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Anima: Conversazioni irreali
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E-book197 pagine2 ore

Anima: Conversazioni irreali

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Info su questo ebook

Questo libro è rivolto a coloro che ricercano e si interrogano sul rapporto tra anima e progetto esistenziale della loro vita; offre stimoli multi prospettici sull’evoluzione dell’anima in relazione al senso della vita ed il differenziarsi dell’anima nel processo di raffinamento verso dimensioni superiori dopo l’abbandono della dimensione terrena.
Alcuni contenuti di queste “conversazioni irreali” sono derivati da esperienze verificatesi all’interno di percorsi di ricerca attraverso l’utilizzazione di procedure ipnotiche.
Le due conversazioni hanno una loro unità profonda pur essendo espresse in forma narrativa ed in due racconti separati; il loro oggetto è l’anima, ma anche la loro essenza è anima.
Ho preferito la forma narrativa desiderando indirizzare questo lavoro ai lettori di ogni genere, scegliendo di non presentare una prospettiva o una possibile interpretazione di tipo scientifico rispetto ai fenomeni psichici descritti.
Il lettore si porrà nuovi interrogativi sui diversi aspetti del proprio esistere e sul proprio progetto di esistenza,e questi interrogativi possono essere posti a
diversi livelli in relazione alla propria soggettività.
LinguaItaliano
Data di uscita13 feb 2014
ISBN9788863652277
Anima: Conversazioni irreali

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    Anteprima del libro

    Anima - Bruno Renzi

    dell’irreale.

    L’INCONTRO

    I

    Prendo raramente il treno per viaggiare ma ogni volta che siedo accanto al finestrino e vedo il paesaggio scorrere velocemente, vivo una strana sensazione, legata in parte alla realtà che osservo ed in parte ad un livello più profondo, come una strana trascendenza che diviene stimolo per profondi momenti di riflessione, sulla mia vita, sul senso di alcune mie scelte o sul percorso che sto perseguendo; sebbene alcune scelte della mia vita sembrino contraddittorie riesco infine a trovare un arcano filo conduttore, spesso non pienamente dipendente dalla mia volontà.

    Non ho mai capito con chiarezza cosa stimolasse quella particolare dimensione, se il rapido susseguirsi di paesaggi, la possibilità di vedere sino al limite dell’orizzonte o l’osservare attraverso una cornice o chissà cos’altro. Spesso mi sono chiesto il perché di quei momenti di riflessione, di rapimento verso una dimensione profonda del mio essere, ed un giorno prese forma un’improvvisa intuizione; riaffiorava alla mia mente un ricordo della mia infanzia, all’incirca dei miei quattro-cinque anni d’età.

    In quel periodo i miei genitori andavano spesso a feste serali a casa di una zia, in una città non molto distante da quella in cui abitavamo, per necessità mi portavano con loro. Passavo gran parte del tempo al piano superiore dell’abitazione, non ricordo se in compagnia di qualcuno, al ritorno ero sonnecchiante e venivo adagiato sul sedile posteriore della macchina. Si rientrava abbastanza tardi; ricordo nettamente l’esperienza di una sera in cui mi trovai a vivere uno strano rapimento estatico nell’osservare, attraverso il finestrino posteriore, il cielo stellato ed avvertire una grande sensazione di nostalgia ed allo stesso tempo di appartenenza, sentivo di potermi tuffare in quella dimensione cosmica e di sentirla come amica, come un luogo conosciuto, un luogo di silenzio noto; ricordo che restai a contemplare quel cielo, e ciò che è rimasto e che tutt’ora vive in me è una strana pace ed un desiderio di conoscenza rispetto a qualcosa che allora era nettamente sconosciuto.

    In effetti non potevo comprendere sino in fondo quel primo richiamo o quel primo contatto con un ordine non ancora conosciuto ma la curiosità si ripresentò costantemente nella mia vita in parte sotto forma di interesse per la filosofia e più tardivamente per l’astrofisica, studi che non perseguii perché scoraggiati dal pragmatismo di mio padre, che comunque con amore ha sempre sostenuto il mio desiderio di esperienze a volte non del tutto ortodosse.

    Le scelte più importanti della mia vita sono avvenute quasi tutte per caso, non capisco in quale misura fosse la mia coscienza profonda a creare inconsciamente gli avvenimenti o quanto invece una coscienza più alta ne determinasse le sequenze. In questo modo decisi di fare lo psichiatra con una formazione psicodinamica, di approfondire la conoscenza Vedica ed infine di approdare ad una visione dell’esistenza essenzialmente metafisica e spirituale.

    Ogni volta che prendo un treno, fantastico su possibili incontri o su piacevoli conversazioni, ma di fatto non è mai avvenuto nulla di tutto ciò, per la mia riservatezza per cui non sono mai il primo a stimolare una conversazione o perché forse c’è qualcosa in me, in quel contesto, che non facilita il contatto.

    Questa volta i miei desideri erano stati sin da subito vanificati poiché lo scompartimento era letteralmente vuoto, avevo scelto così la poltrona vicina al finestrino, nel senso di marcia del treno. Accadde dopo la terza fermata che Lui si presentò dinanzi all’ingresso dello scompartimento e nonostante l’evidente disponibilità di posti mi chiese se poteva accomodarsi. Risposi che avrebbe certamente potuto e gli accennai un sorriso di accoglienza. Scelse la poltrona di fronte alla mia, accanto al finestrino, e dopo aver sistemato una vecchia sacca di pelle sedette compiaciuto della sua sistemazione.

    Non era un individuo comune, alto e ligneo nei lineamenti, con occhi profondi, infossati ma straordinariamente acuti e penetranti, la barba lunga e volutamente semi incolta, la sua espressione emanava qualcosa di etereo e nello stesso tempo qualcosa di molto concreto, certo, una quiete determinata. La sua quiete quasi ascetica non incuteva timore ma una capacità di accogliere, di sedare. Era perfettamente incongruente con lo stereotipo di individuo mediatico dei giorni nostri ed esprimeva con la sua persona un percorso complesso, arcaico, denso di eticità, non eticità riduttiva e ristretta, ma che trova la sua ragione nelle leggi di natura a sostegno della vita. Sì, era questo che emanava quel personaggio improvvisamente apparso da chissà quale storia.

    Percorremmo un lungo tragitto senza scambio di parole alcuno, di tanto in tanto uno sguardo, curioso il mio, sereno il suo. Cominciavo a fare elucubrazioni sullo sconosciuto, era un esercizio che mi attraeva molto, tentare di intuire o sentire qualche cosa che appartenesse alla vita dell’altro o al suo intimo sentire, coglierne attraverso sguardi fugaci qualche tratto rivelatore, un’espressione che desse degli indizi su chi avevo di fronte o su cosa stesse pensando; ma lui era lì, sereno, imperturbabile, illeggibile e comunque in una situazione di attesa. Fu così che superando la mia nota timidezza gli chiesi:

    Lei è italiano?.

    Mi guardò dritto negli occhi aspettando qualche istante prima di rispondere:

    Sì la mia essenza è italiana ma oggi non so più cosa sono. Preferirei non avere alcuna nazionalità ed essere semplicemente un essere umano.

    Dopo una breve pausa aggiunse:

    Per un periodo della mia vita ho vissuto in Umbria ad Orvieto. È lì che si sta recando?.

    No! rispose in modo secco ma non sgarbato.

    Non sto andando da nessuna parte né vengo da qualche luogo in particolare, ma questo è il luogo in cui è giusto che io stia.

    Ero abituato ad individui strani e nella mia vita professionale avevo incontrato di tutto, ogni forma di delirio o di megalomane ideazione. Così osservai più attentamente il mio interlocutore, e considerandone l’abito astenico cominciai ad avere qualche dubbio rispetto alla sua sanità, ma nello stesso tempo intuitivamente sapevo che quell’individuo non era una persona disturbata.

    Ed ancor prima che formulassi qualche altra idea mi chiese:

    Cosa sta cercando nella sua vita?.

    Ogni possibile preambolo relazionale veniva scavalcato, non esisteva nessun preliminare, non per lui, la sostanza aveva senso e lui mirava al centro con precisione estrema senza perder tempo e senza alcun pudore, avrei scoperto più tardi che aveva l’autorità per farlo. La percezione di un’intelligenza arguta e con frange arcane divenne un irresistibile stimolo per la mia curiosità così decisi di rispondere senza riserve e di iniziare quella che sarebbe stata una delle più strane conversazioni che io abbia mai sostenuto. Risposi:

    Una volta dissi pubblicamente che l’essenza della vita è la ricerca di Dio, penso che l’intera umanità consciamente o inconsciamente sia sul percorso, e sebbene io in effetti stia cercando Dio, non ho ancora la forza per abbandonarmi a Lui, ho ancora alcune ombre interne che non riesco del tutto a sciogliere e non riesco ad accoglierlo pienamente per proseguire nella strada che mi indica.

    Dopo qualche istante di silenzio aggiunsi:

    Penso che ogni uomo stia facendo la stessa cosa soltanto che molti non ne sono consapevoli e non hanno idea di quanto sia complesso il percorso che li attende, a volte è più semplice per i semplici, ma non sempre è così.

    Alla mia età avevo intuito che nella vita esiste una linea sottile da noi percorsa, una linea conduttrice che lega le diverse esperienze della nostra vita, una costruzione delle esperienze che risponde ad uno stimolo interno del quale a volte non siamo consci; forse nella maturità rivolgendo lo sguardo indietro con onestà riconosciamo questo percorso e la linea che lo unifica.

    Spesso è una forza alla quale non riusciamo a sottrarci, un’esigenza così forte che sembra essere sovradeterminata. In questo modo rivedendo alcuni fatti della mia vita mi sembrava di aver colto questa forza conduttrice che mi spingeva sempre di più verso un percorso di conoscenza e di ricerca di una verità ma che poi inevitabilmente diveniva la ricerca della dimensione divina dell’esistenza. Alcuni eventi rimangono impressi nella nostra mente, come punti di svolta, indicazioni di una direzione. Indicazioni da chi o da che cosa?

    Quando ero quindicenne, nei miei ricordi, avevo idee confuse rispetto a temi quali l’astrofisica, l’astrologia, l’astronomia, i miei primi stimoli umanistici erano stati gli studi di filosofia al liceo e la lettura del contratto sociale di Rousseau. Fu così che un giorno mi recai in libreria e chiesi in modo poco chiaro qualcosa che riguardasse quegli argomenti e per un gioco misterioso della sorte il commesso non riuscì ad interpretare correttamente la mia richiesta, ma disse:

    Attenda un attimo, credo di avere quello che fa per lei.

    Scomparve per qualche minuto nel retrobottega e riapparve con in mano un grosso volume della casa editrice Astrolabio: Introduzione alla psicoanalisi e prime teorie sulle nevrosi di S. Freud.

    Non avevo la più pallida idea di cosa trattasse quel libro e non avevo il coraggio di manifestare la mia ignoranza, così feci un cenno di assenso e lo acquistai. Tornai a casa con quel volume sotto il braccio, incerto del mio acquisto e quella stessa sera iniziai a leggerlo; come molti, immagino, fui stregato dalla psicoanalisi, e quando dico stregato mi riferisco a quella specifica risonanza che alcuni contesti hanno nel nostro cuore o nella nostra anima, forse riconosciamo qualcosa o una certa dimensione.

    Questa strana attrazione non è forse il ravvivarsi di qualcosa che è già noto nel nostro cuore? Come mai vogliamo tuffarci in quell’esperienza? Ne veniamo attratti; è solo piacere o qualcosa che ci spinge in quella direzione? Poteva forse essere un regressivo e narcisistico desiderio di potenza e di controllo, un’ attrazione verso una dimensione evanescente della vita che è presente in ogni essere, l’inconscio desiderio di curare la madre o quante altre ipotesi, oppure era un progetto dell’anima che riconosce affinità e percorsi

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