La guerra senza radar: 1935-1943, i vertici militari contro i radar italiani
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Anteprima del libro
La guerra senza radar - Giacinto Mascia
Esiste la probabilità che la Marina si trovi, in caso di guerra, di fronte ad un nemico provvisto di mezzi per il tiro notturno delle artiglierie antiaeree e navali a grande distanza
Dalla relazione del prof. Ugo Tiberio al Ministero della Marina, novembre 1936
"Marconi è un bravo ragazzo, lasciamolo fare. Sta
usando diciassette dei miei brevetti"
Nicola Tesla
Prefazione
"Ogni lavoro storico e interpretazione della guerra condotta dall’Italia fra il 1940 e il 1943, parte dalla granitica certezza che il Paese fosse assolutamente impreparato sotto ogni punto di vista. Tale giudizio sull’impreparazione italiana, assurto a dogma nel dopoguerra, è del tutto falso per quanto riguardava gli strumenti di rilevamento elettrotecnico: i radiotelemetri. Negli anni Trenta questi strumenti erano chiamati in Italia radiolocalizzatori o radiotelemetri, in Gran Bretagna erano chiamati Radiolocators o RDF (Radio Direction Finding), in Germania avevano diversi nomi, ma oggi sono comunemente noti con il nome di Radar (radio detection and ranging), termine che si impose nel secondo dopoguerra. La tecnologia base della radio e dei «radar» risaliva alla fine dell’Ottocento, grazie alle scoperte ed invenzioni dello scienziato di origine serba Nikola Tesla, ma le realizzazioni ufficiali risalivano agli anni Venti e Trenta del Novecento. L’Italia cominciò gli studi ed i lavori con Guglielmo Marconi nei primi anni Trenta, ma le ricerche furono condotte anche da altri ingegneri italiani che diedero all’Italia una invenzione formidabile. Gli studiosi italiani che si dedicarono alla realizzazione dei radiotelemetri furono numerosi, tra cui l’ingegnere Ernesto Montù, l’ingegner Agostino Del Vecchio, il professor Ugo Tiberio, il professor Nello Carrara e l’ingegner Arturo Castellani. Gli strumenti realizzati dai tecnici italiani erano perfettamente funzionanti, alcuni già pronti dal 1935-36, ma non furono valutati attentamente dai militari italiani, che dimostrarono un disinteresse incredibile e talvolta fastidio per un’invenzione fondamentale in ambito bellico. Il livello degli studiosi italiani si rivelò eccellente, raggiungendo vette insuperate per il periodo, anche fra le contemporanee realizzazioni straniere. A proposito basti pensare che l’ingegner Castellani costruì due tipi di radiotelemetro a scansione televisiva, denominati Veltro e Lepre. Tutta la vicenda dello studio e delle realizzazioni italiane legate ai radiotelemetri è stata ignorata nel dopoguerra, tranne rare eccezioni, cancellando di fatto l’intero lavoro svolto dai vari ricercatori italiani che possedevano un elevato patrimonio tecnico del tutto misconosciuto oggi. È il caso di ricordare che molti degli strumenti costruiti dall’Italia erano superiori ai coevi apparati stranieri, fatto appurato dagli Alleati al termine della guerra. Nonostante i limitati finanziamenti avuti dai ricercatori italiani, l’esito delle invenzioni fu notevolmente positivo. Dal 1936 al 1943 l’Italia aveva investito nelle ricerche radiotecniche circa un miliardo di lire; gli Stati Uniti avevano investito nelle ricerche radiotecniche la cifra di 2 miliardi e 700 milioni di dollari, cioè circa il doppio di quanto impiegarono per la ricerca sulla bomba atomica, impiegando quattromila ricercatori".
Giacinto Mascia
Sommario
Lo sviluppo della radiotecnica tra le due guerre
Durante la seconda guerra mondiale furono impiegate nuove armi e dispositivi tecnici che permisero un profondo salto di qualità nell’arte della guerra che raggiunse l’apice con due grandi scoperte dalle potenzialità devastanti: la bomba atomica e la tecnologia missilistica. Sulla prima sono noti gli studi e le realizzazioni effettuate negli Stati Uniti mentre molto meno noti sono gli aspetti politico-militari e industriali dei missili tedeschi. Grazie allo studio di vari scienziati tedeschi presso la base di Peenemünde sul Baltico la Germania cominciò ad impiegare le cosiddette armi di rappresaglia, Vergeltungwaffen, le famose telearmi V1 e V2 negli ultimi anni della guerra.
* * *
La comparsa delle nuove armi tedesche segnò l’inizio dell’era missilistica e soprattutto le V2 supersoniche erano un’arma assoluta nel 1944-45 cioè non vi era possibilità di difesa contro di esse se non l’occupazione delle basi di lancio. La nuova frontiera missilistica studiata e sviluppata in Germania si sarebbe saldata nell’immediato dopoguerra con le armi nucleari proiettando la guerra verso una nuova dimensione superando largamente le armi convenzionali adottate fino ad allora.
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Ma altrettanto importanti erano i dispositivi elettrotecnici che permettevano di condurre le operazioni belliche in assenza di visibilità. Erano i sistemi di rilevamento elettrotecnico comunemente noti nel dopoguerra con l’acronimo «radar» (radio detection and ranging) e denominati con altri nomi prima della guerra. In Italia i sistemi di rilevamento elettrotecnico erano definiti Radio Detector Telemetri, RDT, o radiotelemetri o anche radiolocalizzatori. Negli anni Trenta l’Italia aveva studiato e realizzato dei radiotelemetri a cui affiancò anche una serie di nuovi strumenti che permettevano l’identificazione dei mezzi amici e/o nemici nonché i primi strumenti in grado di attuare misure «antiradar».
* * *
La storiografia italiana post-bellica, tranne rarissime eccezioni, ha sempre lamentato la mancanza di questi strumenti da parte italiana, sostenendo e tramandando la tesi dell’impreparazione bellica italiana. Invece i libri pubblicati dai militari italiani nel dopoguerra e anche dall’Ufficio Storico della Marina Militare, avevano lo scopo di illustrare i