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dalla casa del tempo perduto
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E-book112 pagine1 ora

dalla casa del tempo perduto

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Info su questo ebook

Dalla casa del tempo perduto cui allude il titolo è una casa di riposo dalla quale un’ospite scrive alla figlia una serie di lettere. Sono lettere che raccontano, come efficacissimi cortometraggi, la vita quotidiana all’interno dell’istituto. Un luogo in cui si vive in attesa della morte o nella speranza vana di tornare casa, con l’assistenza professionale ma priva di calore umano del personale, la strana cattiveria delle suore, la compagnia degli altri anziani, che in molti casi non hanno più la testa che funziona a dovere. Le lettere esprimono più una pacata rassegnazione che una vera indignazione, descrivendo quello che succede con precisione giornalistica spesso accompagnata da una feroce ironia. Anche chi le scrive non è certo in casa di riposo per sua scelta, ma vi è stata portata quasi con l’inganno, e pagina dopo pagina, si scivola verso la drammatica ultima lettera, che rivela la tragica verità della sofferenza e del tradimento patito. La casa di riposo di cui racconta il libro è immaginaria, ma crediamo abbastanza verosimile, e questo libro apre uno squarcio su un mondo di cui forse dovremmo sapere di più.
LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2014
ISBN9788884497161
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    Anteprima del libro

    dalla casa del tempo perduto - Anna Maria Zanchetta

    riposo

    Presentazione

    Amore e condivisione

    L’autrice, ancora una volta, colpisce per la sua grande passione, spesso manifestata anche da un sottile e vivace senso di arguzia per la gente (il prossimo in senso cristiano) come dimostrano, del resto, i suoi spazi di tempo dedicati e spesi in attività di carattere sociale. 

    Conosce la vita, quella vera, senza sogni e immaginazioni, Anna Maria Zanchetta.

    In questo suo nuovo lavoro di una scrittura immediata, sciolta e piacevole l’autrice sceglie volutamente il genere letterario epistolare che in passato ha avuto illustri e importanti esponenti di rilievo. Basti pensare a Seneca, ai grandi del Pre Rinascimento, del Cinquecento, a Ugo Foscolo stesso, tanto per citare dei nomi, senza tralasciare alcuni dei nostri più validi scrittori contemporanei.

    Sceglie apposta e appunto la lettera, Annamaria: intende anche lei quasi risuscitarla in un’epoca come la nostra caratterizzata invece dai fax veloci, da internet e da messaggini telefonici.

    E dimostra di saperci fare anche in questo suo voluto tentativo.

    Sulla scia di tematiche già trattate in modo magistrale dai grandi Sgorlon e Tomizza, per restare dalle nostre parti geografiche limitrofe, anche nella Zanchetta riaffiorano talora delicati, talora riflessivi e amari tanti ricordi, annotazioni, esperienze però tutti ancora vivi e lucidi.

    L’autrice regala così, in una galleria di corrispondenza, personaggi, situazioni e pensieri che fanno tanto bene al lettore. Egli è davanti come a un lungo telegiornale di confidenze e descrizioni ma al contrario. Le novità non entrano ma escono.

    Nel senso che non sono i figli o la figlia che raccontano e che interrogano ma è ancora la madre, ospite in istituto a voler raccontare. Una volta ancora, come quando le sue creature erano piccole e lei le trasportava sulle ali di fiabe note o inventate all’istante. Questa volta però la madre è diventata sapiente, non è più la giovane mamma contastorie, le sue lettere trasudano la sua nuova vita quotidiana che emana la filosofia vera, vissuta a contatto di un’esistenza cambiata. In un luogo pure diverso.

    E’ davvero tutto da leggere questo epistolario, questa riuscita galleria - antologia di tipi e personaggi.

    L’ambiente, la casa di riposo, luogo ben noto all’autrice, è un microcosmo che impone una meditazione per tutti. Anche se l’altalenarsi dei giorni sembra ogni volta differente, nuovo ad ogni mattino con piccole grandi scoperte. Ma tutto è reinventato, per amore, forse, dalla madre, la protagonista.

    L’ultima lettera, scritta dalla casa di riposo, supera le altre, tutte rese scoperte liete, tristi, scrigni di meraviglia, a volte. Una meraviglia che intende tuttavia curare, far pensare all’amore, alla condivisione. All’aver sempre vivo il problema del tempo, come rifletteva il grande Agostino d’Ippona e Cartagine… già il tempo! Sempre così inesorabile ma perfetto nella sua scansione che sempre, per ciascuno, per tuttipassa sempre troppo in fretta. E non si sa cosa ci riserva. Dopo.

    La lettera, l’ultima, è la grande lezione di una persona che ancora comprende, ama e rimane lucida, dentro, nel suo sentire e anche nella sua mente.

    Una lama che penetra, un colpo secco l’ultima sua lettera: non più ironia, lettura dell’esperienza quotidiana, di piccole-grandi cose descritte con il linguaggio e gli accorgimenti truccati delle storie .

    C’è solo un neo, un male: il male della solitudine. Vero, tremendo e che prospetta ipotesi Per il futuro. Ancora il tempo, il problema del tempo! Tempo che non ci appartiene.

    Urgono amore e condivisione a questo mondo, in questo tempo che passa per ciascuno per tutti, sempre troppo in fretta.

    Ricevuto! Da una casa di riposo, ma, dopo tutto, non così tanto… immaginaria.

    Mario Pavan

    Lettera n. 1

    A mia figlia

    Ho deciso di scriverti. E’ difficile, molto difficile per me compiere questo primo passo. Ho pensato tanto prima di giungere ad una decisione in tal senso. 

    Dopo lungo meditare ho applicato una mia vecchia regola, mi sono messa nei tuoi panni, ed ho capito.

    Mi hai convinta ad entrare in casa di riposo perché non potevi fare altrimenti.

    Devi lavorare, accudire i figli (che sono un tantino troppo serviti e viziati, aggiungo io), pulire la casa e, soprattutto, seguire tuo marito che è più capriccioso e viziato dei figli, a mio parere.

    Chiaro che non potevi badare anche a me.

    Ho sempre maggiori necessità. Benché sia ancora in buona salute sono diventata lenta nei gesti, noiosa nel discorrere, ripetitiva, curiosa. Soffro di amnesia, di insonnia, mi intrometto nelle vostre vite. Non potevi fare altrimenti.

    Non ti perdono di essere stata bugiarda.

    Mi hai convinta a presentare la domanda di accettazione in casa di riposo per il tempo che serviva a ristrutturare la casa.

    Io e te sappiamo che sarà per sempre.

    Lo abbiamo sempre saputo.

    Non ti nascondo di essere entrata in questo posto piena di rabbia verso di te e la tua famiglia.

    Il dolore per una decisione arbitraria presa da tutti voi, per me, senza sentire la necessità di interpellarmi, mi ha offesa.

    Ma sono abbastanza onesta da riconoscere che il mio voto sarebbe stato contrario.

    Ora ho deciso di scriverti. I motivi sono tanti. Il più importante è che ti voglio bene. Poi, una di noi doveva fare il primo passo, io sono più vecchia, ho meno tempo davanti, tocca a me.

    So che non mi risponderai, non subito, ma non m’importa. Voglio vederti invecchiare serena, senza falsi rimorsi, con dolcezza.

    Per questo mi basta scriverti. Permettimi di farlo, di tanto in tanto.

    E il solo modo che mi rimane per farti sapere che non sono più arrabbiata, che ho capito.

    Qui non si sta tanto male, le suore, queste suore, sono un pochino perfide, non mi piacciono. Ma questo è un mio problema.

    Le suore, che strani personaggi sono! Combinano delle cose tremende, anzi, tremende e comiche. Hanno avuto il coraggio di requisire le riviste che ci ha portato la figlia di Maria Antonia perché contenevano delle pubblicità con donne nude. Si sono giustificate dicendo che stiamo aspettando il paradiso. Bugiarde, ammesso che il paradiso esista, una buona parte di noi andrà all’inferno per saldare i conti vecchi.

    Chi ha detto che noi vecchi desideriamo

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