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Trasporto di rame nella linea cellulare di neuroblastoma di ratto b104
Trasporto di rame nella linea cellulare di neuroblastoma di ratto b104
Trasporto di rame nella linea cellulare di neuroblastoma di ratto b104
E-book132 pagine1 ora

Trasporto di rame nella linea cellulare di neuroblastoma di ratto b104

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Il rame è un elemento essenziale in tracce per la sopravvivenza di tutti gli organismi, poiché funge da cofattore per numerosi enzimi coinvolti in processi biologici fondamentali, quali, ad esempio, la protezione della cellula contro lo stress ossidativo e la respirazione cellulare. Squilibri nell’omeostasi del rame possono indurre l’insorgenza di gravi patologie neurodegenerative, quali le malattie di Menkes e Wilson, le malattie prioniche, l’Alzheimer, il morbo di Parkinson, la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e la BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina).

L’uptake cellulare di rame è prevalentemente mediato da trasportatori oligomerici appartenenti alla famiglia Ctr. Nel citosol, l’intervento di numerosi chaperon molecolari consente di veicolare il rame verso specifici compartimenti subcellulari e cuproenzimi, limitando la presenza del metallo come ione libero. L’efflusso dalla cellula avviene tramite due ATPasi di tipo P, le proteine di Menkes e Wilson, che, localizzate a livello dell’apparato di Golgi, in presenza di un eccesso di rame intracellulare, possono essere veicolate verso la membrana plasmatica.

I meccanismi che presiedono all’omeostasi del rame a livello dei tessuti nervosi sono scarsamente documentati in letteratura. Per questa ragione, nel presente studio, sono stati analizzati i flussi di rame, adoperando come modello di studio una linea cellulare di neuroblastoma derivata dal Sistema Nervoso Centrale di ratto, le B104. In una fase preliminare del lavoro sperimentale, l'attenzione è stata rivolta alla caratterizzazione dei meccanismi di trasporto del rame nella linea cellulare studiata, verificando con metodiche di biologia molecolare, l’espressione del carrier rCtr1 e della proteina di Menkes.

E' stata, in seguito, monitorata la modulazione dell’espressione del carrier rCtr1 da parte delle B104 in risposta a condizioni di overesposizione e deplezione di rame nel mezzo extracellulare.
LinguaItaliano
Data di uscita28 ago 2012
ISBN9788867550678
Trasporto di rame nella linea cellulare di neuroblastoma di ratto b104

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    Anteprima del libro

    Trasporto di rame nella linea cellulare di neuroblastoma di ratto b104 - Barbara Frisenna

    rCtr1.

    1. Introduzione

    1. INTRODUZIONE

    1.1 Importanza del rame

    Il rame appartiene al gruppo dei metalli di transizione. Condivide con argento ed oro alcune caratteristiche chimico-fisiche come conducibilità elettrica e termica elevatissime, alta duttilità e malleabilità, che, insieme al costo contenuto, lo hanno reso metallo d’elezione in numerosi settori dell’attività umana. Dall’elettronica all’edilizia, dalla monetazione alla medicina il rame viene, infatti, ampiamente utilizzato e facilmente riciclato, grazie al suo alto valore di recupero. Le notevoli proprietà batteriostatiche ne hanno reso diffuso l’utilizzo come superficie in ambito ospedaliero. Ma l’utilità del rame non è limitata all’uso pratico. Esso è un micronutriente essenziale per la sopravvivenza di tutti gli organismi, dai batteri ai mammiferi (Linder, 1991).

    La relativa facilità con cui il rame è in grado di variare tra due stati ossidoriduttivi, ossidato (ione rameico Cu²+) e ridotto (ione rameoso Cu+) è stata sfruttata dagli organismi, portando al suo utilizzo come cofattore catalitico per un’ampia varietà di metalloenzimi implicati in diversi processi biologici tra cui la respirazione cellulare, il trasporto di ferro, la produzione di ormoni peptidici, la pigmentazione, la coagulazione del sangue e, in generale, il normale sviluppo cellulare (Bertinato et al., 2003).

    Tra i principali cuproenzimi menzioniamo:

    Cu/Zn Superossido dismutasi (difesa dai radicali liberi),

    Citocromo c ossidasi (respirazione mitocondriale),

    Ceruloplasmina (trasporto di rame e ferro),

    Dopamina β idrossilasi (produzione di catecolamine),

    Lisil ossidasi (sviluppo del tessuto connettivo),

    Peptidil glicina monossigenasi (bioattivazione di ormoni peptidici),

    Tirosinasi (biosintesi di melanina; Linder, 1996; Shim and Harris, 2003).

    Molti dei sintomi associati alla carenza di rame sono conseguenza del cattivo funzionamento di tali enzimi (Kehoe et al., 2000).

    La stessa natura reattiva dello ione rame può, d’altro canto, renderlo altamente tossico. Le cellule presentano efficienti sistemi in grado di sequestrare ed immagazzinare tale metallo, impedendone, in condizioni normali, la presenza come ione libero (Rae et al., 1999)

    Tuttavia, se in eccesso rispetto alle necessità della cellula, gli ioni rame liberi possono accumularsi ed agire come una potente citotossina, partecipando a reazioni di ossidoriduzione che generano radicali liberi, composti altamente dannosi per i lipidi, le proteine e gli acidi nucleici (Halliwell and Gutteridge, 1984).

    Gli ioni rame liberi possono, inoltre, esercitare il proprio effetto tossico sostituendo altri cofattori essenziali per i metalloenzimi. Ad esempio, è stato dimostrato che il rame può sostituire lo zinco(II) nei fattori di trascrizione zinc finger (a dita di zinco) impedendo così il legame di tali proteine alle sequenze target di DNA (Predki and Sarkar, 2003).

    Esiste, quindi, un delicato equilibrio tra necessità e tossicità del rame, che negli organismi viventi è mantenuto da una regolazione fine sia a livello cellulare che a livello tissutale.

    Alterazioni nell’omeostasi del rame possono produrre come immediata conseguenza, un’inadeguata distribuzione dello ione in cellule e tessuti e, quindi, l’insorgere di gravi patologie, quali la sindrome di Menkes o il morbo di Wilson (Bull and Cox, 1994). Tuttavia, salvo che in particolari condizioni attribuibili a malnutrizione, difetti genetici o sindromi che portano ad un insufficiente assorbimento, i disturbi dovuti al rame sono relativamente rari. Ciò dimostra la presenza di efficienti meccanismi di assorbimento dai cibi e di distribuzione nei siti di maggior utilizzo (Turnlund, 1998).

    1.2 Apporto di rame con la dieta

    Il rame è una componente essenziale della nostra alimentazione.

    Tra gli alimenti maggiormente ricchi di tale minerale spiccano cereali integrali, verdure a foglia verde, fegato, patate, crostacei e molluschi, uova, pollame e legumi secchi (Pennington, 1995). Nei paesi in cui vengono ancora utilizzate condutture in rame, anche l’acqua potabile ne rappresenta una fonte significativa.

    Il principale sito di regolazione dell’apporto di rame nell’organismo è l’intestino tenue, a livello del quale avviene il massimo assorbimento.

    La quantità di rame assorbito con la dieta varia considerevolmente in base alla concentrazione presente nel cibo (Turnlund, 1998). Quando l’apporto è inferiore ad 1 mg/giorno, ne viene assorbito più del 50%; l’assorbimento cala al 20% quando l’apporto giornaliero supera 5 mg/giorno (Tao et al., 2003).

    Studi sui ratti condotti da Farrer (1968) hanno, anch’essi, dimostrato che l’assorbimento a livello intestinale diminuisce all’aumentare della dose: supera il 45% per un apporto pari a 1-12 mg/giorno; è limitato al 10% per un apporto pari a 200 mg/giorno (Linder, 1991).

    Studi clinici nell’uomo indicano come apporto quotidiano ottimale per un adulto una dose pari a 1 mg/giorno (Pennington et al., 1991). Il Consiglio Nazionale di Ricerca degli USA ha proposto un intervallo pari a 1-3 mg/giorno come sicuro e salutare per l’adulto. Un apporto superiore potrebbe essere tollerato, ma è necessario stabilire se e come assunzioni di rame più alte del normale possano indurre danni genetici nei tessuti cerebrale ed epatico, dove avviene un relativo accumulo dello ione (Linder, 2001). Il livello di assunzione massimo tollerabile è, comunque, stato fissato a 10 mg/giorno.

    Sebbene, quindi, l’accumulo del rame in eccesso sia una condizione inconsueta, le cellule, in particolari situazioni, possono immagazzinarne discrete quantità senza danno. Durante la gravidanza, ad esempio, il feto ha la capacità di accumulare il rame a livello del fegato (principalmente legandolo a metallotioneine nel nucleo) alla velocità di 0.05 mg/giorno, soprattutto nell’ultimo trimestre (Nartey et al., 1987). Il feto dipende completamente dalla madre per il suo fabbisogno di rame ed in caso di nascita anzitempo, il latte artificiale per neonati prematuri arriva a contenerne 1-2 mg/litro. Tuttavia, l’elevata abilità d’accumulo, in condizioni normali, viene gradualmente persa. Una patologia umana in cui sono stati osservati e studiati effetti tossici da accumulo del rame è la Cirrosi Epatica Infantile (Tanner et al., 1978). In questo caso, il consumo del latte in contenitori d’ottone è risultato in relazione con la presenza del metallo in tale alimento. Molto probabilmente in associazione con altri fattori eziologici ancora sconosciuti, ciò ha portato all’accumulo patologico di rame e danni al fegato dei bambini.

    Un fenomeno simile è stato riscontrato in alcune famiglie del Tirolo (Austria, nord Italia; Tanner et al., 1978).

    1.3 Distribuzione del rame nell’organismo

    Il rame è un microelemento essenziale per la crescita e lo sviluppo del corpo umano, risulta, pertanto, presente in tutti i tessuti dell’organismo in quantità variabili dai 75 ai 100 mg.

    Fegato, cuore e cervello detengono il primato, tra i vari organi, per ricchezza in rame. Le ossa ed i muscoli, nonostante presentino concentrazioni di ione meno elevate, contengono oltre il 50% del rame totale presente nell’organismo, grazie all’importanza della loro massa (Landner and Lindestrom, 1999).

    Il livello di rame nel plasma sanguigno è sotto stretto controllo omeostatico ed è mantenuto in un range di 1 mg/l. La percentuale prevalente risulta legata alla ceruloplasmina (circa il 70%), il 10% circa ad altre proteine come albumina, macroglobuline, transcupreina. La restante parte è legata ad altre componenti, alcune delle quali ancora sconosciute (Linder et al., 1991). Poichè tali valori potrebbero richiedere correzioni qualora venissero introdotte metodologie di rilevamento più sensibili (Buckley et al., 1996), i livelli di rame nel siero e nel plasma o

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