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Il bambino nudo: 24 piccole storie sarde tra cielo e mare
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Il bambino nudo: 24 piccole storie sarde tra cielo e mare
E-book83 pagine1 ora

Il bambino nudo: 24 piccole storie sarde tra cielo e mare

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Info su questo ebook

Ceschino è un bambino curioso e sensibile che vive in Sardegna, a Villa Sant’Efisio, un piccolo paese - oggi una realtà urbana importante chiamata Capoterra - negli anni difficili del dopoguerra. Una narrazione semplice e piacevole che porta il lettore, attraverso piccoli racconti, a scoprire con occhi di bambino, il passato e quindi la storia di un paese e dei suoi abitanti. Storia che assomiglia a tante altre storie che hanno visto protagoniste le generazioni che ci hanno preceduto, un passato comune a tanti, con la sua cultura e con le difficoltà che quei tempi imponevano. Francesco Dessì, nato a Capoterra il 26 maggio 1956, risiede e vive a Capoterra. è giornalista pubblicista dal 1989, impegnato nel sociale per passione, grande appassionato di sport. “Il bambino nudo” è la sua prima pubblicazione.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2021
ISBN9788898738434
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    Anteprima del libro

    Il bambino nudo - Francesco Dessì

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    FRANCESCO DESSì

    IL BAMBINO NUDO - 24 PICCOLE STORIE SARDE TRA CIELO E MARE

    AmicoLibro

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    Francesco Dessì

    Il bambino nudo

    24 piccole storie sarde tra cielo e mare

    Proprietà letteraria riservata

    l'opera è frutto dell’ingegno dell'autore

    © 2014 AmicoLibro

    via Oberdan 2

    75024 Montescaglioso (MT)

    www.amicolibro.eu

    info@amicolibro.eu

    Prima Edizione Digitale: settembre 2014

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    A Robertina

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    Prefazione

    Ceschino è un bambino curioso e sensibile che vive in Sardegna, a Villa Sant’Efisio, un piccolo paese - oggi una realtà urbana importante chiamata Capoterra - negli anni difficili del dopoguerra. Una narrazione semplice e piacevole che porta il lettore, attraverso piccoli racconti, a scoprire con occhi di bambino, il passato, e quindi la storia di un paese e dei suoi abitanti. Storia che assomiglia a tante altre storie che hanno visto protagoniste le generazioni che ci hanno preceduto, un passato comune a tanti, con la sua cultura e con le difficoltà che quei tempi imponevano.

    Francesco Dessì ha voluto farci regalo dei suoi ricordi, e forse è riuscito a fermare almeno per il tempo necessario alla lettura, un passato che nonostante tutto, per certi versi, ci manca.

    Carmen Salis

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    Le vacanze estive di Ceschino

    Una nebbiolina trasparente saliva lenta, invadendo la campagna tutto intorno, vicino alla laguna. Era l’effetto della calura pomeridiana d’agosto, e Ceschino stava attento, con lo sguardo rivolto lontano, a controllare che i passeri e gli altri uccellini non rovinassero gli acini dei grappoli già gonfi appesi alle viti. L’uva era quasi matura e pronta per essere raccolta e venduta al mercato di Cagliari. Questo era il risultato di un lungo e duro lavoro, e non poteva essere rovinata da quei volatili prepotenti e famelici. Dovevano quindi essere allontanati a tutti i costi a urla o con i tamburi di latta.

    Nel pomeriggio il silenzio veniva violato da un rumore continuo e assordante: le cicale infinitamente numerose, cantavano tutte insieme quasi a creare una sinfonia. Sotto il sole feroce, cocente, Ceschino, pensava a cosa avrebbe voluto fare da grande. Aveva solo dieci anni, ma i suoi pensieri viaggiavano a velocità supersonica, e fantasticava, Da grande vorrei diventare una persona importante, ma se d’estate sarò costretto sempre a lavorare quando tutti gli altri bambini si godono la libertà delle vacanze, come potrò realizzare il mio sogno?

    Il suo pensiero fisso era, con orgoglio, diventare qualcuno, e fare qualcosa di importante, di più importante. A dieci anni non era facile accettare quella situazione, quel dovere a tutti i costi, ma lui era un bambino responsabile. La battaglia contro i passeri iniziava i primi di luglio e finiva a fine agosto, quando tutti i grappoli erano finalmente raccolti.

    Tutte le mattine all’alba partiva dal suo paesino in sella alla bicicletta per arrivare al podere vicino alla laguna, prima che i passeri si mettessero all’opera per gustare indisturbati gli acini dolci con il loro becco appuntito. Doveva essere puntuale, doveva pedalare forte: il suo respiro tagliava l’aria frescolina e frizzante del mattino e dopo mezz’ora di viaggio era pronto a fare la guerra contro i suoi nemici pennuti. La giornata scorreva poi lenta, in solitudine, tutt’intorno era deserto, ma doveva rimanere sempre vigile, attento. La colazione era assicurata da pesche e fichi, e sprovvisto di orologio Ceschino si regolava con l’ombra di un bastoncino sistemato bene nel terreno; quando arrivava mezzogiorno era l’ora del pranzo, e lui tirava fuori dal fagotto il solito pasto composto da una scatoletta e un pezzo di formaggio, che consumava in fretta approfittando della piccola pausa che anche i passeri si concedevano appollaiandosi sui rami degli alberi, come se ci fosse un tacito accordo. Nel pomeriggio il sole spadroneggiava con i suoi raggi a picco che surriscaldavano l’aria, il terreno diventava bollente e il bambino doveva stare attento a dove appoggiava i piedini scalzi per evitare di scottarsi. Inoltre il caldo umido faceva proliferare i moscerini, minuscoli ma molto aggressivi, che pungevano il viso abbronzato di Ceschino, e che in certi momenti erano davvero insopportabili! L’attesa per l’arrivo del papà si faceva estenuante, alle cinque e mezza signor Lele arrivava puntuale per controllare il podere e decidere il da farsi per i giorni successivi. Il bambino, felice, allora saliva su un albero di pero che sovrastava il vigneto, per vedere o sentire la moto del papà, e quando finalmente in lontananza in mezzo a una nuvola di polvere la vedeva spuntare, una gioia incontrollabile lo pervadeva. Scendeva in un lampo dall’albero e gli correva incontro a perdifiato per abbracciarlo, ma l’uomo - stanco per le tante ore lavorate in un cantiere edile - aveva poca voglia di far festa e ordinava al figlio di eseguire un altro giro di controllo. Ceschino deluso fra sé e sé pensava, Ecco, tutto il giorno da solo e adesso non riesco ad abbracciare il papà.

    Intanto a quell’ora le cicale avevano smesso di cantare e lentamente la luce della giornata cambiava colore con il sole che si accingeva a ritirarsi dietro le colline. I rumori e gli odori della campagna mutavano, il profumo della menta selvatica era forte, inebriante, il vento che arrivava dal mare improvvisamente smetteva di soffiare. Flotte di gruccioni variopinti rientravano verso i loro nidi sulle sponde dei fiumi e migliaia di rondoni sfrecciavano a bassa quota. Le quaglie, le rane e le serpi, intonavano una

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