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Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe
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Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe
E-book107 pagine1 ora

Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe

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Forte, bello, raffinato, elegantissimo; desiderato dalle donne, invidiato dagli uomini, odiato da molti, ammirato da tutti. Condottiero geniale, reputato il migliore; coraggioso e temerario, sempre in testa ai suoi uomini; ferito innumerevoli volte, eppure mai domo. Signore della guerra, ma disastroso in diplomazia; assolutamente incapace di districarsi nella ingarbugliata situazione italica di metà Quattrocento. Passionale e impulsivo, mutevole nelle opinioni e nelle alleanze, tanto da venire spesso considerato inaffidabile e pericoloso. Presente su tutti i campi di battaglia per garantirsi la sopravvivenza della Signoria e le risorse necessarie a soddisfare le proprie smisurate ambizioni. Protagonista di infinite contese col nemico Federico da Montefeltro, nel tentativo (reciproco) di ampliare i rispettivi confini, troppo angusti per i loro grandi sogni. Reso feroce e crudele dalla durezza delle mille battaglie; e tuttavia dolce con la madre, tenero coi figlioletti, poetico con l’amata Isotta. Così attaccato alla sua Rimini, dove riposano le ossa degli antenati, da esser disposto a morire mille volte pur di non scambiarla con qualunque altra città. Qui e nei castelli del territorio permangono i segni forti e importanti della sua strategia militare. Estremamente colto e sensibile, ha avuto la capacità di cogliere prima d’altri i fermenti artistici che stavano sbocciando in Italia. Infatti il Tempio Malatestiano costituisce in assoluto la prima espressione di quella temperie fantastica e irripetibile che fu il Rinascimento; una testimonianza imperitura che il genio di Sigismondo ha lasciato alla città. Pur avendo concluso la propria vita in un triste declino materiale, la cultura, l’intelligenza e l’acume del precorritore gli hanno ottenuto quel che la diplomazia o le armi non gli avrebbero comunque saputo mai dare: l’immortalità.
LinguaItaliano
Data di uscita8 lug 2016
ISBN9788898275373
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    Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe - Oreste Delucca

    Umbrae.

    Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe

    Sigismondo Pandolfo Malatesta, forse il più riminese fra i membri del suo casato, non è riminese di nascita. Vede infatti la luce a Brescia il 19 giugno 1417, alle ore 15 esatte.

    È figlio illegittimo di Pandolfo III Malatesta, Signore della città dal 1404 al 1421. Questo importante ruolo Pandolfo l'aveva ottenuto dal Signore di Milano a compenso di servigi prestati e non pagati: la carenza di liquidità era una costante dei signori di quel tempo, che spesso ricorrevano a tali procedure per saldare le loro obbligazioni. Anche i Malatesta si sono trovati sovente nella medesima condizione.

    Pandolfo dalle sue tre mogli non aveva avuto figli legittimi. Ha avuto però tre figli naturali: Galeotto Roberto (il Beato, nato il 3 febbraio 1411 da Allegra de Mori), Sigismondo Pandolfo e Domenico alias Malatesta Novello (quest'ultimo nato il 5 agosto 1418), da Antonia figlia di Giacomino de Barignano, una nobildonna bresciana di gran temperamento.

    Mezzo grosso bresciano in argento di Pandolfo III Malatesta.

    Va segnalato che, mentre il casato malatestiano si è estinto da tempo, quello di Antonia, oggi divenuto Bargnani, esiste ancora a Brescia. In particolare Alberto Bargnani, il discendente che oggi coltiva le memorie di famiglia, è da anni riminese d'adozione ed è solito trascorrere le sue estati nella città adriatica.

    In passato alcuni storici hanno sostenuto che la madre di Sigismondo appartenesse ad altro casato (Clementini, II, p. 296; Amiani, I, p. 344). È una tesi del tutto superata, che ormai non viene nemmeno ritenuta degna di menzione.

    Basta consultare gli atti notarili quattrocenteschi stipulati nel Riminese da Antonia de Barignano, i quali la citano sempre con questa espressione: magnifica signora Antonia di Giacomino da Barignano, madre dei magnifici signori nostri Sigismondo Pandolfo e Malatesta Novello dei Malatesti. Scorrendo le carte, se ne rinviene una ottantina di quel tenore; dovrebbero essere sufficienti a chiarirne la maternità (Delucca, pp. 103-124).

    Oppure consultare i Codici Malatestiani conservati a Fano: oltre cento codici, che contengono fra l'altro tutta la documentazione relativa alla signoria di Pandolfo III a Brescia, registrando le varie spese quotidiane della corte.

    In attesa della nascita del primo figlio, Antonia de Barignano, che si mostra assai autorevole a corte, prepara il corredino: fra aprile e maggio 1417 si fornisce ripetutamente di paniselli da putti, e di uno copertorio da chuna finemente ricamato; dal 22 giugno al 3 luglio, cioè nei giorni successivi al parto, compaiono le sue spese per medicinali legati all'evento (per spiziaria, confetioni e altre cose per lo parto a madona Antonia); nel mese di agosto si registrano le spese da lei sostenute per il panno necessario alla fattura di un covertoro de rosso, fodrato de pelle, al puto del Signore (Codice 51, cc. 4-8).

    Fra le spese di Antonia nel 1418 figurano quelle relative alla bayla del puto (che riguarderanno le bayle de i soi puti dopo la nascita di Domenico, il suo secondogenito). Quindi altre spese, principalmente per il vestiario; nonché i compensi che Antonia corrisponde a Lorenzino inzignero per uno stentarolo et una catredella per lo puto del Signore, oltre ad uno cariolo per lo puto del Signore (Codice 52, cc. 3-16). Notare che da piccolo Sigismondo viene familiarmente chiamato Pandulfino, al pari di Galeotto Roberto che, nelle registrazioni di spesa, era chiamato Rubertino. E gli esempi potrebbero continuare.

    *

    La vita tranquilla a Brescia purtroppo non proseguirà a lungo: nel 1421 Pandolfo III (sconfitto dall'esercito visconteo al comando del Carmagnola) deve lasciare la città lombarda e rientrare – unitamente al sèguito e alla famiglia – nel vicariato che divideva col fratello Carlo. Le fonti sono piuttosto avare nel riferire l'esatta destinazione dei suoi figli, particolare non privo di importanza per poter indagare sulla loro educazione. Taluno ha sostenuto che siano scesi a Fano; altri – i più – li hanno invece creduti a Rimini, affidati alle cure della zia Elisabetta Gonzaga, moglie di Carlo Malatesta.

    Sappiamo per certo che Pandolfo III ha avuto un ruolo assai limitato nella fanciullezza dei figli. Molto di frequente è risultato lontano da Fano e dalla stessa Rimini, impegnato in varie azioni belliche (dall'esito non sempre favorevole). Inoltre aveva assunto il governo di Cesena, essendo da tempo scomparso Malatesta, suo fratello minore. I Codici fanesi, tra il 1422 e il 1425, testimoniano con assiduità la presenza di Pandolfo a Cesena, dove riceve sistematicamente prodotti alimentari da Fano, come fichi, formaggi e soprattutto vino (Codice 36, passim). Più tardi cadrà gravemente infermo, per la forte usura fisica dovuta alla intrinseca durezza della esperienza militare, accompagnata ad una condotta di vita notoriamente sregolata[1]. Infine, l'ambizione di sposare in terze nozze una giovinetta toscana, Margherita Anna dei Guidi di Poppi, nel tardivo sforzo di ottenere prole legittima, farà traboccare la misura portandolo alla morte, avvenuta il 4 ottobre 1427. Poco prima, aveva nominato Ugolino de Pili curatore dei suoi figli e, dopo l'andata di costui a Firenze per incarichi pubblici, Elisabetta lo sostituirà con Pietro di Cante dei conti di Montevecchio, del quale si disse: fu egli così amato da Sigismondo che sempre nominossi suo compagno (Amiani, I, p. 361).

    Per altro verso, le carte fanesi offrono pochi spunti per affermare la presenza dei figli di Pandolfo nella città marchigiana, quando non lascino intendere addirittura il contrario. Il 17 settembre 1422, nel Codice 36 compare una spesa ad Antonio da Norsa ch'à medeghato uno roncino portante de Gi(s)mondo figliolo del Signore, ch'avea uno giavardo [piccolo tumore] in lo pe'. Mentre il 4 gennaio 1423 sono registrate le spese all'uomo che va a Cervia con una roncina con una soma de robba de Ruberto figliolo de miser Pandolfo, oltre che per una schatolla coperchiata … la quale fo mandata a Ruberto del magnifico signore miser Pandolfo. Sono notizie troppo scarse, in confronto alle spese, quasi quotidiane, annotate nei registri bresciani quando i ragazzi si trovavano là. Il 13 aprile 1424, poi, figura la spesa a Giuanni d'Anchona marenaro per che lui porta con la sua barcha ad Arimeno quatro some de grano al maestro de Ruberto. Qui par proprio di capire che Roberto risiedesse a Rimini, dove aveva un personale precettore.

    D'altra parte sappiamo che, dopo la sconfitta di Zagonara e la prigionia di Carlo Malatesta a Milano (iniziata nel mese di luglio 1424), al momento della sua liberazione (gennaio 1425) la consorte Elisabetta Gonzaga gli va incontro accompagnata dal giovane Roberto,

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