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L'officio del Poeta. Studi su Antonio Minturno
L'officio del Poeta. Studi su Antonio Minturno
L'officio del Poeta. Studi su Antonio Minturno
E-book512 pagine6 ore

L'officio del Poeta. Studi su Antonio Minturno

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Info su questo ebook

La figura di Antonio Minturno oggi, grazie anche al consolidamento di alcune certezze in fatto di lingua e poetica, si è delineata ormai come centrale nel panorama del petrarchismo di medio e fine Cinquecento italiano e spagnolo; l’indubbia influenza esercitata su Torquato Tasso prima e Marino dopo (per tacere della sua presenza teorica in ambito musicale per tutto il Barocco), ci permette oggi di spostarlo tra quei “Maggiori” della letteratura italiana che hanno influenzato con la propria opera non solo la poesia, ma anche la generale formazione estetica degli autori nelle diverse discipline, dalla poesia alla musica.
LinguaItaliano
Data di uscita22 giu 2020
ISBN9788833466385
L'officio del Poeta. Studi su Antonio Minturno

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    L'officio del Poeta. Studi su Antonio Minturno - Gennaro Tallini

    L’officio del Poeta. Studi su Antonio Minturno

    di Gennaro Tallini

    Direttore di Redazione: Jason R. Forbus

    ISBN 9788833466385

    Pubblicato da Ali Ribelli Edizioni, Gaeta 2020©

    Saggistica – Storia e Cultura

    www.aliribelli.com – redazione@aliribelli.com

    È severamente vietata la riproduzione, anche parziale del testo, effettuata con qualsiasi mezzo, senza l’espressa autorizzazione dell’Editore.

    Gennaro Tallini

    L’officio del Poeta

    Studi su Antonio Minturno

    AliRibelli Edizioni

    Abbreviazioni

    A136 BAM, A 136 inf

    A21H BAM, Amb. 21H inf

    A24H BAM, Amb. 24H inf

    ACGa Archivio Capitolare e Museo Diocesano di Gaeta

    ACKr Archivio Capitolare di Crotone

    ACRm Archivio della famiglia Colonna, Roma

    ACUg Archivio Capitolare di Ugento

    AFCGr Archivio della famiglia Colonna, Grottaferrata (RM)

    Am.In. Antonio Minturno, Amore Innamorato, Venezia, 1559

    ANG Biblioteca Angelica, Roma

    AP Antonio Minturno, L’Arte Poetica, Venezia, 1564

    ASMn Archivio di Stato di Mantova

    ASNa Archivio di Stato di Napoli

    ASP Archivio Sarriera-Pinos, Barcelona (fondo privato)

    ASVe Archivio di Stato di Venezia

    BACT Biblioteca dell’Archivio Capitolare di Trento

    BAF Biblioteca Ariostea di Ferrara

    BAF Biblioteca dell’Accademia Filarmonica, Verona

    BAM Biblioteca Ambrosiana, Milano

    BAV Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano

    BBM Biblioteca Braidense, Milano

    BCB Bibliothèque du Conservatoire, Bruxelles

    BCF Biblioteca Centrale di Firenze

    BCR Biblioteca Corsiniana, Roma

    BCS Biblioteca Comunale di Siena

    BCT Biblioteca Comunale di Trento

    BCV Biblioteca Civica di Verona

    BEM Biblioteca Estense di Modena

    BGN Biblioteca dei Girolamini, Napoli

    BJC Biblioteka Jagiellońska, Cracovia

    BLL The British Library, London

    BLO Bodleian Library, Oxford

    BLR Biblioteca Lancisiana di Roma

    BMC Biblioteca dell’abbazia di Montecassino

    BMV Biblioteca Marciana Venezia

    BNE Biblioteca Nacional de Espana, Madrid

    BNF Biblioteque National de France, Paris

    BNN Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II, Napoli

    BPP Biblioteca Palatina, Parma

    BSB Bayerische Staatsbibliothek Munich

    BTM Biblioteca Trivulziana, Milano

    BUA Biblioteca Alessandrina, Roma

    BUB Biblioteca Universitaria di Bologna

    BUPd Biblioteca Universitaria di Padova

    BUPi Biblioteca Universitaria di Pisa

    BUPv Biblioteca Universitaria di Pavia

    BVR Biblioteca Vallicelliana di Roma

    BZB Bischöfliche Zentralbibliothek, Zurich

    CAS Biblioteca Casanatense, Roma

    CCLA Christ Church Library & Archives, Oxford

    CIPI Giammatteo Toscano, Carmina illustrium poetarum italorum, Lutetiae, apud Aegidium Gorbinum, e regione Collegii Cameracensis, 1570.

    CSS Convivium Septem Sapientium […] Antonio Minturno interprete, BNE 18659/28, cc. 38r-42v.

    Discorso Vincenzo Giustiniani, Discorso sulla musica de suoi tempi (1628).

    dP Antonio Minturno, de Poeta, Venezia, 1559

    Ep Antonii Sebastiani Minturni Epigrammata et elegiae, Venetiis, apud Io. Andream Valvassorem, 1564.

    G Sonetti e Canzoni di diversi antichi autori toscani, Firenze, eredi di Filippo Giunta, 1527 (Giuntina)

    LCW The Library of Congress, Washington (DC)

    LS Dionysii Longini Cassii graeci retors de Sublimi genere dicendi libellus, Bologna, Carlo Manolesio, 1644.

    M Mercurius, BNE 18659/28, cc. 38r-42v.

    MdV Musica de’ Virtuosi della Florida Capella dell’Illustrissimo Duca di Baviera. A cinque voci, con le rime Del S. Antonio Minturno […], Vinegia, Appresso Girolamo Scotto, 1569

    MIBM Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, Bologna

    MLD Marsh Library, Dublin

    MSB Munich StaatsBibliothek

    MV Plutarco, Mulierum virtutes, in Id., Tutti i Moralia, a cura di E. Lelli e G. Pisani, Milano, Bompiani, 2017, pp. 463-490.

    nc non compreso/i

    nr non rintracciata

    ONB Österreichische Nationalbibliothek Wien

    Pan. Am. Antonio Minturno, Panegirico in Laude d’Amore, Venezia, 1559.

    PC Antonii Sebastiani Minturni Poemata ad ill. principem m. Antonium Columnam, Venetiis, Vavassori, 1564.

    Poemata Antonii Sebastiani Minturni Poemata, Neapoli, Ioan Mar. Scotum, 1562.

    PP Antonii Sebastiani Minturni Poemata ad Consalvum Pyretium […], Venetiis, Vavassori, 1564.

    RDA Il primo volume delle rime scelte di diversi autori, di nuovo corrette e ristampate. Aggiuntevi molti sonetti nel secondo volume, in Venetia, appresso i Gioliti, 1586.

    REA 1 Rime di diuersi, et eccellenti autori. Raccolte da i libri da noi altre volte impressi, tra le quali se ne leggono molte non più vedute, di nuouo ricorrette e ristampate, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari et fratelli, 1556.

    REA 2 Il secondo volume delle rime scelte da diuersi eccellenti autori, nouamente mandato in luce, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1564.

    REA 3 Rime diverse di molti eccellentissimi autori […]. Libro primo, Venezia, Giolito, 1545.

    REA 4 Rime diverse di molti eccellentissimi autori […]. Libro primo con nuova additione […], Venezia, Giolito, 1546.

    REA 5 Rime diverse di molti eccellentissimi autori […]. Libro primo con nuova additione […], Venezia, Giolito, 1549.

    Rime Rime et prose del sig. Antonio Minturno […], in Vineggia, Rampazetto, 1559.

    RSN 1 Rime di diuersi illustri signori napoletani, […] nuouamente raccolte et non più stampate. Terzo libro, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari et fratelli, 1552.

    RSN 2 Rime di diuersi illustri signori napoletani, […] nuouamente raccolte et non più stampate. Quinto libro, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari et fratelli, 1552.

    RSN 3 Libro quinto delle rime di diuersi illustri signori napoletani, […] Nuouamente raccolte, e con noua additione ristampate, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari et fratelli, 1555.

    Salmi Del s. Antonio Sebastiano Minturno vescovo d’Ugento Canzoni sopra i Salmi, in Napoli, Scoto, 1561.

    SR226 BAM, Amb. S.R.226

    SSC Biblioteca e Archivio della Società Storica Comense

    V Mercurius, Vat. Lat. 7192, cc. 276r-277v.

    VL Vat. Lat. 3213

    Ringraziamenti

    Alla fine di questa prima parte del complesso progetto editoriale che ha per soggetto Antonio Sebastiani detto il Minturno diverse sono le persone che hanno avuto un ruolo determinante nella organizzazione del lavoro e nella sua definitiva stesura. In questo senso, per primo, un caloroso e speciale ringraziamento va rivolto ad Amedeo Quondam che mi assegnò la redazione della voce biografica relativa all’autore nel Dizionario Biografico degli Italiani (91, 2018), omphalos da cui tutto si è poi dipanato, dal presente volume all’edizione critica dell’epistolario minturnino e al ritrovamento di alcuni suoi Manoscritti latini entrambi di prossima pubblicazione.

    Senza l’analisi e lo studio di tutti i contatti e rapporti intessuti da Minturno con gli ambienti letterari napoletani e romani non avrei potuto individuare e connotare i nuovi contesti in cui collocarne la pratica e la teoria poetica in ambito latino e volgare e non avrei potuto altresì documentare rapporti finora sconosciuti come quello con i Colonna (attraverso Agostino Nifo), né quelli inerenti alla strutturazione della poesia volgare nei rapporti con il nipote G. A. Gesualdo. Per questi motivi, importantissime ai fini della prima scrittura di questo saggio, sono state due comunicazioni approntate per le sessioni 2017 (Firenze) e 2018 (Bologna) dell’ADI - Associazione Degl’Italianisti: Dilettare, insegnare, movere «non però sì forte che, come il Tragico, perturbi». «L’officio del Comico Poeta» e «li motti, e detti piacevoli» della commedia nel II libro dell’Arte poetica di Antonio Minturno, inserita nel panel Il riso in scena: le declinazioni del comico nella commedia italiana del Cinquecento, coordinatore Milena Montanile e La Sposizione di Petrarca di Giovanni Andrea Gesualdo «come a Minturno piace» in Le edizioni commentate. Note, questioni, riflessioni sulle ricerche in corso coordinatore Vincenzo Caputo. Ad entrambi va il mio più sentito grazie per avermi permesso di esporre alcuni primissimi risultati all’epoca non ancora inseriti organicamente nel lavoro di ricostruzione della biografia e della sua opera.

    Altre due comunicazioni, mirate al contesto in cui Minturno si è formato in giovane età sono La Piccola Athene. Giulia Gonzaga e il circolo di Fondi tra letteratura ed eterodossia (1526-1566), in La donna nel Rinascimento: amore, famiglia, cultura, potere, XXIX Convegno Internazionale, Chianciano-Montepulciano (SI), 20-22 luglio 2017 e Otium et negotium in Antonio Minturno: il plutarcheo Convito de Sette savi (Madrid ms 18659/28) e il Mercurius (Vat. Lat. 7192; Madrid ms 18659/28), XXXI Convegno Internazionale, Chianciano-Montepulciano (SI), 18-20 luglio 2019, entrambi a cura di Luisa Secchi Tarugi (atti in preparazione presso l’editore fiorentino Cesati) che ringrazio per averla ospitata e discussa all’interno dell’Annual meeting dell’Istituto di Studi Umanistici F. Petrarca di Milano.

    Alle problematiche filologiche e attributive proposte dai manoscritti latini reperiti in Vaticana e nella Nazionale di Madrid vanno collegate le notizie sulla scrittura del Tebaldeo che Marco Bernardi mi ha segnalato con precisione e correttezza e che ringrazio per l’amicizia e la celerità delle puntualizzazioni e risposte.

    A Joan Belsolell Martinez e Daniela Caracciolo esprimo tutta la mia riconoscenza; il primo, per avermi segnalato le copie del manoscritto del De Adventu Caroli V conservato nell’Archivio Privato dei Marchesi Pinos a Barcellona e la seconda per aver fatto da intermediaria presso l’Archivio Capitolare di Ugento. In entrambi i casi resta il rammarico di non aver potuto ringraziare maggiormente entrambi del loro intervento pubblicando in queste pagine quanto nei due archivi conservato per l’ostinato e pervicace rifiuto a collaborare da parte dei due enti. Infine, indirizzo il mio personale ringraziamento anche a Stefano Carrai - che ha letto le parti di questo lavoro inerenti i manoscritti vaticano e madrileno, Giancarlo Abbamonte e Tobia Toscano per avermi invitato a partecipare al convegno minturnino previsto per settembre 2020 tra Minturno e Napoli.

    TG

    Sommario

    Capitolo Zero

    (Quasi una) introduzione

    Capitolo I

    Teoria estetica e principi generali

    1. La posizione critica – 2. Le fonti della produzione trattatistica – 3. Gli alunni e segretari – 4. In ore poetarum: la teoria della commedia e della tragedia – 5. Intorno al Sublime: la formazione del lessico estetico – 6. Minturno imitato: le Rime nei sonetti di G. A. Gesualdo e i testi sconosciuti (o quasi) del ms BUB Cod. 1250

    Capitolo II

    Dai Poemata ai Salmi e i manoscritti latini

    1. Il «dominio delle muse». La genesi dei Poemata, – 2. I Salmi e la trasfigurazione del codice petrarchesco – 3. BNE 18659/28 e Vat. Lat. 7192: prime ricognizioni – 4. Segnalazioni e fonti erudite per i manoscritti latini

    Capitolo III

    Primi sondaggi nell’epistolario (1524-1538)

    1. Napoli e Messina – 2. L’attività di correttore di opere altrui – 3. Eterodossi siciliani e spagnoli in Sicilia – 4. De mulieribus: il settimo e ottavo Libro delle Lettere a Donne illustri e valorose

    Capitolo IV

    1. L’assenza di Bembo – 2. Il Vat. Lat. 3213, la Giuntina del 1527 e l’Arte poetica – 3. L’Amore Innamorato come teatro per musica – 4. Il madrigale (e l’ulteriore assenza di Bembo) – 5. «Quando vien fatta bene». Girolamo Ruscelli: presente!

    Capitolo V

    1. Minturno e la musica de’ suoi tempi di Vincenzo Giustiniani (1638) – 2. Imitazione e scopi della poesia (e della musica) – 3. Compositio, Voluptas aurium e affettioni: dalla maraviglia all’admiratio (ancora sul linguaggio estetico) – 4. Giustiniani, Minturno e gli altri

    Capitolo VI

    Strati redazionali, manoscritti, opere a stampa

    1. Strati redazionali – 2. Manoscritti – 3. Fino al Concilio di Trento (1549-1564) – 4. Tra Napoli e Crotone (1565-1570) – 5. Edizioni in musica

    Appendici

    Appendice 1. L’Amore innamorato del Sig. Antonio Minturno: I parte, cc. 3ar-4bv – Appendice 2. Federico Pizzimenti, A lettori, in De le lettere di M. Antonio Minturno a donne illustri e valorose il Settimo Libro, cc. 125v-126v – Appendice 3. Antonio Minturno, Panegirico in laude d’Amore, in Id., Amore Innamorato, c. hijr. – Appendice 4. Minturno, Lettere…, II, 15, cc. 27v-29r, inviata a Claudio Tolomei da Messina il 25 ottobre 1533 (la lettera non compare nella Tabula iniziale). – Appendice 5. Minturno, Arte poetica, III, cc. 237-240. – Appendice 6. La testura sovra mai non vo’ più cantar come i soleva di Ioan Bernardino Toscano, Roma, Ludovico degli Arrighi e Lautitio Perugino, 1521

    Bibliografia

    Indice dei capoversi

    Capitolo Zero

    (Quasi una) introduzione

    La figura di Antonio Minturno oggi, grazie anche al consolidamento di alcune certezze in fatto di lingua e poetica, si è delineata ormai come centrale nel panorama del petrarchismo di medio e fine Cinquecento italiano e spagnolo; l’indubbia influenza esercitata su Torquato Tasso prima e Marino dopo (per tacere della sua presenza teorica in ambito musicale per tutto il Barocco), permette quindi di spostarlo, da ambiti della storia letteraria italiana, iberica ed europea di secondo piano, su un livello più alto, tra quei Maggiori della letteratura italiana che l’editore milanese Marzorati nel lontano 1974 aveva raccolto nella propria edizione dei Maggiori e Minori della letteratura italiana e che codificava un modo di pensare e di agire critico che oggi, quanto meno, risulterebbe inadeguato e (forse anche) fuorviante. In quei recessi Minturno non solo non trovava alloggio, ma neanche soddisfazione critica; oggi, invece, se non al livello di Bembo, almeno può essere collocato subito sotto: allo stato delle cose, infatti, se Bembo citando Giuseppe Patota, è la Quarta Corona, lungi dal pretendere di considerare Minturno la quinta, sicuramente è possibile almeno considerarlo, in un’ottica gerarchizzante, di poco inferiore.

    In molti luoghi dell’Arte poetica, infatti, seppur non si cita Bembo (da cui Minturno si tiene volutamente a distanza come Sannazaro), lo stesso se ne citano le posizioni e le scelte, segno che il problema per lui non sta nel prodotto poetico, quanto nella figura stessa del poeta, nei modi in cui egli esercita la lingua e nei fondamenti dell’estetica e della produzione del testo. Il paradosso è che la sua visione teorica, nel secolo successivo (e il caso Giustiniani, essendo al di fuori del campo strettamente letterario, ne è la prova), sarà il punto di partenza di ogni teoria letteraria, poetica e musicale, poiché la condizione della lingua, nelle mani dei compositori, di Marino e dei Marinisti diventa un’arma potentissima per accentuarne a dismisura la valenza musicale e testuale e per ottenere quell’unitarietà linguistica che proprio Minturno aveva dichiarato essere lo scopo del poeta nei suoi due trattati. Ne era ben consapevole il napoletano Massimo Trojano, maestro di cappella a Monaco di Baviera dal 1569, il quale (cinquanta anni prima di Marino e ottanta prima di Giustiniani), da poeta, musicista e contrappuntista di livello, individuava nei testi minturnini proprio questa caratteristica di unitarietà tra parola e note ponendola alla base dell’integrazione attiva dei codici espressivi dei due linguaggi.

    Tutti gli autori successivi (a cominciare da Torquato Tasso), i quali in un modo o nell’altro hanno avuto a che fare con il pensiero minturnino (a prescindere dai rapporti che erano intercorsi con il padre Bernardo all’epoca della sua permanenza a Salerno), non hanno potuto esimersi dal rinunciare a tale integrazione, né hanno potuto codificare ulteriori approcci che fossero nuovi e moderni tanto quanto la sua riflessione.

    *

    Altro punto non altrettanto indagato a sufficienza sono i rapporti con i Colonna e i potenti nobili spagnoli di Sicilia. Riguardo ai primi, neanche la dipendenza scolastica e socio-culturale da Agostino Nifo ha potuto evidenziare quei contatti diretti e indiretti che conducono a Pompeo e Paolo Giovio prima ancora che a Vittoria. Tanto meno sono stati indagati gli scambi intrattenuti con Maria di Cardona di cui era pure evidente nelle Lettere la presenza ingombrante e continua. Infatti, mentre per i Colonna sarebbe stato sufficiente indagare meglio le lettere a loro indirizzate o quelle in cui Minturno rievocava a diversi destinatari gli anni tra 1522 e 1524, per la Cardona e tutto il complesso della nobiltà siciliana nulla di tutto questo è mai stato neppure tentato.

    Invece, sia nel particolare delle singole lettere che nel generale dell’intero epistolario (perché le fonti non sono solo l’edizione del 1549, ma anche altre scritture, rintracciabili negli epistolari di Giovanni Guidiccioni, in quello di Sant’Ignazio di Loyola e in Ambrosiana, solo nel 1985 raccolte e pubblicate), i motivi per una ricerca approfondita in diversi campi sono tanti e tutti degni di essere centrali non solo nella determinazione del reale valore del nostro, quanto anche della codificazione di tematiche sinora poco indagate quali i rapporti tra figure femminili e letteratura (e poesia e canto), la partecipazione femminile alle discussioni teoriche sulla poesia, la loro centralità nei circoli letterari del tempo.

    La radicale linea di demarcazione che divide l’epistolario minturnino (una prima parte entro il 1549 e per larga parte edita già nell’edizione della princeps) e una seconda raccolta tra 1551 e 1567 permette anche di delineare in modo ottimale la mole di rapporti e contatti con i destinatari. Così, se la prima parte della sua biografia è contraddistinta dall’orbitare intorno a grandi famiglie feudatarie come i Colonna e i Carafa, è anche vero che nella seconda parte egli mira a rinsaldare invece rapporti diretti con l’establishment ecclesiastico e controriformista, quasi a voler farsi perdonare certi chiacchierati (ma mai indagati né condannati) rapporti con un nucleo abbastanza numeroso di eterodossi dichiarati e condannati.

    I temi amorosi e poetici in questa seconda parte sono esclusi e traslati su forme e strutture tipiche della poesia religiosa oppure riproposti senza modifiche a mo’ di ristampa e come richiamo a una pratica poetica ormai non più utilizzata, ma sempre valida a ricordarne le capacità e la forza imitativa.

    Minturno, infatti, lungi dal condizionare la propria carriera praticando scopertamente teorie religiose non in linea con la carica vescovile e soprattutto con la mentalità e il ruolo dei propri protettori, tranne che in un caso (la lettera n. 14 del Libro I nell’edizione del 1549 indirizzata a Jaime Valenzano Centelles), mai si allontana dalla discussione poetica, mai sconfina nel terreno ispido e pericoloso della discussione religiosa con un’attenzione per le parole e le frasi che non è il risultato pratico della propria riflessione poetica, ma l’autocontrollo imposto alla scrittura per evitare di cedere ad eventuali situazioni riprovevoli o suscettibili d’esser tali.

    Esiste però un settore della propria corrispondenza in cui Minturno scrive liberamente e senza lacci che ne controllino stile, affettazione e scopi, ed è il libro VIII delle Lettere, in cui il teorico discute d’amore con un parterre di nobildonne che non solo fanno parte della sua biografia, ma che sono rappresentative anche di quel clima letterario unitario e assolutamente fondamentale per gli sviluppi della produzione letteraria in area napoletana e meridionale.

    La discussione, che non esula dal parlare anche di quotidianità e raccomandazioni di terzi, è incentrata ancora una volta sui temi che Minturno aveva già collazionato nell’Amore Innamorato e nel Panegirico in laude d’amore e in altre scritture poetiche. Ancora una volta, le tematiche non sono lontane, dunque, da opere che circolavano già manoscritte ben prima del 1559 e neanche esulano dagli argomenti compresi nei due trattati maggiori e nel perduto l’Academia. Minturno, infatti, è fermamente convinto che la sua tradizione di riferimento, stilistica, contenutistica e teorica, sia la grande stagione di Pontano e Sannazaro; il manifesto teorico che ne viene fuori è di conseguenza ancorato alla tarda epoca aragonese e tutt’al più alla propaggine dei primi anni Trenta del secolo quando le istanze poetiche sono ancora ostaggio del nucleo forte dell’Accademia e quando, la trasformazione delle poetiche comunque non incide più di tanto su modelli, scritture e forme impiegate.

    *

    Da quanto detto e ricollegandosi alle tematiche centrali di questo libro, è evidente che la questione Minturno è ben lungi dall’essere risolta e soprattutto è ben lontana dall’essere organizzata anche nelle sue sole linee essenziali.

    Il percorso, limitato e sicuramente incompleto, disegnato nel primo capitolo di questo lavoro a proposito della sua posizione e ruolo all’interno della storia della critica e dell’esercizio della stessa sull’autore, dimostra che solo nell’ultimo scorcio del XX secolo si è cominciato a riflettere sulla sua produzione con un occhio non più mirato solo alla trattatistica, ma anche alla produzione poetica volgare e latina, religiosa e profana che non tenesse conto solo del già scritto e già detto, ma che rivalutasse, alla luce anche dell’attenta lettura delle opere maggiori e minori, questioni quali l’apporto alla sua opera dato da temi e scritture che rientravano nell’ambito d’afferenza della sua figura.

    Altresì, leggere meglio e più attentamente i grandi eruditi settecenteschi e ottocenteschi che hanno tramandato i titoli delle sue opere edite e manoscritte (perché non si può parlare di inediti vista la capacità dell’autore di far copiare e far circolare le proprie opere senza attendere la stampa) e promuovere una ricerca archivistica meglio organizzata e gestita ha condotto all’individuazione di testi e opere le quali, anche se inutili allo studio della genesi delle stesse dalla fase manoscritta a quella a stampa, hanno permesso di gettare nuova luce sulle problematiche costruttive, ideative e finanche promozionali cui l’autore costringeva la propria scrittura e alla propria riflessione teorica.

    Pertanto, se la dimensione critica di Minturno oggi è radicalmente cambiata è proprio perché sono venuti a maturazione atteggiamenti e urgenze della rilettura critica che nei secoli precedenti erano state completamente ignorate e sottovalutate. Prova ne siano non solo i già citati rapporti con gli ambienti siciliani e valenzani, quanto le nuove occorrenze e la documentazione della sua influenza non solo sulla poesia pastorale spagnola e sul Siglo de Oro in genere, quanto sulla musica del Barocco e proprio per la particolare commistione tra teoria e pratica poetica che già compositori suoi contemporanei (da Orlando di Lasso a Massimo Troiano) gli riconobbero ancora vivo.

    L’indubbia presenza nella scrittura trattatistica dei Dialoghi di Tasso e in quella poetica di Marino più tardi (di cui sono evidenti le tecniche di imitazione alfine di individuare ed evidenziare quell’Admiratio che anche Minturno codifica sulla base del sublime longiniano) e nella tradizione musicale seicentesca descritta dal Discorso sulla musica de suoi tempi di Vicenzo Giustiniani completano il quadro delle influenze e dimostrano che non è solo un problema di riflessione e opportunità di scelte poetiche e teoriche, ma di formazione di una teoria estetica che si propone, come il suo maestro Nifo, di individuare nella percezione del bello una forma artistica che scateni affezioni certamente, ma che nello stesso tempo renda eticamente accettabili le forme dell’intrattenimento cortigiano. Il bello di Minturno è tale solo se la meraviglia e le affezioni si originano dalla dimensione del dilettevole che si fa insegnamento e commozione e in queste forme la musica barocca coglie la percezione fondamentale della propria essenza costruttiva: l’artificio si trasforma in sensazione che colpisce, stupisce e per questo si dice bella linguisticamente ed espressivamente.

    *

    La struttura della teoria estetica minturnina, dunque, poggia i propri fondamenti in elaborazioni dal carattere fortemente sincretico, frutto dell’integrazione di letture continuamente meditate e aggiornate di Cicerone, Ermogene, Plutarco, Nifo e degl’irrinunciabili accademici napoletani; del complesso delle fonti è quasi impossibile bilanciare il numero delle riprese e delle citazioni estrapolate ed è altrettanto impossibile poterne discernere l’apporto e la rielaborazione, quel ch’è certo però, è che Ermogene, Cicerone e Plutarco sono non soltanto modelli di riflessione e strutturazione del proprio pensiero, quanto aspetti irrinunciabili della scrittura e delle forme adottate. All’interno della diversità di generi, infatti, Minturno riesce sempre a gestire le provenienze da ognuno dei tre riscrivendo, traslando e rielaborando in modi sempre diversi un nucleo centrale d’informazioni valide per più contesti e utilizzabile in situazioni diverse. Anche per questo la critica soprattutto ottocentesca e novecentesca, a causa della complicata trama di interdipendenze mostrate, ha sempre considerato l’opera del Minturno come un semplice agglomerato di idee di altri e frutto più di un continuo rimasticare che non di analisi genuine e coerenti.

    Invece l’apporto teorico di Minturno è il risultato di una lettura continua dei cardini estetici che presiedono alla produzione letteraria (poetica e in prosa) e dei modelli principali di imitazione da applicare alle forme classiche (e a prescindere dalla lingua utilizzata).

    La scelta di operare sul volgare piuttosto che sul latino (o viceversa), dettata dalla necessità di dare pariteticità estetica e valoriale al proprio trilinguismo è il fondamento della sua ricerca e la base su cui poggiano perfino la scelta dei collaboratori e gli argomenti da trattare: accogliere come alunni e collaboratori personaggi come Domenico Pizzimenti o Jacobo Andrea Cossa (per tacere di G. A. Gesualdo e G. B. Bacchini tutti interessati a diverso titolo al volgare e al commento a Petrarca) dimostra che sono i curricula e i meriti scientifici dei suoi collaboratori ad essere decisivi per tale rielaborazione e scrittura delle tematiche teoriche interessanti il petrarchismo e il classicismo. Cossa e Pizzimenti, infatti, l’uno interessato alla riflessione metrica su Petrarca e l’altro allo studio del greco, da soli rappresentano un punto di riferimento irrinunciabile per le tematiche affrontate da Minturno e non solo per la sistemazione definitiva dei suoi scritti, quanto per tutto il lavoro filologico a monte.

    *

    Un’opera che offre tematiche connesse a quanto prima esposto è sicuramente l’antologia dei Poemata, la cui genesi non solo è originata dalla continua ricerca di protettori e incarichi, ma anche dalla necessità di trovare una forma espressiva che tenesse insieme un tale progetto di scrittura. La componente stilistica, infatti, è fondamentale per capire quale procedimento Minturno metta in atto rispetto alla teorizzazione formale e rispetto agli scopi dell’opera d’arte che si va apprestando; la translatio in questo modo diventa la cifra principale d’interpretazione del modello operativo che Minturno prova a costruire e del prodotto poetico che egli stesso propone come modello per altri una volta codificato.

    Il prodotto di tale trasformazione però, più che nei Poemata (la cui gestione proviene almeno dalla metà degli anni Venti del Cinquecento) è messo in pratica nei Salmi esperimento poetico che riunisce la tematica religiosa alla funzione della lingua volgare in quei contesti e alle traduzioni di Plutarco che a questo punto dobbiamo pensare diverse e numerose nonostante le fonti oggi non ne lascino che lacerti.

    La traduzione del Convito e la composizione delle due stesure del Mercurius della BNE e della BAV dimostrano che il complesso procedimento d’intercambiabilità di lessici, temi e forme strutturali è già maturo all’inizio della carriera ed è il motivo principale per cui Tebaldeo entro il 1525 copierà nel proprio Vat. Lat. 7192 il primo di essi e perché, un quindicennio circa più tardi lo stesso Minturno riscriverà completamente il poema per corredare la traduzione del Convito plutarcheo da inviare a Miguel Mai.

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    Dall’analisi dell’epistolario si evidenziano alcune cesure che vanno a delimitare i diversi momenti della vita letteraria del Minturno e soprattutto si individuano due luoghi d’elezione: Napoli e Messina, decisivi per i contatti intessuti e per le linee generali dei loro sviluppi costruttivi. Così, Napoli diventa il luogo dell’insegnamento e delle prime mosse teoriche, espletate in contemporanea con diversi incarichi di correzione d’opere altrui, mentre Messina è il ricettacolo delle questioni più complesse, non ultime quelle eterodosse che almeno in un caso (le lettere a Jaime Centelles Valenzano) toccano problematiche teologiche semplici, ma difficili lo stesso da esternare.

    I rapporti sviluppati entro questi due poli culturali dimostrano poi che la pratica minturnina si muove sempre avendo come punto di riferimento irrinunciabile il pensiero di Nifo e a monte quello di Plutarco, esplicitato in diverse opere e traduzioni (di cui oggi, per la gran parte, abbiamo solo scarne testimonianze e che invece al tempo dovevano circolare in maniera ampia e diffusa), in diversi scritti appartenenti a generi diversi come nel caso dell’epistole degli ultimi due libri delle Lettere che raccoglie testi indirizzati per lo più a Vittoria Colonna, Susanna Gonzaga, Maria di Cardona e altre dame napoletane e improntati alla codificazione di una figura femminile specifica, in linea con l’eticità antica e però anche parte della modernità.

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    Le tematiche fin quei espresse hanno il pregio di individuare una linea diretta tra Minturno e la produzione letteraria, musicale e teorica successiva al Cinquecento e non solo in riferimento alle poetiche di Tasso e Marino, ma anche a quelle settecentesche ed erudite. Nel particolare però, è nei rispetti della scrittura del Discorso sopra la musica de’ suoi tempi di Vincenzo Giustiniani che tutta la pratica teorica minturnina si mostra come decisiva non solo per la codificazione del compositore (identificato con il poeta), ma anche per la strutturazione di concetti come admiratio, meraviglia, grandezza dell’opera d’arte e sua magnificenza che concorrono all’organizzazione di un discorso sul bello e sulle condizioni estetiche per la sua ricezione presso un nuovo pubblico, maggiormente interessato all’artificio e alla complessità del linguaggio musicale e poetico e ancor di più coinvolto nella dimensione linguistica rappresentata dalle nuove forme espressive messe in atto.

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    Tali nozioni, prettamente estetiche e inerenti all’unitarietà del campo semantico della musica e della poesia, sono fondamentali perché determinano sviluppi soprattutto in campo compositivo musicale. Infatti, le teorie di Minturno non solo concorrono alla formazione della teoria poetica, ma influenzano con decisione anche i musicisti, i quali, più dei contemporanei colgono l’importanza della sua riflessione applicandola alla scrittura musicale. L’attenzione sotterranea che perfino Vincenzo Galilei nel Fronimo rivolge al III libro dell’Arte Poetica dimostra che sono soprattutto i compositori a essere interessati all’equiparazione linguistica tra Musica e Poesia e alla sua identità di linguaggio espressivo. Non solo Vincenzo Giustiniani, dunque (che anzi arriva buono ultimo nella teoria dei seguaci di Minturno), ma quarant’anni prima il duo Carlo Gesualdo – Torquato Tasso con i libri I, II e VI dei madrigali del venosino), settant’anni prima il duo Massimo Trojano - Orlando di Lasso e (forse) primo in assoluto lo stesso Girolamo Ruscelli che al di là della riflessione linguistica coglie proprio nella struttura metrica l’elemento di musicalità innata del verso minturnino. Il rapporto con la musica in Minturno è fondamentale, al punto che non solo il prosimetro dell’Amore Innamorato sembra essere stato concepito, se non come autentico e genuino dramma per musica, sicuramente come madrigale drammatico, ma anche alcuni contatti con personaggi a lui direttamente legati mostrano solidi riferimenti alla primaria attività musicale: è il caso di Giovanni Battista Bacchini, cantore a Parma dopo essersi allontanato dalla corte vicereale, di Ippolita Gonzaga con il consorte duca di Mondragone parte dell’Accademia d’Argo, di Laura Terracina detta Febea, di Maria di Cardona citata da Luigi Dentice nei Duo dialoghi della musica (1552, c. 20r), di Antonia di Cardona elogiata da Pietro Aaron nel proprio Lucidario di Musica (1545), dello stesso Giovanni Andrea Gesualdo, di Francisco Salinas, cantore spagnolo a Napoli nel 1547 cui Minturno si rivolge (Lettere, p. 89) per cercare di recuperare i propri libri che il musico aveva acquistato da alcuni soldati spagnoli dopo la dispersione, dello sconosciuto Geronimo delle Rape, cantore cui si rivolge per fama e bellezza del suo stile (Lettere, VI, 49). La frequentazione degli ambienti romani tra 1520 e 1524 e poi di quelli napoletani permette a Minturno di conoscere anche quanto di musicale si produce in quei circoli e a tal proposito, le pagine dell’Arte poetica dedicate al madrigale confermano l’interesse per questa forma e per le sue declinazioni musicali, avvenute peraltro proprio in ambito romano e fiorentino nello stesso periodo e divenute forme fisse proprio grazie all’attività poetica di Bembo e musicale di Costanzo Festa e della raccolta dei Dorico Alla Serena uscita nel 1530. Il progetto dell’Amore Innamorato, sicuramente da ricondurre a quelle frequentazioni, si è poi sedimentato nel tempo, fino a ridursi, da un ampio progetto poetico-musicale, a sola opera scenica in cui l’intervento musicale si è ridotto alla sua evocazione metrica e scenografica.

    28 agosto 2019

    Capitolo I

    Teoria estetica e principi generali

    1. La posizione critica

    Di Antonio Sebastiani detto il Minturno (Minturno-Traetto, 1500 ca. [ma più probabilmente 1497]¹ - Crotone 1574) restano oggi pochissimi manoscritti conservati presso BAV, BNE e BAM. Altri lacerti potrebbero essere reperibili presso gli archivi vescovili di Ugento e Crotone, mentre tracce di una doppia redazione del de Adventu Caroli inviato a Miguel Mai intorno al 1540 sarebbero conservate in una duplice redazione presso l’Archivio Privato dei Sarriera-Pinos a Barcelona. Altri testi, relativi alla sua attività di responsabile didattico della scuola di grammatica attiva a Gaeta², potrebbero essere probabilmente conservati nell’Archivio Diocesano della città.

    Molti dei testi, quasi sempre monotematici, sono indirizzati a politici cui insistentemente chiede un posto o raccomandazioni per la corte imperiale, a religiosi che con lui avevano partecipato al concilio di Trento (Guglielmo Sirleto soprattutto) o a letterati come Aldo Manuzio; altre, per lo più missive incentrate su temi letterari, sorprendono per lo spessore storico-riformato dei destinatari (Gaspar Centelles, forse lo stesso G. A. Gesualdo, Erennio da Maratea).

    Riconosciuto e indiscusso teorico del petrarchismo e poeta latino e volgare, Minturno è aduso al continuo reimpiego/riscrittura delle sue opere: le ricicla, le riscrive o le auto-traduce modificandone metro e struttura e adattando ai diversi committenti ogni tema trattato fino a trasformarle completamente.

    Tralasciando i dati biografici che già Girolamo Tiraboschi aveva analizzato e riportato sulla scorta della raccolta degli Scrittori Napoletani del Tafuri³ e che tutto il secolo XIX ripropone acriticamente, la vulgata su Antonio Minturno non è mai andata oltre la riflessione sui due trattati superstiti e su poche altre produzioni; la stessa visione teorica, nonché le strutture del suo pensiero estetico, sono state per sovrappiù, sempre colte all’interno dei meccanismi generali della riflessione aristotelica sulla poetica senza dare ulteriori approfondimenti⁴.

    La loro attenta lettura permette d’individuare invece, non solo alcuni controversi punti della sua formazione iniziale e di retrodatare al periodo 1520-1525 l’ideazione e la progettazione dei primi nuclei teorici da lui elaborati, ma anche di ricostruire e aggiornare con nuove occorrenze il catalogo della sua stessa produzione. Soprattutto in passato, i limiti della critica sono consistiti nell’aver gestito le questioni minturnine solo nell’ottica della contrapposizione alle Prose di Bembo. Ad esempio, Giuseppe Toffanin, pur segnalandone la dimensione più teorica rispetto a Bembo, lo stesso lo legge quasi esclusivamente nell’ottica di una contrastiva posizione critica, tarda e poco interessante se non nell’ottica di un platonismo e aristotelismo di maniera. Il merito di Toffanin, dunque, risiede solo nell’aver denunciato tale posizione ambigua esteticamente, ma senza esporne i criteri reali di scelta e organizzazione del discorso teorico di Minturno.

    Lo stesso si ripete nel quasi del tutto inutile saggio di Raffaele Calderisi e in quello, meno impreciso, ma lo stesso oggi inutilizzabile per la gran parte di Angelo De Sanctis⁵. Meglio organizzato anche se limitato alle posizioni espresse nell’Arte poetica e del De poeta è invece il saggio di Benedetto Croce⁶, il quale, a partire dalle riflessioni estetiche condotte di Toffanin, illustra l’ambiente napoletano dei primi trent’anni del Cinquecento inserendo, per primo, Minturno nell’alveo di Sannazaro e dell’Accademia e sottolineando i rapporti teorici tra i due trattati e la Spositione di Gesualdo.

    Anche Pier Giorgio Ricci⁷, pur con qualche distinguo, non va oltre la ripetizione delle ricerche crociane, mentre un quadro generale e più ampio è presente in Michele Pecoraro⁸, che per primo analizza il rapporto esistente tra la sua biografia e le prime produzioni e in Bernard Weinberg, che allarga il discorso all’influenza e al ruolo da Minturno ricoperti nel panorama poetico e teorico del rinascimento⁹. Lo studioso affronta, anche se non all’interno di un discorso organico e comunque limitato rispetto alle premesse avanzate, la questione relativa alle influenze da lui esercitate nell’ambito della poesia medio-rinascimentale e successiva, mentre del tutto dimenticata (e purtroppo in linea con le scelte dei suoi predecessori) è la questione delle influenze che i diversi accademici, maestri e personaggi di rilievo a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento esercitarono sulla sua formazione e sulla sua successiva produzione.

    Sempre Bernard Weinberg, ma in un altro testo sulla ricezione delle teorie aristoteliche¹⁰ chiarisce che nell’ambito della teoria letteraria rinascimentale, nonché nel rispetto della tradizione classicista italiana dell’epoca, la teoria di Minturno rappresenta una riflessione teorica e metodologica fondamentale, basata su di elementi, contenuti e meccanismi declaratori dei principi fondamentali di genere e mimesi che sono serviti da base per l’elaborazione di una sorta di ortodossia poetica classicista in cui le singole prospettive teoriche degli autori, pur all’interno delle singole diversità e profili, fanno da sfondo teorico all’intera epoca.

    La comparazione tra di loro, infatti, mostra come le singole differenze di elaborazione siano minime sfumature che non intaccano il discorso teorico

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