qualche tavolo più in là, che con un balzo felino era piombato sull’ubriaco atterrandolo con un pugno. Subito il suo compagno l’aveva lasciata andare, e rotto sul bancone il fondo di una bottiglia si apprestava ad affrontare il giovane con il coccio tagliente.

    La faccenda si sarebbe messa male anche per lui, se Giuseppe il cuoco non fosse corso all’ufficio interno a chiamare Guido che stava lavorando al computer.

    Guido e il giovane avevano affrontato i marinai combattendo schiena a schiena, e dopo una violenta rissa erano riusciti a buttarli fuori.

    Da quel giorno loro tre erano diventati inseparabili amici.

    Guido e Valerio anche di più, quasi due fratelli.

    3

    Come Lucilla si fu allontanata, i due amici si misero a leggere e commentare le ultime notizie, come facevano sempre allo spuntino di metà mattina.

    Guido aprì il Corriere su una pagina interna e si passò la mano sui capelli crespi.

    Guarda qui, disse battendo l’indice su un articolo a tutta pagina. Dodicimila migranti salvati in due giorni dalle navi della Marina e da quelle delle ONG. E di nuovo siamo andati a prenderli praticamente in Libia. Non può andare avanti così. Qui fra un po’ scoppia tutto. Ne stavo giusto parlando con Nadir, anche lui la pensa così. Lui, capisci, che pur stando in Italia da molti anni, con cinque figli nati e cresciuti qui, è sempre uno di loro.

    Il fenomeno migratorio in corso da alcuni anni, e la sua evidente deriva patologica, era un argomento di abituale discussione fra i due amici . Anche perché proprio quello era stato il motivo per cui Guido era uscito dalla Marina. E ancora gli pesava.

    In quei discorsi venivano spesso coinvolti anche gli altri dell’Alto Campo , clienti compresi, benché Lucilla più che partecipare alla discussione si limitasse ad ascoltare gli sfoghi dei due amici.

    Non esiste nessuna strategia, nessun piano. Niente di niente. Solo avanti così, sperando in Dio.

    Che evidentemente ha altro da fare.

    Ma quel giorno il fatto riportato indicava una preoccupante accelerazione.

    E il piano europeo per andare in Libia ad affondare le barche degli scafisti? Che fine ha fatto, Guido?

    L’operazione Alexia? È rimasta in attesa di un’approvazione ONU che non è mai arrivata. Né arriverà mai. All’ONU in fondo se ne fottono. Per loro questa è una cosa lontana. È vero che hanno deciso di finanziare quella specie di piano Marshall per l’Africa, ma operazioni sul campo nemmeno parlarne. Anche perché ci sarebbe sempre la Russia a mettere il veto.

    Una Russia che ha tutto l’interesse a vedere l’Europa crollare sotto l’urto migratorio.

    Così questo flusso non finirà mai, a meno che non lo fermiamo noi, giusto? E sai allora cosa farei io?

    No, ma lo immagino.

    Io quella maledetta azione di commando sulle coste libiche la farei comunque. ONU o non ONU. E non lo dico per scherzare. Se avessi l’imbarcazione giusta, gliela farei vedere io a quei farabutti di scafisti e a tutti quelli che li proteggono e ci mangiano sopra.

    Gli puoi distruggere i barconi, Guido, ma quelli i migranti te li spedirebbero anche sulle zattere. Tanto ormai lo sanno tutti che glieli andiamo a prendere sotto riva.

    A quelle parole, gli occhi neri di Guido penetrarono l’amico come due laser.

    Dovremmo smettere di andarli a prendere, questo è il punto. Anche in Europa, quando ne parli, girano la testa dall’altra parte. Problema italiano. Al massimo ci danno qualche euro in più. L’unica è finirla di fare i taxi del Mediterraneo.

    Farlo davvero significherebbe lasciarli annegare in massa. E secondo me, disse fissando negli occhi l’amico, sotto sotto il partito del rifiuto sarebbe anche disposto a farlo. Ma non potrebbero mai ammetterlo. Nessuno ha politicamente le palle per assumere una posizione del genere.

    Allora, secondo te, l’unica alternativa resta quella di continuare ad accoglierli a casa nostra?

    Al momento non vedo altre soluzioni.

    Ma fino a quando? Ci sarà pure un limite!

    Su questo il partito dell’accoglienza è sempre stato reticente.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1