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La splendida storia di un uomo orrendo
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La splendida storia di un uomo orrendo
E-book92 pagine1 ora

La splendida storia di un uomo orrendo

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Info su questo ebook

"La pazzia è un punto di vista" assicura Román, protagonista di questo racconto breve, in cui la pazzia e la verità si mischiano e sono divise solo da un tenue filo di equanimità.

In "La splendida storia di un uomo orrendo" non possiamo sapere con certezza dove ci troviamo, se nella mente perversa di un crudele assassino o nella terribile realtà descritta dalle sue vittime.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita23 mag 2018
ISBN9781547530717
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    Anteprima del libro

    La splendida storia di un uomo orrendo - Micky Bane

    LA SPLENDIDA STORIA DI UN UOMO ORRENDO

    MICKY BANE

    Marchio registrato ® 2014 Micky Bane

    Tutti i diritti riservati

    ISBN: 1499399561

    ISBN-13: 978-1499399561

    <

    Così potrei impiccarla>>

    Carl Pazram

    PREFAZIONE

    Ringrazio tutti coloro che hanno deciso di accompagnarmi in questa breve ma insana avventura, in cui la follia mostra il suo peggior volto.

    Grazie mille.

    M. B.

    Lima, 8 maggio 2014

    PARTE I: UNO SPAVENTO

    -Qualcosa non va?- domanda Lucía con aria preoccupata.

    Non le rispondo. Rimango seduto al mio posto senza guardarla.

    -Sai che ultimamente sei piuttosto strano? Intendi scrivere oggi?

    Rimango ancora in silenzio. Lei non può vedere la mia espressione perché i capelli mi coprono gli occhi.

    -E dai, Román!- persevera insistente alzando il tono di voce, cosa che inizia a darmi fastidio.

    A quel punto prendo la borsa ai miei piedi e ne estraggo un revolver. Un solo proiettile al suo interno, chiaramente molto difficile da ottenere.

    Sono due anni che studio in questa scuola. Ormai non ne posso più dei visi che vedo ogni giorno, che non fanno che mostrarmi le loro frivole emozioni. Non sopporto di vedere come sprecano le loro vite. Perdono tutti il loro tempo, anche quelli che si preoccupano solo di studiare.

    Lucía apre gli occhi con un tale orrore che la sua espressione quasi mi intenerisce. È un revolver antico ma funziona perfettamente. È stato più facile ottenere l’arma che l’unico proiettile al suo interno.

    Alle mie spalle è seduto uno che non litiga mai con nessuno. Non riesco a ricordare il suo nome. Anche se non ho gli occhi alle spalle, percepisco che si alza in piedi con uno scatto quando nota l’arma. Prima che possa dire qualsiasi cosa, gli sparo alla fronte.

    Il rumore dello sparo sortisce l’effetto sperato. Una gran quantità di voci iniziano a chiedersi cosa sia successo. Il corpo del malcapitato cade a terra come un qualsiasi oggetto inanimato, spruzzando fuori dei pezzi di cervello immersi in un bagno di sangue.

    Mi guardo intorno. Lucía e tutti gli altri se ne sono andati. Mi affaccio alla finestra e guardo in basso, al primo piano. Un gruppetto di studenti spaventati mi guardano con i loro occhi giganteschi.

    In mezzo alla folla noto la persona per cui avevo riservato il proiettile. Ma non intendevo ucciderla, solo spaventarla. Però l’impulso di sparare al tizio seduto alle mie spalle è stato davvero irresistibile.

    Scendo, con la pistola nella mano ancora calda. Più mi avvicino e più loro si allontanano, come se avessi la lebbra. Il portiere e l’uomo delle pulizie mi guardano veramente impressionati. Non potrebbe essere altrimenti, gli sono sempre stato simpatico.

    Passo per il laboratorio e incontro Cecilia. Eravamo d’accordo che mi avrebbe dato una scatola di proiettili di suo padre, che è poliziotto. Non si scompone nel vedermi. Sa già cosa sta per succedere.

    Ricevo la scatola dalle sue mani, preparo il revolver e lo carico con sei proiettili. Tutti ne sono testimoni, e iniziano a correre in preda al terrore.  Nessuno osa tentare di prendermi. La mia vittima, quella persona che volevo spaventare fin dall’inizio, è appoggiata al muro che separa il patio dal giardino, e ha un’aria stupefatta. Accanto c’è un tipo dai capelli lunghi con il suo computer portatile, che per fare l’eroe si mette davanti a lei.

    Gli sparo al petto.

    Sento delle sirene all’esterno. La voce martellante della direttrice mi risuona in testa:

    -Román, per favore, manteniamo la calma.

    Sono calmo, calmissimo. Il mio viso ha l’espressione pacifica di sempre. Cecilia è accanto a me. Ride, poi dice:

    -Cazzo, che coglione, ma perché si intromette?

    Quindi sposta lo sguardo dal corpo esanime alla pallida ragazza.

    -Román, sparale, ce l’hai di fronte!

    Sposto leggermente lo sguardo verso Cecilia e sorrido.

    Sei sempre stata impetuosa, Ceci. E quell’impeto è sempre stato reale, non inventato. Per questo ti ho scelta.

    La persona contro cui punto l’arma inizia a piangere. Piega le ginocchia.

    -Non uccidermi, ti prego!- supplica con gli occhi pieni di lacrime nere.

    -Non ti ucciderò e lo sai.

    -Per favore, farò quello che vuoi, ma non uccidermi!

    Che cosa curiosa. Quando uno si accorge che morirà, vuole sempre esaudire i desideri dell’esecutore, quasi come fosse uno spiraglio di speranza di non morire. Ma no, non è questo il caso.

    Lei, in ginocchio di fronte a me, vede alcuni compagni di classe che portano giù il corpo senza vita di quel tipo di cui non ricordo il nome. Lancia un urlo di terrore.

    -Dannazione! Uccidila, Román!- ordina Cecilia con la sua nota veemenza.

    Non la ascolto. Giro il braccio verso di lei e, senza guardarla, le sparo. Senza che lo volessi, il proiettile le perfora l’occhio. Che peccato, era così bella...

    Dopo lo sparo si sentono varie grida. Le sirene e i loro ululati risuonano sempre più forte, e di fronte a me c’è un’ombra che non ha più lacrime per quanto ha pianto.

    In mezzo al caos si distingue un mormorio:

    -L’ho sempre saputo, quel tipo è strano... Dicono che sia emo, che gli piaccia tagliarsi.

    Sorrido.

    Non sopporto quell’aggettivo. Un emo si autoinfligge dolore, non fa del male agli altri. Quindi cerco con lo sguardo il punto da cui è provenuta la voce e, senza sapere bene chi abbia parlato, sparo ancora. Cade il corpo di un tipo che conosco di vista. Senza prevederlo gli ho preso la vena giugulare. Il sangue esce come da un tubo rotto.

    Arriva la polizia. Mi ordinano di lasciar cadere l’arma. Alzo le braccia e porto lentamente l’arma a terra, senza smettere di guardare negli occhi la persona che ho di fronte, che ovviamente piange come un bambino... Gli manca il fiato.

    Un ufficiale mi mette a pancia in giù, mi piazza un ginocchio sulla schiena e mi ammanetta. Mi colpiscono. Pensavo che questo succedesse solo nei film. Mi mettono in

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