L ultimo colpo
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Anteprima del libro
L ultimo colpo - Sarah Bernardinello
feroce.
1
Cheyenne, Territori del Wyoming. Giugno 1870
La notte era calata sulla città. Lungo la Main Street non si vedeva un'anima, le uniche luci erano quelle che illuminavano il saloon di Belle, dal quale provenivano grida e risate sguaiate.
Devon sgattaiolò fuori dall'uscita secondaria che dava su un vicolo parallelo alla Main. Addosso, un vestito datole dalla padrona del locale.
La donna, vecchia amica di Tom Kendall dell'epoca in cui lui attraversava le pianure con le mandrie, non aveva neanche fiatato quando le si era presentata. Tom non poteva immaginare che alla fine avesse deciso di chiedere aiuto alla maîtresse di uno dei saloon più famosi del circondario. Anzi, se ne fosse venuto a conoscenza si sarebbe imbarazzato da morire. Ma lei era lieta che nelle lunghe sere invernali il vecchio cow boy si fosse dilungato in aneddoti, tra una tirata e l'altra di pipa. I racconti del mandriano si sommavano a quelli della guerra narrati da suo padre, senza per questo scendere in particolari drammatici e inadatti alle orecchie di una ragazza di diciassette anni. Guerra che, nonostante fosse finita da cinque anni, era tornata di prepotenza alla ribalta. Almeno per quanto la riguardava.
Si addossò alla parete di fianco alla porta e sospirò. Maledetti documenti, e maledetta la propria curiosità. Suo padre era morto da pochi mesi quando aveva deciso di aprire la cassaforte. Quello che vi aveva trovato – la corrispondenza scambiata con lo sceriffo Glover Ballard, documenti ingialliti, liste di nomi di personaggi tanto importanti quanto improbabili – le aveva fatto correre un brivido lungo la schiena. Le date sui documenti riportavano alla guerra, il loro contenuto era un tradimento nei confronti del Paese. Le persone citate nella lista erano politici, aveva riconosciuto parecchi nomi. Alcuni li aveva conosciuti di persona, quando aveva accompagnato il padre a Washington, dopo la fine del conflitto. Nondimeno, la faccenda le era apparsa piuttosto bizzarra, finché non aveva letto i carteggi dello sceriffo Ballard a suo padre. Quando aveva preso la decisione di portare fino in fondo il piano dei due uomini non pensava che gli eventi l'avrebbero condotta fino a quel punto.
Gettò un'occhiata alla profonda scollatura del vestito: ricercata per furto, omicidio e ora vestita come una donnaccia. Strinse le labbra, scacciando quell'ultimo pensiero dalla mente. Belle, la maîtresse, l'aveva aiutata senza chiederle niente in cambio. Le era bastato sapere che era amica di Tom. Almeno, con quel vestito addosso, nessuno l'avrebbe associata all'uomo ricercato per l'assassinio di Glover Ballard.
Il cacciatore di taglie e gli sceriffi delle contee vicine cercavano un uomo, non una donna, e ridiventare quello che era avrebbe potuto darle un po' di respiro. Ma come donna non poteva attraversare il Paese senza qualcuno che l'accompagnasse, e al momento non poteva chiedere aiuto a nessuno. Non poteva coinvolgere nessuno. Quel problema era soltanto suo, e doveva cercare il modo di uscirne senza rimetterci la vita.
Si staccò dalla parete e si incamminò nel vicolo: Belle le aveva dato la chiave di una stanza del piccolo alberghetto che si trovava dalla parte opposta della Main, dove avrebbe potuto riposare almeno quella notte, prima di ripartire l'indomani di buon'ora. Sperò di non incontrare qualcuno, aveva già dovuto sfuggire alle attenzioni più o meno palesi di un paio di avventori del saloon, nonostante avesse cercato di non dare nell'occhio. La maîtresse l'aveva fatta cambiare nella dispensa, ma per uscire doveva passare di fianco al lungo bancone, e alla vista della sua scollatura due cowboy già alticci avevano fischiato ammirati. Ma Belle li aveva distratti offrendo da bere a tutti, e lei era riuscita a infilare la porta sul retro.
Stava per sbucare sulla Main, quando udì dei rumori alle sue spalle. Si addossò alla parete, sperando nella protezione data dal buio, e cercò di capire che cosa avesse provocato il rumore. Due uomini comparvero dalla parte opposta del vicolo, trascinando qualcosa, poi lasciarono andare quello che stavano portando.
Devon trattenne il respiro, temendo che potessero accorgersi di lei, e si schiacciò contro il legno.
«Lasciamolo qui» mormorò uno dei due uomini. «È così ubriaco che non si è nemmeno reso conto di quello che è successo.»
L'altro diede un calcio al fagotto, ma il primo lo strattonò. «Smettila. Andiamo al saloon, aspettiamo Carson e poi veniamo a riprenderlo. Il capo non è lontano, deciderà lui cosa farne.»
«Secondo me non gli farà proprio niente» commentò il secondo uomo. Fece un rumore, e sputò accanto al corpo a terra. Devon arricciò il naso, disgustata.
«Forse sì, forse no» rispose il primo. «Il povero bastardo sta cercando l'uomo sbagliato, ma non si può mai sapere. Intanto andiamo a farci un goccio, ho sentito Belle che offriva da bere a tutti. Magari riusciamo a scroccare un bourbon.»
Il suo compare ridacchiò e se ne andarono nella direzione da cui erano arrivati.
Solo quando furono scomparsi oltre l'angolo, Devon si permise un respiro profondo. Gettò un'occhiata al malcapitato a terra, più in là. L'istinto di sopravvivenza la spingeva ad andarsene senza voltarsi indietro, ma l'accenno a Carson l'aveva lasciata scossa. Era grazie a quel bandito se ora si trovava nella condizione di non poter tornare a casa e di doversi nascondere per non essere catturata e impiccata. Era lui il responsabile della morte dello sceriffo Ballard, e lei la testimone. Invece la situazione si era invertita, ed era sfuggita per un soffio alla corda già pronta a un albero di Casper.
Un gemito la fece trasalire. Aguzzò la vista, e vide l'uomo sollevarsi da terra. Gli sfuggì un rutto e gemette di nuovo. Con tutto quel rumore avrebbe attirato qualcuno.
Si decise e tornò indietro.
2
La testa gli girava e aveva lo stomaco sottosopra. Max riuscì ad aprire gli occhi quel tanto che bastava per vedere il buio attorno. Non riusciva a raccapezzarsi. Dov'era?
Vaghi ricordi nebbiosi lo riportarono al saloon, a un bicchierino di bourbon o forse a diversi. Beveva e pensava a Ballard, beveva e malediceva chi gli aveva sparato. Si sollevò appena e un rutto gli sfuggì dalle labbra.
«Scusate» borbottò all'oscurità. Puntellò i gomiti sperando che lo stomaco reggesse.
Si era lasciato andare alla malinconia, perdendo di vista il motivo per cui si trovava a Cheyenne. Ma il maledetto aveva fatto svanire le sue tracce in mezzo alle montagne e a lui non era rimasto che fermarsi in città. Pessima idea, si disse, in uno sprazzo di lucidità. Davvero pessima, soprattutto se qualcuno lo avesse riconosciuto. Ricordava solo la faccia barbuta di un brutto ceffo che si chinava su di lui, stravaccato sul tavolo, e che lo invitava a seguirlo. Quando non lo aveva fatto, lo sconosciuto lo aveva tirato su di peso e lo aveva trascinato fuori insieme a un compare. Ma il liquore aveva già sortito il suo effetto e lui non si era reso conto di niente.
Fino a quel momento. Con un ulteriore sforzo fece leva sulle braccia e si sollevò sulle ginocchia. Gli occhi si erano abituati al buio e si accorse di essere in un vicolo. Dove, però, non lo sapeva.
La situazione gridava guai e, nonostante la sbronza, Max comprese che doveva andarsene da lì quanto prima.
Si alzò in piedi, ma un improvviso capogiro lo fece barcollare. Stava per crollare, quando una mano lo afferrò e un braccio gli cinse la vita. Subito dopo, un corpo morbido premette contro il suo.
«Tutto bene?»
La voce era bassa e roca, femminile. Max socchiuse le palpebre per vedere chi gli aveva impedito di cadere, ma non andò oltre un'ombra solida. La donna era più bassa, ma riusciva a reggerlo.
«Bene, sì.» Si schiarì la voce. «Credo.»
«Riuscite a camminare?»
Stava per cadere in una trappola? Si affidò al tatto e si ritrovò a stringere della stoffa leggera tra le dita. Lasciò scorrere la mano verso l'alto e sentì sotto il palmo la curva morbida di un seno. Malgrado il momento non fosse dei