Oreoscure
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Anteprima del libro
Oreoscure - Fabrizio Spurio
Fabrizio Spurio
OREOSCURE
GDS
Fabrizio Spurio
OREOSCURE
©Editrice GDS
Via G.Matteotti 23
20069 Vaprio d’Adda-Mi
www.gdsedizioni.it
Disegni dell'autore
Foto di copertina di Fabio Traietti
www.goreproduction.com
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
PER LA VERSIONE DIGITALE
Ogni riferimento descritto in questo romanzo a luoghi, persone o cose
È da ritenersi del tutto casuale
INTRODUZIONE
Ci sono alcuni istanti nella nostra esistenza, in cui ci sembra che qualche cosa non vada come dovrebbe andare. Come se nel placido fluire del fiume vita, ci fossero dei mulinelli, delle anse che deviano, per qualche istante, il normale scorrere del tempo.
E' in quei momenti che ci sembra che altre realtà parallele si incrocino con la nostra, facendoci vivere degli episodi che potremmo definire soprannaturali.
Questi racconti parlano di quei momenti.
Questi istanti, brevissimi e spesso casuali, che possono anche cambiare il destino della persona che vive tali strappi della realtà.
Sono istanti, momenti, minuti assurdi.
Sono
OreOscure.
CALL CENTER
- No signora, io ho capito benissimo… -
Claudia iniziava a spazientirsi, la donna al telefono iniziava ad essere irascibile, ma lei sapeva benissimo che era solo un modo per temporeggiare.
- E' inutile che mi urla nell'orecchio, il fatto è che lei non ha pagato la fattura e si sta arrampicando sugli specchi per prendere tempo. -
Claudia si sistemò meglio la cuffia.
- No, glielo dico io cosa succederà: chiuderò la pratica negativa e manderò tutto all'ufficio legale. Quando le arriverà l'ingiunzione di pagamento allora vedremo se vorrà trattare con l'avvocato! Certo che può pensarci, se vuole può richiamarmi a questo numero e chiedere di me. Si, Claudia Fogliani…. Si, Fogliani, come la foglia (quando non vogliono pagare non capiscono mai il nome…)! La saluto signora! -
Chiuse la telefonata, rimase un istante a fissare lo schermo del pc per riordinare le idee, poi iniziò a scrivere le note riguardanti la pratica.
Erano poco più di tre anni che Claudia faceva quel lavoro: di gente e scuse ne aveva sentite tante. Era riuscita a sviluppare la capacità per capire se uno gli stava raccontando una balla o la verità: le persone che veramente non potevano pagare, che erano proprio a corto di soldi, avevano un loro tono, una certa inflessione nella voce, una cosa che quelli che volevano fregarti non avevano…
Lei sapeva di doverci dare sotto con quella gente, anche perché era pagata a percentuale sul capitale recuperato, e a trent'anni, con un affitto da pagare, non poteva permettersi di farsi prendere in giro.
Quel giorno era d'affiancamento. Era arrivato un nuovo ragazzo e lei doveva spiegargli come funzionava l'applicativo al computer, doveva anche fargli ascoltare qualche chiamata con le doppie cuffie. Franco, il nuovo ragazzo, sembrava un tipo tranquillo, sveglio. Non faceva troppe domande, capiva subito quello che gli diceva, il che è una buona cosa quando il guadagno dipende dalla quantità di chiamate fatte.
Claudia guardò l'ora, era presto, una pausa si poteva fare.
- Vieni, scendiamo a fumarci una sigaretta. -
- Ok ti faccio compagnia. Io non fumo, comunque un po' d'aria ci vuole -
- Ti assicuro che dopo un po' che stai davanti al monitor non vedi l'ora di staccare un pochino. -
Uscirono dall'ampia stanza, lasciandosi alle spalle il vociare degli altri operatori. Erano sul pianerottolo, la spia rossa dell'ascensore era accesa.
- Conviene che scendiamo a piedi, che questo ascensore ci mette una vita per arrivare, lo chiamano in continuazione -.
- Tanto è in discesa, un po di moto ci farà bene, - le rispose.
Scesero le scale, uscirono nell'atrio e rimasero nel cortile del palazzo. Claudia accese una sigaretta mentre Franco osservava l'edificio: il centralino era un enorme cubo nero, di quattro piani. Non si vedevano tramezzi di muratura, ma era tutto uno scacchiere di vetri neri, oscurati all'esterno, mentre all'interno tutto era bianco: muri, porte, finestre e pavimenti, tutto molto luminoso. Ma da fuori non si sarebbe detto, nell'insieme era tutto molto cupo e triste.
- Cosa c'è negli altri piani? - le chiese.
- Al primo ci sono gli uffici, al terzo la vendita di prodotti telefonici, contratti, carte di credito, mentre il quarto è il nostro, recupero crediti. -
- E il secondo? -
Claudia ci pensò un po'.
- Sai che non ne ho idea? Sono tre anni che sono qui, ma non ho mai saputo che attività ci svolgessero. Alcuni dicono che ci sarebbe la redazione di un giornale di motori, altri che sono gli uffici per centralini internazionali. Alcune volte ho sentito dire anche che è il centralino di chiamate erotiche… Ma non ci credo molto, però non potrei dirti neanche che sono vere le altre ipotesi… -
- Scendendo ho notato che la porta del secondo è l'unica in legno, senza vetri, mentre gli altri piani le hanno. -
- Guarda, l'unica cosa che so per certa è che se una persona va particolarmente bene la spostano a quel piano, ma ancora non ho capito su che criteri basano le loro scelte; quello che so di sicuro è che fanno dei turni assurdi, che non combaciano mai con quelli degli altri. In pratica non li vedi più. Pare che si lavori tanto, ma credo che si guadagna anche molto bene. Ti confesso che mi piacerebbe curiosare… Sicuramente mangiano molto, c'è un furgone che rifornisce merendine e altro, quasi tutti i giorni, porta via anche i sacchi di spazzatura, credo che abbiano una ditta a parte per le pulizie. -
Gettò la sigaretta a terra e la schiacciò con la punta dello stivale.
- Dai risaliamo che ancora devo spiegarti alcune cose. -
Rientrarono.
Monica era seduta alla postazione accanto a Claudia, allungò il collo e tutta la sua abbondante corporatura, verso la ragazza per sincerarsi che non fosse al telefono con un cliente.
- Hai sentito? - le domandò; Claudia la guardò con aria interrogativa.
- Cosa? - si scostò la cuffia dall'orecchio.
- Sembra che Ada la spostano al secondo piano… -
- Figurati, con tutte le volte che ha rotto le scatole alla direzione, alla fine hanno deciso di accontentarla. Lo diceva da mesi che ci voleva andare. -
- Si vede che era stanca di guadagnare al recupero, che poi neanche prende poco. Se la cava, è brava… -
Claudia si rimise le cuffie.
- Che vuoi farci, quando una vede i soldi sembra che non le bastino mai, lei è fatta così, lo sai… -
Monica si sistemò sulla sedia, tornando a guardare lo schermo del computer.
- Comunque ha già cominciato a fare la splendida. Devi vedere come se la tira. -
- Facesse come vuole, a me non interessa. -
Ricominciò a lavorare, ma intanto pensava alla cosa: perché Ada si e lei no? Da una parte le scocciava un poco. Lei era da più tempo nel centralino, se c'era da fare un trasferimento in meglio sarebbe dovuto toccare a lei, non a quella rompiscatole di Ada.
Ma ora basta pensare, doveva lavorare. Se alla fine meritava qualche cosa lo avrebbe deciso l'azienda; al momento le premeva guadagnare per poter pagare l'affitto.
Ma si sbagliava: continuò a pensarci durante la pausa pranzo e tutto il pomeriggio.
Non le andava giù l'idea che Ada potesse guadagnare di più, visto che lei era più brava; quell'occasione spettava a lei!
A cena mangiò con svogliatezza. Paolo aveva capito che c'era qualche cosa che non andava, lo aveva odorato nell'aria da quando Claudia era rientrata. Ormai viveva con lei da quattro anni, sapeva riconoscere gli umori della fidanzata e gli bastava un'occhiata per capirla.
- Cosa c'è? - le chiese. Claudia sembrò cadere dalle nuvole.
- Cosa? -
- Appunto, quello che ho chiesto, cosa c'è che non va? -
- Ma no, nulla, niente di importante… Credo… -
-Ecco, spara, che è successo? -
- Al lavoro hanno spostato Ada al secondo piano. -
- Ah, e la cosa ti da fastidio. -
- Certo, cioè, avrebbero dovuto proporlo a me, sono in quel centralino da più tempo di lei, sono brava, era logico scegliere me. -
- Ma magari hanno scelto lei per altri motivi. -
- Ma quali motivi… Ha sempre rotto le scatole in direzione per farsi spostare, che lei è brava, che porta soldi all'azienda, che ha una figlia e quindi le spetta di diritto. -
- Ecco, appunto, lo hai detto, ha rotto le palle in direzione. Quelli per non sentirla più l'hanno spostata. -
- Quindi dici che dovrei farlo anche io? -
- Non so, magari si, tu che dici. Forse non proprio lamentarsi, ma far presente la cosa. Io lo direi a Marzia. -
- Marzia è solo la mia team leader, lei fa quello che le dicono dalla direzione e ci coordina. -
- Già, ma proprio perché conosce la direzione sa dirti come muoverti. -
Poteva essere un'idea, in effetti era vero. Claudia ci rimase a riflettere un po'.
- Comunque, - continuò Paolo. - Non capisco perché te la prendi tanto. Non è che sia un gran bel lavoro il call center. Lo sai che li dentro ti sfruttano, stai ore davanti al computer per cinquecento, seicento euro al mese.-
- Si, ma ricordati che mi è comodo per gli orari, sono comunque libera di andare quando voglio. -
- Certo, ma poi la sera devi anche andare al pub perché altrimenti non arrivi alla fine del mese. -
- Ne abbiamo già parlato di questa cosa. -
- Si, lo so, alla fine se sta bene a te che altro posso dirti, fai come vuoi… -
Continuarono a mangiare.
***
Il giorno dopo parlò con Marzia.
Come al solito la trovò seduta alla sua postazione, intenta ad inserire i fax degli avvenuti pagamenti nelle rispettive pratiche.
Ecco un'altra che meriterebbe qualche cosa in più: tutto il giorno a lavorare, a prendersi lavate di testa, sempre per due soldi…
pensò Claudia. Si avvicinò a lei.
- Scusa Marzia, posso disturbarti un minuto? -
- Si certo, dimmi pure, - continuava a fissare il monitor e a far volare le dita sulla tastiera.
Ormai lavora in automatico…
- Era per il discorso di Ada. -
Marzia si bloccò e si voltò a fissarla.
- Quella stronza! -
Claudia rimase senza parole.
- Ha fatto tanto l'oca e alla fine l'hanno accontentata, - continuò Marzia. - Io che sono sei mesi, dico SEI, che chiedo di essere