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Non porsi limiti "la terza dimensione della disabilità"
Non porsi limiti "la terza dimensione della disabilità"
Non porsi limiti "la terza dimensione della disabilità"
E-book191 pagine2 ore

Non porsi limiti "la terza dimensione della disabilità"

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Info su questo ebook

La ricerca continua di un qualcosa non preventivato, arricchisce di significato l’attesa nel vederlo realizzato, consci che l’eccezione non fa la regola, ma se ne trovassimo almeno una o più in ogni singola persona, saremo tutti ben lieti di agevolarne la diversa interpretazione.

In questo libro la parola racchiude il pensiero in un rapporto relazionale dove un sorriso, un incitamento, un’espressione del viso, un po’ di sudorazione, un silenzio o semplicemente un balbettio, ci fa scoprire che la comunicazione verbale e non verbale, sono accumunate da un solo comun denominatore: l’emozione di poter dare, da parte loro, un contributo affinché accadimenti e tragedie riportate giorno dopo giorno dai mass media possano, attraverso le parole, svanire per sempre.

Ogni loro espressione di sentimento, risentimento, giudizio e ironia diventa per me un boccone amaro, difficile da ingoiare.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2020
ISBN9788831662611
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    Anteprima del libro

    Non porsi limiti "la terza dimensione della disabilità" - Giuseppe Brancato

    di­ver­se"

    Prefazione

    AP­PREZ­ZA­RE LA DI­SA­BI­LI­TA’

    E LA DI­VER­SI­TA’ CO­ME NOR­MA­LI­TA’

    Tan­ti li­bri par­la­no di di­ver­si­tà, di di­sa­bi­li­tà e ana­liz­za­no dall’ester­no que­sta par­ti­co­la­re con­di­zio­ne del­la per­so­na di­sa­bi­le e del­le lo­ro fa­mi­glie.

    Ma tro­var­si da­van­ti ad un li­bro che ri­por­ta i dia­lo­ghi e le rea­zio­ni del­la di­sa­bi­li­tà, at­tra­ver­so le pa­ro­le, i ge­sti e le sen­sa­zio­ni dei di­ret­ti in­te­res­sa­ti, è co­sa ra­ra.

    Ra­ra e nel­lo stes­so tem­po im­por­tan­te, per­ché fa ca­pi­re me­glio a tut­ti noi un mon­do che trop­po spes­so guar­dia­mo con af­fet­to, ma an­che con pau­ra. La pau­ra di non riu­sci­re a ca­pi­re, di non riu­sci­re ad ave­re un rap­por­to e un dia­lo­go con un di­sa­bi­le.

    E in­ve­ce, in que­sto li­bro, Giu­sep­pe Bran­ca­to ci por­ta den­tro la di­sa­bi­li­tà che di­ven­ta nor­ma­li­tà at­tra­ver­so le pa­ro­le dei ra­gaz­zi, le espe­rien­ze che quo­ti­dia­na­men­te vi­vo­no nel Cen­tro di so­cia­liz­za­zio­ne, con gli ope­ra­to­ri che so­no più ami­ci e com­pa­gni di viag­gio piut­to­sto che edu­ca­to­ri o do­cen­ti.

    Ho co­no­sciu­to il Cen­tro di so­cia­liz­za­zio­ne L.I.N.A.R. ON­LUS di Fi­ren­ze e via via che scor­re­vo la boz­za di que­sto li­bro e leg­ge­vo i com­men­ti dei ra­gaz­zi ai va­ri fat­ti di cro­na­ca, mi so­no tor­na­ti in men­te le pa­ro­le che mi han­no ri­vol­to quan­do so­no an­da­ta da lo­ro, per co­no­sce­re il luo­go do­ve Da­nie­le pas­sa tan­te ore e di cui mol­to mi ave­va par­la­to il pa­dre Giu­sep­pe. E’ uno spa­zio aper­to, vis­su­to, do­ve im­me­dia­ta­men­te mi so­no sen­ti­ta nor­ma­le fra i nor­ma­li, di­ver­sa fra i di­ver­si e non ho mai avu­to l’idea di es­se­re un vi­si­ta­to­re o peg­gio an­co­ra, un os­ser­va­to­re. Mi han­no ac­col­ta fa­cen­do­mi toc­ca­re con ma­no i lo­ro la­vo­ri, fa­cen­do­mi en­tra­re at­ti­va­men­te nel­le lo­ro at­ti­vi­tà quo­ti­dia­ne, co­me se mi aves­se­ro co­no­sciu­ta da sem­pre e mi han­no fat­to sen­ti­re, co­me di­co­no lo­ro, a ca­sa mia.

    La let­tu­ra di que­sto li­bro fa­rà si­cu­ra­men­te ap­prez­za­re a tut­ti una real­tà che non de­ve di­ven­ta­re un mon­do da guar­da­re con cu­rio­si­tà o da ana­liz­za­re per da­re giu­di­zi o peg­gio an­co­ra da iso­la­re, ma uno dei tan­ti mo­men­ti del­la no­stra vi­ta da vi­ve­re e da ap­prez­za­re in­sie­me. Gra­zie, quin­di, a Giu­sep­pe Bran­ca­to per aver­ci, con que­sto suo li­bro, ac­com­pa­gna­to in que­sto bel­lis­si­mo spa­zio a co­no­sce­re que­ste bel­le per­so­ne.

    (An­na Ra­vo­ni, Sin­da­co di Fie­so­le)

    Post prefazione

    SOG­GET­TI­VI­TA’ E IN­TER­SOG­GET­TI­VI­TA’

    Il bel li­bro di Giu­sep­pe Bran­ca­to sull’espe­rien­za per­so­na­le e de­gli ope­ra­to­ri che a va­rio ti­to­lo ope­ra­no all’in­ter­no del Cen­tro di so­cia­liz­za­zio­ne L.I.N.A.R. ON­LUS di Fi­ren­ze, ci of­fre la pos­si­bi­li­tà di ri­flet­te­re sul si­gni­fi­ca­to del lo­ro ope­ra­re tra­la­scian­do le, pur sug­ge­sti­ve, va­lu­ta­zio­ni di ca­rat­te­re psi­co-fi­lo­so­fi­co, a cui, ad es­se­re sin­ce­ro, sa­rei ten­ta­to di ab­ban­do­nar­mi. Ma dob­bia­mo da­re sen­so e si­gni­fi­ca­to sia al lo­ro la­vo­ro che ai ri­sul­ta­ti ec­cel­len­ti che ot­ten­go­no! Per que­sto ci ven­go­no in­con­tro le neu­ro­scien­ze e so­prat­tut­to lo svi­lup­po che que­ste han­no avu­to da quan­do ne­gli an­ni 90 del se­co­lo scor­so un grup­po di ri­cer­ca­to­ri dell’Uni­ver­si­tà di Par­ma di­ret­ti e coor­di­na­ti da Riz­zo­lat­ti e Gal­le­se ha sco­per­to nel cer­vel­lo del ma­ca­co al­cu­ni neu­ro­ni che si at­ti­va­va­no all’os­ser­va­zio­ne del mo­vi­men­to e per ta­le mo­ti­vo chia­ma­ti neu­ro­ni mir­ror. Ta­le li­nea di ri­cer­ca ha sov­ver­ti­to con­cet­tual­men­te l’ap­proc­cio all’in­di­vi­duo, co­me di se­gui­to di­re­mo.

    Il pro­ble­ma del sog­get­to ve­de og­gi con­ver­ge­re la pro­spet­ti­va fe­no­me­no­lo­gi­ca e quel­la neu­ro­scien­ti­fi­ca. Per pen­sa­re il sog­get­to, il Se au­to­co­scien­te, è cru­cia­le af­fron­ta­re pri­ma il pro­ble­ma del Chi, chie­den­do­si "chi è" il sog­get­to e non, in­ve­ce il pro­ble­ma di Co­sa, chie­den­do­si "cos’è" il sog­get­to. Se pren­dia­mo il sog­get­to a par­ti­re dal Chi, cioè dal­la sua di­men­sio­ne sto­ri­co-in­di­vi­dua­le, e non dal Co­sa, cioè da un sup­po­sto uni­ver­sa­le va­li­do per tut­ti e per nes­su­no, ci ren­dia­mo con­to co­me la no­zio­ne di sog­get­to ab­bia si­gni­fi­ca­to so­lo all’in­ter­no di una di­men­sio­ne so­cia­le.

    Un’ul­te­rio­re con­se­guen­za di que­sto ap­proc­cio con­si­ste nel ren­de­re com­pa­ti­bi­le la no­zio­ne di sog­get­ti­vi­tà – io so­no l’evo­lu­zio­ne rea­liz­za­ta at­tra­ver­so le mie re­la­zio­ni con gli al­tri – con quel­la di uno sfon­do che ren­de pos­si­bi­li le sue sin­go­le de­ter­mi­na­zio­ni. E ciò sen­za di­pen­de­re da un sog­get­to uni­ver­sa­le, pen­sa­bi­le a prio­ri ri­spet­to al­le sin­go­le rea­liz­za­zio­ni in­car­na­te del­la sog­get­ti­vi­tà, cioè, a pre­scin­de­re dai sin­go­li sog­get­ti che noi sia­mo. Po­trem­mo tran­quil­la­men­te di­re che all’as­sun­to car­te­sia­no del co­gi­to er­go sum ne va­da op­po­sto un al­tro: re­la­zio­no er­go sum. Io mi strut­tu­ro e mi for­mo at­tra­ver­so le mie re­la­zio­ni dal­la fa­se in­trau­te­ri­na ad og­gi.

    La sco­per­ta av­ve­nu­ta nei pri­mi an­ni ’90 del se­co­lo scor­so dei neu­ro­ni mir­ror nel cer­vel­lo del ma­ca­co e la suc­ces­si­va sco­per­ta di mec­ca­ni­smi mir­ror nel cer­vel­lo dell’uo­mo sug­ge­ri­sco­no co­me esi­sta una mo­da­li­tà di­ret­ta di ac­ces­so al si­gni­fi­ca­to dei com­por­ta­men­ti al­trui, una mo­da­li­tà che può pre­scin­de­re dall’at­tri­bu­zio­ne espli­ci­ta di at­teg­gia­men­ti pro­po­si­zio­na­li. Una del­le con­se­guen­ze del­la sco­per­ta dei neu­ro­ni spec­chio è sta­ta ren­de­re pos­si­bi­le la de­ri­va­zio­ne – al li­vel­lo di de­scri­zio­ne sub-per­so­na­le – del­la sog­get­ti­vi­tà dall’in­ter­sog­get­ti­vi­tà. Cioè non è l’es­se­re con il ri­sul­ta­to, ma l’uo­mo, il Chi, il ri­sul­ta­to dell’es­se­re con. La sco­per­ta dei neu­ro­ni spec­chio ci con­se­gna una nuo­va no­zio­ne di in­ter­sog­get­ti­vi­tà fon­da­ta em­pi­ri­ca­men­te, con­no­ta­ta in pri­mis e prin­ci­pal­men­te co­me in­ter­co­po­rei­tà – la mu­tua ri­so­nan­za di com­por­ta­men­ti sen­so­ri-mo­to­ri in­ten­zio­nal­men­te si­gni­fi­ca­ti­vi. La ca­pa­ci­tà di com­pren­de­re gli al­tri in quan­to agen­ti in­ten­zio­na­li, lun­gi dal di­pen­de­re esclu­si­va­men­te da com­pe­ten­ze men­ta­li­sti­co-lin­gui­sti­che, è for­te­men­te di­pen­den­te dal­la na­tu­ra re­la­zio­na­le dell’azio­ne. Se­con­do que­sta ipo­te­si, è pos­si­bi­le com­pren­de­re di­ret­ta­men­te il sen­so del­le azio­ni di ba­se al­trui gra­zie ad un’equi­va­len­za mo­to­ria tra ciò che gli al­tri fan­no e ciò che può fa­re l’os­ser­va­to­re.

    L’in­ter­cor­po­rei­tà di­vie­ne co­sì la fon­te prin­ci­pa­le di co­no­scen­za che ab­bia­mo de­gli al­tri. Il mec­ca­ni­smo di ri­so­nan­za mo­to­ria dei neu­ro­ni spec­chio, ori­gi­na­ria­men­te sco­per­to nel cer­vel­lo del­la scim­mia ed in se­gui­to in quel­lo uma­no, è ve­ro­si­mil­men­te il cor­re­la­to neu­ra­le di que­sta fa­col­tà uma­na, de­scri­vi­bi­le in ter­mi­ni fun­zio­na­li co­me si­mu­la­zio­ne in­car­na­ta (Gal­le­se, 2003,02005, 2011). Ogni re­la­zio­ne in­ter­per­so­na­le im­pli­ca la con­di­vi­sio­ne di una mol­te­pli­ci­tà di sta­ti qua­li, ad esem­pio, l’espe­rien­za di emo­zio­ni e sen­sa­zio­ni.

    Og­gi sap­pia­mo che le stes­se strut­tu­re ner­vo­se coin­vol­te nell’espe­rien­za sog­get­ti­va di sen­sa­zio­ni ed emo­zio­ni so­no at­ti­ve an­che quan­do ta­li emo­zio­ni e sen­sa­zio­ni so­no ri­co­no­sciu­te ne­gli al­tri. Una mol­te­pli­ci­tà di mec­ca­ni­smi di ri­spec­chia­men­to so­no pre­sen­ti nel no­stro cer­vel­lo. Gra­zie al­la crea­zio­ne di una con­so­nan­za in­ten­zio­na­le (Gal­le­se, 2006), que­sti mec­ca­ni­smi ci con­sen­to­no di ri­co­no­sce­re gli al­tri co­me no­stri si­mi­li e ve­ro­si­mil­men­te ren­do­no la co­mu­ni­ca­zio­ne in­ter­sog­get­ti­va ed una com­pren­sio­ne im­pli­ci­ta de­gli al­tri.

    Co­sa espri­me il con­cet­to di si­mu­la­zio­ne in­car­na­ta? Si­gni­fi­ca che par­ti cor­po­ree, azio­ni o rap­pre­sen­ta­zio­ni cor­po­ree svol­go­no un ruo­lo de­ter­mi­nan­te nei pro­ces­si co­gni­ti­vi. Men­te e cor­po so­no due li­vel­li di de­scri­zio­ne di una stes­sa real­tà che ma­ni­fe­sta pro­prie­tà di­ver­se a se­con­da del li­vel­lo di de­scri­zio­ne pre­scel­to e del lin­guag­gio im­pie­ga­to per de­scri­ver­la. Un pen­sie­ro non è né un mu­sco­lo né un neu­ro­ne. Ma i suoi con­te­nu­ti, i con­te­nu­ti del­le no­stre rap­pre­sen­ta­zio­ni men­ta­li, so­no in­con­ce­pi­bi­li a pre­scin­de­re del­la no­stra cor­po­rei­tà. Il cer­vel­lo espri­me la pro­pria pie­na fun­zio­na­li­tà so­lo ed esclu­si­va­men­te per­ché le­ga­to a un cor­po si­tua­to in un par­ti­co­la­re mon­do ma­te­ria­le sot­to­po­sto ad una se­rie di leg­gi fi­si­che, po­po­la­to da al­tri in­di­vi­dui. Da ciò di­scen­de che un ap­proc­cio neu­ro­bio­lo­gi­co al­la com­pren­sio­ne dei pro­ces­si men­ta­li non può li­mi­tar­si ad in­da­ga­re la re­la­zio­ne tra i con­cet­ti con cui li de­scri­via­mo e le aree ce­re­bra­li che si at­ti­va­no du­ran­te l’ap­pli­ca­zio­ne di ta­li con­cet­ti, ma deb­ba stu­dia­re co­me dal si­ste­ma cer­vel­lo-cor­po nel­le sue si­tua­te re­la­zio­ni mon­da­ne sca­tu­ri­sca l’at­ti­vi­tà men­ta­le e ven­ga re­ce­pi­ta quan­do espres­sa da­gli al­tri. Uno de­gli obiet­ti­vi del­le neu­ro­scien­ze co­gni­ti­ve è com­pren­de­re la con­nes­sio­ne tra i mec­ca­ni­smi di fun­zio­na­men­to del si­ste­ma cer­vel­lo-cor­po e le no­stre com­pe­ten­ze co­gni­ti­ve so­cia­li. Il te­ma dell’in­ter­sog­get­ti­vi­tà è tut­ta­via in­scin­di­bil­men­te le­ga­to a quel­lo del Sog­get­to. Lo stu­dio neu­ro­scien­ti­fi­co dell’in­ter­sog­get­ti­vi­tà non può, quin­di, elu­de­re il pro­ble­ma del­la sog­get­ti­vi­tà, e dell’espe­rien­za che la co­sti­tui­sce. Ma co­sa so­no le neu­ro­scien­ze co­gni­ti­ve? So­no so­prat­tut­to un ap­proc­cio me­to­do­lo­gi­co i cui ri­sul­ta­ti so­no for­te­men­te in­fluen­za­ti dal­la cor­ni­ce teo­ri­ca di ri­fe­ri­men­to, stu­dia­re i sin­go­li neu­ro­ni e/o il cer­vel­lo non pre­fi­gu­ra ne­ces­sa­ria­men­te le do­man­de che ta­le ap­proc­cio scien­ti­fi­co al­la com­pren­sio­ne dell’uo­mo può svol­ge­re, e an­cor me­no le ri­spo­ste. Lo stu­dio dei neu­ro­ni spec­chio nel cer­vel­lo han­no aper­to un nuo­vo sce­na­rio che ri­co­no­sce la co­gni­zio­ne mo­to­ria co­me ele­men­to car­di­ne per la com­par­sa dell’in­ter­sog­get­ti­vi­tà uma­na.

    Ol­tre a quel­lo mo­to­rio, al­tri mec­ca­ni­smi di ri­spec­chia­men­to so­no coin­vol­ti nel­la no­stra ca­pa­ci­tà di con­di­vi­de­re emo­zio­ni e sen­sa­zio­ni al­trui. Quan­do os­ser­via­mo gli al­tri espri­me­re una da­ta emo­zio­ne at­tra­ver­so la mi­mi­ca fac­cia­le, i mu­sco­li fac­cia­li dell’os­ser­va­to­re si at­ti­va­no in ma­nie­ra con­gruen­te, con un’in­ten­si­tà che ap­pa­re pro­por­zio­na­le al­la na­tu­ra em­pa­ti­ca de­gli os­ser­va­to­ri stes­si. Mec­ca­ni­smi si­mi­li so­no sta­ti de­scrit­ti per la per­ce­zio­ne del do­lo­re e del tat­to. Os­ser­va­re il cor­po di qual­cu­no men­tre vie­ne toc­ca­to, ac­ca­rez­za­to, schiaf­feg­gia­to o fe­ri­to, at­ti­va par­te dei no­stri si­ste­mi mo­to­rio, so­ma­to­sen­so­ria­le e vi­sce­ro-mo­to­rio/lim­bi­co che nor­mal­men­te gui­da­no il no­stro com­por­ta­men­to e map­pa­no le sen­sa­zio­ni sen­so­mo­to­rie, tat­ti­li, no­ci­cet­ti­ve ed en­te­ro­cet­ti­ve che espe­ria­mo a li­vel­lo sog­get­ti­vo. Non so­lo le azio­ni ma an­che l’espe­rien­za di un da­to sta­to sen­so­ria­le o af­fet­ti­vo-emo­ti­vo sem­bra av­ve­ni­re all’in­ter­no di una di­men­sio­ne noi­cen­tri­ca. Quan­do os­ser­via­mo l’espres­sio­ne faccia­le di qual­cun al­tro, non ne com­pren­dia­mo il si­gni­fi­ca­to so­lo me­dian­te un’espli­ci­ta in­fe­ren­za per ana­lo­gia. L’emo­zio­ne o la sen­sa­zio­ne dell’al­tro è pri­ma di tut­to co­sti­tui­ta e di­ret­ta­men­te com­pre­sa at­tra­ver­so il riu­ti­liz­zo de­gli stes­si cir­cui­ti neu­ra­li su cui si fon­da la no­stra espe­rien­za in pri­ma per­so­na di quel­la da­ta emo­zio­ne.

    Quel­lo espo­sto è un mec­ca­ni­smo che vie­ne de­fi­ni­to co­me si­mu­la­zio­ne in­car­na­ta che ren­de pos­si­bi­le una for­ma di­ret­ta di com­pren­sio­ne de­gli al­tri, co­me con­so­nan­za in­ten­zio­na­le ot­te­nu­ta gra­zie all’at­ti­va­zio­ne di si­ste­mi neu­ra­li al­la ba­se di ciò che noi e gli al­tri fac­cia­mo ed espe­ria­mo. Pa­ral­le­la­men­te al­la di­stac­ca­ta de­scri­zio­ne sen­so­ria­le in ter­za per­so­na dell’al­tro, nell’os­ser­va­to­re so­no at­ti­va­te rap­pre­sen­ta­zio­ni in­ter­ne de­gli sta­ti del cor­po as­so­cia­ti al­le azio­ni, emo­zio­ni e sen­sa­zio­ni os­ser­va­te, co­me se l’os­ser­va­to­re stes­se ese­guen­do una si­mi­le azio­ne o espe­ren­do si­mi­li emo­zio­ni o sen­sa­zio­ni. Gra­zie al­la si­mu­la­zio­ne in­car­na­ta pos­sia­mo in­trat­te­ne­re con gli al­tri re­la­zio­ni fon­da­te su di una pro­spet­ti­va in se­con­da per­so­na, do­ve all’Io ri­spon­de un Tu. La teo­ria del­la si­mu­la­zio­ne in­car­na­ta non im­pli­ca ne­ces­sa­ria­men­te che noi espe­ria­mo gli al­tri co­me sé che han­no espe­rien­ze si­mi­li al­le no­stre. Cre­do che non sia pos­si­bi­le con­ce­pi­re se stes­si co­me un sé, sen­za an­co­ra­re que­sta con­sa­pe­vo­lez­za a una ma­tri­ce in­ter­sog­get­ti­va con­di­vi­sa, noi-cen­tri­ca.

    La pro­spet­ti­va fe­no­me­no­lo­gi­ca e quel­la neu­ro­scien­ti­fi­ca ren­de com­pa­ti­bi­le la no­zio­ne di sog­get­ti­vi­tà – in­te­sa co­me di­ve­ni­re chi si è in­con­tran­do gli al­tri – con quel­la di uno sfon­do che ren­de pos­si­bi­li le sue sin­go­le de­ter­mi­na­zio­ni. La con­sa­pe­vo­lez­za cor­po­rea gio­ca un ruo­lo pri­ma­rio nel­la con­sa­pe­vo­lez­za di sé. La con­sa­pe­vo­lez­za cor­po­rea di sé è chia­ra­men­te mul­ti­di­men­sio­na­le, in quan­to at­tie­ne non so­lo al mon­do ester­no in cui il cor­po si pro­iet­ta, ri­co­struen­do­ne i con­tor­ni per­cet­ti­vi, iscri­ven­do­vi il pro­prio agi­re e ri­ce­ven­do­ne af­fe­ren­ze pro­prio­cet­ti­ve, ma an­che al mon­do in­ter­no del­la sfe­ra en­te­ro­cet­ti­va, il mon­do del re­spi­ro, del bat­ti­to car­dia­co, del­la su­do­ra­zio­ne, dei mo­vi­men­ti pe­ri­stal­ti­ci. Una ter­za di­men­sio­ne che ve­ro­si­mil­men­te ab­brac­cia e sin­te­tiz­za le pre­ce­den­ti è co­sti­tui­ta dal­le emo­zio­ni e da­gli af­fet­ti.

    La ri­cer­ca em­pi­ri­ca del­le neu­ro­scien­ze co­gni­ti­ve ha di­mo­stra­to la stret­ta re­la­zio­ne che sus­si­ste tra azio­ne e per­ce­zio­ne: la no­stra per­ce­zio­ne del mon­do è pla­sma­ta dall’azio­ne, an­che quan­do non ese­guia­mo un mo­vi­men­to, e rap­pre­sen­ta un mo­do ori­gi­na­le e pri­ma­rio di es­se­re coin­vol­ti col mon­do cir­co­stan­te. Ciò ha del­le con­se­guen­ze sul pia­no fe­no­me­ni­co a pro­po­si­to del mo­do in cui fac­cia­mo espe­rien­za di noi stes­si co­me sé cor­po­rei. In­fat­ti, quan­do per­ce­pia­mo qual­co­sa co­me af­fer­ra­bi­le, lan­cia­bi­le o cal­cia­bi­le, stia­mo fa­cen­do espe­rien­za di noi stes­si co­me un cor­po che può af­fer­ra­re, lan­cia­re o cal­cia­re. Ta­le "può" si ri­fe­ri­sce a una pos­si­bi­li­tà mo­to­ria, di cui un in­di­vi­duo è con­sa­pe­vo­le. Quan­do per­ce­pia­mo qual­co­sa co­me af­fer­ra­bi­le o cal­cia­bi­le, il no­stro cor­po ci si of­fre nei ter­mi­ni di una cer­ta pos­si­bi­li­tà mo­to­ria. La no­stra espe­rien­za di

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