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Poveri, ammalati, stupidi e ignoranti
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Poveri, ammalati, stupidi e ignoranti
E-book314 pagine3 ore

Poveri, ammalati, stupidi e ignoranti

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Perché questo libro?

Questo libro nasce dalla necessità imperante di denunciare lo stato attuale delle cose. L'indignazione provocata dal corso intrapreso dalla nostra società mi ha portato a scrivere questo libro, nella speranza di poter portare un po' di luce, magari di aiutare qualcuno a svegliarsi e di trasmettere speranza. Il cittadino perfetto è un cittadino povero, ammalato, stupido e ignorante. Ciò non è accettabile e dobbiamo cambiare le cose. Il cambiamento inizia proprio dentro ognuno di noi, dal singolo, e ciò è di fondamentale importanza per il processo di cambio globale. Non può esserci un cambio globale e reale se non parte tutto dal singolo individuo. Il cambiamento comincia con le piccole cose della vita quotidiana, la politica si fa nella nostra comunità, nell'edificio in cui viviamo, ogni volta che andiamo al supermercato, ogni volta che prendiamo una decisione per quanto irrilevante essa possa sembrare, come accendere la televisione o non farlo.

Vi invito ad accompagnarmi con spirito critico in questo piccolo viaggio all'interno della nostra società.

LinguaItaliano
EditoreA. Sunot
Data di uscita10 nov 2023
ISBN9798223442370
Poveri, ammalati, stupidi e ignoranti

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    Anteprima del libro

    Poveri, ammalati, stupidi e ignoranti - A. Sunot

    CAPITOLO 1

    GUARDIAMOCI UN PO’ ATTORNO

    ––––––––

    Mala tempora currunt[1]

    Poveri, ammalati, stupidi e ignoranti.

    Questo è ciò siamo complessivamente, ovvero ciò che vogliono da noi.

    Poveri, ammalati, stupidi e ignoranti? Ma di chi stiamo parlando? Qualcuno si sente menzionato?

    Per chiarire qualsiasi dubbio andiamo a vedere qual è il significato dei suddetti termini. La Treccani ci dice che l’aggettivo povero significa riferito a persona, che non dispone a sufficienza di quanto è essenziale per vivere, per sostentarsi, che ha scarsi mezzi economici, che manca del denaro necessario e di tutto quanto il denaro può procurare. Ammalato è colui che viene colpito da malattia, mentre lo stupido è colui che ha, o denota, scarsissima intelligenza, lentezza e fatica nell’apprendere, ottusità di mente. Sempre secondo la Treccani ignorante è colui che non conosce una determinata materia, che è in tutto o in parte digiuno di un determinato complesso di nozioni, o colui che non ha nessuna istruzione e cultura.

    Se ognuno di noi analizzasse se stesso e si chiedesse se uno o più di questi aggettivi lo rappresentano, potremmo applicare un elevato grado di relatività nelle nostre valutazioni.

    Se fossimo poveri, dovremmo accorgercene facilmente. Invece nel caso dell’essere ammalati ho già i miei dubbi. Sicuramente c’è in giro più di una persona che tutti i giorni si prende 5 pastiglie e ritiene di avere una buona salute, magari proprio grazie a questi farmaci.

    Ignoranti lo siamo tutti di fronte all’immensità del sapere, però ovviamente non è a ciò che mi riferisco con il termine ignorante riportato nel titolo di quest’opera. Mi riferisco piuttosto a quella mancanza di cultura e conoscenza che considero essere basica. Anche in questo caso le cose sono relative. Basica per chi? Ciò che è una conoscenza di base per una persona può non esserlo per l’altra.

    Alzi la mano chi è stupido! Nessuno? Non c’è nessuno stupido da queste parti?

    Beh, in fondo credo che nessun stupido si definisca come tale. Al contrario, di solito gli stupidi si considerano persone intelligenti. Arrivo addirittura a pensare che se qualcuno giungesse al punto di definirsi uno stupido, probabilmente non lo sarebbe e quasi sicuramente avrebbe un’intelligenza di gran lunga superiore alle numerose persone che si ritengono intelligenti. Probabilmente colui che si definisce come uno stupido lo fa semplicemente perché riconosce i suoi limiti e forse desidera infierire un po’ su se stesso.

    La conclusione è che se facessimo un sondaggio a grande scala sulla popolazione chiedendo chi è stupido, i risultati statistici ci direbbero che praticamente nessuno lo è (o forse solo un piccolo gruppo che si definisce così senza esserlo). Non ci sono stupidi nella nostra società? Sinceramente credo che abbondino, vedo vere e proprie legioni di idioti per strada. Dai, sicuro che anche voi ne conoscete un bel po’!

    Perché un libro con questo titolo?

    Semplicemente perché ciò è quello che vedo. Questo è il corso che sembra aver preso la vita di molte persone nella nostra società e questo è ciò che i poteri fattici sembrano avere in serbo per noi. Non dico nulla di nuovo, in fondo non è una novità che il volgo ignorante possa essere dominato più facilmente.

    Non tutti siamo poveri, ammalati, stupidi e ignoranti, solo uno di questi aggettivi si applica ad alcune persone, in altri casi si riscontra una combinazione di due o tre di questi attributi e purtroppo ci sono sempre più persone che fanno man bassa e sono degli straordinari rappresentanti di tutte queste quattro caratteristiche.

    Invece l’obiettivo deve essere proprio l’opposto: evitare di essere poveri, ammalati, stupidi e ignoranti, ovvero avere un buon livello di vita, essere sani (tanto fisicamente, quanto mentalmente), aspirare all’intelligenza e limitare il più possibile la nostra ignoranza.

    Questi quattro attributi non sono elementi isolati, al contrario, sono fortemente collegati tra loro. Essere rappresentati anche da uno solo di questi aggettivi è un fatto grave, immaginatevi la combinazione di vari di essi. In questo caso l’azione sarebbe sinergica, come in tossicologia, dove 1 più 1 non fa 2, bensì può fare 7, 8, 10 o chi lo sa. Gli elementi tossici una volta assieme moltiplicano la tossicità e i relativi rischi. La stessa cosa avviene con i nostri quattro aggettivi, povero, ammalato, stupido e ignorante che considero essere dei veri e propri elementi tossici.

    Se siamo poveri, probabilmente non viviamo bene. Stiamo senza lavoro per molti mesi oppure vegetiamo anni in cassa integrazione, senza nessuna possibilità di fare piani per il futuro e con forte limitazioni nel presente. Magari abbiamo un lavoro part-time che ci permette di guadagnare pochi soldi oppure un lavoro fisso full-time, però mal pagato. Forse siamo costretti a lavorare tutto il giorno per quattro soldi e magari si tratta pure di un lavoro molto duro o frustrante. Quando torniamo a casa siamo a pezzi, sia fisicamente sia mentalmente, e non abbiamo voglia di niente, ci facciamo la doccia, ceniamo e ci buttiamo sul divano senza forze e senza voglia di pensare. E colpo di grazia: magari accendiamo pure la scatola infernale chiamata televisione.

    Siamo poveri, facciamo fatica a sbarcare il lunario, non stiamo vivendo, stiamo semplicemente sopravvivendo.

    In tale situazione può essere abbastanza comprensibile che la persona in questione non abbia voglia di informarsi seriamente, studiare, applicarsi e pensare. Nella nostra situazione di povertà possiamo vedere in lontananza come l’ignoranza ci stende le sue braccia per avvolgerci tra le sue spire. La stupidità è facilmente raggiungibile, senza nessuno sforzo, basta premere un pulsante del telecomando dal divano.

    Essere ammalato non piace a nessuno. Malattia uguale debolezza. Se siamo ammalati, ciò che vogliamo è tornare in salute il prima possibile. Se la patologia di cui soffriamo è grave, tutte le altre cose non ci interessano più. Se ci informiamo a proposito di qualcosa, sempre che lo facciamo, sarà sulla nostra malattia e di sicuro non sulla politica internazionale, sulla corruzione politica, sulle truffe bancarie, ...

    Se siamo stupidi, beh, in questo caso non si può pretendere molto da noi, essendo degli stolti la nostra mancanza di intelligenza è evidente. L’intelligenza è la capacità di comprendere, la capacità di risolvere problemi e denota appunto capacità, abilità, conoscenze e intendimento.

    Non ci si può aspettare molto da noi se per definizione ci manca tutto ciò. Lo stupido, disponendo di poca intelligenza e comprensione agirà in modo inadeguato, farà delle sciocchezze, non capirà, probabilmente farà quello che fanno gli altri e ovviamente non perderà tempo studiando e informandosi veramente.

    Ma che nessuno si disperi, il lato positivo è che nessuno si considera uno stupido.

    Come scrive Adolfo Di Bella nel suo meraviglioso libro Il poeta della scienza Vita del professore Luigi Di Bella: «La stupidità è poliglotta e senza tempo e l’imbecille si fa sempre beffe, dall’inizio alla fine della sua vita: la sua esistenza è come un ronzio disarmonico della creazione, il suo ricordo durerà meno dei fiori lanciati sulla bara; però a lui non importa. Si fa sempre beffe.»

    E l’ignorante? L’ignorante ignora le cose, quanto più elevato è il suo livello di ignoranza, più cose ignorerà. La mancanza di conoscenze può essere molto grave e pericolosa in moltissime circostanze. Molto spesso l’ignorante si trova a suo agio nella sua situazione. Perché informarsi, studiare, pensare? Ma se non serve a niente! I libri sono noiosi e inoltre se leggi molto diventi pazzo. Io sono molto informato, guardo tutti i giorni la televisione, potrebbe dirci il Signor Ignorantone.

    CAPITOLO 2

    POVERI

    ––––––––

    «Bisogna prendere il denaro dove si         trova: presso i poveri. Hanno poco, ma         sono in tanti.»

    Ettore Petrolini (1884-1936)

    Soldi, soldi, tutto sembra ruotare attorno ai soldi. Essi sembrano essere l’unica cosa che conta, anche se non dovrebbe essere così. Il denaro dovrebbe essere semplicemente un mezzo e come tale andrebbe considerato. Un mezzo e non certo il fine.

    Attribuiamo tanta importanza ai soldi e alla fine siamo sempre più poveri.

    Anni fa l’Unione europea introdusse l’AROPE (At risk of poverty and exclusion), un nuovo sistema per studiare la povertà dei cittadini. I dati di molti paesi relativi alla disoccupazione, alla povertà e alla privazione materiale sono molti tristi.

    L’Istat (Istituto nazionale di statistica) afferma che nel 2017 in Italia c’erano oltre 5 milioni di poveri in senso assoluto, con rischio di indigenza maggiore nelle famiglie con figli minorenni. La povertà era superiore nell’Italia meridionale, dove 1 persona su 10 è povera.

    La situazione non è migliore in Spagna dove, secondo il rapporto europeo del 2015, il 28,6% della popolazione (ovvero 13.334.573 persone) è a rischio di povertà ed esclusione. Il 22,1% della popolazione soffre la povertà e ciò corrisponde a 10.383.238 persone. Il numero di cittadini che sta vivendo in grave povertà corrisponde a 3.543.453 persone, con entrate inferiori a 333,80 € al mese. Ben 2.993.365 persone vivono in una situazione di grave privazione materiale. Quasi 4.670.000 persone ricevono una pensione che si trova al di sotto della soglia di povertà.

    La situazione a livello europeo è altrettanto preoccupante. Nell’Unione europea nel 2016, 117,5 milioni di persone, ovvero circa un quarto della popolazione, rischiavano di cadere in povertà o in uno stato di esclusione sociale. A partire dal 2008 l’Italia, la Spagna e la Grecia hanno contribuito con quasi sei milioni di persone a questo conteggio totale, mentre in Francia e Germania la percentuale della popolazione povera si è mantenuta stabilmente attorno al 20%.

    Ma perché tanta povertà?

    L’ORIGINE DEL SIGNORAGGIO

    ––––––––

    «It is well enough that people of           the nation do not understand           our banking and monetary             system, for if they did, I believe           there would be a revolution             before   tomorrow morning.»[2]

    Henry Ford (1863-1947)

    Se si vuole cercare di capire come funzionano le strutture di potere del mondo, non si può fare a meno di studiare e comprendere determinati concetti monetari fondamentali, e il signoraggio è proprio uno di questi.

    Il termine signoraggio è di origine medioevale e significa letteralmente aggio del signore e indica l’insieme degli introiti ottenuti con l’emissione della moneta. Il signoraggio si suddivide in signoraggio primario e secondario. Si parla di signoraggio primario quando si tratta di emissione di moneta, mentre il signoraggio secondario è la cosiddetta riserva frazionaria, ovvero la moltiplicazione monetaria da parte della banca che concede prestiti. In epoca medioevale si utilizzavano principalmente monete d’oro.

    A un certo punto si cominciò a depositare l’oro presso gli orafi che lo custodivano nelle casseforti. Essi in cambio delle monete d’oro ricevute rilasciavano come garanzia delle ricevute cartacee, che una volta ripresentate avrebbero consentito ai titolari di rientrare in possesso del proprio oro. Le persone iniziarono a scambiarsi queste ricevute cartacee come se si trattasse di denaro vero e proprio e gli orafi cominciarono a rilasciarle anche a coloro che richiedevano un prestito, dato che scoprirono che non si verificava mai la circostanza in cui tutti andavano a ritirare tutto il loro oro. Solo circa il 10% dei creditori riscattava l’oro depositato e quindi gli orafi iniziarono a vendere queste note di credito sebbene non fossero garantite. Per capirci: avevano un valore pari a 100 in oro in cassaforte e davano in prestito molto di più perché tanto si erano accorti che solo un minimo di persone andava a riprendersi l’oro. Introdussero quindi il concetto di riserva frazionale (o signoraggio secondario), l’oro che avevano in riserva era solo una frazione delle banconote che esso supportava. Ovviamente esigevano degli interessi in cambio del prestito che avevano elargito, sebbene non avessero consegnato dell’oro, bensì dei semplici pezzetti di carta. Praticamente creavano guadagno dal nulla, out of the thin air come dicono gli americani.   Le cose non sono cambiate e, anzi, ai giorni nostri vanno ancora peggio, la banca continua a prestare molti più soldi di quelli che effettivamente ha nei forzieri, presta quindi denaro che non ha. Ma per essere precisi si dovrebbe puntualizzare che la banca non presta nulla, bensì si limita a mettere a disposizione una garanzia di pagamento in cambio della corresponsione degli interessi.

    DEBITO PUBBLICO IMPOSSIBILE DA PAGARE

    ––––––––

    «There are 10¹¹ stars in the galaxy.           That used to be a huge number. But it’s         only a   hundred billion. It’s less than         the national deficit! We used to call           them astronomical numbers. Now we         should call them economical             numbers.»[3]

    Richard Feynman (1918-1988)

    Il debito pubblico è impossibile da pagare. Stati come l’Italia si vedono ridotti alla misera condizione di dover pagare ogni anno degli interessi elevatissimi sul debito pubblico. Oramai siamo arrivati al punto in cui non si paga più il debito, si pagano solo gli interessi sul debito che ammontano a molte decine di miliardi. Paesi come l’Italia, se non fossero assoggettati alla schiavitù del debito, sarebbero delle nazioni floride.

    Qualcuno potrebbe dire che i debiti vanno pagati e che se non vogliamo avere dei debiti non li dobbiamo contrarre. Sono d’accordo, infatti noi cittadini non abbiamo contratto questi debiti. Non si tratta di debiti che lo stato fa per esempio per investire nell’infrastruttura del paese, no, si tratta in gran parte di debiti derivanti dall’emissione di moneta. Perché dei banchieri privati devono avere il privilegio di poter stampare le banconote a prezzi irrisori (pare circa 3 centesimi per una banconota da 100 euro), registrare la valuta prodotta come passività e mettere in conto agli stati il costo di fabbricazione, il valore nominale delle banconote e pure gli interessi?

    Se a produrre il denaro fosse lo stato, non avremmo tutti questi debiti e si potrebbero creare delle grandi nazioni.

    Nel libro Memoirs di David Rockefeller[4] possiamo leggere: «Alcuni credono che facciamo parte di una cabala segreta che manovra contro gli interessi degli Stati Uniti definendo me e la mia famiglia come internazionalisti, e di cospirare con altri nel mondo per costruire una più integrata struttura politico-economica globale, un nuovo mondo, se volete. Se questa è l’accusa, mi dichiaro colpevole e sono orgoglioso di esserlo.»[5]

    LA BANCA D’ITALIA È UNA BANCA PRIVATA

    ––––––––

    «The bank hath benefit of            interest on all moneys which it           creates out of   nothing.»[6]

    William Paterson (1658-1719),           fondatore della Banca             d’Inghilterra

    Un numero non irrisorio di persone si fa indurre in inganno dal nome e crede che la Banca d’Italia sia pubblica. Molti penseranno che siccome è d’Italia, sarà degli italiani e quindi pubblica, ma le cose non stanno affatto così.

    Riporto in seguito l’elenco dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia al 10 settembre 2018.

    ––––––––

    E la Banca centrale europea[7]?    

    Ecco qui, i soci della Banca centrale europea sono:

    - Nationale Bank van België/Banque Nationale de Belgique (Belgio)

    - Deutsche Bundesbank (Germania)

    - Esti Pank (Estonia)

    - Central Bank of Ireland (Irlanda)

    - Bank of Greece (Grecia)

    - Banco de España (Spagna)

    - Banque de France (Francia)

    - Banca d’Italia

    - Central Bank of Cyprus (Cipro)

    - Latvijas Banka (Lettonia)

    - Lietuvos bankas (Lituania)

    - Banque centrale du

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