Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Un arcobaleno sull’asfalto bagnato
Un arcobaleno sull’asfalto bagnato
Un arcobaleno sull’asfalto bagnato
E-book182 pagine2 ore

Un arcobaleno sull’asfalto bagnato

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Due storie, due percorsi di vita s’intrecciano e si fondono grazie allo scorrere di alcune pagine di diario. Una, quella di Teresa, proprietaria della casa dove alloggia Giulia, ormai matura e piena di ricordi; l’altra, quella di Giulia, ragazza fragile, con un’infanzia infelice, priva di affetti e di amore, appena sbocciata ma carica di paure e reticenze. 
“Ho vissuto in un clima di rancore, ho visto mia madre sottomettersi ogni giorno all’egoismo di mio padre; e più vedevo questo, più ero spronata a studiare e a emanciparmi, per poter andare via da quella maledetta casa.” “Solo da mia nonna ho avuto un tenero affetto, ma ora lei non c’è più…”
Giulia ripercorre la sua vita parallelamente al dipanarsi di quella di Teresa tra le pagine del suo diario dandole modo di analizzarsi, di guardarsi dentro e scandagliare i suoi lati più oscuri. 
“Sento che questo diario sta diventando sempre più importante, nella mia vita; sento che nella storia di Teresa e della sua famiglia troverò delle risposte. Mi alzo e lo raccolgo da terra; mi assicuro che non si sia danneggiato e lo stringo al cuore.”
“È strano, ma quel diario è diventato sempre più importante, per me. Teresa è entrata a far parte della mia vita, oramai.” 
Una storia fresca, dai sentimenti delicati, che dona speranza e nuova vitalità.

Teresa Genova, è nata a Roma, attualmente vive fra l’Italia e gli Stati Uniti. Si diploma come maestra elementare ottenendo poi la specializzazione di educatrice professionale. Nel 1980 apre un nido e scuola dell’infanzia trilingue (italiano, francese e inglese) e in seguito laboratori di lingue, musica, arte, teatro e danza rivolti a bambini dai 6 ai 10 anni. Nel 1990 apre la seconda sede e nel 2000 registra il logo della sua scuola “La Maisonnette” avviando un progetto di franchising che rende possibile il moltiplicarsi delle scuole con il suo marchio e metodo educativo. Dal 2001 al 2008 scrive diversi articoli sulla rivista “Bambini” e su quella online “Psicolab” dal titolo “La Maisonnette: un esempio concreto di educazione trilingue”. Nel giugno 2011 viene pubblicato il libro “La Maisonnette - La scuola per l’infanzia di Teresa Genova” in occasione degli oltre 30 anni di attività. Il suo interesse principale è la sua famiglia, a tal fine si è impegnata nella lettura di testi di pedagogia, psicologia allargando poi la sua curiosità a diversi generi narrativi, tanto poi da spingerla a creare un nuovo stile educativo applicato nelle sue scuole. Nel 2016 vende il marchio e le scuole dedicandosoi alla sua amata lettura e scrittura.
 
LinguaItaliano
Data di uscita6 set 2022
ISBN9788830670990
Un arcobaleno sull’asfalto bagnato

Correlato a Un arcobaleno sull’asfalto bagnato

Ebook correlati

Biografie e memorie per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Un arcobaleno sull’asfalto bagnato

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Un arcobaleno sull’asfalto bagnato - Teresa Genova

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Prologo

    Finalmente vedo allontanarsi sempre di più l’antico borgo del mio paese uguale a come doveva essere nel medioevo. Il cuore batte forte e sono presa da un senso di panico, non odio il mio paese ma il processo di emozioni, di angosce che certi eventi mi hanno fatto provare e che per abitudine ho collegato a quei vicoli tortuosi. Mi pentirò mai di aver compiuto questo passo?

    Mi chiamo Giulia, ho ventiquattro anni e sono nata a Sutri, nel viterbese. La mia famiglia ha origini contadine, e vive con la vendita del raccolto dei terreni che coltiva.

    Io ho sempre desiderato una vita diversa, e dopo il diploma di ragioneria, sono riuscita a conseguire la laurea breve in Economia e Commercio.

    Mi sono trasferita a Roma qualche mese fa; grazie a un mio ex professore, ho avuto modo di venire ad abitare nella casa di una coppia appena trasferita in America, e che cercava qualcuno che badasse all’abitazione, e alle rose di Teresa: questo è il nome della proprietaria.

    Teresa e il marito non hanno né la necessità né la volontà di affittare il loro appartamento, e così mi trovo a dover affrontare le sole spese delle utenze: in caso contrario, difficilmente sarei riuscita a trasferirmi.

    Tra i mobili rimasti in casa dopo che i due si trasferirono, c’era anche una vecchia scrivania. E fu proprio aprendo uno dei suoi cassetti che trovai un diario della padrona di casa. In realtà, non è un vero e proprio diario, scritto nel tempo… sembra più una sorta di memoriale: gli eventi che vi sono narrati sono stati scritti quando Teresa, già anziana, si è decisa a metterli su carta.

    È scritto a mano, con una calligrafia chiara e precisa. Incuriosita, ho iniziato a leggerlo, e ho scoperto così una storia da cui sono rimasta assolutamente affascinata: ho da subito sentito una speciale affinità con Teresa, al punto che quella lettura ha influenzato la mia vita…

    Capitolo 1

    Giulia

    Il trasferimento

    Mi sono trasferita in questa casa solo ieri, e Roma per me è ancora una città sconosciuta. Oggi è giovedì, e domani avrò un colloquio di lavoro in una banca situata proprio nel centro della città; se tutto andrà bene, getterò le basi per costruire il mio futuro. Per ora, questo è il mio unico scopo.

    Le poche amiche che ho salutato prima di partire mi hanno augurato di poter conoscere un uomo con cui intraprendere una relazione, ma questo non è ciò che voglio, non è ciò che mi interessa. L’esempio che ho avuto nella mia famiglia non me lo fa desiderare: i miei genitori litigavano sempre, e io non vedevo l’ora di poter fare le valigie e partire, andare via da quel piccolo paesino, pieno di grettezza e falsità.

    Voglio essere finanziariamente autonoma e poter decidere da sola quale svolta dare alla mia vita. Voglio conoscere gente, voglio condividere momenti di allegria… voglio a tutti i costi divertirmi!

    Il mio sogno si sta finalmente realizzando, e sono soddisfatta di quello che sono riuscita a fare. Ora, però, devo dormire.

    * * *

    Oggi è una giornata importante.

    Mi preparo, e scelgo un tailleur scuro; sotto, metterò una camicia bianca. La prima impressione è quella che conta, e io voglio apparire seria e professionale: so che da questo colloquio dipende il mio futuro.

    Guardo l’orologio; ho appena il tempo di prendere un caffè. Prima di uscire lancio uno sguardo al diario trovato nel cassetto: avrei voglia di iniziare a leggerlo, ma c’è qualcosa che mi frena. Mi sembra di violare un’intimità nascosta… ci penserò quando torno.

    Apro la porta e corro verso il mio futuro. Mi sono già informata su quali mezzi pubblici prendere per arrivare a piazza Venezia, e per fortuna ho la fermata della metropolitana non distante da casa.

    Sono davvero molto emozionata…

    * * *

    È l’una del pomeriggio, e sono appena tornata a casa.

    Il colloquio è andato bene, e lunedì inizierò il mio nuovo lavoro!

    Il direttore, il dottor Enrico Cardiani, mi ha accolto con simpatia, e mi ha fatto subito sentire a mio agio. Aveva davanti il mio curriculum, e dopo averlo osservato con attenzione mi ha fissata con aria indagatoria: voleva leggere nei miei occhi, capire che tipo di impiegata sarei stata.

    Mentre il direttore mi studiava, nella mente rivedevo il volto sorridente di nonna, che mi dava la forza di affrontare questo nuovo esame.

    È andato tutto davvero molto bene; sono soddisfatta, sicura di me stessa e della dedizione che metterò nel mio lavoro! Inizierò con l’ufficio cassa.

    Per festeggiare, prima di rincasare, ho comprato un pranzo take-away. Mangio in fretta, faccio una doccia e metto una tuta comoda, poi mi sdraio sul divano: ho deciso di leggere il diario di Teresa!

    Teresa

    Ricordi d’infanzia

    Sono quasi alla fine del mio viaggio.

    Ho avuto il cancro, diversi anni fa, e da ormai tre anni avverto che la mia capacità di lavorare e di concentrarmi è drasticamente diminuita.

    Uno strano evento mi ha colpito per tre volte, facendomi perdere conoscenza anche per diversi giorni; poi, gradualmente, sono tornata nel presente. La diagnosi non è stata chiara, e adesso mi sottopongo a una cura contro l’epilessia, e faccio un uso massiccio di medicinali.

    La fantasia e la voglia di vivere sono sempre quelle che mi hanno accompagnata negli anni, e che mi hanno spinta e spronata durante i tanti bei momenti che costituiscono la mia storia.

    Non ho rimpianti: tutto ciò che avrei voluto fare, l’ho fatto. Forse lo avrei potuto fare meglio, ma non in maniera diversa. E se lascerò qualcosa di incompiuto, è solamente perché quel qualcosa sono riuscita a viverlo fino a lì, e data la mia natura non potevo andare oltre, o non sarei stata più la stessa.

    Perché ho iniziato a scrivere questo diario? Non saprei darmi un’altra risposta, se non questa: lo scrivo per paura di dimenticare.

    I miei ricordi ritornano fino all’infanzia proprio perché il futuro si è accorciato, e così la mente trova compenso allungando lo sguardo al passato, andando indietro nel tempo.

    Non è sgradevole… non ho paura; anzi, provo una certa pace, nell’anima.

    Sono nata a Roma, nel 1946.

    In famiglia venivo chiamata Maria Teresa per distinguermi da mia nonna paterna, Teresa. Sono stata figlia unica fino all’età di nove anni, poi è arrivato mio fratello Giorgio, e dopo altri quattro anni è nata mia sorella Angelica.

    Ho seguito le scuole magistrali, ma ho sempre dimostrato uno scarso interesse per lo studio, almeno fino all’inizio delle classi superiori.

    Sono sempre stata molto timida e paurosa: il mio problema era credere troppo negli altri, giudicandoli quindi migliori di me. In alcuni momenti, questa paura si trasformava però in coraggio, perché avvertivo il bisogno di trovare soluzioni agli altrui problemi: mi immedesimavo nelle fragilità di chi avevo attorno e cercavo di risolvere le sue difficoltà.

    Mia madre si chiamava Italia. Era una donna semplice, ma dotata di un’intelligenza arguta. Venne cresciuta da mio nonno, perché a quattro anni rimase orfana di madre. Era la più piccola di otto figli, e crebbe con i fratelli a Centola, un paesino del Cilento.

    Mamma non ha mai parlato in casa il dialetto cilentano, forse perché lo considerava una sorta di lingua dei poveri; per questo si esprimeva sempre in italiano, anche se a volte una piccola inflessione nella sua lingua nativa le usciva, quasi inavvertita.

    La sento sempre vicina, la mia mamma, anche a distanza di così tanti anni. Delle volte, nel dormiveglia, percepisco un brivido sulla fronte, e mi piace pensare che sia lei che mi accarezza il viso, come quando ero piccola.

    Mi diceva sempre, arrivata a ottantacinque anni, che presto ci avrebbe lasciati, se lo sentiva; non aveva paura, però le dispiaceva di non poterci più stare accanto. Poi ci rassicurava che, in qualsiasi forma o dimensione si fosse trasformata, se veramente ci fosse stata una continuazione del nostro esistere, una vita oltre la morte… be’, lei avrebbe trovato il modo di farci sentire la sua

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1