Il Volere di una Svolta
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Info su questo ebook
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
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Anteprima del libro
Il Volere di una Svolta - Dolores D’Avanzo
Prologo
Bellissimo, devo ricominciare tutto!
In effetti, quante volte nel cammin di nostra vita ci guardiamo intorno e osservando il Cielo, diciamo: Sì, ora voglio ricominciare tutto!
.
Il Volere di una Svolta è la volontà interiore che appartiene a ciascuno di noi. Chi siamo, dove andiamo, perché siamo qui. Tutte domande retoriche che ci poniamo quando proviamo a scrutarci dentro. Ma chi siamo? Perché siamo giunti qui? È vero che la Terra è l’unico pianeta ad essere abitato o ci saranno mondi nuovi che ci attendono? Ciascuna di queste domande erano i quesiti di Giovanna. Era stata catapultata in questo mondo senza appartenervene davvero. Fin dalla sua giovinezza aveva compreso che era qui per una ragione ben precisa: la sua missione; bisognava soltanto comprendere chi ne fosse il mandante. Era una bambina quando un giorno la mamma le disse:
«Ho deciso che il papà ed io, in futuro, percorreremo due strade differenti».
Quel mattino Giovanna era seduta sul divano marrone dell’immenso salone di casa sua. Il suo papà navigava e lo vedeva tanto poco. Erano più i mesi in cui lui era in mare che quelli in cui Giovanna poteva raccontare ad altri il tempo che trascorreva con suo padre. Ma quella mattina, non era una mattina come tutte le altre e quando la madre e il padre le dissero che si sarebbero separati, Giovanna li guardò, restando in silenzio. Doveva prepararsi per andare a scuola e uscita dalla stanza entrò in quella di sua madre; del resto i suoi genitori non dormivano più insieme già da tempo. Prese del denaro e si preparò ad uscire di casa.
Quel giorno non arrivò mai a scuola. Giovanna andò diretta al porto. Acquistò il biglietto di un vaporetto per l’isola più vicina e si avviò, lontana. Aveva bisogno di mettere il mare tra lei e il dolore; tra lei e il caos, tra lei e l’impotenza. Era solo una bambina, del resto. Arrivata sull’isola acquistò un costume in uno dei negozietti vicini al porto; prese qualcosa da mangiare, si diresse in quella spiaggetta così carina dove erano soliti andare nei giorni in cui i suoi genitori sembravano ancora felici. Era un maggio strano, in cui il sole pareva non avere molto coraggio. Una giornata un po’ uggiosa, quasi rispettosa del dolore di Giovanna. Presto divenne mezzogiorno e doveva tornare a casa in tempo, altrimenti la mamma avrebbe scoperto la sua assenza da scuola e si sarebbe presa una bella sgridata. Allora corse in fretta verso il porto ma il suo traghetto era già partito. Cominciò a piangere. Giovanna ancora non sapeva che quel giorno avrebbe iniziato il suo Golgota Vitae. Alla fine era una bambina, solo una bambina di 9 anni.
Sul molo, un uomo seduto su un cassone vicino a un aliscafo pronto per partire le disse:
«Piccola perché piangi??».
«Ho perso il mio traghetto e non so come tornare a casa. La mamma si arrabbierà, le ho detto che andavo a scuola». Rispose Giovanna, asciugandosi appena le lacrime con le sue manine.
«Ma no bambina, non piangere. Stai tranquilla che tra poco partiamo noi. Dai vieni qua!».
Giovanna salì a bordo e andò a sedersi al centro dell’aliscafo ma lo stesso marinaio la sgridò:
«No, bambina, lì non puoi sederti se non hai il biglietto. Dai vai laggiù» e le indicò una cabina al centro dell’imbarcazione. Giovanna entrò e vide una brandina, una scrivania e una sedia; si sedette tranquilla su quella branda, poggiò la cartella e lasciò la porta aperta. Nel mentre, l’aliscafo salpò e l’uomo giunse da lei chiudendo la porta. Dopo un po’ di tempo le disse:
«Su, su, Giovanna, dai! Ricomponiamoci che siamo arrivati».
Giovanna non capiva nulla in quel momento. In realtà non aveva compreso nemmeno la gravità di quanto le era appena accaduto. Sentiva soltanto quel cattivo odore acre di dopobarba su