Bibliografia integrale di Giovanni Tarcagnota (1508-1566)
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Giovanni Tarcagnota, oriundo della Morea, appartenente alla famiglia dei Paleologi e nipote di Michele Marullo, nasce probabilmente a Gaeta nel 1508 e muore a Napoli o a Gaeta nel 1566. Una lapide ad Ancona ne riporta la data secondo una cronaca di viaggio settecentesca. Autore di volgarizzamenti fondamentali a Galeno, Plutarco e Flavio Biondo (ancora oggi utili per la comprensione dell'evoluzione del volgare tipografico), amico e collaboratore di diversi tipografi (Tramezino, Sessa, Blado) romani e veneziani è una delle maggiori personalità in tema di antichità romane, a livello di Egio, Panvinio e soprattutto Pirro Ligorio di cui è stato collaboratore nella bottega dei Tramezino. Forse legato a gruppi eterodossi, dopo la sua morte, causa anche l'impiego di pseudonimi quali Lucio Fauno (già identificato alla fine del '700), Lucio Mauro e soprattutto pseudo Andrea Palladio (identificati per cura dell'autore solo nell'ultimo biennio), il suo ricordo e soprattutto la sua opera sono state in parte dimenticate e riportate (negativamente) in auge da Alessandro Manzoni che ne cita le Istorie del Mondo (1562) come esempio di storiografia universalistica. Oggi, rovesciata la sua biografia, si analizza con procedimento filologico e rigorosa indagine bibliografica la sua produzione a stampa, se ne presenta il catalogo e si riconduce sotto nuova luce la sua attività.
Gennaro Tallini, Dottore di Ricerca in Lingue e Scienze della Letteratura presso l’Università di Verona, filologo, studioso di letteratura italiana rinascimentale e di storia della stampa, è docente di letteratura italiana presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere dell’università di Verona (SSD 10F1-10F3), dove svolge prevalentemente attività di ricerca nel campo della filologia antiquaria romana e francese nel XVI secolo e, recentemente, anche nel campo della didattica laboratoriale . Il personale profilo scientifico è incentrato sul tema della produzione e della circolazione letteraria a carattere antiquario, anche entro terreni di studio specifici e settoriali, a partire dal testo a stampa nel Cinquecento e la sua sovrapposizione e intersecazione negli ambiti della topografia, della urbanistica rinascimentale e della storiografia cinquecentesca, nei vari contesti della ricostruzione letteraria delle fonti antiche e umanistiche. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni in volume e su riviste scientifiche in ambito letterario e filologico ed è membro della RSA - Renaissance Society of America (socio effettivo dal 2014), dell’Istituto Nazionale di Studi per il Rinascimento Meridionale (socio corrispondente fino al 2014, socio effettivo dal 2015), del Gruppo di Studi sul Cinquecento.
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Bibliografia integrale di Giovanni Tarcagnota (1508-1566) - Gennaro Tallini
Ringraziamenti
Introduzione
Che biografia e bibliografia di Giovanni Tarcagnota da Gaeta (1508-1566) fossero complesse e ben più interessanti di quanto i pochi segni riscontrabili lasciassero intravedere è fatto di per sé poco sensazionale visto che già i suoi primi esegeti ne erano coscienti. A tutt’oggi, invece, la sua opera e la sua biografia sono state sempre scrutate con l’occhio distratto di chi guarda da un cannocchiale rovesciato cercando solo pochi segni senza nessun reale interesse per il personaggio e per quanto egli abbia potuto produrre durante la sua esistenza.
Una visione siffatta, colpevolmente limitata, superficiale e ancora ottocentesca (soprattutto nella scelta di considerare minori
tutti coloro che non possono essere inseriti in categorie di genere inamovibili) ha perpetuato l’immagine di un Tarcagnota prima militare e poi poeta che lo ha erroneamente legato alla figura dello zio Michele Marullo cui, invece, nulla lo lega se non le comuni vicende familiari: altrettanto errata è stata la collocazione letteraria che dopo la pubblicazione delle Historie del mondo (1562) lo ha visto inserito, inamovibilmente, tra gli storici universalistici, categoria bistrattata e secondaria rispetto ai grandi, da cui il nostro apprende i modi della scrittura per porsi poi, egli stesso come ulteriore e nuovo modello per la storiografia cinquecentesca e seicentesca soprattutto napoletana.
Oggi, al contrario, i tempi sono più che maturi per poterne ridisegnare il profilo e questo lavoro è un primo approccio a una nuova visione che (si spera) possa dare adito a un numero sempre maggiore di ricerche, analisi e scoperte. Non siamo ancora in grado di produrre un quadro d’insieme completo e definitivo, ma certamente la mole di documenti repertati ci permette d’individuare nuove linee di ricerca che possano arricchire la sua figura delineandone il vero profilo, implicitamente confermando quanto qui proposto o indirizzando verso nuove proposte, non ultima la ricerca d’un epistolario come del resto già s’augurava Franco Strazzullo nel presentare l’edizione anastatica del De Sito et lodi nel lontano 1988.
Il modello educativo cui fare riferimento per l’attività e la riflessione letteraria di Tarcagnota è quello di Nifo e soprattutto Plutarco, mentre il modello di scrittura è riconducibile Ariosto per la poesia e alla trattastica umanistica per la storiografia, prova ne sia, ad esempio, la citazione del catalogo di letterati napoletani proposto nel Del sito et lodi de la citta di Napoli, che rifà il verso ad Ariosto Satire, vii, 127-129 e la struttura della Favola d’Adone, che già da sola basta a evidenziare il legame con il poeta ferrarese.
La stessa scelta del volgare rispetto al latino e l’adozione del volgarizzamento come forma preminente di scrittura vanno lette in questo senso e interpretate come forma diffusiva della lingua anche presso gli in-docti e non solo patrimonio di una cultura alta
. Per intenderci, non ci sono nella lingua tarcagnotana pretese bembiane, convinzioni cioè di purezza della lingua e di sua obbligata costruzione petrarchesca, semmai, comunque all’interno di un toscanismo necessario, la lingua scritta del Gaetano (che al di là della mancanza di manoscritti autografi è comunque una lingua nata, cresciuta e rafforzatasi in tipografia) è essenzialmente una lingua pratica, volta all’essenziale e per questo non completamente letteraria. Anzi, proprio il tentativo di costruire attraverso la composizione delle Historie del mondo una «lingua commune», capace di essere storica, fruibile e completamente dicente solo in quel contesto è la maggiore differenza che intercorre tra la sua idea di lingua e quella bembiana.
Si pone insomma, un caso di destinazione e uso letterario della lingua che è un problema estetico sconosciuto al Cinquecento, il quale in merito, al massimo vede sorgere polemiche sulla qualità della lingua e sulla sua purezza. Qui non siamo di fronte, infatti, alla prosecuzione in altri campi della nota querelle tra Silvani e Toscani, tra Bembo e da Venafro, tra regionalismi e lingue pseudo nazionali o tra petrarchisti di diversa estrazione letteraria e territoriale, quanto tra bembisti e antibembisti, tra pro e contra Bembo, ma con una particolarità non da poco: in Tarcagnota non c’è intento polemico, né pretende di entrare in contesti che non pratica e che non sente propri; molto più semplicemente, come Venafro non rinuncia alla propria traditio culturale in nome di una lingua che non sente completamente propria, ma come i conterranei Minturno e Gesualdo sente anche che non può sfuggire al peso della tradizione petrarchesca. Una mediazione difficile, quindi, che Tarcagnota risolve in senso non poetico, ma storico cercando di avvicinare la propria scrittura a un common path linguistico che (complice anche una certa influenza esercitata dall’opera di Mario Equicola), non rinunciando alle istanze bembiane (conosciute e apprezzate all’epoca del soggiorno veneziano) e saldandosi ad un’innegabile primissima formazione completamente fiorentina, formi lo stesso una lingua non poetica, ma essenzialmente storica, dotata di un proprio statuto linguistico e anche di un bagaglio tecnico che rafforzi l’essenzialità e il valore narrativo e descrittivo.
Tarcagnota, dunque, va a porsi nel guado d’una collocazione letteraria che non è completamente individuabile e inseribile in categorizzazioni di genere che possano rimandare a personaggi di ben altro spessore letterario; anzi, a ben guardare, anche questa è stata certamente una delle cause che ne hanno condizionato il giudizio, la fortuna e limitato l’indagine sulle sue opere e sulla sua figura. Finché, infatti, si pensa a Tarcagnota secondo i canoni dell’eruditismo letterario seicentesco, di cui Manzoni (purtroppo) è stato incolpevole amplificatore attrarverso la collocazione delle Historie del mondo nella Bibl. di don Ferrante (nel ben noto capitolo dei Promessi Sposi), sarà impossibile poterne chiarire statura e presenza nel panorama medio cinquecentesco letterario italiano ed europeo anche qualora dovessero emergere in futuro lettere e/o documenti ulteriormente dirimenti sulla sua formazione, cultura e forza letteraria.
Il catalogo delle edizioni a stampa di Giovanni Tarcagnota è raccolto in un periodo che va dal 1542 al 1566; gli editori impegnati sono diversi e se prevale il veneziano Michele Tramezino (36 edizioni su 140 complessive), è pur vero che anche Geronimo Giglio (7 edizioni) - che agisce, secondo noi, come Tarcagnota stesso sul duplice piano di editore e curatore - e Giovanni Varisco (3 edizioni) raccolgono insieme un numero considerevole di ristampe; a loro bisogna poi sommare Ziletti (9 edizioni), Valgrisi (6 edizioni) Comino da Trino e Scotto (rispettivamente 5 e 3 edizioni).
Al suo interno possiamo individuare tre macro-aree argomentative interconnesse tra loro e aventi come nucleo principale di riferimento l’antiquaria, la storia e la sanità del letterato interpretata alla luce del pensiero ficiniano, galenico e nifano. Mentre i primi due filoni sono evidenti nella loro contiguità anche a letture e fonti antiche, non altrettanto si può fare per l’aspetto medico-filosofico, che si ricollega a quella stessa area solo per la definizione di alcune condizioni, sotterranee
rispetto all’evidenza delle prime, che rimandano alla codificazione di nozioni come virtu, prudentia, fortuna le quali, derivate dalla lettura di Nifo, riconducono a un’idea di storia che intesa come fattore etico e morale d’una superiore condizione dei personaggi e degli emblemi che ne rappresentano costanza e attività politica.
Diversa è la fortuna editoriale delle opere di Tarcagnota a partire dalle Historie del mondo, l’opera con il maggior numero di ristampe e imitazioni, capostipite di una tradizione particolarmente ricca in ambito meridionale e poi molto fortunata soprattutto nel Seicento e nel Settecento per gl’innegabili