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Spezzare catene
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E-book326 pagine3 ore

Spezzare catene

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“Spezzare catene”

Storie comuni in cui si intrecciano catene di continuità che vengono spezzate creando traumi, o catene negative che impediscono relazioni soddisfacenti.

“Per me è stata un’esperienza che mi lascia senza parole. Voglio scrivere per dirlo ma cosa scrivo?... mi ha spinto a mettere i miei pensieri sulla tela...Lei è capace di qualcosa che esseri umani sanno in pochi. Io non esco dalle cose fisse nella testa. Lei invece vola e fa volare…”.

”...erano successe una serie di cose nella mia vita, che mi avevano portato ad una grossa depressione… Dopo circa un anno dall’inizio della terapia, avevo acquisito lucidità, consapevolezza, entusiasmo, gioia di vivere... una meraviglia che mai avrei pensato di ...”

“...Più mi avvicinavo alla ruota, attorno alla quale girano le seggiovie, più mi sentivo incapace di saltare giù dal seggiolino e già mi vedevo morta congelata seduta. In prossimità della ruota d’arrivo il manovratore è uscito e mi è venuto incontro con le braccia tese in avanti, con precisione e forza me le ha infilate sotto le ascelle, trasportandomi di peso vicino al muro dove mi ha battuta un paio di volte. Durante le quali ho pensato che non morivo più congelata perché mi avrebbe finita lui contro il muro ma ...”

Una metodologia per spezzare catene negative o riallacciare le positive, esiste. Adottata da trent’anni con successo, adatta ad ogni caso e a qualsiasi età.
LinguaItaliano
Data di uscita28 ago 2015
ISBN9786050410761
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    Anteprima del libro

    Spezzare catene - Franca Alleva

    Colophon

    Copyright – 2015 Franca Alleva

    Sesto San Giovanni, Milano,

    marzo 2009 - aprile 2014

    A Pyare Lal Bedi XVI (Baba Bedi)

    che mi ha aperto un portale sull’immenso,

    fornendomi preziosi strumenti per la comprensione

    e la professione,

    grazie.

    «La storia di ognuno di noi comincia molto presto, e si costruisce come una catena in cui i singoli anelli valgono, hanno un senso, hanno una funzione in quanto appunto anelli di una catena. L’arte dell’educare è arte di cesellatura di un anello dopo l’altro. Ma l’educatore nel suo lavoro di cesellatura (favorire esperienze di crescita, correggere, amare, proteggere, ecc.) deve essere sempre preoccupato che la serie di anelli sia funzionale alla crescita fisica, spirituale, morale, sociale, religiosa.»

    (L. Macario, Genitori: I rischi dell’educazione, ed. SEI)

    Spezzare Catene

    Nell’osservare i comportamenti emergono le catene, sia positive che negative. Il comportamento sta negli effetti che produce e negli scopi che raggiunge, quindi quando effetti e scopi non ci soddisfano la soluzione sta nello spezzare la catena comportamentale inserendo una nuova modalità. Semplice no? Eppure  non è facile come sembra.

    Spezzare catene positive,  lo possono  circostanze avverse, come ad esempio quelle dei rifugiati, o  scelte dovute a false convinzioni.

    Spezzare catene negative, possiamo farlo in qualunque momento ci rendiamo conto delle false convinzioni e  dei condizionamenti ormai decaduti.

    Faccio presente che il testo pur essendo articolato in capitoli non è rigidamente diviso in essi, nel senso che gli argomenti non sono incatenati, appunto, ai loro capitoli e suggerisco una lettura in tono discorsivo, a cuor leggero,  senza dimenticare che siamo dotati di libero arbitrio, quindi siamo liberi di scegliere, nel bene e nel male, e credo che nessuno può giudicare le nostre scelte, quando queste ricadono soltanto su di noi.

    Quelle che ricadono anche sugli altri...bhe il problema è sempre in prima persona quindi se una tua scelta ricade su di me in un modo che non mi piace starà a me scansarmi.

    Siamo veramente liberi quando abbiamo chiaro di chi è il problema e chi l’ha è libero di risolverlo o subirlo. E se gli sta bene subirlo, va bene così, l’importante è sentirsi bene, ed ognuno lo è a modo proprio.

    De gustibus non disputandum est.

    Inizio con due racconti gentilmente concessimi dai protagonisti,  inseriti con l’intento di dare una, forse, più chiara idea di come può servire questa metodologia; una necessaria premessa e la prevista introduzione per proseguire nell’argomento di questo libro, ovvero Il linguaggio della Coscienza utilizzato per lo sviluppo della personalità attraverso il disegno,  come mezzo per conoscersi e conoscere. Particolarmente per portare in luce le matrici che ci incatenano in gabbie, che in realtà non hanno alcuna porta chiusa e sono frutto di condizionamenti che sopravvivono ai condizionanti, sia in termini negativi che positivi.

    Esprimo qui quanto ho osservato nella lunga pratica di questa  metodologia che fa  parte delle Tecniche Vibrazionali apprese alla Scuola di Bedi; quel che rilevo come esperto in educazione agli adulti; alcune riflessioni e alcuni aneddoti personali.

    Poiché nessuno meglio di noi stessi può dire quel che accade in noi stessi quando intraprendiamo un percorso di crescita, lascio raccontare a due persone, molto diverse tra loro: un ragazzo pakistano, Abid,  e una ragazza italiana, Deborah, cosa è stata per loro questa esperienza, oltre a narrare una storia di amicizia decennale, con Irma, che prende le mosse dalla mia prima conferenza su questa metodologia.

    Il racconto di Abid

    Quello che segue è il racconto di Abid Hussain, che presento lasciando il racconto nel suo italiano. È stato scelto, come narratore, tra i tanti dei nostri ragazzi, come chiamiamo gli utenti del Centro NagaHar, essendo tra quelli che sono ancora presenti, oltretutto è assiduo ed ha fatto il corso di formazione divenendo così anch’egli socio volontario dell’associazione Naga, dove ci siamo conosciuti.  Lo conosco al laboratorio d’arte  che conduco nel gruppo NagaHar. Timido e taciturno si  accosta al tavolo da disegno. Di volta in volta aumenta il suo desiderio di esprimersi attraverso la forma ed il colore ma non c’è verso di fargli capire che non deve eseguire  ma lasciar fluire la sua mano liberamente. Continua a chiedere aiuto ma poi resta ancorato, propriamente incatenato, ai suoi schemi mentali di prestazione. Poiché vedo in lui il talento e il bruciante desiderio dell’arte, un giorno, un po’ esasperata, lo prendo e gli faccio fare l’interiorizzazione dei colori, gli dico: «Abid scopri quel che hai dentro una buona volta, vieni qui, siediti comodo e chiudi gli occhi». So bene che questa richiesta di chiudere gli occhi e abbandonarsi a qualcuno è una richiesta di fiducia molto grande per i nostri utenti, poiché sono tutti rifugiati e questa condizione condiziona molto le loro relazioni, ma dopo qualche resistenza mi accorda fiducia e chiude gli occhi, lo guido nella respirazione per far lo rilassare e quindi lo invito ad osservare cosa passa sullo schermo delle sue palpebre abbassate. È un esercizio che va guidato con perizia e sensibilità per tradurre,  in modo corretto e senza giudizio alcuno, il significato di  ciò che vede o percepisce, ed anche per guidare dolcemente a vedere come se si avessero gli occhi aperti. Arrivare a vedere, come se gli occhi fossero aperti, è sempre un’esperienza che lascia attoniti. A volte occorrono molti esercizi per arrivarci, a volte le persone ci arrivano in pochissimo tempo. L’esperienza di interiorizzazione resta alla persona come esercizio da ripetere da solo ogni qual volta lo desidera per comprendere molti aspetti della vita. Per Abid risulta essere un’esperienza forte, improvvisamente ha constatato che è molto di più di quello che lui si crede e ciò lo lascia attonito e commosso, decisamente scosso nella sua rigidità,  e quando finiamo corre da Irma. La quale poi mi racconta di aver  consolato il suo pianto di sfogo, perché Franca è stata  forte,  però da lì qualcosa finalmente ha iniziato a sciogliersi in lui e credo abbia compreso perché sui disegni che si fanno per lo sviluppo della personalità  io non esprimo giudizio alcuno, ne tanto meno posso spiegare perché chiedo di disegnare un tema piuttosto che un altro, credo abbia capito anche la differenza di esprimere quel che si ha dentro dall’esprimere quel che si pensa, perché di sabato in sabato sviluppa e sperimenta come trasporre su carta i suoi sentimenti, i suoi concetti, i suoi pensieri. Osservando i suoi progressi lo invitiamo a cimentarsi sulla tela e lo inseriamo nel gruppo che parteciperà alla mostra collettiva, con anche artisti riconosciuti in Italia e all’estero,  nel mese di giugno. Mostra che si svolgerà nell’ex ghiacciaia di Bresso Cultura, patrocinata dal Comune,  di Bresso, si farà anche un catalogo con i profili di un noto critico d’arte su ogni opera esposta.

    (Si può vedere sul mio sito: www.francaalleva.it).

    Dopo questo giugno, del 2011, a tutt’oggi, dicembre 2012, sono in anno sabbatico dal laboratorio arte di NagaHar e quindi ho rivisto Abid solo in occasione di una mia visita al gruppo NagaHar in questo autunno, dove ho saputo che continua a frequentare il Centro e, in mia assenza, conduce lui il laboratorio. Ho approfittato per chiedergli se voleva raccontare le sue impressioni sulla metodologia del disegno per lo sviluppo della personalità ed ha accettato con entusiasmo.

    Ecco cosa scrive: "Cercando di curare il callo sotto il piede, fortunatamente ho avuto la possibilità di curare i calli profondi nella mia testa. Ho conosciuto il Centro NagaHar tramite l’ambulatorio dell’associazione Naga, dove sono andato per la cura dermatologica. Poi sapendo il mio stato di rifugiato, mi hanno indirizzato al loro Centro Har, dove si può stare di giorno, guardare la TV, giocare a dama, imparare italiano, fare musica e il sabato si fa arte. Al laboratorio-arte, Naga-Har, di Franca, per me è stata un’esperienza che mi lascia senza parole. Voglio scrivere per dirlo ma cosa scrivo? Non lo so. Provo a dire quel che sento, a proposito di questa esperienza.

    Arrivo un sabato pomeriggio e vedo tante persone intorno al tavolo e due donne che dicono loro di  disegnare ma in modo strano, non dicono cosa disegnare, dicono disegna quello che senti dentro. Strano. Mi siedo al tavolo e chiedo cosa devo disegnare e mi dicono non pensare cosa disegnare, lascia disegnare la tua mano. Questo e troppo strano per me. Ma provo. Tutti i sabati sono lì e Irma e Franca un poco si arrabbiano con me perché dicono che non mi lascio andare, che sono rigido, che ho talento ma non lo lascio uscire. Però mi fanno partecipare alla mostra che si è tenuta a Bresso. Franca però poi non e più venuta al laboratorio, ha detto che aveva bisogno di vacanza da Naga. Io ho continuato, e continuo, a disegnare, fogli e fogli, perché c’è qualcosa dentro di me che vuole uscire e io la metto su carta.

    Kind a satisfaction surrounds  me. I am here. I am present.  I am alive. I ts’good. Its’nice too feel all this. The agony  and pain and suffer y of that time, still remind me the hard days, but now  it’s  no  more an adolescent’s struggle. I am adult now. No, i am a  man now.

    Una specie di soddisfazione mi circonda. Io sono qui. Io sono presente. Io sono vivo. È una cosa buona. È bello provare tutto questo. L’agonia e il dolore e le sofferenze di  tutti quei momenti continuano a ricordarmi i giorni duri, ma ora non c’è più lo struggimento adolescenziale. Sono un adulto ora. No, sono un uomo ora.

    Red is sky, with the blue background. Rails, trams, vehicles, which make  sounds. Triangles, rectangles, circles and squares. Including lines and cuts, mysteries everywhere . People at home, in the parks, on the streets. My desperate thoughts I draw on the sheets."

    Rosso è il cielo, con lo sfondo blu. Tram, veicoli, che emettono dei suoni. Triangoli, rettangoli, cerchi e quadrati. Incluse linee e tagli, misteri dappertutto. Gente a casa, nei parchi, nelle strade. I miei pensieri disperati, disegno sui fogli.

    Questa è la sensazione che mi ha insegnato Franca in laboratorio di arte Naga-Har, quando mi ha fatto fare un’attività che mi ha fatto piangere, e mi ha spinto a mettere i miei pensieri sulla tela. Strano ma interessante. Lei è capace di qualcosa che esseri umani sanno in pochi. Lei è forte. Anche io, ho la testa dura. Io non esco dalle cose fisse nella testa.  Lei invece vola e fa volare. Molto forte,anzi misteriosa.

    I don’t know many things because I don’t have interests in these things. So I don’t feel  something which is even so prominent because of lack of interest. I have to review my interests to understand other phenomenons which are still unknown to me. I was always caught by my fears, worries, thoughts from the past, for the future. I was living in yesterday or the future. I was living in yesterday or  maybe in tomorrow or maybe both. Today is a new day. With a new past  and hopefully with a wonderful future. I am trying to command my brain. I am trying. Nice try but me remember that it is . Nice try but me remember that it is difficult for me to do because it is habituated to disturb me continuosly. It is fixed.

    Ci sono molte cose che non so perché non mi interessano. Per questo non sento qualcosa nonostante sia così importante a causa della mancanza di interesse. Devo rivedere i miei interessi per capire gli altri fenomeni che mi rimangono sconosciuti. Sono sempre stato preda delle mie paure, delle mie  preoccupazioni, ricordi del passato per il futuro. Vivevo nell’ieri, o forse nel domani, o forse in entrambi. Oggi è un nuovo giorno. Con un nuovo passato e la  speranza di uno splendido futuro. Sto cercando di controllare il  mio cervello. Ci sto provando. Bel tentativo ma mi ricorda che è difficile per me farlo perché sono abituato a disturbarmi continuamente. Il mio cervello è fissato.

    Questi sono i pensieri dopo che Franca mi ha insegnato alcune cose profonde."

    Abid Hussein.

    Intervista a Deborah Gambino

    Come hai conosciuto questa metodologia?

    «Credo che più che cercare qualcosa che mi aiutasse ad uscire dal tunnel, questo qualcosa ha trovato me, forse perché ogni cosa, alla fine va come deve andare: a te viene sottoposta la scelta davanti ad un bivio…il mio era semplicemente seguire o non seguire questo qualcosa. Ho conosciuto casualmente Franca Alleva nell’estate del 1997, mentre lavoravo come animatrice in un camping. Mi ha detto, con molta discrezione, che si era permessa di fare una ricerca sui miei talenti, non so perché, non sò perché proprio a me, sta di fatto che ne avevo proprio bisogno! Lì per lì non capii a cosa si stesse riferendo, ma quando mi spiegò, mi parlò di me stessa come se mi conoscesse da anni e la cosa mi incuriosì molto! Lei abitava a Milano, io a Torino, così, quando venne a trovarla Cinzia Ruffinengo, sua amica e stretta collaboratrice, non esitò a presentarmela! …A settembre, tornata a casa, la contattai immediatamente e così iniziai il mio percorso di terapia vibrazionale con Cinzia.»

    Cosa ti ha spinta a intraprendere questo percorso?

    «Forse, all’inizio del mio percorso, partivo già avvantaggiata rispetto ad altre persone che incontrano la terapia vibrazionale nel bel mezzo della propria crisi! … Quando incontrai Franca e Cinzia, avevo già avuto un bagliore di presa di coscienza: prima di loro, erano successe una serie di cose nella mia vita, che mi avevano portato ad una grossa depressione… fortunatamente, ai tempi non sono riuscita a suicidarmi perché , fondamentalmente sono una vigliacca, e forse, inconsciamente, amavo la vita nonostante tutto! … Quindi, una volta accettato il fatto che la vita sarebbe continuata, mi son detta o continuo ad andare avanti per inerzia, logorandomi nella mia solitudine forzata, o mi dò una mossa affrontando le mie paure e rimettendomi in gioco! …Le incontrai in questa fase, in un momento in cui mi arrabbiavo con me stessa, per essermi lasciata andare così tanto e perché, al contempo non mi bastavo ad aiutarmi" per uscire completamente dal mio pantano! … Direi che son capitate nel momento giusto: io avevo una gran sete di ripresa, ma non sapevo come fare, loro mi hanno semplicemente fornito le conoscenze per arrivare ai mezzi giusti!».

    È stato solo di disegni o anche incontri di dialoghi verbali?

    «Dal settembre del 1997, fino a maggio/giugno ’98, una volta alla settimana incontravo Cinzia. Durante questi incontri, ricevevo i temi su cui lavorare nei disegni a casa! Avevo altri compiti: Cinzia formulava delle domande, e io a casa, durante la settimana tra una seduta e l’altra, scrivevo! Altro compito importantissimo, che mi è servito tanto, era quello di scrivere i sogni appena sveglia, quando erano ancora vivi nella memoria! Inoltre, quando capitava qualcosa che mi faceva soffrire particolarmente, dovevo scriverla, descrivendo i dettagli dell’accaduto e le mie bruttissime sensazioni! Quest’ultimo era un esercizio validissimo, innanzitutto perché al momento tiravo tutto fuori, raccontavo e sfogavo come volevo, anche attraverso l’utilizzo di parolacce scritte, che, non è bello dirlo, ma mentre le scrivi riferendoti a qualcosa che ti fa star male ti dà  un’ immenso piacere! In più, quando i giorni successivi all’accaduto rileggevo quelle pagine, giungevo alla nuova consapevolezza che tutto era passato, riuscivo a fare un’analisi lucida e distaccata di quegli eventi, con altri occhi, come se si riferissero a qualcun altro! Il risultato era che ne traevo forza, maggiore consapevolezza delle mie rinnovate capacità psichiche, lese, fino a quei momenti dai vari avvenimenti della vita.»

    Come ti sei sentita lungo il percorso e quali miglioramenti, se ci sono stati, hai notato?

    «Durante tutto il primo periodo di circa, se non ricordo male, due tre settimane, è stata dura, durissima! Stavo tirando fuori tutto il nero che avevo dentro: ricordo tanti pianti e moltissimo rancore nei confronti della mia famiglia… la mia vera natura si stava ribellando all’educazione ricevuta, ai fantasmi altrui che dal momento della mia nascita fino ad allora avevo subito. La mia creatività, rieducata da una scuola artistica, e messa al servizio del lavoro altrui, invocava un ritorno alla sua naturale essenza… stavo male, tantissimo! Ero obbligata a guardarmi dentro e finalmente prendevo coscienza che fino in quel momento avevo fatto il gioco degli altri: genitori, insegnanti, fidanzati… molti di noi, conducono una vita che in realtà non è la loro, viziata dalla paura di deludere chi ci sta a fianco. Non sai cosa sei in realtà, perché qualcuno, fin da piccolo ti ha detto come devi comportarti… finché, nel bel mezzo della vita, incontri lo shock che ti costringe a osservarti meglio… i meno fortunati non scopriranno mai che è da una grande rottura che tutto può ripartire in modo nuovo… Attraverso questa prima grossa sofferenza del primo periodo, ho cominciato a prendere coscienza di me stessa e lentamente iniziava la risalita! E più andavo avanti, e più scoprivo cose nuove di me, che in realtà non erano assolutamente nuove, ma rimaste semplicemente lì, imballate, impacchettate… non mi restava altro che strappare, un po’ alla volta, gli involucri che le contenevano. Questo non faceva altro che alimentare nuovo entusiasmo, nuova curiosità: era una reazione a catena!»

    Quale risultato pensi di avere ottenuto, sia a livello interiore sia nella vita pratica?

    «Di risultati ce ne sono stati molteplici! Innanzitutto il primo, ma solo in ordine di tempo, è quello di essere completamente uscita da quella grossa depressione. Non ne è stata un’uscita e basta: è stata l’acquisizione di una nuova consapevolezza di me, che molto, molto difficilmente mi farà ricadere in futuro in un malessere del genere! Ora ho le conoscenze per difendermi: ho imparato a contare solo su me stessa, senza dipendere da eventi esterni o da altre persone; ho imparato a conoscere la mia individualità: mia madre, mio padre, il mio compagno, gli amici, sono il contorno della mia vita, a cui non devo appoggiarmi totalmente nei momenti bui o attribuire colpe per questi! I miei figli, nati dopo dieci anni dalla fine della terapia, non sono di mia proprietà: io sono solo il fortunato mezzo che li ha donati al mondo e che li guida lungo il percorso della loro infanzia, fino al momento in cui saranno in grado di badare a se stessi! Ho la piena consapevolezza che di errori nei loro confronti ne farò anch’ io, ma avendo ora acquisito lucidità su quelli da me subiti dai miei inconsapevoli genitori, cerco di limitare i danni, riconoscendo spesso in tempo miei atteggiamenti mascherati da educazione, che non farebbero che ledere la loro vera natura.  Tutto questo non ha potuto portarmi altro che molta più sicurezza in me e di conseguenza, la mia vita si è trasformata per mezzo delle mie stesse mani. Fino a prima dell’incontro con Franca e Cinzia, la mia vita sentimentale era stata uno sfacelo: la classica crocerossina innamorata, che si auto annulla per sanare i fantasmi del fidanzato di turno! Ognuno, a riguardo, segue un proprio clichè per tutta la vita, soffrendo ogni volta: il punto è avere la possibilità di capirne il perché, e acquisire le capacità per stravolgere tutto questo personale sistema malato! Dopo circa un anno dall’inizio della terapia, avevo acquisito lucidità, consapevolezza, entusiasmo, gioia di vivere, nuovo amor proprio, mi apprezzavo, insomma, mi piacevo di nuovo e molto più di prima! Avevo ricominciato ad uscire con le amiche, a divertirmi! Ero gelosissima di tutto ciò,e non avevo nessuna intenzione di ricominciare ad adottare i fantasmi di un altro fidanzato! Stavo bene da sola, ero pulita, rinnovata, e forse è stato proprio questo ad accendermi i sensori, quando, proprio in quel momento mi è apparso l’uomo giusto che ho subitamente riconosciuto! Anzi ci siamo riconosciuti in un incontro banalissimo, come potrebbero capitarne a bizzeffe in una giornata! Ebbi il coraggio,

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