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Al Qantarah - Bridge Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e Cariddi
Al Qantarah - Bridge Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e Cariddi
Al Qantarah - Bridge Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e Cariddi
E-book438 pagine5 ore

Al Qantarah - Bridge Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e Cariddi

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Info su questo ebook

Ma che lingua adoperano questi due? Italiano? Arabo? Inglese? Greco? Al Qantarah e Bridge non significano la stessa cosa? Col pretesto di parlare di un ponte sullo stretto non si saranno montati un po’ troppo la testa? Perché coinvolgere storia e geografia? E la letteratura non potevano lasciarla in pace?

Volevano scrivere dei racconti per parlare di quel ponte? Che bisogno c’era di scomodare Federico II, Giufà, i Siculi, i Bruzi, i miti greci, la sensualità, la cultura araba, la mentalità spagnolesca, la corda pazza, l’Aspromonte, Wojtyla…

E quel salto nel futuro non è allucinazione pura? Il vero quesito a questo punto è: Abbiamo a che fare con un’opera frutto di fascinazione poetica o con un progetto difficile ma realizzabile?
LinguaItaliano
Data di uscita22 mag 2019
ISBN9788831618786
Al Qantarah - Bridge Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e Cariddi

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    Anteprima del libro

    Al Qantarah - Bridge Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e Cariddi - Fausta Genziana Le Piane

    canzone".

    Tra Scilla e Cariddi (Racconto originale)

    Il sole salì, lasciando il mare bellissimo nel cielo di bronzo. Poi, tutto a un tratto…

    Kverios era passato molte volte nei pressi del luogo dove viveva il mostro, ma non aveva mai visto Cariddi agitarsi così all’improvviso. La sua rabbia verso Scilla stava diventando scossa tellurica, i suoi urli spaventevoli tuoni rantolanti, tutto il mare fra le due sponde dello stretto si contorceva come per un dolore lancinante.

    Kverios era il capo dei pescatori di Sekeleshir, piccolo villaggio siculo nei pressi di Zancle. Era esperto del mare e ne conosceva ogni segreto.Quei forti ed improvvisi movimenti dell’acqua non potevano essere naturali. Non ne aveva mai visti di questo tipo, né mai ne aveva sentito parlare dai vecchi pescatori… Si trattava sicuramente della reazione dell’altro mostro, quello della sponda reggina, Scilla. In quelle condizioni sarebbe stato assolutamente impossibile navigare. Nessuna persona di buon senso avrebbe avuto l’audacia di sfidare quelle condizioni impossibili, provocate dalla lite fra i due mostri. I pescispada, in questa situazione, non avevano nulla da temere dai pescatori di Kverios. I rischi piuttosto venivano da alcuni scogli affioranti qua e là, vicino alle due rive, su cui rischiavano di essere sbattuti dall’inaudita violenza delle onde generate da Scilla.Kverios, convinto ormai che per quel giorno non avrebbe potuto in nessun caso prendere il mare, stava già facendo cenno ai suoi di tornare a casa quando….

    - Ma cosa è quella cosa?- Gli chiese a bassa voce Sherdanon, il migliore fra i suoi pescatori, indicando una punta di legno che sporgeva da dietro una grande roccia sul mare.

    - Non so. Andiamo a vedere - Rispose Kverios, avviandosi con passo veloce ma guardingo verso il piccolo promontorio formato dalla roccia.

    Arrivò per primo sul luogo e, con gran sorpresa mista a un senso di pietà vide che la roccia nascondeva una piccola nave greca semidistrutta dagli urti contro le rocce sulle quali era stata sbattuta dalla violenza del mare. La pietà veniva dal senso di solidarietà degli uomini di mare. Perché per i greci non valeva la pena di commuoversi più di tanto…

    - Vediamo se c’è ancora qualcuno vivo dentro… e soprattutto se il carico vale la pena di essere salvato.- E nel dire così osservava tre corpi senza vita che arrossavano di sangue la riva.

    - Attento! E’ pericoloso. Scilla e Cariddi non hanno ancora finito di agitarsi… E poi credo che le divinità dei greci potrebbero considerare sacrileghe le nostre intenzioni. Sono divinità potenti, forse più dei nostri Palici che non sono mai riusciti a proteggerci da questi invasori venuti da oriente…-

    - Siete diventati delle femminucce?- Esclamò Kverios.- I nostri dei non vi hanno protetto perché non lo meritavate, vigliacchi come siete…- E così dicendo con un balzo saltò sulla nave semiaffondata e cominciò a cercare nella zona dove normalmente era riposto un eventuale carico prezioso. Il fedele Sherdanon lo seguì, mentre gli altri si allontanavano. Un flebile lamento lo distolse dalla ricerca d’ improbabili tesori. Istintivamente mise mano al pugnale in atteggiamento di difesa, mentre la sua folta barba rossastra era percorsa da un brivido. C’erano dei greci vivi, dunque. E non era mai dato sapere come un greco avrebbe trattato un siculo. Con gli abitanti greci di Messina ormai si era creato un compromesso, umiliante ma comprensibile. Il mare tuttavia era pieno di navi greche che non venivano da Messina… E allora tutto era possibile. I greci odiavano i siculi, ma li temevano anche. Per loro un siculo morto era sempre meglio di uno vivo…

    - E’ una donna! Ed è ancora viva- Esclamò Sherdanon.

    I timori di Kverios finirono e lasciarono il campo a nuovi sentimenti. Si trattava di una giovane donna dall’aspetto aggraziato e sensuale al tempo stesso e il pescatore non riusciva a staccarle gli occhi da dosso, ammaliato dalla sua bellezza. Riuscì a riaversi scuotendo la testa per uscire dalla malia che quel volto e quel corpo seminudo generavano; quindi cominciò a preoccuparsi dello stato della giovane. Non sembrava ferita; probabilmente aveva soltanto perduto i sensi per aver battuto la testa da qualche parte.

    Appurato che non c’erano altre persone vive, i due amici si affrettarono a scendere dalla nave e ad allontanarsi dalla riva, mettendo in salvo se stessi e la greca svenuta. Giusto in tempo:

    L’occhio feroce di Cariddi li aveva individuati e con un movimento convulso della enorme coda squamosa agitò il mare in modo tale da creare un vortice spaventoso d’acqua, vento, animali marini, legni di barche distrutte e pietre sollevate dal fondo. Il vortice afferrò i resti della nave e li scagliò con violenza verso le colline che sorgevano a centinaia di metri dalla riva, mentre un ululato disumano si levava a commentare lo spettacolo.

    Kverios avrebbe voluto portare la ragazza a casa, nel suo villaggio, ma era troppo pericoloso. Il combattimento fra Scilla e Cariddi aveva, infatti, cominciato a produrre una pioggia di proiettili di tutti i tipi, rocce, rami di albero, pezzi di pesci, mentre grandi saette di fuoco bluastro sembravano inseguire i tre sibilando.

    Allora il pescatore cercò rifugio e scampo insieme alla donna dentro una piccola grotta, mentre il fedele amico si allontanava per correre comunque verso il villaggio. C’era sua moglie lì! Ed era sola con un bambino piccolo… Doveva andare per forza. La furia dei due mostri dello stretto era tale che una semplice capanna non poteva costituire un rifugio sicuro. E d’altra parte la vita dei suoi familiari gli era più cara della propria. La grotta scelta da Kverios era ben celata e poteva essere il rifugio ideale di qualche pirata. I Tirreni spesso ostacolavano i traffici delle navi greche in transito nello stretto e, talvolta, trovandosi in pericolo, nascondevano le proprie imbarcazioni in piccole baie o in grotte marine: se venivano presi la pena era la morte.

    Kverios adagiò dolcemente la fanciulla per terra, cercando di non farle male: sembrava un cuoco che rifiniva una torta aggiungendo con estrema delicatezza la decorazione della panna in cima. Il giovane osservò a lungo la ragazza; rimase ipnotizzato dal suo viso, dalla malia delle lunghe, fitte e scure ciglia, ricurve come arco teso, pronto a lanciare lo sguardo che puntualmente arrivò allorquando la fanciulla aprì gli occhi.

    - Grande padre Zeus! Cosa è successo? Dove sono? Chi sei? - Esclamò, alzandosi a sedere, impaurita dalla presenza dell’estraneo.

    Il siculo conosceva abbastanza la lingua dei Greci per capire e rispondere:

    - Non temere, il pericolo per te è passato. Sei scampata ad un naufragio. Io ti ho trovata tra i rottami di una nave, ormai perduta, e ti ho prestato soccorso. Mi chiamo Kverios, sono pescatore e vengo dal piccolo villaggio di Sekeleshir, nei pressi di Zancle. E tu come ti chiami? Da dove vieni?-

    - Prima di parlare di me voglio sapere dei miei compagni di viaggio. Che ne è stato?-

    - Purtroppo non se ne è salvato nessuno…-

    - Sciagura! Gli dei non ci hanno voluto assistere!-

    - Scilla e Cariddi, talvolta, non ascoltano neanche gli dei…-

    - Dicendo Zancle volevi dire Messina? Conosco Messina perché a Scilla se ne parla molto. Il terribile Anassilao il Giovane, dopo avere conquistato la città greca dello stretto, per completare il suo dominio su quel tratto di mare, ha conquistato la cittadina di Scilla, sul Tirreno. Da allora la popolazione trema solo a sentire il nome di quel tiranno. Da Scilla la mia nave è partita con intenzioni e destinazione ben diverse che un naufragio sullo stretto. Mi chiamo Myia e vengo da Terina, colonia di Crotone, sul Tirreno.-

    - Ne ho sentito parlare. Non è stata fondata nello stesso luogo dove sorgeva il santuario della sirena Ligea?-

    - Sì. A Terina, città di mare, tanta importanza è data al culto della sirena, ritratta perfino sulle monete. E’ una città bella e prospera, situata su un’isola nel grande golfo. Amo infinitamente il luogo in cui sono nata: la mia infanzia è stata felice, ma troppo protetta. Mio padre fa il contadino e mia madre si occupa della casa e di noi figli. Per lo più ama filare la lana al telaio: è la sua principale occupazione.-

    - Ma come sei arrivata a Scilla?-

    - Mio padre e mia madre volevano che io mi sposassi, ma io sono devota ad Afrodite.-

    -Ad Afrodite? Ma da dove nasce questa devozione?-

    - Sono sempre stata una ragazza avvenente, tanto che tutti fin da piccola mi definivano Afrodina per l’insolita bellezza che ho ereditato da mia madre. Così ho deciso di fuggire per recarmi ad Erice ad onorare la Dea: ho fatto un giuramento.-

    -Ad Erice? Ma lo sai che significa? Là ci sono le hierodule, sacerdotesse che per onorare la Dea … si prostituiscono… Lo sai a cosa vai incontro? E poi, che giuramento hai fatto? Raccontami.-

    -Ho stretto tra il pollice e l’indice la fiamma della lucerna che tengo vicino al mio letto. Ardeva davanti a me proprio in quel momento e ho effettuato il giuramento di fedeltà eterna ad Afrodite con le parole, per questa luce degli dei. Comunque so tutto delle hierodule… Si tratta di prostituzione sacra. Ho sempre sognato di andare al santuario di Erice, la città degli Elimi avvolta in una nuvola di magia e mistero: un’amica poetessa della mia città, che c’è stata, me ne ha parlato con entusiasmo. Amo la Bellezza, la Fecondità e l’Amore: non vedo l’ora di cingere la cintura che la stessa dea portava, fatta di seta e intessuta dei colori della seduzione, cintura che fa innamorare della dea chiunque vi posi lo sguardo. Così, anch’io cerco il desiderio degli uomini, voglio leggere la bramosia nei loro occhi e farne offerta alla Dea.

    Sarei potuta andare a Locri. Anche lì si pratica la prostituzione sacra. Ma Locri è troppo vicina alla mia città. Le voci corrono. I miei lo avrebbero presto scoperto.-

    - Allora sei fuggita! I tuoi non sanno dove sei diretta?-

    - No! Non lo sanno. Col consenso dei miei sono andata a Scilla, dove vive la famiglia di una mia zia. Poi, nottetempo, sono uscita dalla casa dei miei parenti e mi sono imbarcata su una nave diretta a Lilibaeum. Mi ero accordata la mattina con l’equipaggio. Per ricompensa del trasporto avevo promesso loro che, una volta ad Erice, li avrei ricevuti con tutti gli onori nel tempio di Afrodite, facendo loro dono della mia devozione per la dea… -

    Kverios scosse impercettibilmente la testa e coprì meglio la giovane con quel poco di cui disponeva.

    Spossata dagli eventi e ormai rassicurata dalle attenzioni del giovane siculo, l’aspirante hierodula cadde in un sonno profondo.

    Kverios ritenne imbarazzante e non conveniente recarsi al villaggio, dove comunque nessuno lo aspettava con ansia. E in ogni caso era meglio non far girare la notizia che una giovane greca di Terina si trovava lì. Le notizie volano come il vento e lo stretto non è una barriera per il vento…

    Rimasero allora nella grotta in attesa di decidere cosa fare.

    I giorni passavano e Myia si era ormai completamente ristabilita. Kverios le portava pesce fresco tutti i giorni e buon latte di mucca, che riusciva ad avere da alcuni pastori greci con cui operava degli scambi. La frutta potevano raccoglierla direttamente dagli alberi nei pressi della

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