Una Notte di Ordinaria Follia
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Manhattan: risvegliatasi nel bel mezzo di Central Park, una caparbia killer a contratto scopre di aver mancato clamorosamente il suo ultimo bersaglio. Non solo ha fallito, ma a stento ricorda quello che le è successo negli ultimi giorni. E le cattive notizie non sono ancora finite: uno sfacciato diciassettenne le confessa candidamente di averla uccisa pochi istanti prima. Il resto è... complicato.
Tra night club, società segrete, improbabili complotti e sparatorie a cielo aperto, benvenuti alla notte delle notti! In compagnia dell'irriverente vampiro Nik, della mafia russa e di galloni di sangue caldo!
“Una Notte di Ordinaria Follia” di Alessio Filisdeo ci presenta un XXI secolo in salsa gotica, tra pulp e umorismo nero, mischiando insieme generi differenti e mantenendo un ritmo di narrazione serrato: sembra un cocktail, ma si “beve” come uno shot!
L'autore - Nato ad Ischia nel 1989, Alessio Filisdeo vive a Barano d’Ischia.
Comincia a scrivere racconti fantasy, e a tema supereroistico, a sedici anni finchè, una bella notte, non si trova ad assistere per caso alla proiezione del film culto Intervista col Vampiro. Sboccia immediatamente l’amore per la figura del vampiro aristocratico, per il genere gotico e per i grandi classici ottocenteschi. Il passo da fan del genere a fanatico cultore è più breve del previsto.
Conclude il suo primo romanzo storico a tinte sovrannaturali all’età di diciannove anni. C’è un solo problema: ormai i “vampiri di una volta” di cui ha scritto sono passati di moda.
Ma Alessio Filisdeo non demorde: destreggiandosi tra la passione per la scrittura e alcuni lavoretti part-time (confermando quindi lo stereotipo dello scrittore perennemente squattrinato con tante belle speranze), e spaziando momentaneamente tra più generi e personaggi, aspetta pazientemente il ritorno alla ribalta della creatura dannata in tutto il suo maledetto splendore.
Con Nativi Digitali Edizioni ha pubblicato nel 2015 il romanzo “Una Notte di Ordinaria Follia” e il racconto gratuito “Le follie del Vampiro Nik”, nel 2016 il romanzo “Il Risveglio della Cacciatrice” e nel 2017 il romanzo "Fairfax & Coldwin".
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Anteprima del libro
Una Notte di Ordinaria Follia - Alessio Filisdeo
UNA NOTTE DI
ORDINARIA FOLLIA
di ALESSIO FILISDEO
I edizione digitale: aprile 2015
© tutti i diritti riservati
Nativi Digitali Edizioni snc
Via Broccaindosso n.16, Bologna
ISBN: 978-88-98754-28-1
Collana: NSF - Non Solo Fantasy
info@natividigitaliedizioni.it
Pagina Autore: Le Memorie Oscure
1.
Sento in bocca la nota del metallo: è calda e densa.
Mi chiedo da quand’è che il sangue, il mio almeno, ha un sapore così buono.
Rimango ad assaporarlo per un po’, in silenzio, distesa a terra, cieca e sorda a ogni altra cosa, a tutto meno che a quel gustoso rivolo rossastro che mi percorre il palato. Lo succhio con avidità. Niente mi sembra al momento più importante, o attraente.
Non so più nulla: il mio nome, il mio lavoro, la mia città, il mio appartamento, la mia stessa famiglia.
C’è una vocina nella mia testa che dice semplicemente fanculo
.
Mi piace: è una bella parola, una di quelle sottovalutate, una di quelle che si usano spesso nella vita di tutti i giorni con troppa leggerezza.
Fanculo.
L’adoro.
Sono euforica, eccitata. Credo di essermi bagnata.
Il primo pensiero coerente che mi suggerisce il cervello è che devo essermi fatta della roba veramente buona. Ne rido, forse, ma la mia allegria non dura molto. Mi ricordo improvvisamente che non mi faccio di niente, che nemmeno bevo prima di lavorare.
Dovrebbe essere una constatazione consolante, la mia, una di quelle prese di coscienza da persona adulta e responsabile, tuttavia mi riempie solo di terrore, di una paura fottuta.
L’adorabile vocina fanculizzatrice si estingue di botto.
Comincio a ricordare i punti salienti della mia vita, gli stessi che appena cinque secondi fa avevo rimosso con insana allegria.
Avrei voglia d’imprecare, ma non lo faccio. Lui pensa che sono ancora priva di sensi. Riesco a sentire l’odore penetrante della sua acqua di colonia proprio sopra di me.
Che situazione del cazzo! L’unica cosa positiva è il sapore del sangue che ho in bocca: accidenti se è buono! Magari non è nemmeno sangue. In fondo perché dovrebbe esserlo?
Devo aver preso una brutta botta in testa.
Lei è ancora nel palmo della mia mano, ed è carica. Non so perché il coglione non me l’abbia tolta, ma voglio assicurarmi che sia il suo ultimo errore.
È arrivato il momento.
Il mio cervello elabora azione dopo azione con una freddezza e un’efficienza che mi mettono in soggezione. Insomma, sono brava, ma non così brava. Mi stupisco di me stessa nello spalancare di scatto le palpebre, stringere la pistola, puntare la canna e fare fuoco.
Non provo più alcuna sonnolenza, stanchezza o incertezza. Al contrario avverto sui polpastrelli, lungo tutti i nervi, la vibrante deflagrazione dei 9 millimetri, il rumore soffocato dei colpi a segno, il movimento secco del carrello, il sibilo cristallino dell’aria che si fende.
I miei occhi sembrano diversi, migliori nello scovare la giusta angolazione di tiro.
Le mie dita si muovono da sole, governate da puro istinto omicida.
Vorrei poter dire che non è nulla di straordinario, che sono al mio solito, che è il mio standard. Ma la verità… la verità è che piazzo tre proiettili in corpo al bastardo, due al cuore e uno allo sterno, senza nemmeno prendere la mira.
È incredibile.
Sto per fargli saltare le cervella quando una seconda sorpresa mi fa esitare.
«Oh cazzo!» esclama il tipo sforacchiato.
«Merda.» rispondo io indietreggiando, rimanendo a terra, strisciando.
Se non lo vedessi da me non ci crederei mai: i bossoli si fanno strada nella sua carne, verso l’esterno. Dai fori bruciacchiati, in parte cauterizzati dalla polvere da sparo, si affacciano lentamente le cartucce.
Lo stronzo arriccia il naso lamentandosi come una donna incinta, dando voce a una specie di esausto orgasmo a ogni nuova espulsione di corpo estraneo.
Definirmi esterrefatta sarebbe l’eufemismo del secolo.
Non riesco a capire cosa stia succedendo, o come stia succedendo, ma non posso impedirmi di continuare a guardare, di scuotere la testa.
La mia razionalità da moderno essere umano reclama sommessamente vendetta.
Non appena il terzo bossolo unto di rosso ricade a terra tintinnando in mezzo agli altri due, scorgo con inaspettata chiarezza la carne del tizio richiudersi come se niente fosse. Quasi mi aspetto un puff! con una nuvoletta bianca, stile trucco magico, o cartone animato.
La prima cosa che mi viene da dire dopo incalcolabili istanti di silenzio è: «Cazzo!»
Il mostro, o l’alieno, o qualunque cosa sia il miracolato figlio di puttana davanti a me, replica a tono: «Merda!»
Uno scambio di battute non particolarmente originale ma curiosamente affiatato.
In mia difesa posso dire di essermi appena svegliata. O forse no?
2.
«Porca troia, guarda che casino!» bestemmia il tizio: «L’hai rovinata! Rovinata!» ripete: «Duemila dollari di giacca…» sospira sospeso tra un ammirevole autocontrollo e uno sciocco sbigottimento: «Ma perché? Perché mi hai sparato?»
Non so se questa possa essere catalogata nella folta schiera delle domande stupide
, ma per me lo è, quindi non rispondo. Non ne ho fisicamente la volontà: per un qualche motivo mi sento seccata, come se un poliziotto mi avesse appena ammanettato leggendomi i miei diritti, concludendo con l’irritante tutto quello che dirai verrà usato contro di te in tribunale
.
Tento di rimettermi in piedi riuscendoci sorprendentemente in fretta, sfruttando la distrazione del mancato cadavere che cerca di ripulirsi del suo sangue con un fazzolettino umidificato per osservarlo più da vicino.
Sembra un ragazzino: gli do vent’anni, ma non mi sorprenderei se fosse un diciassettenne che va ancora al liceo. Indossa una t-shirt da turista con la Statua della Libertà. A causa delle pallottole è chiazzata di rosso, forata come la giacca scura a vita alta dal taglio elegante.
Sotto i jeans scambiati, e l’ingombrante fibbia della cintura, fanno capolino un paio di scarpe Converse della serie All Stars. Roba di classe, sospetto, almeno secondo lui.
Possiede una glabra carnagione biancastra priva di imperfezioni. Ha un che di cadaverico ma mi rendo conto che s’intona perfettamente alla capigliatura corvina: un comune taglio mosso con qualche ciuffo ribelle più lungo e fuoriposto dell’altro.
Proprio un bel tipo, uno di quelli dall’espressione spigliata e lo sguardo furbetto.
I suoi occhi poi sono davvero notevoli. Cangianti. Sì, diversi a seconda della luce. Mai visto nulla del genere. Potrebbe avere delle lenti colorate.
«Ti piacciono i classici, eh?» mi fa improvvisamente mettendosi a sedere sulla panchina alle sue spalle, visibilmente meno agitato.
Dopo stranianti attimi di confusione seguo l’inclinazione della sua testa che punta alla mia arma.
«Una Beretta 92FS. Che opera d’arte.» continua: «Sai che è la pistola preferita di John Woo?»
«Di chi?»
«Di John Woo.» risponde con tanta naturalezza da farmi sentire ignorante: «Il regista, quello di Hard Boiled? Hai presente?» ride: «Non dirmi che non hai mai visto The Killer? È tipo il film d’azione più bello di tutti i tempi.»
Davanti alla mia perplessità, e fastidio, si mette a ridere ancora più forte: «E che mi dici di A Better Tomorrow? Quello è una vera bomba. Molti sostengono che i due sequel siano…»
«Sta zitto!» esclamo in preda all’isteria: «Si può sapere chi… che cosa diavolo sei?» gli punto nuovamente la canna contro.
«Eh no! Basta spararmi addosso! Non