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Poesia in forma di rosa, di Pier Paolo Pasolini
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Poesia in forma di rosa, di Pier Paolo Pasolini
E-book80 pagine1 ora

Poesia in forma di rosa, di Pier Paolo Pasolini

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Info su questo ebook

Le primule in Friuli,

i ruderi, la supplica alla madre;

la visita all'urna di Gramsci,

la lotta tra il cuore e la ragione;

la profezia della propria morte,

ad Ostia, dove dal mare

esplode una nuova rinascita:

in quel mare dove improvvisamente

muore la madre di Sant'Agostino
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2023
ISBN9791221453096
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    Anteprima del libro

    Poesia in forma di rosa, di Pier Paolo Pasolini - Mario Salvatore

    Come sembrano lontani gli anni sessanta! In particolare i primissimi quattro anni che cercheremo di leggere e comprendere attraverso una raccolta poetica di Pier Paolo Pasolini:Poesia in forma di rosa.

    Il passato remoto ci riporta al rapporto originario, all’enigma fondamentale dell’origine della vita: la misteriosa relazione, implicitamente autobiografica, tra madre e figlio.

    Ma, il racconto, allude all’origine solamente in modo indiretto e verrà ripreso e metaforizzato successivamente.

    Si evolve sulle tracce di una contemporaneità malata, agli esordi dei favolosi anni sessanta, quando lo sguardo attento e sacro del poeta, osserva, e immagina, l’aspetto delle madri che hanno generato questi figli conformisti e barocchi, chiusi nei loro privilegiati uffici delle redazioni, rotti da ogni compromesso .

    Sono figli che accusano cinicamente e impietosamente il poeta, il quale si sforza di capire gli occhi di queste donne anonime, la loro impoetica espressione di fronte a questi figli caduti nell’indolenza animica, anaffettiva, senza più la pietà.

    Potenza metaforica dello sguardo che gli anni successivi faranno sprofondare nella miseria e nell’abisso dell’impotenza, dell’irrealtà!

    La simbiosi madre-figlio è talmente radicale e universale che la viltà tocca entrambi; anche le madri, sopraffatte da un timore antico, hanno subito una deformante metamorfosi, e il loro pallore non è più la nobile spia della dignitosa sofferenza interiore, ma la subdola e improvvisa lontananza dal cuore, la rivelazione di una falsa e repressiva moralità.

    L’ossessiva ricerca di un posto stabile di lavoro per i propri figli, fa sì che queste madri hanno perduto il sentimento della compassione, dalla quale si devono paradossalmente e vilmente, difendere.

    Gli anni ’60 rompono, a questo punto, il velo di Maya e il poeta, assillato dalla sua disperata carità verso la vita, avverte che questi figli non può più chiamarli fratelli:i primi anni sessanta segnano l’insignificante scoperta d’una duratura sopravvivenza, e spezzano la dimensione sognante e onirica del destino.

    Ma, sarà proprio il Destino a fare la sua comparsa fugace e transitiva proprio alla fine del decennio, a cui il poeta dedicherà un componimento provocatorio, e intenso nella sua stupenda ambivalenza affettiva.

    Dalla mediocrità di queste madri, il mondo è dannato a non dare né dolore, né gioia: il poeta ci fa toccare con mano la misteriosa epifania di una profezia, la cui origine risale a queste madri che non hanno mai saputo pronunciare una parola d’amore, un amore muto, recluso nell’infeconda compulsione del cuore e l’aridità umana e spirituale si veste d’impotenza, perché il cuore è diventato muto.

    La profezia svela la vita nascosta della contemporaneità , la miserevole scomparsa del cuore, il definitivo crepuscolo della carità.

    Con queste madri, forse possiamo scendere negli abissi oscuri dell’anima, e vedere lì, sottomessa e sempre in agguato, testardamente vendicativa e persecutrice, la servitù che solamente l’odio può rendere felice.

    Ma, i figli, tacciati come vili, mediocri, servi, feroci si trovano ora di fronte le loro povere madri!

    L’aggettivo che indirettamente ed enigmaticamente giustifica la funzione materna contrasta con l’appartenenza a questo mondo, di cui i figli si sentono ambiguamente artefici.

    La loro fratellanza non nasce dalla stessa passione, ma dalla profonda paura ad accettare la diversità.

    Questi figli non sanno rispondere alla domanda fondamentale: scoprire il segreto per potere addolcire il selvaggio dolore di essere uomini.

    C’è dentro di noi, dice il poeta, un buio che diventa luce e illumina la vita, è un pianto interiore, una nostalgia piena del pianto più puro; questo buio che diventa luce, è il miracolo della Poesia.

    Camminando su un’umile strada di Casarola, i più indifesi aspetti dell’esistenza, grazie a quelle pure lacrime diventano sacri: sono le quattro case di pietra di montagna, con gli interni neri di sterile miseria, secco odore di stalla, con i corpi sublimi dei castagni…… disposti sulle chine….dalla sola Bellezza.

    La funzione esclamativa è onnipresente nel poeta, una funzione non meramente estetica, ma che mira a cristallizzare stendhaliamente, una realtà, sempre più sfuggente e sfacciatamente polverizzata.

    Ah, bosco, deterso dentro, sotto i forti profili del fogliame, che si spezzano, riprendendone il motivo di una pittura rustica, ma raffinata, il Garutti?il Collezza? Non Correggio, forse: ma di certo il gusto del dolce e grande manierismo, che tocca col suo capriccio dolcemente robusto le radici della vita vivente: ed è realismo….

    L’immagine del bosco, fresco nella sua intimità, coperto dalla densa fioritura delle foglie non lineari, ma frante, e che in un continuo movimento si segmentano e sembrano spezzarsi, come ad infrangere le regole fisse del classicismo, riflette il dolce e grande manierismo che abbraccia, con i suoi volti emotivamente estremi e divergenti, con i suoi corpi flessibili, paganeggianti e smarriti davanti al mistero, le radici della vita vivente.

    Grazie a questa condizione estrema, dal punto di vista affettivo, il poeta vede nel manierismo il modo figurativamente problematico per capire l’essenza nascosta della realtà:forse, una sorta di volontà shopenaureiana, che fluttua inosservata sotto la falsa maschera e la larvalità dell’apparenza.

    Dal manierismo al realismo, dall’estetica all’enigma infinito e disforme del desiderio, e della conseguente sofferenza universale.

    Forse, dice il poeta, Correggio; e noi pensiamo al volto di Cristo del Correggio, al Compianto sul Cristo morto, alla Deposizione.

    Senza dimenticare i volti della Maddalena raffigurati nell’estrema sensazione dell’estasi, nell’ultimo sensuale, abbandonato sfinimento del languore e della momentanea cessazione del dolore.

    Sotto i bollenti castagni di Casarola s’espande l’aroma della pioggia, calda di sole, ed esplode fugace un preciso ricordo, disarmonico e stordito, della perduta infanzia.

    Il sentimento smarrito del

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