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Jake & Jonah
Jake & Jonah
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E-book292 pagine3 ore

Jake & Jonah

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Info su questo ebook

Jonah Taylor ha due passioni: la matematica e Jake Jones.
All’ultimo anno a Oxford, Jonah vive per i numeri e non si perde una sola partita della squadra di calcio universitaria. Non perché sia un tifoso. Prendersi una cotta colossale per quell’attaccante non era nei suoi piani, ma è stato inevitabile. Sognare a occhi aperti non ha mai fatto male a nessuno, nonostante sia consapevole che non avrà mai alcuna possibilità con lui. Da perfetto romantico crede che ci sia qualcuno lì fuori per lui, pronto a tendergli la mano nei momenti bui e lo aiuti a trovare la felicità che anela disperatamente.
Jake Jones potrebbe avere un futuro nell’azienda di famiglia o come giocatore professionista in un’importante squadra di calcio. Peccato che il suo sogno sia da sempre insegnare matematica ai bambini. Per questo non può permettersi di fallire quell’esame così importante per la sua carriera accademica. Spinto dal suo professore a chiedere aiuto al suo miglior studente, si ritrova davanti quel ragazzo di cui ha segretamente una cotta e del quale non conosce nemmeno il nome. L’ha notato a ogni partita, lì in tribuna, con lo sguardo fisso su di lui. Gli è sempre sembrato irraggiungibile, ma ora ha la possibilità di conoscerlo e di trascorrere del tempo con lui.
Per entrambi quella vicinanza non è semplice.
Jonah si sente sempre più attratto da Jake che continua a lanciargli messaggi contrastanti. Jake, dal canto suo, ci sta andando con i piedi di piombo per non farlo scappare, ottenendo quasi l’effetto opposto.
La presenza di Jake al suo fianco lo aiuta però a essere più forte nei momenti in cui sta per crollare, finendo per credere che sia proprio lui la medicina di cui ha bisogno per guarire la sua mente incasinata.
E per donargli la felicità e l’amore di cui ha un disperato bisogno.
LinguaItaliano
Data di uscita17 mag 2023
ISBN9791220705875
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    Anteprima del libro

    Jake & Jonah - Irene Pistolato

    1

    Fuori fa un freddo cane.

    Dentro di me, invece, c’è un incendio.

    Non riesco a staccare gli occhi da lui mentre si muove sul campo con una grazia invidiabile. Non sono amante degli sport di squadra. Beh, se devo essere del tutto sincero, non sono amante dello sport in generale, men che meno del calcio, ma non mi perdo nemmeno una partita della Oxford University.

    Non mi perdo nemmeno una sua partita.

    «Cazzo, ci si gela il culo qua!» sbotta Brian, il mio migliore amico, mentre si siede accanto a me sugli spalti e fa cadere le stampelle a terra con un tonfo.

    Commento con un grugnito perché sono troppo impegnato a fissare Jake mentre dribbla un avversario e corre verso la porta opposta. Stringo i pantaloni tra le mani, nervoso, e quando il pallone finisce in rete esulto dentro di me. Potrei urlare come tutti i tifosi che ho intorno, ma non sarebbe nel mio stile.

    Ha segnato una rete spettacolare e io vorrei poterlo raggiungere e dirgli quanto è stato grande.

    C’è solo un piccolo e insignificante dettaglio che rende quest’idea a dir poco ridicola: Jake non ha idea di chi sono. Farei solo la figura del cretino se mi presentassi davanti a lui per congratularmi. E poi non riuscirei nemmeno a parlargli! L’unica volta che mi sono trovato a poca distanza da lui ero talmente agitato che me la sono data a gambe prima che potesse accorgersi di me.

    Sono una frana nelle relazioni interpersonali e se ho una cotta per la persona che ho davanti inizio a farfugliare. Di questo passo non mi troverò mai un ragazzo…

    «Non capisco perché ti ostini a venire allo stadio, se poi non esulti quando segniamo,» mi prende in giro Brian, dandomi una spallata. «Pensi che poi la gente crederebbe che tu sia meno intelligente?»

    Sono un genio della matematica, nerd fino al midollo, invisibile una buona parte del tempo, preso di mira da idioti la restante. Preferisco quando la gente mi ignora, passando oltre.

    Non mi dispiacerebbe che una persona in particolare riuscisse a vedermi davvero, però, ma quella persona non mi noterà mai.

    Un sospiro mi sfugge dalle labbra e Brian mi fissa con un sopracciglio inarcato.

    «Te la devi far passare questa cazzo di cosa che hai per lui,» borbotta con una smorfia.

    Il mio migliore amico non ha una grande stima di Jake Jones perché gli ha soffiato il posto nella squadra. Non è colpa di Jake se Brian si è distrutto i legamenti per l’ennesima volta e salterà buona parte della stagione. In qualche modo, però, lui se l’è comunque legata al dito e lo tollera a malapena.

    «Lo so, dovrei, ma è come se ti dicessi di smettere di sbavare dietro a Rachel Osborne.» Lo guardo di sottecchi.

    Sbuffa. «Perché la devi sempre tirare in ballo?»

    «Perché tu continui a rompermi le palle per la cotta stratosferica che ho per lui. Se la smettessi di sfottermi, forse, e dico forse, smetterei anch’io di tormentarti.»

    Si passa una mano sul mento ricoperto da una folta barba. «Ti odio quando fai così.»

    Brian e io siamo amici da anni ormai, è una costante della mia vita e sarei perso senza di lui.

    «Ehi, ragazzoni!»

    E poi c’è Holly: bionda, occhi azzurri − che le invidio da morire − e un quoziente intellettivo da paura.

    L’altra mia migliore amica.

    «Ciao Holly.» Le bacio la guancia e lei ricambia allegra poi, come ogni santissima volta, mi pulisce la pelle dal residuo di rossetto che ha lasciato.

    «Cosa mi sono persa?» chiede mentre si siede nel posto libero alla mia sinistra.

    «Ti sei persa il gol del suo uomo,» risponde Brian stizzito.

    Holly schiocca la lingua in modo rumoroso. «La tua è tutta invidia B. Tu sei seduto qui al freddo e lui segna con classe al posto tuo.»

    «Non sono invidioso, sono incazzato, è diverso.»

    «Tu sei sempre incazzato, avresti bisogno di scopare di più,» gli fa notare, strizzando l’occhio in modo irriverente.

    «E tu sei sempre la solita rompipalle,» continua lui.

    Questi due non fanno altro che battibeccare tutto il tempo, sembrano una vecchia coppia. Secondo me sarebbero perfetti insieme, ma l’unica volta che mi sono permesso di farlo notare, ho rischiato il culo.

    Smetto di ascoltarli, tanto so che andranno avanti per un bel pezzo, e mi concentro su quello che vorrei tanto fosse il mio uomo. Quei ricci sudaticci appiccicati alla fronte mi stanno facendo impazzire. Mi piacerebbe molto scostarglieli per poi perdermi nei suoi profondi occhi verdi. Quanto vorrei avere un po’ di coraggio per avvicinarmi a lui e presentarmi! Anche solo scambiare una parola sarebbe già qualcosa di diverso dal sognare a distanza. Quell’adone in campo ha catalizzato totalmente la mia attenzione e mi ha fritto il cervello. Non è la prima volta che prendo una sbandata per qualcuno, ma è di sicuro la prima volta che ho perso del tutto la ragione per quel qualcuno. E non ho nemmeno la certezza che giochi nella mia stessa squadra, tanto per restare in tema sportivo.

    «Holly, hai scoperto qualcosa?» chiedo mettendo fine al loro scambio di battute al vetriolo. Le ho chiesto di indagare su Jake per conto mio.

    Mi si avvicina di più e mi prende la mano, le nostre dita si intrecciano. «No, niente, mi dispiace.»

    «Possibile che Jake non abbia una vita fuori dal campus?» sbotto.

    Si stringe nelle spalle. «Di sicuro ce l’ha, ma non la racconta in giro.»

    Brian, al contrario, preferisce irritarmi. «Magari ha una ragazza dai tempi del liceo e sono pronti a convolare a nozze dopo la laurea.»

    Okay, dopo la sua supposizione, un senso di nausea mi travolge.

    E se avesse ragione? Se stessi solo perdendo tempo dietro al ragazzo sbagliato?

    Beh, non che cambi qualcosa, resto comunque invisibile per lui. La mia cotta è a senso unico come tutte le altre volte.

    «Perché non gli parli?» Holly prova a convincermi a fare un passo verso di lui dal primo momento in cui le ho raccontato di essermi preso una sbandata colossale.

    «E per dirgli cosa?» Sbarro gli occhi, il cervello si è inceppato alla sola idea di rivolgergli la parola.

    «Sei una piattola.» Brian mi dà una gomitata sulle costole che sento nonostante il giaccone pesante.

    «Non è una piattola,» mi difende subito Holly. «È solo innamorato.»

    Alt!

    «Aspetta un secondo… io non ho mai parlato di amore,» le ricordo sempre più sconvolto.

    «Jonah, tesoro, sappiamo tutti e tre che le tue cotte sfociano sempre in amore. Non corrisposto, ma pur sempre amore.»

    «Non sei di grande supporto morale,» brontolo.

    Holly mi bacia la guancia e mi sorride con dolcezza.

    «Hai un cuore enorme e tanto amore da offrire, l’uomo che se ne accorgerà sarà davvero fortunato,» afferma con una certa sicurezza nella voce.

    «Lo pensi davvero?»

    Annuisce.

    «Per me resti una piattola,» si intromette nel discorso Brian, ridacchiando come uno scemo.

    «E tu resti sempre un idiota.» Holly mi scavalca per raggiungere il nostro amico e colpirlo con dei pugni che non gli fanno nemmeno il solletico. Se ne torna al proprio posto quando si ritiene soddisfatta.

    Io rivolgo l’attenzione di nuovo alla partita. Jake è fermo sul dischetto pronto a tirare un rigore. Non mi ero nemmeno reso conto che ci fosse stato un fallo! È super concentrato e quando l’arbitro fischia, colpisce il pallone che finisce dritto in rete. I suoi compagni lo raggiungono, gli saltano addosso. L’incontro riprende solo per qualche altro minuto, il fischio finale arriva allo scadere del tempo.

    Mi si mozza il respiro quando Jake si sfila la maglietta. Mi cade lo sguardo prima sugli addominali perfetti, poi sui tatuaggi che coprono un’abbondante porzione del suo corpo.

    So che sto sbavando.

    Lo so e non posso farci niente.

    All’improvviso si volta nella nostra direzione, per un istante ho l’impressione che i nostri sguardi si incontrino ma, quando lancia la maglia verso Holly, il mio mondo vacilla e il cuore mi va in mille pezzi.

    Avrei dovuto saperlo, ma fa male lo stesso.

    Holly tiene la maglietta sudata con due dita, schifata all’idea di sfiorare quel tessuto bagnato.

    «Tienila tu, Jonah. Non me ne faccio niente e mi viene pure il voltastomaco.» Me la butta sulle gambe, come se fosse la cosa più disgustosa con la quale abbia mai avuto a che fare.

    La fisso inebetito per non so quanto tempo e poi me la stringo al petto. Spero che nessuno mi veda affondarci il naso per sentire il suo odore. È la sola occasione che ho per poterlo fare e mi deve bastare.

    Da oggi devo smettere di pensare a Jake Jones.

    Là fuori, da qualche parte, c’è l’uomo dei miei sogni che mi sta aspettando.

    Devo solo capire come trovarlo.

    2

    Non so chi abbia inventato la sveglia, ma mi auguro che sia finito all’inferno. La spengo con un pugno per poi nascondere la testa sotto al cuscino. Vorrei starmene in panciolle ancora un paio di ore, dormicchiare o anche solo ascoltare un po’ di musica. Non ho alcuna voglia di andare a lezione stamattina. È stata una nottata strana, l’ho trascorsa tra sogni assurdi e sguardo rivolto al soffitto. Avevo troppi pensieri per la testa, non riuscivo a spegnerli.

    Dieci minuti dopo la sveglia riprende a suonare, così mi vedo costretto a mettermi a sedere sul letto. La disattivo con un moto di stizza e mi passo entrambe le mani sul viso. Mi alzo con un grugnito e di pessimo umore. Spero che una doccia calda mi aiuti a rilassare i muscoli tesi. Resto per almeno dieci minuti sotto l’acqua bollente, ma non serve a molto. Mi asciugo e mi vesto in fretta, pronto ad affrontare una nuova giornata. Scendo in salotto e per poco non mi scontro con Kieran Gallagher, uno dei miei coinquilini nonché compagno di squadra.

    «Jones, amico mio!» mi saluta con uno strano entusiasmo. Ho come la sensazione che stia per chiedermi qualcosa che non mi piacerà.

    «Cazzo vuoi, Gallagher?» sbotto.

    «Wow, acidello quest’oggi,» mi prende in giro, ridacchiando.

    Ho già accennato al fatto che mi sta sulle palle? Ma proprio tanto.

    «Taglia corto che sono già in ritardo per la lezione,» borbotto mentre recupero la borsa e le chiavi di casa.

    «Ecco, è proprio per questo che ti cercavo.»

    «No,» gli dico ancora prima di sapere cosa vuole.

    «Ma se non ti ho ancora chiesto nulla.» Si lamenta allargando le braccia per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi.

    «Non mi stavi per caso chiedendo di passarti gli appunti perché oggi hai di meglio da fare?»

    «Beh sì,» ammette senza alcuna vergogna.

    «Allora la mia risposta rimane invariata.»

    «Sei sempre il solito stronzo,» mugugna mostrandomi il dito medio prima di chiudersi nella sua stanza.

    Sono uno stronzo, è vero, ma non mi faccio il culo per gli altri. Se non ha voglia di studiare, può dire al suo ricchissimo padre di prenderlo nell’azienda di famiglia. Tanto lo sappiamo tutti che finirà comunque lì, laurea o no. Io mi sono fatto il mazzo per arrivare dove sono, nessuno mi ha mai regalato niente.

    Mark esce dalla cucina con una tazza di caffè tra le mani e mi fissa con un sopracciglio inarcato. È il mio migliore amico dalle elementari, mi conosce come le sue tasche ed è l’unico che sa ogni mio piccolo segreto.

    «Certo che Kieran non demorde mai,» commenta con un ghigno.

    «Ci aveva già provato con te prima?» domando, ma conosco già la risposta.

    Annuisce. «Già.»

    «Ero la sua ultima spiaggia, insomma.»

    «Qualcosa del genere,» afferma divertito. «Masochista.»

    «Vuoi un po’ di caffè?»

    «No, grazie, devo proprio andare.» Declino l’offerta con una mezza smorfia. Faccio davvero tardi se non mi do una mossa e al professor Greenberg non piacciono i ritardatari. Per fortuna il nostro appartamento dista dall’università solo dieci minuti a piedi e me li faccio tutti di corsa.

    Mi fermo poco prima di entrare nell’edificio, attirato come un magnete verso di lui. È seduto su una panchina con la testa china su un libro, una ciocca di capelli castani gli ricopre parte del viso e io vorrei tanto avvicinarmi solo per scostargliela e vedere da vicino di che colore sono i suoi occhi. Non conosco il suo nome, ma so che viene a ogni partita e non perde di vista ogni mio movimento. Anche l’altro giorno era lì e l’ho beccato a fissarmi più di una volta. A fine incontro gli ho lanciato la maglia, ma la mia mira fa proprio schifo e ho colpito la bionda accanto a lui. Ho notato sul suo viso un’espressione delusa, che avrei voluto cancellare.

    Chiude il libro poi impreca tra sé e sé guardando l’orologio. Torno alla realtà prima che mi scopra a fissarlo come un idiota e raggiungo l’aula di matematica.

    La lezione è di una noia mortale come ogni volta, Greenberg non rende la vita facile a nessuno e seguirlo diventa ogni giorno più difficile. Non sta affatto andando come avevo sperato e mi demoralizzo ogni giorno di più.

    Forse con un altro insegnante riuscirei a raggiungere i risultati di cui ho bisogno. Sono sempre stato il migliore della classe nelle materie scientifiche, la matematica non ha mai avuto segreti per me. Almeno fino a quando non ho incrociato la strada di Greenberg.

    «Signor Jones, posso parlarle un secondo?» mi chiede il professore alla fine della lezione dopo che gli altri sono usciti.

    Ecco che torna alla carica e io non posso svignarmela come vorrei.

    «Certo, professore.»

    «Senta, Jones, le parlerò chiaro.» Perché di solito non lo fa? «Ha bisogno di un aiuto con lo studio della mia materia. Di questo passo non supererà il prossimo esame e non può permetterselo.»

    Sospiro. «Capisco, cercherò qualcuno che possa darmi una mano.»

    «Avrei la persona giusta per lei, uno studente che potrebbe farle da tutor.» Mi osserva serio attraverso le lenti spesse degli occhiali e mi mette una certa soggezione. «Jonah Taylor, lo conosce?»

    Scuoto la testa, non ho idea di chi sia.

    «A quest’ora lo troverà in biblioteca con una pila infinita di libri davanti.» Per la prima volta da quando lo conosco gli sfugge qualcosa di molto simile a un sorriso. Questo Jonah deve essere uno dei suoi pupilli.

    «Ci vado subito,» lo rassicuro. «Grazie per l’aiuto, professore.»

    Ci salutiamo con una stretta di mano ed esco dall’aula a passo spedito. Non muoio dalla voglia di essere affiancato da qualcuno nello studio, ma ho indubbiamente bisogno di un supporto se non voglio mandare tutto all’aria.

    Entrato in biblioteca, mi muovo lento tra le varie postazioni alla ricerca del ragazzo sommerso dai libri di cui mi parlava Greenberg. Lo individuo in fondo all’aula, lontano da tutti. Non riesco a vederlo in volto perché è davvero nascosto dietro innumerevoli volumi. Non mi sfugge, però, il maglioncino azzurro che indossa: ora il mio lui ha un nome: Jonah Taylor.

    Mi fermo davanti a lui e mi schiarisco la voce.

    «Jonah Taylor?»

    «Se ti serve uno di questi libri prendilo pure, io ho finito.» Non conferma di essere la persona che cerco, ma nemmeno lo smentisce.

    «Ho solo bisogno di parlare con te, mi ha mandato il professor Greenberg.»

    Forse nominare il professore mi farà ottenere la sua attenzione e infatti non sbaglio. Jonah solleva il capo per guardarmi e sgrana gli occhi scuri per la sorpresa.

    «Jake Jones,» farfuglia con le guance in fiamme.

    Si alza in piedi di scatto, la sedia barcolla e finisce a terra con un tonfo. Sobbalza per lo spavento e nel girarsi colpisce la pila di libri con una mano, mandandone qualcuno a terra. Impreca sottovoce e si dà dello stupido.

    Io lo trovo maldestro, goffo e maledettamente adorabile.

    Se avessi avuto qualche dubbio sulla sua cotta nei miei confronti, ora sarebbe del tutto spazzato via.

    Ci abbassiamo nello stesso istante, le nostre dita si sfiorano mentre cerchiamo di raggiungere uno dei volumi e avverto brividi in ogni parte del corpo. È come se ci fosse elettricità tra noi e, dal modo in cui mi sta guardando, credo che se ne sia reso conto anche lui. Allontana la mano come se si fosse scottato e vedo che sta tremando.

    «Perché il professore ti ha mandato da me?» domanda, mentre continua a raccogliere i libri evitando accuratamente il mio sguardo. Io, invece, non riesco a smettere di osservarlo e, soprattutto, di fissare quella bocca imbronciata che, in questo momento, muoio dalla voglia di baciare. Indossa dei jeans scuri strappati sulle ginocchia e un maglioncino azzurro. Una sciarpa beige giace morbida attorno al suo collo.

    Jonah è bellissimo nella sua semplicità.

    «Ho bisogno di un aiuto in matematica ed è convinto che tu sia il migliore per colmare le mie lacune.»

    E io vorrei tanto poter trascorrere del tempo da solo con te.

    Anche se non sarà semplice tenere a posto le mani ora che so quanto lui sia il mio tipo. Ho un debole per i ragazzi intelligenti e impacciati, che non hanno la minima idea di quanto siano interessanti.

    «Non credo di essere la persona giusta per questa cosa,» borbotta passandosi una mano tra i capelli spettinati. Seguo il percorso di quelle dita e vorrei essere io a renderlo così scarmigliato, magari dopo una notte di sesso.

    Non esco con qualcuno da troppo tempo e si vede dal corso dei miei pensieri. Non sono una persona da una botta e via, mi piacciono le relazioni serie e la monogamia. Quando sto con un ragazzo do tutto me stesso e questo in passato mi ha procurato solo delusioni. Per questo ora ci vado con i piedi di piombo e mi butto solo se credo che ne valga la pena.

    Jonah è il primo ad aver attirato la mia attenzione dopo tanto tempo e ho intenzione di capire che cos’è che mi attrae così tanto di lui, al di là del suo aspetto.

    «Ti pagherò.»

    Anche in natura se necessario.

    «Non è una questione di soldi,» mugugna, guardandomi di sottecchi.

    «Qual è il problema allora?» insisto e le guance gli diventano ancora più rosse. La carnagione chiara mette in evidenza l’imbarazzo e vederlo così mi provoca pensieri impuri: lo immagino così sexy e arrossato mentre io lo porto all’orgasmo.

    Pensare a lui nudo nel mio letto non sta per niente aiutando l’erezione che ha preso vita da quando gli ho posato gli occhi addosso, devo darmi una calmata.

    «Io… non credo che…» Probabilmente sta cercando una scusa per non aiutarmi, ma non riesce a trovarne una che abbia senso.

    «So che magari preferiresti lavorare con qualcun altro, ma ho davvero bisogno del tuo aiuto. Se non supero l’esame di matematica, sono fottuto.»

    Mi fissa con quei suoi occhi grandi e spauriti e io intuisco che sta combattendo una battaglia interiore.

    «Ti prego, Jonah.» Congiungo persino le mani per fare più scena. Ho bisogno che mi dica di sì.

    Mi accorgo del momento esatto in cui si arrende perché le spalle gli si afflosciano, le palpebre si serrano per una frazione di secondo e quando le risolleva, il suo sguardo è rassegnato.

    «Okay, ti aiuterò.»

    So che non muore dalla voglia di farlo, ma esulto dentro di me perché mi

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