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La Giustizia degli Ultimi
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E-book179 pagine2 ore

La Giustizia degli Ultimi

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Info su questo ebook

Nel corso dell’ultimo decennio, i percorsi di cinque uomini e donne coraggiosi si sono incrociati in uno studio legale della provincia lombarda – come note sul pentagramma di uno spartito – e sono poi fluiti verso nuovi orizzonti. “La Giustizia degli Ultimi” racconta le loro storie, nella consapevolezza che la possibilità di accedere alla giustizia sia spesso discriminata dalla condizione economica di chi si ritrova, d’un tratto, Ultimo.
Se sei consapevole, non puoi fregartene. Se te ne freghi, diventi complice di un sistema che non funziona.

Chiara Tacchi è un avvocato civilista, da sempre sensibile ai problemi dei deboli, ideatrice e fondatrice di un’Associazione impegnata a garantire ai più fragili il diritto a una difesa accessibile e inclusiva. La Giustizia degli Ultimi, libro d’esordio, coniuga il desiderio di dar voce a chi non ce l’ha e la passione dell’autrice per lettura e la scrittura.
LinguaItaliano
Data di uscita4 set 2022
ISBN9788830669864
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    Anteprima del libro

    La Giustizia degli Ultimi - Chiara Tacchi

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    A mio figlio Edoardo,

    che illumina ogni giorno la mia vita

    CAPITOLO I

    Le more lungo il fiume

    Il cielo è un gioco di luci e di colori meravigliosi. I rumori della giornata sono lontani. Il suono del fiume che scorre davanti a me cattura i miei pensieri e li porta lontano. La lieve brezza che pone fine alla calura estiva è la mano che accarezza i miei capelli e mi rilassa. Sul davanzale le begonie emanano un profumo intenso e il canto delle cicale mi tiene compagnia. Seduta con le braccia incrociate sulla balaustra mi lascio ipnotizzare dallo spettacolo della natura. Sono pervasa da un senso di tranquillità. Non vorrei essere in nessun altro posto al mondo.

    La sveglia suona presto a casa dei nonni, anche se sono in vacanza. Il sole è appena sorto e la luce filtra timidamente dalle fessure delle tapparelle. Mi rotolo nel letto ma, sapendo ciò che mi aspetta, non esito molto. L’aria è fresca e dal giardino dietro casa arriva il cinguettio degli uccelli e il profumo del glicine invade la camera. Mi alzo senza indugi, felice di trascorrere un’altra giornata lungo il fiume. La nonna mi ha preparato una buonissima colazione a base di pane, burro e zucchero e una super tazza di latte. Finito di mangiare, saluto la nonna con un bacio e raggiungo il nonno che sta sciogliendo la fune che tiene ormeggiato alla riva uno dei due barconi di ferro dal fondo piatto.

    Nonno ha gli occhi di un azzurro talmente chiaro che sembrano quasi trasparenti. I lineamenti del volto sono segnati dagli sforzi per il duro lavoro e dalle giornate passate sotto il sole. È snello, ma muscoloso e molto forte. I muscoli non se li è fatti in palestra, ma spaccando i sassi di quarzo con una mazza da due quintali per poi caricarli a badilate sul camion. Un uomo solido, nonostante l’aspetto fisico potrebbe trarre in inganno. Un gran lavoratore silenzioso.

    Ad un suo cenno salgo in barca e mi siedo a prua, con lo sguardo verso la destinazione scelta. Risaliamo il fiume fino al posto individuato dal nonno per dedicarci alla raccolta dei ciottoli di fiume, bianchi e neri. Mentre lo aiuto nella raccolta, mi segue con lo sguardo e mi raccomanda di stare ben attenta a scegliere quelli dello stesso calibro. Adoro trascorrere queste giornate lungo il fiume. Mio nonno ha un carattere tranquillo e mentre lavoriamo mi piace ascoltare la sua voce calma che mi racconta di quando, durante la Seconda guerra mondiale, i tedeschi avevano bombardato il ponte di ferro e lungo il nostro fiume le bombe avevano creato delle voragini talmente profonde da creare dei mulinelli d’acqua molto pericolosi. Tante persone che non conoscono la particolarità di questo tratto del fiume Ticino sono morte facendo il bagno. Mi piace aiutarlo e mi piace tanto starlo ad ascoltare. Ogni racconto è un pezzo della sua vita, non sono favole a lieto fine, anzi a volte sono racconti duri, tristi, ma il suono pacato della sua voce non mi mette mai angoscia. Anzi mi aiuta a riflettere su quanto sono fortunata. Mio nonno ama il suo lavoro, che svolge con pazienza e dedizione. Ne va fiero ed è orgoglioso di sapere che quei piccoli sassi serviranno a realizzare i viali di ingresso di ville d’epoca, di importanti residenze sul lago, saranno utilizzati per abbellire giardini e parchi grazie alla maestria di abili posatori. Non importa se a lui non verrà riconosciuto alcun merito ad opera finita. Lui sa che quei sassolini li ha scelti lui, dedicandovi tanto tempo ed infinita pazienza. È consapevole del suo ruolo e ne va fiero. Fa ciò che ama, in modo onesto, e questo gli basta. Lui è sostanza non apparenza.

    Si dice che i bambini imparino più dai gesti che dalle parole e mio nonno, con la sua calma, il suo costante impegno silenzioso, il rispetto per la natura, mi insegna ogni giorno ad avere pazienza, a rispettare il ritmo della natura, ad apprezzare il moto perpetuo del fiume.

    «Vedi Chiara, questi ciottoli si sono arrotondati per effetto del rotolamento e dell’usura creata dallo scorrere dell’acqua. È un lungo processo naturale, in cui il materiale più fragile si spezza mentre il restante si smussa e si arrotonda. La natura impiega tanto tempo per creare delle forme così perfette. Il segreto è che non bisogna correre. Tutto accade. Basta vivere il presente facendo il proprio dovere, giorno dopo giorno. Senza affanno, con costanza.»

    È quasi ora di pranzo. Risalendo il fiume il nonno mi concede una tappa per raccogliere le more selvatiche che crescono spontanee al limitare del bosco. Raccoglierle è un’impresa: occorre prestare molta attenzione a dove si mettono i piedi per non cadere in acqua e altrettanta attenzione per non ferirsi le mani con le spine dei rovi. Ma sono talmente grosse ed invitanti che il bottino giustifica il rischio e così, quasi sempre, torno a casa con qualche graffio sulle mani e sulle braccia.

    La nonna ci aspetta in terrazza. Da lontano scorgo la sua mano che ci saluta. Me la immagino che sorride. Lei è il mio porto sicuro.

    È solare, sensibile, generosa nell’aspetto fisico come nelle manifestazioni affettuose. È burrosa. I suoi abbracci mi avvolgono, mi fanno sentire protetta. Nulla può sostituire mamma e papà; ma nulla può sostituire, allo stesso modo, i miei nonni. Con la nonna c’è una relazione diversa da quella con i miei genitori, una relazione speciale fatta di complicità. La nonna mi trasmette serenità. Anche lei non è una chiacchierona, ma è sempre pronta ad ascoltarmi o a passare semplicemente del tempo insieme a cucinare. Terz’ultima di undici figli è cresciuta in campagna e ha patito le ristrettezze di una famiglia molto povera. Non me ne ha mai parlato con sofferenza, piuttosto nei racconti della sua vita ho sempre percepito una grande dignità. Forse proprio a causa dell’indigenza ha sviluppato una spiccata attenzione per le cose belle.

    Insieme fantastichiamo sul mio prossimo regalo di compleanno, che come sempre sarà un vestito. È un rituale che si ripete ogni anno. Io, lei e la mamma ci rechiamo in un grande negozio a Gallarate, dove ci sono tantissimi vestiti sia da adulti che da bambini. La nonna ci tiene tanto. Credo sia l’ennesimo modo di dimostrarmi il suo affetto e forse di riversare su di me quelle ambizioni che non ha potuto avere da piccola a causa della miseria. Forse era il suo sogno e non voglio deluderla. Provo tutti i vestiti che mi mostra, anche se alcuni proprio non mi piacciono, e alla fine scelgo il mio preferito. Lei è contentissima. Più che se avesse acquistato un vestito per sé. Anch’io sono molto contenta ma ciò che mi rende più felice è l’amore che mi trasmette con i suoi abbracci.

    23 agosto 1988 – Isola di Paros (Grecia)

    Mia mamma è sdraiata sul divano. È svenuta. Mio zio medico la sta visitando, ma non riesco a capire quanto sia grave la cosa. Sento l’ansia salire fino a farmi tremare. Papà sta parlando con due persone che non conosco e non mi risponde. Mio nonno Mario, consumato dal cancro, è seduto sulla poltrona blu e non parla. Sono terrorizzata. Il senso di impotenza è una mano che mi stringe la bocca dello stomaco. Parlo ma nessuno mi risponde.

    Mi sveglio agitatissima, con le guance bagnate dalle lacrime. L’incubo che ho avuto stanotte era molto reale. Ho ancora il dolore allo stomaco, e anche il nodo alla gola. Ho sentito dentro di me tutto il dolore del mondo annidarsi nello stomaco, e ho creduto che il cuore mi fosse stato strappato per sempre dal petto. Sono annientata.

    Dopo alcune ore il malessere non se ne è andato e tanto meno l’agitazione.

    C’è qualcosa che non va.

    Chiamo a casa. Mio papà mi rassicura dicendo che non ci sono problemi, che non devo preoccuparmi. Parlo anche con mamma, ma a distanza di ore il mio stato di malessere, misto ad agitazione, non passa.

    Arriva la sera e sto proprio male. Sento il bisogno di tornare a casa, c’è una forza dentro di me che mi spinge. Non riesco a contrastarla. Ne parlo con il mio ragazzo, ma non mi capisce. Non vuole tornare a casa, vuole rimanere in vacanza. In effetti non è semplice spiegare quello che provo e tanto meno capirlo.

    Non importa. Ormai ho deciso: torno a casa. Da sola.

    Paros-Atene in traghetto. Dormo ad Atene in un hotel vicino al porto. Sveglia alle 04:00 per prendere un volo per Londra e poi Londra-Milano Linate.

    Atterro a Milano.

    Corro incontro a papà che mi sta aspettando fuori dal terminal, ma più mi avvicino più la sensazione di angoscia si acuisce. Purtroppo, guardandolo in viso capisco immediatamente che le mie sensazioni non erano sbagliate.

    «Chiara, non ti abbiamo detto nulla perché eri lontana, avevamo paura che stessi male e affrontassi il viaggio di ritorno da sola. La nonna è morta tre giorni fa. Un infarto nella notte. Abbiamo fatto il funerale ieri.»

    Sono passati più di trent’anni e in questi giorni, chiusa tra le quattro mura

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