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La medicina dell’anima
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E-book82 pagine1 ora

La medicina dell’anima

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Se negli eventi del macrocosmo (il mondo e la natura) possiamo leggere i segni della volontà divina, in quel piccolo mondo che è l'uomo - nella sua fisiologia, nella sua costituzione e nelle sue perturbazioni - possiamo operare la stessa lettura? Il pensiero medievale non ha dubbi in proposito, e una delle più belle risposte affermative è costituita da questo piccolo e prezioso trattato del piccardo Ugo di Fouilloi (XII sec.), molto letto in tutto il Medioevo, a lungo attribuito a Ugo di San Vittore, e che ora appare in prima traduzione italiana.
Testo fondamentale per chi si interessa di medicina antica (la sua esposizione della teoria umorale è una delle più interessanti che ci rimangano), il De medicina animæ è anche un'accattivante lettura morale della fisiologia umana e un utile manuale di psicologia tradizionale: infatti, secondo l'autore, dai malesseri corporei e dalla loro cura possiamo imparare a curare i malesseri dell'anima, per i quali vengono date indicazioni pratiche precise.
Lo studio introduttivo, oltre a preparare la lettura, fornisce anche un circostanziato ragguaglio sulla teoria dei quattro umori.
LinguaItaliano
Data di uscita1 dic 2009
ISBN9788896720097
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    La medicina dell’anima - Ugo di Fouilloi

    - BIBLIOTECA DELL’ANIMA -

    Collana diretta da Bruno Cerchio

    4

    Ugo di Fouilloi

    (Hugone de Folieto)

    La medicina dell’anima

    (De medicina animæ)

    a cura di

    Mario Serio

    art

    In copertina:

    calligrafia araba a forma di vascello.

    ISBN: 978-88-96720-09-7

    © 1998

    Edizioni Il leone verde

    Via della Consolata 7, Torino

    Tel/fax 011 52.11.790

    e-mail:leoneverde@mailbox.icom.it

    Introduzione

    Il sistema dei quattro umori

    La civiltà greca ebbe, fin dal V sec. a. C., l’inquietante particolarità di intrecciare l’adesione allo spirito tradizionale con impulsi verso posizioni eteroclite e contrastanti. La cosa, com’è noto, fu a suo tempo sottolineata (con scandalo dei contemporanei) da R. Guénon, parlando di quello che egli chiamava il pregiudizio classico¹, ma era già stata stigmatizzata in antico². È facile dunque immaginare come negli aspetti del sapere riguardanti il mondo naturale (connesso solo di riflesso alla conoscenza metafisica) potessero in simile civiltà convivere e scontrarsi istanze sapienziali e proto-scientifiche (e dunque, tradizionali e antitradizionali), massime nella medicina, che riguarda un campo di studio molto particolare: l’uomo come oggetto naturale. Da questo punto di vista è molto interessante considerare la nascita del sistema³ dei quattro umori, originato da un lungo processo storico di sussunzioni e sincretismi, nel quale si integrarono (non sempre senza fatica) dati tradizionali ed empirici, fino a pervenire ad una sorta di ritraduzione tradizionale nel Medioevo, ritraduzione di cui il De medicina animæ costituisce un capitolo di particolare interesse. Le due anime di questo sistema le rileviamo già separando l’idea numerologica del Quattro (di origine pitagorica) dal concetto di umore.

    Non possiamo identificare un’origine storica precisa del concetto di umore (chymos⁴), e dobbiamo perciò considerarlo appartenente alla prestorica tradizione asclepiadea; la prima scuola medica greca di cui invece abbiamo contezza, quella di Cnido (fiorita tra il VI e il V sec. e contraddistinta da un forte empirismo), considera gli umori, ma solo in senso patologico: durante la digestione, parte delle sostanze andavano a rigenerare il corpo, parte erano indigeribili e formavano i rifiuti, che se non adeguatamente espulsi potevano formare questi umori negativi, da cui si generavano le malattie: Eurifronte li immaginava innumeri, mentre Erodico ne distingueva due, uno acido e l’altro amaro – quelli che più tardi saranno chiamati flegma ⁵ (pituita, catarro) e cholé ⁶ (bile).

    Per quanto concerne il numero Quattro, esso ebbe grande importanza per i Pitagorici i quali (in accordo con la Tradizione) vedevano in esso il principio dell’Immanenza: essi giuravano sulla divina Tetraktys, il Quaternario la cui somma dà la decade (1+2+3+4=10): il Quattro dunque esprime (direttamente) la possibilità della Manifestazione e (implicitamente) la Pienezza del mondo e la sua Perfezione (cioè la sua possibilità del ritorno a Dio).

    Fu però Empedocle (490 ca. -430 ca. a.C.) a sviluppare la dottrina dei quattro elementi (che egli chiamava rizòmata, radici⁷), connettendoli con quattro entità cosmiche: sole, terra, cielo e mare – che poi diverranno, per trasposizione, fuoco, terra, aria e acqua. Come nel mondo l’armonia era data dal giusto combinarsi (krasis) di queste quattro radici, così era per l’uomo, sia per la sua costituzione fondamentale (di tutto il corpo, come di ogni sua parte: per esempio, un’ottima krasis della lingua era propria all’oratore) che per quanto riguardava il suo ritorno alla salute. Per quanto possa sembrare strano, i medici di estrazione pitagorica, precedenti o contemporanei a Empedocle, non videro applicazioni in campo fisico del numero Quattro; tra di loro, Alcmeone di Crotone (che fiorì intorno al 500 a.C.) occupa una posizione particolare: egli parlò di qualità (dynàmeis) in numero indefinito (anche se vengono citate il caldo, il freddo, il secco e l’umido, il dolce, l’amaro) – questi principi attivi mantengono la salute se permangono in equilibrio (isonomìa), ma il predominio (monarchìa) di uno genera la malattia⁸ .

    Contemporaneo e concittadino di Alcmeone, Filolao fu anch’esso pitagorico. Nelle sue concezioni eziologiche, considerò come agenti patogeni bile, sangue e flegma (in ciò influenzato dalla scuola cnidia), elaborando invece una teoria dei principi egemonici del corpo ispirata al quaternario: questi principi risiederebbero nel cervello (principio pensante), nel cuore (principio sensibile)⁹, nell’ombelico (principio vegetativo) e nel sesso (principio fecondativo) – il primo è egemone nell’uomo, il secondo negli animali, il terzo nei vegetali e il quarto è comune a tutti i viventi.

    La sintesi di questo coro eterogeneo fu operata all’interno della scuola di Ippocrate di Cos (460 ca. -370 ca. a.C.). La vicinanza geografica e culturale (Cos e Cnido erano colonie microasiatiche di origine dorica) fece sì che la scuola di Cos si considerasse ad un tempo continuazione e superamento di quella cnidia. Per l’argomento che ci concerne, Ippocrate parla di umori (per lui non ancora quantitativamente definiti) che agiscono nel corpo e negli organi, determinando con il loro equilibrio e squilibrio la salute e la malattia, ma anche producendo con la diversità dei loro rapporti le differenze individuali di tipo fisiologico e psicologico (è la nascita del tipo psicosomatico). Negli umori agiscono le dynàmeis, concetto che egli

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