L'economista in un bordello: Una pratica guida per imparare a gestire i rischi della vita
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Info su questo ebook
Non sono molte le persone che si aspettano che un economista abbia le risposte a domande del genere – o alle comuni domande che ci si trova a fare durante la vita di tutti i giorni, come decidere chi corteggiare o quanto tempo prima uscire di casa per andare all’aeroporto. Ma queste persone non hanno mai incontrato Allison Schrager, economista e giornalista pluripremiata, che ha dedicato la sua carriera a studiare come dovrebbero essere gestiti i rischi che si affrontano nella vita e sul lavoro.
Che ce ne rendiamo conto o meno, tutti non ci troviamo continuamente a correre dei rischi, piccoli o grandi che siano. Anche i più cauti non possono semplicemente tirarsi fuori dal gioco: ciò che è possibile fare è minimizzare il rischio, non eliminarlo del tutto. È essenziale, perciò, saperlo misurare, cosa che in genere non sappiamo fare.
In questo suo libro, l’autrice fornisce al lettore cinque princìpi per affrontare i rischi, princìpi utilizzati da coloro che, per lavoro o per altri motivi, si trovano spesso in situazioni molto rischiose. Per esempio, ha intervistato un giocatore di poker professionista per scoprire come si comporta davanti al probabile bluff di un avversario, un paparazzo di Manhattan per capire come riesce ad evitare le situazioni più rischiose ed un generale dell’esercito che ha combattuto in Iraq, dalle cui scelte dipendeva a volte la vita o la morte dei suoi soldati.
Quando ci troviamo di fronte ad un grave rischio, spesso oscilliamo fra un’eccessiva cautela e un’irresponsabile avventatezza. Questo libro ci insegna ad evitare entrambi questi estremi e a gestire il rischio in modo saggio e razionale.
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Anteprima del libro
L'economista in un bordello - Allison Schrager
1
INTRODUZIONE AL RISCHIO:
SIGNIFICATO E LUOGHI ATIPICI
Il concetto rivoluzionario che traccia il confine tra modernità e passato è la gestione del rischio, l’idea cioè che il futuro sia qualcosa di più di un capriccio degli dei, e che gli uomini e le donne non siano più inermi di fronte alla Natura.
— Peter L. Bernstein¹
Nonostante il sole luminoso del Nevada, la stanza era buia e l’aria opprimente. Sullo schermo passava una vecchia replica di Lucy ed io², senza audio. Suonò un campanello, e sulla porta comparve un uomo tarchiato dai lineamenti anonimi. All’improvviso, da un intricato labirinto di corridoi, sbucò un gruppo di ragazze che mi oltrepassarono di corsa, andando a formare una linea all’ingresso. Ognuna, prima di dire il proprio nome, portò le braccia dietro la schiena e fece un passo avanti. L’uomo indicò la seconda da sinistra: una bionda platinata dalle forme generose in perizoma rosso e reggiseno di pizzo. La ragazza, prese l’uomo per mano, e lo condusse nella propria stanza. Benvenuti al Moonlite BunnyRanch! In effetti, una casa di piacere non è esattamente il luogo dove vi aspettereste di incontrare un’economista specializzata in piani pensionistici come me, ma io sono una donna fuori dal comune che senza il rischio non sa stare: per studiarlo gli do la caccia ovunque si trovi. Eppure, non sono una che cerca emozioni forti: non ho mai praticato il bungee jumping, non vado a sciare, e credo di essere l’unica newyorkese che ha paura di attraversare la strada fuori dalle strisce. Piuttosto che infilarmi in situazioni pericolose solo per il gusto di farlo, vado in cerca di luoghi atipici che possano insegnarmi qualcosa in più sul rischio e, soprattutto, su come gestirlo.
Ho studiato all’università per poter scrivere policy aziendali, dare consulenze ai capitani d’industria e pubblicare articoli scientifici, eppure ero lì, seduta su un divano di velluto rosso, in un edificio rivestito in vinile in un angolo sperduto del Nevada, perché alcuni mercati, come quello del sesso, basano la loro fortuna sul rischio. Per identificarlo e mitigarlo esistono, e si possono trovare, modi sempre più efficaci, ed è per questo che vado ovunque ci siano persone intente a sfidare le statistiche. Del resto, anche per gestire piani pensionistici senza sapere se i mercati finanziari saliranno o scenderanno, né quanto vivranno le persone, bisogna essere particolarmente abili nella gestione dei rischi.
Quello del sesso è indubbiamente un business rischioso. Sono andata in Nevada proprio per capire come chi lavora nel settore riesca a circoscrivere e ad attribuire un prezzo ai rischi che corre. Molte ragazze e i loro clienti infatti potrebbero essere tratti in arresto o subire violenze: le prostitute che lavorano in strada hanno una probabilità di essere assassinate tredici volte maggiore rispetto alle altre donne, mentre dati ufficiali rivelano che il 35% degli omicidi di cui sono vittime le prostitute è commesso da serial killer. Fare sesso a pagamento e vendere il proprio corpo, poi, sono veri e propri marchi di infamia: le ragazze e i clienti, se colti in flagrante, vanno incontro a conseguenze sia dal punto di vista sociale che da quello professionale e legale. Sono arrivata fino in Nevada per visitare una casa di appuntamenti allo scopo di comprendere a quale prezzo tali rischi possano essere eliminati.
CHE COS’È IL RISCHIO?
Quando le persone sentono pronunciare la parola rischio
pensano subito a cose tremende, alle situazioni peggiori quali la perdita del lavoro, del proprio patrimonio, o la separazione dal coniuge.
Per migliorare la nostra vita però, siamo tutti chiamati a correre rischi, dobbiamo azzardare per ottenere ciò che vogliamo, anche a costo di rimetterci qualcosa. Per esempio, se puntiamo a vivere un amore da favola, potremmo ritrovarci ad affrontare una delusione sentimentale; se vogliamo fare carriera, dovremo proporci per implementare progetti che potremmo scoprire di non saper gestire. Se decidessimo di evitare qualsiasi rischio, non faremmo mai passi avanti nella vita. Tecnicamente, il rischio definisce l’insieme degli eventi, positivi o negativi, che potrebbero accadere, e quanto è probabile che ciascuno di essi si verifichi.
Anche l’etimologia della parola rischio
rivela i sentimenti contrastanti che nutriamo da sempre nei confronti del fenomeno: la parola deriva difatti dall’antico termine marinaro greco rhizikón che descriveva un serio pericolo
. L’utilizzo è cambiato nel corso degli anni, ma ha sempre descritto qualcosa di pericoloso. Nel corso del XVI secolo, con le prime esplorazioni del Nuovo Mondo, l’accezione del termine cambiò, e le persone intesero il rischio come qualcosa di gestibile, di non lasciato al caso: il termine medio-alto tedesco rysigo significa infatti osare, intraprendere un’attività, auspicare un successo economico
.
Che ve ne accorgiate o meno, ogni giorno correte rischi, grandi e piccoli, che interessano ogni aspetto della vostra vita. La buona notizia è che non dovete lasciar fare al caso e sperare che le cose vadano bene. Questo libro vi spiegherà come assumere rischi consapevolmente e come minimizzare le probabilità che si verifichi l’evento a voi più sfavorevole.
Ci hanno sempre insegnato a pensare in maniera consequenziale, faccio X, e ottengo Y
, ma nella realtà, ogni volta che prendiamo una decisione, sono moltissime le Y che potrebbero verificarsi, da quella più propizia a quella più catastrofica. Se ci poniamo in quest’ottica, possiamo provare a restringere il campo delle Y che possono manifestarsi. Ovviamente, non riusciremo mai a garantire che si verifichi proprio l’evento a noi più gradito ma, adottando un approccio strategico nei confronti del rischio, certamente aumenteremo le probabilità che le cose prendano una piega favorevole. Si sente spesso parlare di rischio calcolato
. Dietro a questa affermazione c’è una scienza che aiuta a comprendere quando conviene scommettere e, nel caso in cui si accetti il relativo rischio, come massimizzare le probabilità che si verifichi l’esito più favorevole.
Questa scienza deriva dall’Economia Finanziaria. Ora starete immaginando uomini impomatati in abiti eleganti che si arricchiscono, magari pescando dalle vostre tasche… Dovete sapere invece che, nella realtà, ciò che avviene nei mercati finanziari non è altro che una compravendita di rischi. Tecnicamente, il rischio rappresenta la stima di tutto ciò che può accadere a un determinato asset: per esempio, le probabilità che il valore di alcune azioni aumenti del 2%, del 20% o, al contrario, crolli del 60%. Una volta quantificato, il rischio può essere acquistato o ceduto, e le persone possono decidere se correre più rischi o ridurre la propria esposizione, a seconda delle proprie preferenze. L’Economia Finanziaria studia i rischi connessi all’andamento dei mercati, ma i suoi principi sono applicabili in moltissimi altri ambiti e decisioni, tra cui quelle che riguardano la vita di tutti i giorni.
Per esempio, come qualsiasi altro esperto di rischi, non prenderei mai un autobus di linea a New York perché il tempo necessario per arrivare a destinazione è del tutto imprevedibile: in media, ci vogliono 30 minuti per attraversare Manhattan, ma gli spostamenti possono richiedere da meno di 15 minuti a più di un’ora, a seconda del momento e della giornata. Se decido invece di andare a piedi, impiego 35 minuti, sempre. Camminando non mi devo preoccupare del traffico eccessivo, né delle tante fermate dell’autobus per far salire e scendere le persone. In altri termini, il tempo per attraversare la città a piedi è prevedibile, e più o meno equivalente a quello dell’autobus. Per dirla in termini finanziari, se dovete scegliere fra due portafogli con rendimenti simili, scegliete sempre quello meno rischioso.
La maggior parte delle persone non li ricorda, ma questi principi derivati dall’Economia Finanziaria tornano utili per prendere decisioni che comportano l’assunzione di rischi. Ho un dottorato in Economia, ma non posso dire di aver imparato molto in campo finanziario fino a quando non ho conseguito il Master: all’epoca credevo che si limitasse a studiare le scelte di chi si arricchisce sfidando i mercati. Se, da un lato, ciò è certamente vero, visto che all’incremento del rischio aumentano le possibilità di guadagno, dall’altro, l’Economia Finanziaria è molto più di questo: è lo studio del rischio in sé.
Approfondendo gli studi ho compreso che i principi che si ricavano monitorando l’andamento dei mercati possono tradursi in un nuovo modo di concepire e di rapportarsi, più in generale, al mondo. Farli propri e, all’occorrenza, saperli mettere in pratica permetterebbe a ciascuno di noi di prendere decisioni complesse e rischiose più consapevolmente: per esempio, se riprendere a studiare, se andare a lavorare in una startup, quanto tempo dedicare a un progetto, oppure quanto offrire per l’acquisto della casa dei propri sogni.
Il rischio è letteralmente ovunque. Mentre scrivevo questo libro, ho fatto ciò che gli economisti non fanno spesso: invece di restare seduta alla scrivania di casa ad analizzare dati, ho trascorso ore in compagnia di persone che non si occupano affatto di Economia – che non c’entrano nulla con Wall Street, per intenderci – chiedendo come gestiscono i rischi insiti nella vita quotidiana e nelle loro carriere professionali.
Tutti gli intervistati hanno trovato soluzioni ingegnose per identificare e gestire il rischio nonostante il contesto economico in rapida evoluzione in cui operano. Le loro storie spiegano i principi fondamentali dell’Economia meglio di quanto farebbe un qualsiasi evento realmente accaduto nei mercati finanziari.
BORDELLO-NOMIA
Quando ho visitato il Moonlite BunnyRanch, il proprietario era Dennis Hof, un omone sulla settantina dalla stazza imponente, calvo, e con una leggera cifosi. Indossava spesso una maglietta da bowling e pantaloni color kaki, e si aggirava per il bordello attorniato da giovani bionde che si contendevano la sua attenzione e la sua benevolenza. Hof morì nell’ottobre del 2018 all’età di 72 anni; il suo corpo fu trovato nella lussuosa suite che aveva in uno dei bordelli di Ron Jeremy, una star dell’industria del porno.
Figlio unico, Hof aveva trascorso una felice infanzia in Arizona. Ai tempi del liceo, lavorava presso una pompa di benzina, aveva già messo incinta la sua ragazza, e l’aveva sposata. Poco tempo dopo, durante la crisi energetica degli anni Settanta, iniziò a rilevare distributori di benzina e a vendere illegalmente carburante fino ad accumulare una piccola fortuna. Le tante relazioni extraconiugali che intratteneva mandarono presto all’aria il suo matrimonio. Hof si trasferì quindi a San Diego dove si diede al business delle multiproprietà e, nel frattempo, fece amicizia con persone che lavoravano nell’industria del porno. In quegli anni, divenne anche un cliente abituale dei bordelli del Nevada.
Gli unici luoghi degli Stati Uniti in cui è legale fare sesso a pagamento sono proprio alcune sparute contee del Nevada dove tale attività è regolamentata in modo particolarmente rigido: le ragazze infatti possono lavorare solamente in bordelli autorizzati, sono sottoposte a frequenti controlli sanitari per verificare che non abbiano malattie sessualmente trasmissibili, e vengono anche esaminati i loro precedenti penali. Negli anni Ottanta, quando Hof e i suoi amici le frequentavano, le case di piacere erano luoghi tristi e squallidi, spesso nulla di più che roulotte parcheggiate in pieno deserto all’interno delle quali le ragazze erano tenute ad assecondare ogni richiesta sessuale dei clienti ai prezzi stabiliti dal bordello, e non potevano allontanarsi per troppi giorni consecutivi.
Nel 1993 Hof acquistò il Moonlite, un bordello che si trovava in una piccola città appena fuori Carson City, e decise di adottare per il commercio del sesso lo stesso approccio già adottato per le multiproprietà: abolì le tariffe fisse e lasciò che fossero le ragazze a scegliere quali prestazioni fornire, e a chi. Ciascuna di esse era quindi una controparte indipendente, libera di andar via o di rimanere³ e, soprattutto, autonoma nel negoziare le proprie tariffe. Godendo di tale indipendenza, ogni ragazza era incentivata a soddisfare rapidamente le richieste del cliente e a chiedere compensi maggiori. Alla sua morte, Hof risultava proprietario di altri sei bordelli in Nevada; io ne ho visitati quattro.
Per molti versi, una casa di tolleranza è un luogo di lavoro come un altro: si tengono riunioni settimanali con lo staff nel corso delle quali, a differenza di quanto avviene altrove, le ragazze portano cappelli stravaganti e bevono tè; si incontrano consulenti finanziari; sono previsti premi di rendimento, ed è possibile fruire di alloggi aziendali (Hof era proprietario di un edificio nelle vicinanze nel quale vivevano molti membri del suo staff). Nel Moonlite BunnyRanch, la sua casa di piacere più famosa, è stato anche girato un reality show erotico, Cathouse⁴.
Ma il reale valore aggiunto fornito da Hof alle ragazze e ai loro clienti era rappresentato dalla mitigazione dei rischi derivanti dalle loro attività.
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In Nevada ho incontrato decine di ragazze, e ho realizzato che ognuna svolge quest’attività per motivi differenti; alcune delle loro storie sono strazianti, altre invece raccontano semplicemente di donne alle quali piacciono sia il proprio lavoro, sia i soldi che grazie a esso si guadagnano. Certe ragazze avevano persino conseguito master in Amministrazione Aziendale e dottorati di ricerca. Negli anni che ho trascorso studiando Economia e Finanza non ho mai incontrato una donna d’affari scaltra come Shelby Starr, una delle ragazze che hanno guadagnato di più lavorando nei sette bordelli di Hof⁵.
È una donna formosa sulla quarantina dai fluenti capelli biondi, parla con un marcato e rauco accento texano, è sposata, ha tre figli e, a parte la sua peculiare professione, conduce una vita ordinaria: lavora tutto il giorno nella casa di appuntamenti, e quasi ogni sera torna a casa da marito e figli. Ci siamo viste nella sua stanza al bordello dove abbiamo ripercorso la sua storia.
Prima di iniziare – mi ha raccontato – viveva una doppia vita: era direttrice Marketing di giorno, e danzatrice esotica
nel tempo libero; anche se in realtà sarebbe più corretto dire che faceva la ballerina – peraltro ben pagata – nel giro dei convegni aziendali
, e che lavorava anche presso una società.
Esiste un giro di convegni aziendali per le spogliarelliste?
le ho chiesto.
Mi ha spiegato che non esistono canali ufficiali, ma si era accorta che come ballerina guadagnava di più quando in città si tenevano determinati convegni. Per questo motivo, si era informata su dove si svolgessero – il settore tecnologico era quello che pagava di più –, e aveva iniziato a contattare i vari strip club dislocati in tutto il Paese per riuscire a seguire quelli più redditizi.
Non c’è quindi da meravigliarsi se, alla fine, guadagnava più dall’attività di ballerina che dall’impiego in azienda. Lei stessa mi ha confessato di avere mantenuto l’impiego in società solo per evitare il marchio di infamia affibbiato a chi si spoglia per denaro, anche perché viene da una famiglia particolarmente religiosa. Conservare un lavoro tradizionale le ha semplificato la vita all’interno della piccola città in cui abitava, e l’ha agevolata nel crescere i figli. Per oltre 15 anni, Shelby Starr ha segretamente portato avanti entrambe le attività, nonostante la sua doppia vita
– impiegata d’azienda e ballerina stile Flashdance – fosse piuttosto evidente. Voglio dire, con i capelli biondo platino, l’abbronzatura finta e quelle tette… Non prendevo in giro nessuno.
Raggiunti i 30 anni, si rese conto che non era più il caso di continuare a ballare; d’altro canto, odiava il lavoro d’ufficio, la sua azienda era intenzionata a trasferirla in un’altra città e, come se non bastasse, suo marito aveva recentemente perso il lavoro. Sembrava davvero il momento propizio per intraprendere una strada completamente nuova. Aveva sentito dire che nel settore della prostituzione legale si guadagnava bene, e aveva anche visto alla TV il reality show ambientato nel BunnyRanch, pertanto decise di contattare la direttrice, Madam Suzette, che la invitò a raggiungerla in Nevada, a sue spese, per un periodo di prova di due settimane.
In generale, per le ragazze quel primo viaggio in Nevada è una vera e propria scommessa, uno dei rischi più grandi che si troveranno ad affrontare: devono infatti pagarsi da sole il viaggio, scegliere l’abbigliamento e il trucco giusti, ottenere l’autorizzazione per prostituirsi e infine sottoporsi ad accurati controlli sanitari. I costi iniziali da sostenere ammontano a circa 1.500 dollari, una somma difficile da racimolare per ragazze spesso molto giovani e che svolgono lavori sottopagati, i cui capi, per giunta, preferirebbero licenziarle piuttosto che concedere loro due settimane di permesso. Inoltre, una volta ottenuta, l’autorizzazione necessaria per prostituirsi rimane un elemento indelebile che risulta per sempre nei precedenti delle ragazze, anche se l’attività è stata svolta per un periodo brevissimo.
Va anche considerato il caso in cui, dopo il periodo di prova, la ragazza non venga assunta, e che quindi non rientri delle spese sostenute, oppure quello in cui non riesca ad ambientarsi all’interno della casa di piacere. Starr infatti era molto preoccupata per le dinamiche che si sarebbero potute generare all’interno del bordello: c’erano troppe ragazze a condividere gli stessi spazi, e a contendersi gli stessi clienti. D’altronde, però, i benefici erano notevoli: avrebbe potuto guadagnare molto più di quanto era mai riuscita a fare fino a quel momento.
Quelle prime due settimane furono semplicemente fantastiche, tanto che decise immediatamente di trasferirsi con marito e figli in Nevada. Oggi è lei l’unica fonte di sostentamento della famiglia grazie agli oltre 600.000 dollari che guadagna ogni anno, e il suo stile di vita non è più un mistero per nessuno, nemmeno per i figli.
Ma tutto ha un costo. A quanto dei propri guadagni Shelby Starr è disposta a rinunciare per potersi prostituire legalmente? Al 10% dei suoi incassi? Al 25%?
Sono rimasta sconvolta quando ho appreso che rinuncia a più della metà dei suoi guadagni. Perché lo fa? La ragione principale è che la casa mitiga i rischi insiti nello svolgimento della sua professione. Questa rinuncia però non è l’unico onere che lei e le ragazze sono chiamate a sostenere: devono infatti pagarsi da sole i viaggi da e per il Nevada⁶, l’affitto per l’uso della stanza, le spese mediche, i vestiti, il trucco, i preservativi e i sex toys. Come lavoratrici autonome, le ragazze sono anche tenute a pagare le tasse sui proventi dell’attività, pari a circa il 30-40% dei loro guadagni (al netto della quota già trattenuta dal bordello). Ecco perché molte di loro, compiaciute, hanno tenuto a riferirmi di poter dedurre dalle tasse il costo d’acquisto sia dei sex toys, sia delle riviste pornografiche.
Ho intervistato in tutto ventitré ragazze che hanno lavorato in quattro diversi bordelli di proprietà di Hof, ho fatto domande sui loro ultimi cinque clienti, o su quelli di cui si ricordavano, analizzando circa 110 transazioni
⁷. Le tariffe medie orarie sono risultate pari a 1.400 dollari circa, pur variando in modo significativo, a seconda della ragazza coinvolta e del servizio richiesto, da un minimo di 360 dollari – l’importo richiesto da una nuova entrata – a un massimo di 12.000 dollari l’ora.
Visto quanto si riesce a guadagnare, è possibile che a nessuna delle ragazze sia venuto in mente di mettersi in proprio, lavorare illegalmente, e tenere tutti i guadagni per sé?
mi sono chiesta. La maggior parte delle prostitute lo fa! Negli ultimi anni, l’avvento di Internet ha condizionato il mercato illegale del sesso: alle ragazze ora non conviene più cedere una quota dei propri proventi a un’agenzia o a un protettore potendo farsi pubblicità online, e raggiungere così un ampio bacino di clienti in completa autonomia. Le tariffe praticate sul mercato illegale del sesso risultano però molto inferiori rispetto ai 1.400 dollari l’ora.
Ne ho fatto una stima scaricando 4 anni di dati – dal 2013 al 2017 – dal sito della Erotic Review, un mensile inglese che offre recensioni dettagliate sulle transazioni sessuali⁸. In tutte le città degli Stati Uniti e nel nord del Nevada la tariffa media oraria di una escort di fascia alta è pari a circa 350 dollari l’ora; nelle grandi città – quali New York e Las Vegas – può arrivare fino a 400 dollari.
A lasciarmi esterrefatta è stata la maggiorazione del 300% per l’assistenza legale⁹.
In realtà, i 1.400 dollari l’ora richiesti da una ragazza di un bordello non consentono di guadagnare somme da capogiro come ci potremmo aspettare visto che il 50% della tariffa è trattenuta dalla casa stessa, il 30-40% del reddito netto va al Fisco a titolo di imposte, e ogni altro onere – vestiti, assistenza sanitaria e acquisto degli strumenti del mestiere
– è a carico delle ragazze. In definitiva, i proventi dell’attività sono equivalenti – e a volte addirittura inferiori – rispetto a quelli di chi lavora illegalmente, e questo senza considerare i costi sostenuti per il primo viaggio e il successivo trasferimento in Nevada, né l’onere di dover rispettare le severe regole della casa di tolleranza. Da un punto di vista economico, lasciare il bordello sembrerebbe quindi l’opzione più conveniente.
Quando ho chiesto alle ragazze se avessero mai pensato di mettersi in proprio, alcune hanno confessato di averci riflettuto aggiungendo che chi nega di averlo fatto mente senza ombra di dubbio; tutte hanno però concordato che non prenderebbero mai una decisione del genere. Il motivo è efficacemente riassunto dalle parole di Starr: Sarebbe troppo rischioso, mentre qui mi sento al sicuro
.
Chi lavora nei bordelli non deve infatti preoccuparsi del fatto che tra i clienti potrebbero esserci assassini psicopatici o poliziotti sotto copertura. Molte ragazze che prima si prostituivano illegalmente hanno ammesso di avere vissuto almeno un’esperienza che le ha fatte sentire in pericolo.
La casa di appuntamenti ha i suoi addetti alla sicurezza e in ogni stanza è installato un pulsante antipanico. Le ragazze mi hanno raccontato che è capitato che alcuni clienti abbiano passato il segno facendo troppe domande sulla