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I demoni lo fanno meglio
I demoni lo fanno meglio
I demoni lo fanno meglio
E-book294 pagine4 ore

I demoni lo fanno meglio

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Info su questo ebook

Lavoro per Lucifero. Anche se non è così avventuroso e satanico come sembra.
La verità è che sono un semplice assistente amministrativo che ha accettato un lavoro che sembrava interessante e si è ritrovato a lavorare per il GCC. Sono l’unico umano dell’ufficio e devo gestire una mandria scatenata di mutaforma e demoni.
Trascorro anche molto tempo a evitare Gideon Bailey, il demone con cui ho passato una notte di fuoco prima di accettare il lavoro. Mi odia e vorrei evitare di essere ammazzato. Però mi è stata offerta una promozione che mi porterà a lavorare con lui, quindi dobbiamo farcela passare entrambi.
Come se non bastasse, ci sono diversi casi di persone scomparse. Persone incinte. In giro si vocifera che ci sia qualcuno che sta facendo esperimenti genetici. Mettere fine a tutto ciò è più importante della tensione sessuale che io e Gideon cerchiamo di ignorare… giusto?
LinguaItaliano
Data di uscita5 ago 2022
ISBN9791220703819
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    Anteprima del libro

    I demoni lo fanno meglio - Louisa Masters

    1

    Alzo lo sguardo sull’edificio. Ha l’aspetto di qualsiasi altro palazzo di uffici della strada: tutto cemento, acciaio, una noia mortale. Esattamente uguale all’ultimo in cui ho lavorato e a quello prima ancora.

    Ma questo promette di essere diverso. Lo diceva l’annuncio.

    CERCASI AMMINISTRATORE: EMOZIONI E AVVENTURA GARANTITE.

    Un raggio di sole dorato nella mia giornata uggiosa. Lavoro nell’amministrazione da parecchio tempo e, anche se spesso i lavori nel mio campo sono promossi come emozionanti e una sfida e frenetici, la vera dicitura dovrebbe essere farai il solito lavoro con mansioni di amministrazione per una compagnia che fa cose fiche, ma con cui non avrai niente a che fare o lavorerai per due o le persone per cui lavorerai sono degli stronzi/imbecilli/entrambi. Non avevo però mai visto la parola avventura usata per un annuncio di lavoro del genere e la cosa mi ha intrigato.

    Principalmente perché sono annoiato. Il lavoro che ho al momento prevede di mettersi al servizio di una emozionante compagnia high-tech dove sono costretto ad affrontare continuamente la sfida di sostenere un team di stronzi del reparto marketing che non mi avvisa mai delle scadenze, così che finisco con il lavorare sempre a ritmi frenetici. Per una volta avrei voluto che la frenesia fosse dovuta a continue innovazioni e non a qualche idiota talmente impegnato a ricordarmi di portargli il caffè che si dimentica di avvisarmi che c’è un resoconto da finalizzare entro la fine della settimana.

    Se proprio volete saperlo, quel caffè non gliel’ho mai portato. Non mi sento in colpa, visto che l’avviso sul resoconto me l’ha fatto avere a due ore dalla scadenza.

    Insomma, per farla breve… sono pronto a cambiare ritmo. E un po’ d’avventura è quel che ci vuole. Sempre che possa affrontarla dalla scrivania o dal divano. Avventure virtuali, ecco cosa voglio.

    Ecco perché mi trovo qui a fissare un palazzo vicino casa, solo otto isolati di distanza.

    Voglio davvero l’avventura? Non sono un tipo avventuroso. Mi chiamo Sam Tiller, ho trentaquattro anni, poco più di un metro e settanta, capelli e occhi marroni. Quando ero più giovane ero un tipo da party continuo, fino a che non è diventato troppo stressante. A un certo punto mi sono reso conto che preferivo restare a casa a guardare la TV con una cena da asporto con addosso solo una tuta, piuttosto che infilarmi in un paio di jeans stretti per essere travolto da un idiota in discoteca troppo impegnato a palparmi per accorgersi che mi sta schiacciando i piedi.

    Mi mancano le palpate, però.

    Con un sospiro, entro nell’edificio. Un colloquio non può farmi male, vero? Non so neanche cosa faccia questa compagnia, GCC. Il sito web è molto generico, pieno di parole enfatiche, ma senza informazioni reali sui loro prodotti o attività. Niente su quel che realizzano. Magari significa che sarà davvero un lavoro emozionante? Magari troverò pure qualche bel tipo che non è uno stronzo ed è disponibile a palparmi.

    Fuori dall’orario di lavoro, ovviamente. Ci sono limiti che non oltrepasso mai.

    La salita in ascensore sembra infinita. Ci sono altre due persone con me ed è l’unica cosa che mi ferma dal cambiare idea. Non voglio essere il tizio che sale con l’ascensore senza apparente motivo, tanto da far chiamare la sicurezza.

    Ci sono passato. Non è stato divertente. Storia lunga.

    Arrivato al piano giusto, mi sento pronto. Mi sono autoconvinto che sarà un colloquio fantastico. Addirittura epico.

    Così esco dall’ascensore.

    E mi blocco.

    Mi trovo davanti degli animali. Cani enormi. Tre in tutto, che vanno avanti e indietro. Non senza uno scopo, anzi. Mi sembra proprio che stiano pattugliando la hall, da una porta all’estremità della stanza all’altra. Ma… sono giganteschi. Mi arrivano quasi alle spalle. Non che sia così alto, ma è comunque tanto. Forse la compagnia si occupa di salvaguardia degli animali? Se pure così fosse, perché hanno cani così grossi in un ufficio?

    Le bestie attraversano la porta della hall. Scuoto la testa, avvicinandomi al banco della reception. La segretaria ha lo sguardo abbassato, impegnata a scrivere qualcosa su un blocco. Rimango in attesa e…

    Che cazzo? Ha davvero delle…? Sono davvero corna quelle che le spuntano dai capelli?

    Merda. Forse sto avendo un’allucinazione. Non mi è mai capitato prima, ma…

    La donna alza lo sguardo e mi nota. Sembra sorpresa. Faccio un respiro profondo e chiudo gli occhi per un secondo. Quando li riapro, le corna sono sparite e la receptionist sta sorridendo.

    «Posso aiutarla?» mi chiede dolcemente.

    Deglutisco. «Eh. Sì. Ho un appuntamento. Con…» Cazzo. Come si chiamava? I cani e le corna che forse mi sono immaginato mi hanno spiazzato. Come si chiama? «Harold!»

    La donna scrive qualcosa sulla tastiera, poi mi sorride di nuovo. «La riceve subito. Si accomodi.»

    Mi avvicino alla sala d’attesa, ma non faccio neanche in tempo a sedermi. Un uomo grande e grosso mi si avvicina e si presenta: «Sono Harold. Entra pure.»

    Lo seguo in una stanza che si rivela essere un ufficio open space. Cerco di tenere il passo. È tutto così strano. Ci sono altri cani enormi e… quella vicina alla finestra è una tigre? Non è possibile. Deve essere un peluche.

    Prima che possa decidere se si tratta effettivamente di un giocattolo o se c’è davvero una belva libera nell’ufficio, Harold mi conduce in una piccola stanza per i colloqui e si chiude la porta alle spalle. Faccio appena in tempo a mettermi seduto che inizia a ringhiarmi contro domande.

    Discutiamo delle mie competenze.

    Confermiamo che non ho problemi a lavorare per un team più che per una singola persona. «Anche se non risponderai a nessuno di loro,» aggiunge con voce dura. «Ufficialmente, sarò io il tuo capo.»

    «Ottimo!» esclamo. «Così sarà più facile tenere gli altri a bada quando hanno aspettative irrealistiche.»

    Harold annuisce e, per quanto la sua espressione non cambi dal broncio che ha stampato in faccia, credo che sia soddisfatto.

    Inizia poi a spiegarmi il lavoro: «Amministrerai un team di quindici persone. Ti manderemo di volta in volta i dettagli del lavoro da svolgere via e-mail e il tuo compito sarà di assegnare ogni commissione al membro del team che ti sembra più adatto per conoscenze e abilità. Farai da loro portavoce se dovessero avere delle richieste specifiche, su eventuali materiali o richieste di affiancamento. Li aiuterai anche a finalizzare i resoconti finali e conteggiare le ore di lavoro per ogni commissione.»

    Un lavoro che avrei potuto svolgere dormendo. Dov’è l’azione? Dov’è l’avventura? Sono deluso.

    «Non è un lavoro da giornata tipo, cinque giorni a settimana. Potresti ricevere richieste fuori orario, o nel fine settimana. Devono essere assegnate a un membro del team immediatamente, quindi dovrai dare una disponibilità di ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette. Al di là di quello e della necessità di rispondere alle chiamate d’emergenza, però, non importa quando decidi di lavorare, basta che ogni commissione sia completata nei tempi richiesti. Puoi ritagliarti le ore di lavoro che vuoi, basta che tu rimanga a disposizione del team.»

    Una richiesta un po’ più inusuale, ma comunque non molto emozionante.

    E comunque… che diavolo fa questa compagnia? Un servizio di idraulici di emergenza? O magari è un’agenzia per escort. Dovrei fare qualche domanda, tanto per farmi un’idea.

    «Sembra…» mi schiarisco la voce. «Sembra tutto molto interessante. Ma l’annuncio, uhm, parlava di avventura. E non specificava che tipo di compagnia siete.»

    Lo vedo sorridere per la prima volta. Un ghigno, più che altro. «L’avventura riguarda le persone con cui lavorerai. Ma non preoccuparti, non c’è niente di illegale. Siamo un dipartimento governativo.»

    Chiudo e apro gli occhi, stupito. «Sul… serio?» Il governo di solito non pubblica annunci con un logo e un processo di reclutamento molto complesso?

    «Sì. Lavorerai con un team di investigatori. Gestiamo emergenze che riguardano eventi inusuali e potenzialmente pericolosi, segnalati dal pubblico. Il compito del tuo team è di indagare e in caso agire.»

    Uhm…

    «Agire in che modo?» Non credo di voler lavorare con un team di cecchini, anche se sanzionati dal governo.

    Si mette a ridere. «Non parlo di omicidi. Arresti. Anche se di solito non sono necessari. Il team si occuperà principalmente di indagare piste false o di rendere disponibili ai richiedenti fondi e programmi di cui gran parte del pubblico non è a conoscenza. Avrai anche il compito di iscrivere molte persone a corsi formativi.»

    Sono confuso. Eventi potenzialmente pericolosi che finiscono con l’iscrizione a una scuola serale?

    «Allora, che te ne pare?»

    «Fantastico,» dico in tutta onestà. Tranne che per il fatto che non ho ancora capito di cosa si occupa la compagnia. Non sarebbe comunque molto diverso da quando lavoravo per la KPMG.

    «Quando puoi iniziare?»

    Cosa?

    «Io… mi sta offrendo il lavoro?» Così di punto in bianco?

    «Se lo vuoi.» Mi scruta per bene. «C’è solo un’altra cosa che devo dirti, ma non posso rivelartela se non hai intenzione di accettare il posto.»

    No… non sono per niente curioso. Voi siete curiosi? Perché mai un’affermazione del genere dovrebbe incuriosirmi?

    Deglutisco. «Signore, il lavoro sembra fantastico e cerco un cambiamento, anche se dovesse risultare il solito posto dietro una scrivania. Ma mi preoccupa quello che sta per dirmi.»

    Ghigna di nuovo. «Mi piaci. Se non ti lasci prendere dal panico, sarai un’ottima aggiunta per il GCC.»

    Se non mi lascio prendere dal panico…? La cosa non mi rassicura. «Panico?» chiedo, con voce che cerco di non far tremare. «Uhm, per cosa sta esattamente GCC?»

    Poggia i gomiti sulla scrivania e si sporge in avanti. Mi sporgo anch’io, sembra la reazione giusta.

    «Sei religioso?»

    Mi poggio allo schienale della sedia. Se si tratta di una setta… No, un momento, ha parlato di un’agenzia governativa.

    «Non molto,» rispondo incerto. «Sono cresciuto cattolico, ma la mia famiglia si ricordava di esserlo solo a Natale e a Pasqua e ho tagliato i ponti con la chiesa da adolescente.» Cioè quando ho capito di essere gay, ma per il momento è un’informazione che decido di non condividere.

    «Ottimo. Quindi conosci le Scritture?»

    È il mio turno di ridere. «Sì, le conosco. L’unica scuola decente del quartiere era una scuola cattolica, i miei genitori non avevano altra scelta che mandarmi lì.» In realtà non era stata una scelta basata sulla qualità: era la scuola più vicina a casa e potevo arrivarci a piedi, i miei non volevano perdere tempo nell’accompagnarmi. Un altro dettaglio che scelgo di non condividere.

    «Non c’è molta verità, nelle Scritture.»

    La situazione si fa sempre più strana. «Già, lo immaginavo.» Siamo ancora in fase di colloquio, o siamo passati sul personale? Forse mi vuole convertire?

    «Quando ti ho detto che siamo un dipartimento governativo, non mi hai chiesto di quale governo.»

    Mi si gela il fiato nei polmoni. Cazzo. Cazzo. È un agente straniero? Mi vogliono reclutare per tradire il mio paese?

    Perché proprio io?

    Dico sul serio… perché? Sono solo un amministratore senza vita sociale.

    «Non pensavo ce ne fosse bisogno,» rispondo con voce rauca. Harold sorride di nuovo.

    «Rilassati, figliolo. Le nostre operazioni sono ben note al governo degli Stati Uniti, agiamo con il loro consenso. Be’… ben note almeno a chi deve sapere. Non ti chiediamo niente di illegale.»

    Perché la cosa non mi tranquillizza?

    Inizia a girarmi la testa. È tutto così… avrei dovuto sapere che un avventuroso lavoro da amministratore non è altro che un ossimoro. Deve essere uno scherzo. Forse sono finito in uno di quei reality bizzarri?

    Mi alzo. «Grazie per avermi ricevuto, ma credo di dover andare.»

    Harold fa per dire qualcosa, ma mi sono già girato verso la porta. Con due passi affrettati la raggiungo e la apro, trovandomi davanti l’open space. Faccio per girarmi e chiuderla ma…

    Cazzo.

    Non è possibile.

    Mi blocco. Letteralmente. Non riesco a muovermi. Non riesco neanche a distogliere lo sguardo. Ho gli occhi fissi sull’uomo che mi sta a quattro metri di distanza, proprio dove prima c’era uno di quei cani giganti.

    Non sono impazzito. Ne sono certo. Non sto avendo allucinazioni. Lo so.

    Ma… dov’è finito il cane? E da dov’è spuntato fuori quel tizio?

    Sento una mano afferrarmi per la spalla. Harold mi riporta nell’ufficio del colloquio e mi fa sedere. Si poggia sulla scrivania e mi guarda fisso negli occhi.

    «Non siamo umani. Le creature che definiresti paranormali sono reali. Abbiamo un nostro governo, il Governo della Comunità delle Creature. GCC. E il team investigativo di cui faresti parte ha il compito di trovare le persone che non sanno di non essere umane e aiutarle a integrarsi nella nostra società.»

    Chiudo e riapro gli occhi, la bocca ancora spalancata. Sembrerò un ebete, ma… ho appena visto un cane che si trasformava in uomo?

    «Cosa?» Cavolo, anche Harold si può trasformare in cane?

    Sospira e si siede. «Tutto bene? Hai bisogno di un bicchiere d’acqua?»

    Serro gli occhi e faccio un respiro profondo. Quando li riapro mi sento… calmo. Più calmo di quanto mi sentissi da molto tempo.

    «Me lo spieghi bene. Cosa c’entra la religione?» Non l’avrebbe menzionata, se non fosse stato importante.

    Mi sorride, un sorriso sincero questa volta, sembra compiaciuto che abbia collegato le due cose. «Dio è reale,» dichiara, «ma non è un essere onnipotente. La maggior parte delle storie della Bibbia sono stronzate.»

    «Okay.» Rimango in attesa.

    «Una cosa che voi umani sembrate aver azzeccato è che Dio è un titolo, non un nome. È anche vero che c’è un solo Dio… uno alla volta. Dio è il presidente della sfera spirituale. Il Dio che abbiamo al momento si chiama Malia.»

    Wow. Dio è una donna. Mandate giù questo, stronzi del patriarcato.

    «È una posizione… eletta o ereditaria?» chiedo a voce sommessa. Harold annuisce.

    «Nessuno dei due. È… hai capito che la magia esiste, vero?»

    «Uhm… certo.» Porca miseria.

    «Dio è una posizione eletta magicamente. Studiamo il processo da molto tempo, ma ancora non siamo certi di come avvenga. Alla persona più adatta al ruolo vengono concessi i pieni poteri quando arriva il momento giusto.»

    Un attimo…

    «Quindi non c’è nessuna regola fissa che indica la… divinità?» Mi sto lasciando affascinare, per quanto non voglia.

    Harold scuote la testa. «No. Il Dio corrente è al potere da circa millecinquecento anni, ma c’è stato anche chi è rimasto in carica per pochi anni. Il Dio che è rimasto al potere più a lungo è stato… sto andando fuori tema. Se vuoi davvero sapere tutte queste cose, ci sono delle risorse che posso indicarti.»

    Annuisco. Cos’altro posso fare?

    «Quindi Dio è il presidente della sfera spirituale.»

    L’aveva detto prima. Cosa vuol dire? «Intendi… l’aldilà?»

    Alza le spalle. «Sì e no. È una dimensione incorporea. Se sei un’entità che non ha bisogno di un corpo fisico, non devi morire per andarci.»

    Ho aperto una bella spirale di misteri. Tengo la bocca chiusa per evitare di fare altre mille domande.

    «Ma la maggior parte delle specie non possono andarci, senza essersi prima liberate del corpo fisico. Quindi, sì, puoi dire che è un aldilà. O una sala d’attesa, visto che è lì che si aspetta se si è richiesto un nuovo corpo fisico.»

    «Quindi anche la reincarnazione è reale.»

    Alza gli occhi al cielo. «Ovvio. Un’anima eterna è troppo importante per essere sprecata in una sola vita fisica, per poi fare cosa? Rimanere senza far niente a rimirarsi? Non so te, ma personalmente mi annoierei subito. Questo è il mio nono corpo nella sfera fisica. Duro poco prima di desiderare di nuovo cose corporee: cibo. Sesso. Anche andare in bagno può essere piacevole, mi capisci?»

    Annuisco. Perché lo capisco. E anche perché non so cos’altro fare. Scegli di reincarnarti perché ti manca… andare in bagno? Certo. Perché no.

    Mi sembra che stiamo di nuovo perdendo il filo.

    «Perché gli esseri umani non sanno niente di tutto questo?» Di certo ci dovrebbero essere quanto meno dei sospetti.

    Harold sbuffa. «Aspetta, ci sto arrivando. Dio è a capo della sfera spirituale. Il mondo magico non voleva che la sfera fisica fosse divisa e governata diversamente. Perché ci vuole un leader anche qui tra noi.»

    Ci penso un attimo. «Un Dio terrestre?»

    «Non proprio. Dio è il titolo del leader della sfera spirituale. Il leader della sfera fisica è chiamato…»

    Tutto inizia ad avere un senso. «Il diavolo?»

    «Più o meno. Lucifero. Diavolo è un termine umano. Il Lucifero in carica al momento è un tipo alla mano, gli piace pattinare e fare i puzzle. Circa 8700 anni fa sulla Terra c’era un capo clan, non ricordo esattamente dove, che alzò un po’ troppo la testa e infranse un trattato. Il Lucifero dell’epoca fu costretto a sanzionarlo. Al tizio la cosa non andò giù, ed essendo uno stronzo di prim’ordine, iniziò a diffondere dicerie su come Lucifero fosse stato mandato sulla Terra per punizione, bandito dalla sfera spirituale. Alcuni altri leader, assetati di potere e scontenti di come Lucifero impediva loro di invadere i propri nemici, incrementarono la diffusione di quelle bugie, che si diffusero ovunque. Bastarono cento anni e l’umanità si convinse che Lucifero fosse un’entità malvagia il cui scopo era quello di tentarli per conquistarne l’anima. Che ci farebbe mai con un’anima? Un corpo fisico ne può ospitare solo una e la schiavitù è impossibile nella sfera spirituale, quindi…»

    È solo una mia impressione, o Harold all’improvviso è diventato un gran chiacchierone? Dov’è finito il duro che a malapena mi guardava durante il colloquio?

    «Quindi il diavolo non vuole le nostre anime,» riesco a dire. Mi fissa come se fossi un idiota.

    «Non c’è alcun diavolo. Sì, comunque, nessuno vuole le vostre anime. A quell’epoca, in ogni caso, la situazione peggiorò a causa delle guerre di razza.»

    Sono veramente felice di essere seduto. «Le guerre di razza.»

    Annuisce. «Gli umani contro tutti gli altri. Non iniziarono così, però. C’erano delle minoranze di altre specie che pensavano che deporre Lucifero li avrebbe aiutati.» Si ferma, sembra riflettere. «Ma solo gli umani credevano che Lucifero fosse il diavolo. Nessun’altra specie cadde in quel ridicolo tranello. Mi domando perché?»

    Si… aspetta che risponda io? Non ne ho idea.

    Scuote la testa. «Comunque, le guerre di razza iniziarono come una schermaglia, ma poi gli esseri umani iniziarono a mettere in mezzo la religione, a dichiarare le altre specie abomini e strumenti del demonio, così dopo un centinaio di anni si arrivò a una situazione in cui tutti gli umani erano contro di noi, mentre noi cercavamo appena di sopravvivere.»

    Cazzo. Qualche volta mi vergogno davvero dell’umanità.

    «Credo di essermi perso qualcosa. Non siete più di noi, più degli umani? Se tutte le specie erano alleate. Perché le cose non sono… andate come sarebbero dovute andare?»

    Un sorriso triste. «In realtà gli umani erano molti di più. Tutte le altre specie vivono più a lungo degli esseri umani, ma come contraltare, per noi è più difficile mettere al mondo vite nuove. Ecco perché siamo di meno.»

    Okay. Ha senso.

    «Le cose si fecero tese, ma alla fine la magia stessa ci fornì una soluzione. Un giorno tutto si fece buio, molto più buio della notte più tetra. Tornata la luce, era emerso un nuovo Lucifero e gli esseri umani si erano dimenticati di noi.»

    «Dimenticati

    Alza le spalle. «Io non c’ero. È quello che mi hanno raccontato. La nostra storia ci dice che a tutte le specie fu donato un piccolo quantitativo di magia, anche a quelle che prima non la possedevano, per aiutarci a nasconderci. Non che gli umani ci cercassero. Fino a oggi, ci sono state migliaia di occasioni in cui la verità sarebbe potuta venire a galla, come durante gli scavi archeologici, ma non è mai successo.»

    «Ecco perché le sono scomparse le corna!» Ora capisco tutto. Sì, il fatto che tutta la nostra storia sia una menzogna è qualcosa di bello grosso, ma più che altro sono sollevato di non avere le allucinazioni.

    «Di chi?»

    Rispondo e Harold annuisce. «Sì. Questi uffici sono un luogo sicuro per noi, quindi tendiamo a non nasconderci. Mi ero dimenticato di far sapere a tutti che sarebbe venuto un umano in visita.»

    Il che mi porta a una domanda importante. «Uhm, Harold… perché io? Voglio dire… perché assumere un umano? Non è un lavoro che posso fare solo io. Se assumessi qualcun altro, non dovresti spiegare nulla.»

    Distoglie lo sguardo.

    Oh oh.

    «Harold?»

    «Le cose stanno così.» Ride agitato. «Non è un grosso mistero. Pensavo solo che assumere un umano avrebbe portato una ventata di novità.»

    Solo io sento puzza di bruciato? Perché è bella forte.

    Non dico niente, lo fisso e basta, fino a farlo cedere.

    «In realtà è qui che c’entra l’avventura. Il team che ti assegneremmo… sono tutte brave persone. Sono solo… be’, per lo più sono segugi infernali. Di solito non ne assegniamo troppi allo stesso team, perché in gruppo possono essere difficili da gestire. Sono indisciplinati. Non so come questo gruppo sia finito insieme, ma ora non possiamo separarli.»

    «Indisciplinati? Tipo bambini piccoli?» chiedo incredulo. «Che vuol dire che non potete separarli?» Ricordo a me stesso che ho visto davvero un cane trasformarsi in uomo, non è uno scherzo. Non lo è davvero.

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