Compendio di ORDINAMENTO FORENSE e DIRITTI e DOVERI dell’AVVOCATO: Deontologia per l’esame di avvocato
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Il presente compendio, realizzato in collaborazione con la Scuola di Diritto Avanzato, è pensato per tale finalità.
L’opera affronta la tematica in studio in modo chiaro, sintetico, completo ed esaustivo. La trattazione, sempre in linea con la disciplina normativa di riferimento, è corredata da numerosi e puntuali riferimenti alla giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense e della Suprema Corte di Cassazione.
Il volume è disponibile in formato cartaceo e digitale (pdf, kindle o epub); sul portale dell’editore sono, come sempre, disponibili estratti gratuiti.
Piano dell’opera: Parte prima (ordinamento forense): Normativa generale, Organi e funzioni degli Ordini forensi, Accesso alla professione; Parte seconda (deontologia forense): Deontologia: cenni introduttivi; Codice deontologico: principi generali; Il procedimento disciplinare; Rapporti con il cliente e la parte assistita; Rapporti con i colleghi; Doveri dell’avvocato nel processo; Rapporti con terzi e controparti; Rapporti con le istituzioni forensi; Rapporti con le istituzioni forensi.
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Compendio di ORDINAMENTO FORENSE e DIRITTI e DOVERI dell’AVVOCATO - Flavio Cassandro
PARTE PRIMA ORDINAMENTO FORENSE - CAPITOLO I Normativa generale
Introduzione
Con la legge 31 dicembre 2012 n. 247, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 18 gennaio 2013, ed entrata in vigore il 2 febbraio 2013, è stata introdotta la Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense.
Tuttavia, non tutte le disposizioni ivi contenute hanno trovato un’immediata attuazione in ragione della previsione - contenuta nella stessa legge professionale forense – della necessarietà dell’adozione di provvedimenti attuativi. Invero, in attesa del licenziamento di detti provvedimenti, hanno continuato ad avere vigenza molte disposizioni della precedente legge forense di cui al r.d. n. 1578 del 27 novembre 1933 ed al relativo Regolamento attuativo di cui al r.d. n. 37 del 22 gennaio 1934.
Di particolare importanza risulta il disposto di cui all’art. 64 della legge 31 dicembre 2012 n. 247 che delegava il Governo ad adottare entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sentito il CNF, uno o più decreti legislativi contenenti un testo unico di riordino delle disposizioni vigenti in materia di professione forense; invero tale disposizione è stata disattesa dall’esecutivo così da a rendere incerto il quadro normativo vigente.
1. Disciplina dell’ordinamento forense
La legge 31 dicembre 2012 n. 247 (d’ora in avanti anche l.r.f.) all’art. 1, comma 1, dispone che nel rispetto dei principi costituzionali, della normativa comunitaria e dei trattati internazionali, disciplina la professione di avvocato. Ed al comma 2, precisa che l’ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta:
a) regolamenta l'organizzazione e l’esercizio della professione di avvocato e, nell'interesse pubblico, assicura la idoneità professionale degli iscritti onde garantire la tutela degli interessi individuali e collettivi sui quali essa incide;
b) garantisce l’indipendenza e l'autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti;
c) tutela l'affidamento della collettività e della clientela, prescrivendo l'obbligo della correttezza dei comportamenti e la cura della qualità ed efficacia della prestazione professionale;
favorisce l'ingresso alla professione di avvocato e l'accesso alla stessa, in particolare alle giovani generazioni, con criteri di valorizzazione del merito.
2. Disciplina della professione di Avvocato
L’art. 2 della legge professionale forense inquadra la professione forense precisando che l’avvocato – che ha la funzione di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti - è un libero professionista che, in libertà, autonomia e indipendenza, svolge le attività di assistenza, rappresentanza e difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle procedure arbitrali rituali.
Per poter esercitare la professione di Avvocato, è tuttavia necessaria l’iscrizione ad un Albo circondariale. Invero, possono essere iscritti coloro che, in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, hanno superato l'esame di Stato di cui all'articolo 46 della l.r.f. ovvero l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato prima della data di entrata in vigore della legge 31 dicembre 2012 n. 247. Possono essere altresì iscritti: a) coloro che hanno svolto le funzioni di magistrato ordinario, di magistrato militare, di magistrato amministrativo o contabile, o di avvocato dello Stato, e che abbiano cessato le dette funzioni senza essere incorsi nel provvedimento disciplinare della censura o in provvedimenti disciplinari più gravi. L'iscritto, nei successivi due anni, non può esercitare la professione nei circondari nei quali ha svolto le proprie funzioni negli ultimi quattro anni antecedenti alla cessazione; b) i professori universitari di ruolo, dopo cinque anni di insegnamento di materie giuridiche. L'avvocato può esercitare l’attività di difesa davanti a tutti gli organi giurisdizionali della Repubblica ma, per esercitarla davanti alle giurisdizioni superiori deve essere iscritto all'albo speciale regolato dall'articolo 22 della l.r.f.
3. Doveri e deontologia
L’Avvocato, ai sensi dell’art. 2, comma 4 e dell’art. 3, commi 1, 2 e 3 della l.r.f. nell’esercizio della sua attività, è soggetto alla legge e alle regole deontologiche. Invero, l'esercizio dell’attività di avvocato deve essere fondato sull'autonomia e sulla indipendenza dell'azione professionale e del giudizio intellettuale. L’avvocato ha l’obbligo, se chiamato, di prestare la difesa d'ufficio, in quanto iscritto nell'apposito elenco, e di assicurare il patrocinio in favore dei non abbienti. La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza. Inoltre, l’avvocato deve esercitare la professione uniformandosi ai principi contenuti nel codice deontologico emanato dal CNF che stabilisce le norme di comportamento che lo stesso avvocato è tenuto ad osservare in via generale e, specificamente, nei suoi rapporti con il cliente, con la controparte, con altri avvocati e con altri professionisti. Il codice deontologico espressamente individua, poi, fra le norme in esso contenute quelle che, rispondendo alla tutela di un pubblico interesse al corretto esercizio della professione, hanno rilevanza disciplinare; norme, queste ultime, che per quanto possibile, devono essere caratterizzate dall’osservanza del principio della tipizzazione della condotta e devono contenere l'espressa indicazione della sanzione applicabile.
4. Il segreto professionale disciplinato dalla l.r.f.
Ai sensi dell’art. 6 della l.r.f. l’avvocato è tenuto verso terzi, nell’interesse della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e del massimo riserbo sui fatti e sulle circostanze apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonchè nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale. Precisazione di grande rilievo consiste poi nella previsione secondo cui tale obbligo di segreto professionale è valevole anche nei confronti dei dipendenti e dei collaboratori anche occasionali dell'avvocato, oltre che di coloro che svolgono il tirocinio presso lo stesso, in relazione ai fatti e alle circostanze da loro apprese nella loro qualità o per effetto dell’attività svolta.
A garanzia dell’osservanza di tale obbligo è poi finanche disposto che l’avvocato, i suoi collaboratori e i dipendenti non possono essere obbligati a deporre nei procedimenti e nei giudizi di qualunque specie su ciò di cui siano venuti a conoscenza nell’esercizio della professione o dell’attività di collaborazione o in virtù del rapporto di dipendenza, salvi i casi previsti dalla legge [1] .
La violazione dei doveri nei quali si esplica il generale obbligo del segreto professionale costituisce illecito disciplinare.
4.1. Il segreto professionale disciplinato dal Codice deontologico forense
Il Codice deontologico forense dedica al segreto professionale ed al conseguente obbligo ben due articoli. Invero, ai sensi dell’art. 13 si dice che l’avvocato è tenuto, nell’interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali.
Ai sensi dell’art. 28 è invece disposto come sia dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto e il massimo riserbo sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché su quelle delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato. Tale obbligo del segreto, è finanche previsto che vada osservato anche quando il mandato sia stato adempiuto, comunque concluso, rinunciato o addirittura non accettato.
Al comma 4 dell’art. 28 in esame, è poi prevista una mitigazione della tendenziale assolutezza dell’obbligo di segretezza. Difatti è disposto sia consentito all’avvocato di derogare ai doveri segretezza qualora la divulgazione di quanto appreso sia necessaria: a) per lo svolgimento dell’attività di difesa; b) per impedire la commissione di un reato di particolare gravità; c) per allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e cliente o parte assistita; d) nell’ambito di una procedura disciplinare. Tuttavia – si badi bene - la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato [1] .
La violazione dei doveri di cui sopra comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura e, nei casi in cui la violazione attenga al segreto professionale, l’applicazione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni [2] .
5. Prescrizioni per il domicilio
Ai sensi dell’art. 7 della l.r.f. l’avvocato deve iscriversi nell’albo del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale, di regola coincidente con il luogo in cui svolge la professione in modo prevalente, come da attestazione scritta da inserire nel fascicolo personale e da cui deve anche risultare se sussistano rapporti di parentela, coniugio, affinità e convivenza con magistrati, rilevanti in relazione a quanto previsto dall'articolo 18 dell’ordinamento giudiziario, di cui al r.d. 30 gennaio 1941 n. 12 e successive modificazioni. Ogni variazione deve essere tempestivamente comunicata dall'iscritto all'ordine, che ne rilascia apposita attestazione. In mancanza, ogni comunicazione del consiglio dell'ordine di appartenenza si intende validamente effettuata presso l'ultimo domicilio comunicato.
Gli ordini professionali presso cui i singoli avvocati sono iscritti pubblicano in apposito elenco, consultabile dalle pubbliche amministrazioni, gli indirizzi di posta elettronica comunicati dagli iscritti ai sensi dell’art. 16, comma 7, del d.l. 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 gennaio 2009 n. 2, anche al fine di consentire notifiche di atti e comunicazioni per via telematica da parte degli uffici giudiziari. In caso di violazioni delle predette prescrizioni costituisce illecito disciplinare.
L’avvocato che stabilisca uffici al di fuori del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale ne dà immediata comunicazione scritta sia all'ordine di iscrizione, sia all'ordine del luogo ove si trova l'ufficio.
Presso ogni ordine è tenuto un elenco degli avvocati iscritti in altri albi che abbiano ufficio nel circondario ove ha sede l’ordine.
Gli avvocati italiani, che esercitano la professione all’estero e che ivi hanno la loro residenza, mantengono l’iscrizione nell'albo del circondario del tribunale ove avevano l'ultimo domicilio in Italia. Resta fermo per gli avvocati di cui al presente comma l'obbligo del contributo annuale per l'iscrizione all'albo.
6. Impegno solenne
Per poter esercitare la professione (sia in fase stragiudiziale che giudiziale), l’avvocato [1] , ai sensi dell’art. 8 della l.r.f., deve assumere dinanzi al consiglio dell’ordine di appartenenza in pubblica seduta l'impegno di osservare i relativi doveri, secondo la formula: «Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell'assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento».
Da quanto riportato, emerge non solo il riconoscimento (seppur implicito) della figura (differente dall’avvocato) del giurista d’impresa ma anche una evidente e conseguenziale incompatibilità tra le due figure nonchè l’impossibilità, per il giurista d’impresa, di iscriversi agli albi forensi, così come agli elenchi speciali riservati agli avvocati degli enti pubblici.
7. Specializzazioni
La legge professionale forense all’art. 9 dispone che è riconosciuta agli avvocati la possibilità di ottenere e indicare il titolo di specialista secondo modalità che sono stabilite con regolamento adottato dal Ministro della giustizia previo parere del CNF. Al riguardo deve farsi riferimento al d.m. 12 agosto 2015 n. 144, poi modificato dal d.m. 1ottobre 2020 n. 163 avente ad oggetto il Regolamento concernente modifiche al decreto del Ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, ai sensi dell'articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, ed in vigore dal 27 dicembre 2020.
Il titolo di specialista si può conseguire all’esito positivo di percorsi formativi almeno biennali o per comprovata esperienza nel settore di specializzazione.
I percorsi formativi, le cui modalità di svolgimento sono stabilite dal regolamento sopra detto [1] , sono organizzati presso le facoltà di giurisprudenza, con le quali il CNF e i consigli degli ordini territoriali possono stipulare convenzioni per corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista. Il conseguimento del titolo di specialista per comprovata esperienza professionale maturata nel settore oggetto di specializzazione è riservato agli avvocati che abbiano maturato un’anzianità di iscrizione all'albo degli avvocati, ininterrottamente e senza sospensioni, di almeno otto anni e che dimostrino di avere esercitato in modo assiduo, prevalente e continuativo attività professionale in uno dei settori di specializzazione negli ultimi cinque anni.
L’attribuzione del titolo di specialista sulla base della valutazione della partecipazione ai corsi relativi ai percorsi formativi nonchè dei titoli ai fini della valutazione della comprovata esperienza professionale spetta in via esclusiva al CNF che, peraltro, è il solo a poter procedere alla revoca dello stesso titolo nei casi previsti dal decreto ministeriale. Nel dettaglio, il titolo di avvocato specialista è revocato dal Consiglio nazionale forense, a seguito di comunicazione del Consiglio dell’Ordine, nei seguenti casi: a) irrogazione di sanzione disciplinare definitiva, diversa dall'avvertimento, conseguente ad un comportamento realizzato in violazione del dovere di competenza o di aggiornamento professionale; b) mancato adempimento degli obblighi di formazione continua ovvero dell'obbligo di deposito nei termini della dichiarazione e della documentazione