Paese che vai
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Anteprima del libro
Paese che vai - Cesare Boldorini
Roma.
NOTA
La raccolta che presentiamo non intende essere esaustiva né rispetto ai temi trattati né rispetto alle nazionalità presenti nel nostro Paese, essendo stata realizzata con alcune delle comunità aderenti al Forum delle Comunità Straniere in Italia.
I proverbi italiani sono stati inseriti per un’ovvia comparazione con la nazione ospitante.
Nell’elenco tematico che presentiamo abbiamo inserito i proverbi esplicitamente attinenti e non pure quelli che, nel loro doppio senso, si adatterebbero al tema. L’elenco tematico ci è servito esclusivamente per analizzare differenze e analogie.
Sotto la nazionalità Congo sono stati elencati sia i proverbi del Congo Kinshasa sia quelli del Congo Brazzaville. Abbiamo unito anche i proverbi di Eritrea e Etiopia, che risultano speculari. Per ogni nazionalità non siamo stati ad indicare l’etnia a cui il proverbio viene assegnato.
Si ringraziano le Comunità del Forum che hanno collaborato a questa ricerca.
Si ringraziano inoltre, per il contributo prestato, Andrée Christiane Ivossot, Jolanta Mroszczak, Simona Pascu, Lorena Haz, Maria Vargas, Elena Demyanova, Islam Mumenul, Ashie Koteica Ablah, Farah Ashur Alì, Ananda Seneviratne, Vahed Vartanian, Alì Moussa, Mykola Mykhaylyuk, Aicha Bekhass, Farouk Tabassum, Alì Moussa, Vahed Vartanian.
Forum delle Comunità Straniere in Italia
Via S. Croce in Gerusalemme,106
00185 Roma – Tel. 0696038734
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forumcom@hotmail.com
Paese che vai, proverbio che trovi
I proverbi rappresentano in maniera sintetica gli usi e i costumi socio/culturali dei vari paesi. Esprimono inoltre constatazioni inerenti al ripetersi di eventi particolarmente vissuti dalle popolazioni.
Benedetto Croce definì i proverbi il monumento parlato del buonsenso
. Nicolò Tommaseo disse che:Se si potessero raccogliere e sotto certi aspetti ordinare tutti i proverbi italiani, i proverbi d’ogni popolo, d’ogni età, colle varianti di voci, d’immaginazioni e di concetti, questo, dopo la Bibbia, sarebbe il libro più gravido di pensieri
.
Raccogliere e catalogare i proverbi e renderli disponibili alle generazioni future assume il significato di una memoria formatasi collettivamente, una raccolta, come è stato detto dal Giusti, d' utili insegnamenti a portata di tutti, anzi un manuale di prudenza pratica per molti e molti casi che riguardano la vita pubblica e privata. La cura della famiglia, quella della persona, l'agricoltura, l'industria e persino la cucina, hanno di che giovarsi; e non credo di spingere la cosa tropp' oltre se dico che tutti potranno spigolarvi, cominciando da chi fa i lunari, fino a quello che architetta sistemi di filosofia. Mi rammento che Bacone, in una delle sue opere, consiglia i proverbi meditandoli e commentandoli; e presi quelli di Salomone, ti dà un saggio del modo tenendi. E veramente questo dei proverbi è cibo da far pro a tutti gli stomachi; è la vera facile sapienza…
.
Nelle rappresentazioni popolari i proverbi denominati anche massime
o sentenze
, in quanto servivano a testimoniare nell’ambito della giustizia in modo stringato e comprensibile a tutti il giudizio su un determinato evento, hanno realizzato norme di vita e di consuetudini rintracciabili in ogni società.
Sorti in particolare da società contadine, ricordati soprattutto se in rima e tramandati oralmente dal popolo, i proverbi hanno in sé la duplice caratteristica di esprimere in ogni contesto culturale sia pure il più diverso le stesse cose e nello stesso tempo di riferirsi in modo particolare al dialetto che l’ha consacrato.
Così è stato detto: Anche avevamo noi posto l'animo, per fare opera più nazionale, a raccogliere almeno il fiore di quei proverbi che sono in corso nelle altre parti d'Italia… Ma fatto è che un assai buon numero di sentenze proverbiali variano poco da un luogo all'altro, e spesso accade che si rinvenga, da tempi remoti e nelle contrade più diverse, le stesse immagini adoprate ad esprimere le stesse cose. Talché i proverbi che appartengono ad una provincia sola, per molta parte si riferiscono a condizioni locali o alle istoriche tradizioni di quella provincia, e stornerebbero pei dialetti che hanno ciascuno il proprio genio, e male potrebbero insieme confondersi.
Se in Italia una prima raccolta data dall’inizio del ‘500 per opera di Serdonati, nulla o poco si conosce del sistema di proverbi ancora in vigore nei paesi d’origine dei nostri immigrati. Eppure è proprio attraverso il ripetersi di detti popolari in contesti nazionali diversi, il ritrovare cioè in altre lingue e in altri ambiti culturali le medesime espressioni popolari che può immaginarsi un comune sostrato popolare creato da medesime condizioni sociali e riferentisi a sentenziare nei confronti di similari squarci di vita pubblica e privata.
Con ciò si riacquista, al di là delle indubbie diversità socio/culturali del mondo dell’immigrazione, una unitarietà di visione e di raffronto che dà ragione al detto popolare dove son uomini è mondo
.
Loretta Caponi
Presidente del Forum delle Comunità Straniere in Italia
Tante zucche, un'unica pianta
La morte di un vecchio è come una biblioteca bruciata (Costa d’Avorio)
La cultura è l’unica ricchezza che i tiranni non possono confiscare (Brasile)
Quando abbiamo impostato la ricerca, non avremmo mai immaginato l’inconveniente che s’è presentato, e che rappresenta il primo elemento di valutazione: nessuno, delle nazionalità interpellate, teneva a mente i proverbi del proprio Paese, ad eccezione di qualche adagio particolarmente diffuso. E per il proverbio, che ha la sua specificità nella memoria popolare e nella trasmissione orale, non può esserci sgarbo peggiore che l’essere dimenticato o, più precisamente, l’essere relegato in elenchi asettici e raramente interpretativi.
Per la verità, una cultura di conservazione della memoria è presente in molti Paesi, e in altri parzialmente curata. Con approcci diversi, i detti e le tradizioni popolari vengono catalogati e collazionati come testimonianza e ricchezza del passato.
L’approccio interpretativo antropologico si propone in rari casi, limitandosi a fornire il significato. Né è nostra intenzione avventurarci in interpretazioni antropologiche, che presupporrebbero il possesso di un materiale ben più ampio e la conoscenza non superficiale delle culture e della loro evoluzione.
Ci siamo chiesti il motivo della dimenticanza della trasmissione orale dei proverbi. La risposta è probabilmente complessa e al contempo semplice, e risiede nel concetto di trasmissione orale
.
Dall’oralità alla scrittura
L'oralità apparteneva alle società nomadi. La scrittura fu elaborata nelle società che diventavano stanziali (sorte le prime lungo il Nilo, il Tigri e l’ Eufrate) e quindi necessitavano di stabilità, identità e regole non più lasciate alla volubilità della sola parola.
Un utilizzo, quello dell’oralità, tutt’altro che secondario, se è vero che l’ Iliade e l’ Odissea, e la stessa Bibbia e il Corano, sono state tramandate da più narratori e, soltanto successivamente, organizzate in modo organico con la scrittura.
La trasmissione orale appartenne poi alle classi povere, e comunque alle categorie sociali che non avevano accesso alla lettura e alla scrittura, e che sentivano endemica la necessità di trasmettere vicende e regole di vita.
La scrittura ha permesso alle civiltà di crescere e al pensiero umano di svilupparsi, e l’ha affrancato dalla necessità di conservare il proprio patrimonio attraverso la memorizzazione.
Con la scrittura, la memoria tramandata è stata sostituita da un’altra modalità di deposito: il libro e quindi la biblioteca.
La pittura, la scultura, successivamente la musica scritta, hanno tradotto in immagini quanto veniva tramandato oralmente.
Com’è pensabile, quindi, che in una società che ha fissato tutto nei libri, nei dischi, nei film, nei supporti magnetici; in una società, in questo davvero globalizzata, che sta abbandonando persino l’uso della penna e della carta per passare alle tecnologie digitali; com’è pensabile che, in tale contesto, venga mantenuta memoria dell’oralità? E qui, per l’argomento che ci interessa, non ci riferiamo soltanto al ricordo analitico dei proverbi ma evidentemente alla veste mentale, giusta o deviante che sia, che i proverbi plasmano.
Le biblioteche possono conservare la parola scritta, ma se si perde la trasmissione orale della conoscenza nessuna biblioteca potrà conservarne l’humus e il sudore della creatività orale che scaturisce direttamente dal rapporto con la terra, con gli animali, con gli altri uomini.
Una prima risposta, sulla difficoltà a reperire de visu i proverbi tra le varie nazionalità interpellate, risiede certamente nei motivi descritti.