Crisi dimenticate
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Info su questa serie
Incontrerà un uomo italiano che cambierà per sempre la sua vita: Salvatore Mazzola, eclettico e creativo professionista, di quell’avventura africana incarnerà ogni contraddizione. Dopo sette figli e traslochi rocamboleschi da una parte all’altra della città, nel 1949 Demmechesc viene abbandonata a sé stessa: Salvatore Mazzola rimpatrierà in Italia con moltissimi altri, lasciando in Africa la sua famiglia, tra il boom economico e la guerra civile. Enzo in quel momento ha dieci anni. Questo libro ripercorre la sua infanzia, dalle avventure spensierate all’abbandono, dall’incontro con Adriana all’approdo a Roma.
Vita quotidiana in una famiglia, mista irregolare, in Mamma Demmechesc troviamo le vicende di razzismo, di segregazione e le grandi incertezze che hanno segnato l’infanzia dell’autore nella colonia italiana in Eritrea.
Con dolcezza, e con occhi di bambino, Enzo, il vivace ottuagenario autore di questa autobiografia ci narra la propria vita e la storia di sua madre convivente per ben dieci anni di un colono italiano.
Il valore di questa testimonianza risiede nella possibilità di fare un viaggio storico nel tempo delle colonie italiane e del fascismo come in un film riviviamo quell’epoca dall’interno di una famiglia particolare, tentiamo di capire le ragioni che
muovono l’uomo, l’ingegnere Salvatore, il creativo, il padre di famiglia, il fascista che, nonostante tutto, ha un debole per la giovane Demmechesc.
Nella narrazione si ritrovano tutti gli aspetti dello sfruttamento coloniale, il ghetto meticcio di Asmara, il lavoro nero, anche minorile, visti dal protagonista che racconta con quel principio di realtà che ha imparato fin da bambino.
La crisi dimenticata, il dramma, la violenza, la crudeltà dell’epoca sono stemperati dall’ottimismo del bambino, poi ragazzo, poi uomo, protagonista di quel riscatto sociale che riuscirà a raggiungere assieme alla madre e a tutti e sette i fratelli.
Nella postfazione la curatrice ripercorre i contorni storici della vicenda coloniale, indaga il contesto delle leggi razziali, delle violenze sulle donne, delle pratiche schiaviste, fino a toccare la rimozione del fenomeno e l’impunità che allora ebbero i protagonisti.
Questo libro fa comprendere i valori umani, i valori delle comunità, ci ricorda quanto dietro la narrazione di ogni guerra, persecuzione, colonizzazione, ci sia la storia vera di bambini, donne e uomini.
Oggi le mamme Demmechesc sono in Afghanistan, in Siria e in tutti i luoghi dell’Africa dove c’è ancora una guerra.
Titoli di questa serie (3)
- Corrispondenze afghane: Storie e persone in una guerra dimenticata
1
In questo libro ci sono le storie di persone che vivono in mezzo ad un feroce conflitto tra disperazione, sorprendente resilienza e voglia di guardare al futuro. In Afghanistan la guerra non è finita dopo il ritiro del grosso delle truppe occidentali nel 2014, come invece il grande pubblico è spinto a credere dal silenzio dei media e della politica. Nonostante i miliardi spesi e le vite sacrificate dall’Occidente (Italia compresa) per un conflitto più lungo della II guerra mondiale, l’Afghanistan è nel caos: il numero di vittime civili è al suo massimo storico, la produzione di oppio pure, il corrotto governo “democratico” controlla solo metà del territorio, gli USA sono pronti a riconsegnare il Paese ai talebani; gli afghani sono pronti ad una nuova grande fuga verso l’estero. “ Per scrivere questo libro sono stato in astanterie sporche di sangue fresco; ho visitato covi nascosti in bella vista; attraversato umili botteghe dove si trattavano affari da milioni di dollari; camminato in uffici prestigiosi popolati da grandi corrotti; scelto i melograni migliori al bazar di un villaggio crocevia della guerriglia; comprato del caldo pane nan da vecchi appollaiati dentro vetrine con la tv accesa; bevuto tè il cui fumo caldo ha sciolto la diffidenza delle persone che me l’avevano versato; viaggiato su pickup delle truppe afghane come un bersaglio mobile; infilato le mani nella stessa ciotola di riso e montone con giornalisti, intellettuali, talebani, tagliagole, trafficanti di pietre preziose e reperti archeologici, infiltrati dei servizi segreti, padri di famiglia, mercenari, guardie private, poliziotti, politici, atleti, medici, infermieri, feriti, rifugiati e aspiranti tali, vedove e orfani di guerra. In una parola con il popolo afghano, che mi ha sempre trattato come uno di loro; di questo privilegio non posso che essere grato al destino. ” I numeri numeri chiave della guerra dimenticata Nel 2018 sono stati uccisi 3.804 civili nel corso di combattimenti e attentati, 7.189 i feriti. Nel primo semestre del 2019 le forze governative e i bombardamenti americani hanno ucciso più civili che i talebani e l’ISIS. Ogni giorno in Afghanistan vengono uccisi almeno 25 tra soldati e poliziotti. La guerra al terrorismo in Iraq, Afghanistan e Pakistan ha fatto 507.000 morti tra il 2001 e il 2018. Nel 2018 caccia, bombardieri e droni americani hanno sganciato 7.362 ordigni, un record storico. Gli USA hanno speso oltre 100 miliardi di dollari per la ricostruzione. Nel 2000 nel paese sono stati coltivati circa 82.000 ettari a papavero da oppio, sedici anni dopo, nel 2017, si è passati a 328.000 ettari, nel Paese si raffina sempre più eroina e si producono metanfetamine a basso costo. Nel secondo trimestre del 2019 si sono contati 6.445 EIA (Enemy-Initiated Attacks ovvero scontri a fuoco, esplosioni di IED, fuoco indiretto e così via), in media circa 70 attacchi della guerriglia al giorno senza considerare le operazioni avviate dalle forze governative e dagli alleati americani. Dopo il ritiro delle truppe della colazione ISAF a guida NATO nel 2014, sono rimasti 17.148 soldati stranieri per la missione Resolute Support più almeno 6.000 militari della missione USA antiterrorismo Freedom’s Sentinel. Per l’addestramento delle forze locali, operano circa 1.000 soldati italiani. Non esistono dati certi sulle milizie al servizio della CIA, spesso accusate di esecuzioni sommarie di civili innocenti durante i raid notturni. L’Afghanistan è il Paese più pericoloso al mondo dove lavorare come giornalista, nel 2018 sono stati uccisi 15 reporter. Il governo controlla solo il 55% del Paese, i restanti distretti sono sotto controllo talebano oppure “contesi”, con continui combattimenti e rovesciamenti di fronte.
- Afghanistan Missione Incompiuta 2001-2015: Viaggio attraverso la guerra in Afghanistan
2
Nell’agosto del 2021 Kabul è caduta, i talebani sono tornati al potere dopo 20 anni dall’invasione USA. Che cosa è successo davvero in uno dei Paesi più belli e dannati del mondo? Che cosa ci siamo lasciati dietro in Afghanistan? Nico Piro narra nella forma di saggio e di racconto autobiografico. Tra ipocrisie, bugie, omissioni e militari mandatia combattere un conflitto senza poterlo chiamare guerra. La produzione di oppio ai massimi storici, una ricostruzione mai decollata, la “nuova” classe dirigente diventata tra le più corrotte al mondo, i talebani sempre più forti, le trattative di pace allo stallo, il governo “democratico” sull’orlo del collasso, un flusso inarrestabile di rifugiati in fuga da un conflitto che dura ormai dalla fine degli anni ‘70. Sullo sfondo un Paese ricco di tesori archeologici e di un’affascinante storia millenaria, la cui immagine è stata troppo spesso ridotta a bombe e pascoli di capre. La storia di un conflitto durato più della Seconda guerra mondiale che dal 2001 al 2015 è costato 1.000 miliardi di dollari agli Usa, 5 miliardi di euro all’Italia, 26.270 vittime civili, 2.357 soldati americani uccisi, 1.130 caduti della coalizione, 57 morti italiani.
- Mamma Demmechesc: Autobiografia di una famiglia italo-eritrea
3
DEMMECHESH è il nome di una piccola donna eritrea che negli anni trenta del secolo scorso da un remoto borgo giunge ad Asmara a piedi. Una scintillante città in pieno sviluppo, ricca di merci, sogni, progetti per l’Impero coloniale del Duce. Incontrerà un uomo italiano che cambierà per sempre la sua vita: Salvatore Mazzola, eclettico e creativo professionista, di quell’avventura africana incarnerà ogni contraddizione. Dopo sette figli e traslochi rocamboleschi da una parte all’altra della città, nel 1949 Demmechesc viene abbandonata a sé stessa: Salvatore Mazzola rimpatrierà in Italia con moltissimi altri, lasciando in Africa la sua famiglia, tra il boom economico e la guerra civile. Enzo in quel momento ha dieci anni. Questo libro ripercorre la sua infanzia, dalle avventure spensierate all’abbandono, dall’incontro con Adriana all’approdo a Roma. Vita quotidiana in una famiglia, mista irregolare, in Mamma Demmechesc troviamo le vicende di razzismo, di segregazione e le grandi incertezze che hanno segnato l’infanzia dell’autore nella colonia italiana in Eritrea. Con dolcezza, e con occhi di bambino, Enzo, il vivace ottuagenario autore di questa autobiografia ci narra la propria vita e la storia di sua madre convivente per ben dieci anni di un colono italiano. Il valore di questa testimonianza risiede nella possibilità di fare un viaggio storico nel tempo delle colonie italiane e del fascismo come in un film riviviamo quell’epoca dall’interno di una famiglia particolare, tentiamo di capire le ragioni che muovono l’uomo, l’ingegnere Salvatore, il creativo, il padre di famiglia, il fascista che, nonostante tutto, ha un debole per la giovane Demmechesc. Nella narrazione si ritrovano tutti gli aspetti dello sfruttamento coloniale, il ghetto meticcio di Asmara, il lavoro nero, anche minorile, visti dal protagonista che racconta con quel principio di realtà che ha imparato fin da bambino. La crisi dimenticata, il dramma, la violenza, la crudeltà dell’epoca sono stemperati dall’ottimismo del bambino, poi ragazzo, poi uomo, protagonista di quel riscatto sociale che riuscirà a raggiungere assieme alla madre e a tutti e sette i fratelli. Nella postfazione la curatrice ripercorre i contorni storici della vicenda coloniale, indaga il contesto delle leggi razziali, delle violenze sulle donne, delle pratiche schiaviste, fino a toccare la rimozione del fenomeno e l’impunità che allora ebbero i protagonisti. Questo libro fa comprendere i valori umani, i valori delle comunità, ci ricorda quanto dietro la narrazione di ogni guerra, persecuzione, colonizzazione, ci sia la storia vera di bambini, donne e uomini. Oggi le mamme Demmechesc sono in Afghanistan, in Siria e in tutti i luoghi dell’Africa dove c’è ancora una guerra.
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