Più non fiorisce quel ramo
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Si riesce a cogliere la profondità dei suoi sentimenti nostalgici e le vicissitudini che lo hanno attraversato: due guerre mondiali, una armata di fucile, l’altra armata di vaccini; e due perdite laceranti, quella di un figlio e, in seguito, quella dell’amata compagna di vita. Un’abluzione di verdeggiante vita e dolore nella solitudine di un intenso tramonto.
Giovanni Battista De Cesare è Professore Emerito di Lingue e Letterature Ispaniche. Non è nuovissimo nell’arte non sua del comporre versi. Nel 2013 pubblicò una prima raccolta di poesie intitolata Frammenti di diario, presentata dal compianto collega Giuseppe Bellini. Seguì alcuni anni dopo, nel 2017, una nuova raccolta, Altri frammenti di diario, presentata da Silvana Serafin per i tipi di Albatros.
Formatosi nell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha insegnato Lingua e Letteratura Spagnola nell’Università veneziana, in quella di Palermo e nell’Università L’Orientale di Napoli, dove ha ricoperto le più alte cariche accademiche. È altresì membro corrispondente della “Academia Venezolana de la Lengua”. All’Orientale ha diretto a lungo il periodico Annali, sez. romanza. È editore di testi e autore di studi critici e filologici sulla Letteratura medievale spagnola, sulle relazioni della Conquista del Nuovo Mondo, su opere di Cervantes, è autore di saggi e traduttore della poesia e della narrativa spagnola e ispanoamericana del Novecento. È stato Membro dell’Istituto di Storia del Mediterraneo, con sede a Cagliari, Membro del Comitato Scientifico del Premio Grinzane Cavour. Per la Regione Campania, ha fondato il Premio Internazionale Pablo Neruda e ne ha presieduto la Giuria. Ha fatto parte di organi e delegazioni del C.N.R. negli Stati Uniti e nei paesi dell’America Latina, ed è stato membro del Comitato di Gestione e Programmazione della Scuola Europea di Studi Avanzati.
Ora vive nel nativo paesino collinare di Marzano Appio, nell’alto casertano, tra l’avita ombra di boschi secolari e l’azzurro orizzonte dell’Appennino che serpeggia tra Lazio e Campania e che scorge ad ovest l’incanto del Tirreno.
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Anteprima del libro
Più non fiorisce quel ramo - Giovanni Battista De Cesare
INTRODUZIONE
La poesia sa essere specchio fedele dell’animo umano e sa rivelare con delicatezza gioie, sofferenze, aspirazioni, propositi. Anche i componimenti in verso libero, raccolti da Giovanni De Cesare nel presente volumetto che reca il titolo, di ascendenza machadiana, Più non fiorisce quel ramo, esprimono la viva tensione morale ed il nobile sentire che albergano nell’animo del loro autore, quali l’amore per la vita e la natura, per i luoghi natii ed ospitali, per la pace, la famiglia, la fraternità, l’amicizia, la libertà.
La composizione dei testi delle poesie spazia per quasi un lustro, dal febbraio 2018 all’agosto 2022, periodo durante il quale l’esistenza dell’autore ha conosciuto momenti felici per la vicinanza affettuosa dei figli ed il loro buon esito professionale. Ma nella sua vita ha pure subito la sofferenza lancinante della perdita del primogenito Michele e dell’amatissima consorte, ai quali lo legavano intensi e profondi vincoli di affetto. Il ricordo di Antonietta, o più famigliarmente Toine, è presente specialmente in alcune poesie, come appunto Toine, Assente, Mestizia, So che è lei, E fu ultima vita, Amore, in cui il compianto per la sua dipartita fa rifiorire i turbamenti dei primi incontri, l’intima intesa, gli anni felici ed intensi del sodalizio coniugale, seppur funestati dalla prematura e sconvolgente scomparsa di Michele, compianta nei versi struggenti di Se tu, figlio mio.
Altri temi, altre immagini, altri luoghi si intersecano con le gioie ed i rimpianti, e sono l’esaltazione della vitalità e della bellezza della natura, dalle nevose cime dolomitiche ai boschi delle colline di Terracorpo e di Macini o del vallone Molara, al brillio della volta celeste
che occulta i misteri del cosmo, al giardino profumato di fiori e di frutti. Il giardino, Il mio giardino appunto, luogo edenico per eccellenza, ove la natura elargisce i suoi doni più belli e dà ospitalità a frotte di variopinti uccelletti, diviene amico e compagno del poeta che vi ristora intelletto e membra.
Le voci dei ricordi dell’età giovanile trovano spazio, ammantati di tenera malinconia o di ancor vivo sgomento ne Il tempo mio, in cui rivivono gli orrori della guerra e dei