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Rzeczpospolita
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E-book533 pagine7 ore

Rzeczpospolita

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Info su questo ebook

A distanza di quasi venti anni dalla prima edizione il libro di Gaetano Platania Rzeczpospolita, Europa e Santa Sede tra intese ed ostilità viene ripubblicato in una seconda edizione aggiornata, con una veste grafica rinnovata e corredata di una bibliografia più recente. Un libro nato dall’intuizione dell’autore di raccogliere saggi diversi – da qui appunto il sottotitolo Saggi sulla Polonia del Seicento – che ponendosi come singole tessere di un mosaico più ampio danno vita ad un volume organico che accompagna il lettore nel vivo delle drammatiche, quanto avvincenti, vicende che hanno visto protagonista questa vasta area geo-politica durante la seconda metà del XVII secolo. Un entusiasmante racconto storico che, svelando le trame politiche e gli intrighi diplomatici che interessarono la Polonia del Seicento, riesce a mettere perfettamente a fuoco lo sguardo sempre attento e vigile posto da Roma su questo Antemurale Christianitatis.
LinguaItaliano
Data di uscita22 nov 2021
ISBN9788878537194
Rzeczpospolita

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    Anteprima del libro

    Rzeczpospolita - Gaetano Platania

    ABBREVIAZIONI

    ACSO Archivio Congregazione Sant’Offizio - Roma

    ACR Archivio Comunale di Roma (Capitolino)

    APAMR Archivio Privato Famiglia Antici-Mattei - Recanato

    APF Archivio Sacra Congregazione de Propagada Fide - Roma

    APOFMC Archivio Provinciale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini – Firenze

    APFO Archivio privato Famiglia Odescalchi - Roma

    A.S.V. Archivio Segreto Vaticano

    ASL Archivio di Stato di Lucca

    ASM Archivio di Stato di Modena

    ASR Archivio di Stato di Roma

    ASVen. Archivio di Stato di Venezia

    BAn. Biblioteca Angelica - Roma

    B.A.V. Biblioteca Apostolica Vaticana

    BCor. Biblioteca Corsiniana - Roma

    BCz Biblioteca Czartoryski - Kraków

    BNP Bibliothèque Nationale - Paris

    BNR Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele - Roma

    BSÈ Bol’saja Sovetskaja Ènciklopedija, voll. 1-31, 3é ed., Mosca 1970-1981

    BSL Biblioteca Statale di Lucca

    DBI Dizionario Biografico Italiano

    EI Encyclopédie de l’Islam. Nouvelle édition a cura di C.E. Bosworth-E. Van Donzel-W.P. Heinrichs-Ch. Pellat, 4 voll., Leiden-New York-Paris 1993

    Hierarchia Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi, vol. IV (1592-1667), a cura diRitzler Re- migio-Sefrin Pirmino, Monasterii 1935; vol. V (1667-1730), Patavii 1952

    MERSH The Modern Encyclopedia of Russia (…), a cura di L.J. Wieczynski, USA-Academia International Press, voll. 1-49, 1976-1988

    PAMAE Paris, Archives du Ministère des Affaires Etrangères

    PSB Polski Słownik Biograficzny

    Repertorium Repertorium der diplomatischen Vertreter alle Län der sei dem Westfälischen Frieden (1648), vol. I [1648-1715], Öldenburg-Berlin 1936

    RhD Revue d’histoire Diplomatique

    AVVERTENZE

    Per la trascrizione dei documenti citati nel testo ho seguito le seguenti regole:

    a) la forma italiana è stata modernizzata. Le modifiche al testo si

    riducono alle seguenti:

    b) caduta delle h iniziali;

    c) à = a; ò = o; et = ed o e; ti = z (esempio: informationi = informazioni);

    d) caduta degli j come equivalenti di un doppio i;

    e) caduta di una consonante doppia come equivalente di una singola (esempio: doppo = dopo; essecuzione = esecuzione; essemplare = esemplare);

    f) le abbreviazioni sono state sempre sciolte;

    g) gli accenti, la punteggiatura, le maiuscole e le minuscole sono secondo l’uso moderno;

    h) si sono omesse le formule di saluto iniziale;

    i) le lacune sul testo manoscritto sono indicate da due barre /.../;

    l) i nomi dei luoghi sono stati riprodotti secondo la grafia originale presente nel documento.

    m) si è trasformato sii in sia

    PREFAZIONE

    Alessandro Boccolini

    A distanza di quasi venti anni dalla prima edizione il libro di Gaetano Platania Rzeczpospolita, Europa e Santa Sede tra intese ed ostilità viene ripubblicato in una seconda edizione aggiornata, con una veste grafica rinnovata e corredata di una bibliografia più recente. Un libro nato dall’intuizione dell’autore di riunire saggi diversi – da qui appunto il sottotitolo Saggi sulla Polonia del Seicento – che funzionando come singole tessere di un mosaico danno vita ad un volume organico che accompagna il lettore nel vivo delle drammatiche vicende vissute durante la seconda metà del XVII secolo da quella vasta area geo-politica.

    Sebbene il tema sia stato già in passato analizzato separatamente da alcuni studiosi, il merito del lavoro di Platania è senza dubbio quello di aver saputo inserire la propria ricerca all’interno di nuova prospettiva capace di far emergere lo sguardo sempre attento e interessato rivolto dalla Santa Sede agli eventi che riguardavano la Rzeczpospolita; quelle stesse vicende che – causa la particolare forma istituzionale del paese e la sua posizione strategica – finivano poi per coinvolgere il resto del continente, con le cancellerie delle maggiori potenze europee impegnate a vigilare – e talvolta a mediare, e intervenire direttamente – su quanto accadeva all’interno dei confini del regno dei Sarmati Europei.

    Per raggiungere tale scopo, l’autore si è avvalso di fonti archivistiche e biblioteconomiche romane poco note o utilizzate, ma invero così straordinariamente ricche di informazioni utili per comprendere e ricostruire l’intera trama politica e diplomatica che soggiaceva a questa complessa area geo-politica dell’Europa di Centro: dai volumi delle diverse nunziature – a partire da quella di Polonia – conservati presso l’Archivio Segreto Vaticano, ai fondi della Biblioteca Apostolica, fino ai documenti dell’archivio della Sacra Congregazione de Propaganda Fide – fondamentali per il tema sulla chiesa uniate durante il governo di Jan II Kazimerz Wasa – sono solo una piccola parte delle fonti scandagliate da Platania per questa sua ricerca. Proprio all’interno di una simile prospettiva è doveroso sottolineare la (ri-)scoperta del Diario di Carlo Cartari oggi custodito all’Archivio di Stato di Roma, sul quale l’autore ha concentrato buona parte della propria attenzione nel momento in cui riflette sugli eventi del 1680 (dieta di Grodno) e del 1683 (liberazione di Vienna); una riscoperta che ha permesso a Platania di valorizzare in pieno questo Diario come un prezioso e utile strumento di conoscenza per i fatti e gli avvenimenti che interessavano tutta Europa, e non soltanto la Polonia.

    Proprio il rigore scientifico, unito alla straordinaria capacità dell’autore di portare alla luce gli intrighi diplomatici allora esistenti, costituiscono gli elementi base di un libro che nel tempo – non a caso – è diventato un testo fondamentale per ricercatori ed esperti che rivolgono la propria attenzione alla storia della Polonia in età moderna e dei suoi rapporti con le altre potenze europee, su tutti quelli intercorsi con la Roma dei pontefici.

    Se dovessimo trovare un punto di avvio ideale per le riflessioni avanzate da Platania, potremmo certamente partire dal regno di Władysław IV Wasa, un sovrano che ricordiamo sia per le vittorie conseguite contro Moscoviti e Svedesi, che per gli scontri avuti con i ribelli cosacchi guidati da Bohdan Chmel’nickij. Una rivolta, quest’ultima, che si inasprì alla vigilia della morte del re, per continuare con maggiore intensità dopo l’elezione al trono del fratello Jan II Kazimierz; fatti drammatici per il nuovo monarca che facevano emergere per l’intera Rzeczpospolita il problema non semplice dell’indipendenza rivendicata da quel popolo per le loro terre allora soggette alla sovranità di Varsavia.

    Chmel’nickij all’inizio vittorioso, venne sconfitto nel 1651 nei pressi di Beresteczko. Come atto estremo di difesa e protezione, il cosacco cercò un avvicinamento dapprima con i turchi e successivamente con lo zar, il quale gli promise quell’autonomia tanto desiderata. Platania inserisce questo momento, che potremo definire locale, all’interno del più vasto quadro politico-militare quando non manca di sottolineare e mettere a fuoco la mirata strategia attuata dai moscoviti: il Gran Duca infatti, facendo leva sulla rivolta cosacca e approfittando della debolezza politica di Jan II Kazimierz, allora impegnato anche a sedare gli scontri interni sorti tra plebe e nobili, ebbe strada libera per occupare gran parte dei territori ad est, con Połock e Smoleńsk, fino ad arrivare a Wilna nel 1655.

    La situazione divenne ancora più drammatica quando la Rzeczpospolita, esausta e dissanguata, veniva invasa da Carlo X Gustavo di Svezia, il quale in pochi mesi, e supportato da traditori interni al regno (in particolare alcune grandi famiglie magnatizie lituane), percorse con un ben armato ed equipaggiato esercito l’intero paese occupando Varsavia, giungendo fino a Cracovia, e mettendo in fuga verso la Slesia – come sottolineato da Platania – il sovrano con la regina, la franco-italiana Ludwica Maria Gonzaga Nevers.

    Grazie alla forza di carattere della sovrana, la quale chiamò alla resistenza i fedelissimi, a poco a poco la corona diede avvio alla contro-offensiva: con atti eroici la coppia reale recuperò tutti i territori persi, arrivando a sottoscrivere un provvisorio armistizio con lo zar seguito con particolare attenzione dall’allora nunzio pontificio Pietro Vidoni che ne informava prontamente il cardinale Giulio Rospigliosi allora a capo della Segreteria di Stato.

    Con la pace di Oliva [1660], necessaria ai polacchi e agli svedesi, impegnati vicendevolmente su altri fronti, la Polonia dovette cedere a Stoccolma gran parte della Livonia, mentre con l’armistizio di Andruszów del 1667 firmato con i moscoviti, Jan II Kazimierz dovette acconsentire alla spartizione dell’Ucraina, con lo zar che mantenne tutti i territori posti al di là del fiume Dnepr con la città d Kiev. Ben più onerosi erano stati per la Rzeczpospolita gli accordi con l’elettore del Brandemburgo che nel 1657 aveva ottenuto la piena sovranità sulla Prussia Ducale.

    Stanco e deluso, Jan II Kazimierz Wasa, restato solo a causa della morte di sua moglie Ludwika Maria avvenuta nel 1667, decise di abdicare e ritirarsi presso l’abbazia di Nevers dove morì nel 1672.

    Questa a grandi linee la narrazione dei fatti presentata dall’autore nel primo capitolo del suo testo, il quale si arricchisce – anzi si impreziosisce – del racconto poco noto dello scontro religioso intercorso tra la sovrana polacca, fervente giansenista (almeno negli anni del suo soggiorno francese) e la Santa Sede. Un contrasto mediato, come sempre, dall’opera attenta del nunzio pontificio, questa volta monsignor de Torres, il quale dovette intervenire più volte richiamando la sovrana ai doveri di buona cattolica come richiesto da Roma.

    Pagine interessanti che tratteggiano una Ludwica Maria fuori dallo schema ufficiale e ben conosciuto di donna intraprendente, guerriera, sagace e politicamente attenta agli interessi della corona (si veda in questo lo scontro con il principe Lubomirski che rivendicava la libertà aurea della nobiltà polacca). Platania ricorda i vari passaggi che avevano in un primo momento indotto la donna a favorire la libera circolazione di testi giansenisti, ma anche i ripensamenti e il travaglio dell’anima di una sovrana particolarmente vicina alle novità teologiche del tempo ma costretta a dover cedere per ragion di stato. Evento, questo, che si innesta nella politica, certamente poco lungimirante e densa di errori, attuata da Jan II Kazimierz durante tutto il suo governo; la stessa che portò all’infausta sottoscrizione di quei patti hadiacensi mal tollerati dalla corte di Roma perché favorivano la componente scismatica a svantaggio di quella cattolica, anticipazione di quel liberum veto che condusse da lì alla fine del secolo successivo alla scomparsa della Rzeczpospolita dalle carte geografiche (le tre spartizioni polacche).

    L’abdicazione di Jan II Kazimierz comportò, secondo l’autore del testo, una lacerazione profonda del regno. La piccola nobiltà, contro il desiderio dei magnati che avrebbero voluto sul trono polacco un principe straniero, riuscì ad imporre l’elezione dell’inetto (giudizio dell’autore) Michał Korybut Wiśniowiecki, figlio del più famoso Jeremy che si era distinto nella lotta contro i Cosacchi: un’elezione seguita da Platania attraverso le carte che il nunzio Marescotti costantemente inviava alla corte di Roma, quanto mai attiva nell’evitare che la corona cadesse nelle mani di un principe non cattolico.

    Il suo breve governo, non a caso definito dall’autore come infelice, fu caratterizzato dalla violenta ripresa dell’offensiva ottomana condotta contemporaneamente sia in Ungheria che contro la Serenissima Repubblica di Venezia (da ricordare la conquista dell’isola di Candia); un’azione assecondata dalle scorrerie nel regno polacco di Tartari e Cosacchi alleati tra loro.

    Platania nel capitolo dedicato al governo di Michał, bene combina gli eventi storico-militari del paese, con i fatti personali che riguardarono l’uomo Wiśniowiecki, da subito – e sempre più – incalzato dal partito filo francese guidato da quel Jan Sobieski che diverrà poi nell’immaginario collettivo dell’epoca il vero ed unico defensor fidei.

    L’armata turca guidata da Mehmet IV e dal gran visir Ahmet Köprülü conquistò l’importante fortezza di Kameniec Podolski, un evento bellico che portò di lì a poco alla ignominiosa pace di Buczacz del 1672, tanto criticata dalla Santa Sede perché con essa la Polonia cedeva all’infedele turco l’intera regione della Podolia e parte dell’Ucraina.

    Nel testo l’evento è chiarito con dovizia di riferimenti archivistico-bibliografici. L’indignazione, scrive Platania, fu enorme. La dieta fu costretta a riorganizzare in tutta fretta un esercito. che posto sotto la guida dello stesso Jan Sobieski portò nel 1673 i polacchi alla provvidenziale vittoria sui turchi a Chocim; una battaglia che procurò al gran generale il diritto a sedere sul trono alla morte di Wiśniowiecki avvenuta il 21 maggio 1674.

    Spunti di interesse maggiore riserva poi la sezione del testo che ruota attorno alla figura di Jan Sobieski, tanto alle vicende legate alla sua elezione quanto a quelle del suo governo: è proprio qui che risiede il cuore pulsante del libro. Da sottolineare come Platania abbia saputo attentamente ricostruire tutta l’azione politico-diplomatica condotta dal grande liberatore di Vienna attraverso documenti inediti scoperti nel fondo Barberini. Un fondo ricco e prezioso che l’autore ha sapientemente miscelato sia con i documenti riferiti all’allora nunzio in Polonia Opizio Pallavicini, sia a quelle del suo omologo a Vienna, ovvero quel lucchese Francesco Buonvisi – senza dubbio uno dei più capaci diplomatici di Roma – che era stato già nunzio straordinario e poi ordinario a Varsavia; entrambi attivi nelle rispettive sedi nel momento del massimo pericolo turco con l’assedio di Vienna.

    Pagine consacrate a questo evento, centrali e senza dubbio esaustive, dalle quali emerge un quadro vivo e completo che va dalle fasi che portarono alla lega stipulata tra polacchi e imperiali per la liberazione della capitale asburgica, alla trama politico-diplomatica tessuta da papa Innocenzo XI Odescalchi, grande fautore di una nuova crociata contro il nemico dell’intera cristianità.

    Fu per segno di riconoscenza per l’appoggio avuto, tanto finanziario quanto spirituale, che Jan Sobieski, una volta sconfitto il nemico ottomano e messo in fuga il gran visir Kara Mustafâ, inviò a Roma per portare al Sommo Pontefice sia lo stendardo strappato ai vinti che la lettera regia con quell’ormai famoso incipit Venimus, vidimus et Deus vicit, il suo fidatissimo segretario personale, ovvero il lucchese Tommaso Talenti, personaggio abbondantemente studiato da Platania dopo la scoperta casuale presso la Biblioteca Apostolica Vaticana della sua ricca corrispondenza con Carlo Barberini, protettore del regno dal 1681.

    È ancora una volta grazie alle carte conservate in questo fondo che l’autore è riuscito a ricostruire il soggiorno veneziano di Talenti, il quale riuscì a percepire, dopo la visita all’arsenale della città lagunare, il vivo interesse da parte della Serenissima ad entrare in guerra contro il turco e a stipulare una lega insieme ai polacchi e agli imperiali.

    Saranno le pagine successive a mettere in risalto le motivazioni e l’entità della decisione presa dalla Repubblica di Venezia di entrare nel 1684 nella Lega Santa. Un tema storiografico certamente non nuovo (si veda l’importante contributo di Domenico Caccamo citato più volte da Platania), ma che nel suo testo – seppure in forma stringata – l’autore chiarisce ed approfondisce maggiormente; soprattutto viene a legarsi quasi naturalmente alla pace eterna (1686) sottoscritta tra Mosca e Varsavia che portò di lì a poco, nel 1699, a quella pace di Carlowitz con cui si chiudeva la lunga guerra turca.

    Una data essenziale per la storia dell’Europa di centro perchè se da una parte attestava definitivamente la penetrazione e la presenza della potenza asburgica nel cuore danubiano-balcanico, dall’altra certificava l’abbandono da parte della Rzeczpospolita della sua tradizionale linea di politica estera, la stessa che l’aveva vista per secoli in lotta contro il turco; un mutamento che l’avrebbe direttamente proiettata, con il nuovo sovrano Augusto II Wettin succeduto a Sobieski, sul settore baltico.

    Con questo capitolo dedicato all’elezione a re del protestante Wettin e alla necessità di trovare un accomodamento con la Santa Sede che mai avrebbe accettato un sovrano non cattolico su quel trono, si chiude il libro di Platania. L’autore mette in luce la politica perseguita dal nuovo sovrano polacco, il suo distaccarsi dalla consueta e tradizionale lotta anti–turca per perseguire una nuova direttrice che vedrà il neo eletto avvicinarsi agli interessi di Pietro il Grande. Tutte novità che porteranno la Rzeczpospolita direttamente alle Seconda Guerra del Nord e, nel secolo successivo come gigante dai piedi d’argilla, a crollare scomparendo dalle carte geografiche.

    Un testo, dunque, colmo di riferimenti politico-diplomatici che si intrecciano non solo con la Storia dell’Europa di centro ma con la più vasta area dell’Europa continentale, e sempre con uno sguardo indagatore sulla complessità di fatti ed avvenimenti che hanno coinvolto la Rzeczpospolita all’interno dell’intrigato gioco diplomatico europeo.

    Figure come Luigi XIV, Leopoldo d’Asburgo-Austria, Jan Sobieski, Pietro il Grande, e quella fondamentale di Innocenzo XI Odescalchi, sono i protagonisti che animano l’intero volume, e che danno vita al tema centrale del libro: la lotta contro il turco, al tempo nemico di tutta la cristianità.

    Il volume si inserisce perfettamente all’interno della storia accademica e scientifica del suo autore, da sempre interessato a fornire a studenti e studiosi la conoscenza di quei materiali d’archivio che gli hanno permesso di mettere a confronto fatti e destini diversi in seno alla storia dell’età moderna. Fondatore del CESPoM (Centro Studi sull’Età dei Sobieski e della Polonia Moderna), per molti anni è stato l’ispiratore di congressi internazionali che annualmente si tenevano presso l’Università della Tuscia e ai quali hanno aderito i più importanti nomi di storici interessati alle vicende dell’Europa di centro nel secolo XVII.

    Alessandro Boccolini

    PREMESSA

    1.

    Rammentare quanto siano stati serrati i contatti tra la Rzeczpospolita e l’Europa è argomento, me ne rendo perfettamente conto, già abbondantemente studiato, così come è similmente di scarsa novità menzionare i legami che hanno unito la Santa Sede alla Polonia.

    Legami, com’è a tutti noto, che risalgono al tempo di Mieszko I Piast [935c.-992] [1] il quale, persuaso dalla moglie Dobrawa [930c.-977] [2] , figlia di Boleslao re di Boemia [?-967], decideva di abbandonare il culto pagano per passare alla fede romana [3] . Un gesto importante, quello del battesimo del duca dei Poloni, perché permetterà ai Sarmati europei di entrare trionfalmente nella storia dell’Europa cristiana benché la formazione dello stato polacco, come ha rilevato Aleksander Gieysztor, era già avvenuta con probabilità un centinaio d’anni prima [4] .

    Per attestazione di questo fondamentale incontro, si conserva ancora oggi presso la Biblioteca Apostolica Vaticana la più antica testimonianza scritta che si riferisce alla Polonia cattolica, nota come Dagome iudex [5] , documento con il quale Mieszko, mettendo il regno sotto la protezione di papa Giovanni XV [990-992], favoriva Ia costituzione della prima provincia ecclesiastica nel suo paese [6] .

    Vat. Lat. 3833, f. 87r-v.

    Item in alio tomo sub iohanne XV° papa dagome iudex et ote senatrix et filii eorum misicam et labertus, nescio cuius gentis homines, puto autem faRdos fuisse, quoniam ipsi a IIII iudicibus reguntur, leguntur beato P./ contulisse unam civitatem in integro que vocatur schinesghe cum omnibus suis pertinentiis infra hos affines, sicuti incipit a primo latere longum mare fine bruzze usque in locum qui dicituR russe et fines russe extendente usque in craccoa et ab ipsa alemura usque in terram milze recte intra oddere et exinde ducente iuxta flumen oddera usque in predictam civitate schinesghe.

    Ricostruzione del testo fatta da J. Ptaśnik

    [In nomine domini dei omnipotentis patris et filii et spiritus sancti] ego mesco iudex et Ote senatrix et filii nostri Misica et Lambertus [pro remedio animarum nostrarum donamus, tradimus atque conferimus tibi beato Petro principi apostolorum et clavigero regni celorum et per te vicario tuo domino Johanni summo pontifici et universali pape XV in potestatem ac ditionem] civitatem chenesgne in integro [cum ducatu suo, urbibus, oppidis et omnibus territoriis eius montanis ac maritimus ad eandem pertinentibus infra hos affines sicuti incipit a primo latere mare (usque in terram pruzze et a) fine pruzze usque in locum qui dicitur alemucz usque in terram milze recte oddere et exinde ducente (fine) iuxta flumen oddera usque in predictam civitatem chenesgne [eo scilicet modo ut de suprascripto ducatu annis singulis census ad partem ecclesie beati Petri apostoli persolvantur].

    Il documento, conservato sotto forma di regesto nella Collectio Canonum del cardinale Deusdedit dell’anno 1087 apre – in pratica – la strada a quei rapporti tanto intensi che in maniera continua datano fino all’attuale pontefice regnante, Giovanni Paolo II, polacco di nascita ma prima vescovo di Roma non italiano dopo 477 anni dall’olandese Adriano IV di Utrecht [1522-1523].

    Un forte legame, non v’è dubbio, particolarmente serrato dopo il Concilio di Trento quando, scrive Gerhard Ritter, conformemente ai decreti di quell’assemblea [7] , le diocesi polacche così come i seggi nel senato furono assegnati ai vescovi di indubbia e comprovata fede romana. Un modo sicuro per garantire ai cattolici la maggioranza nell’assemblea, là dove gli evangelici furono, ad esempio, completamente esclusi da ogni ufficio statale. Nello stesso tempo la restaurazione cattolica «doveva servire alla polonizzazione delle popolazioni non polacche incorporate nello Stato», una strategia che ha lasciato in quest’area chiari segni ancora oggi visibili [8] .


    [1] Sulla figura del duca dei Poloni cfr. G. Lubuda , sub voce, in PSB, 21, 1976, pp. 31-32; S. Zakrzewski, Mieszko l jako budowniczy państwa polskiego, Warszawa 1921; A.F. Grabski, Mieszko I. Warszawa 1973; J. Strzelczyk, Mieszko Pierwszy, Poznań 1992; A. Gieysztor, Mieszko I, in Poczer Królów I ksiazat polskich, Warszawa 1998, pp. 16-25, soprattutto il più recente G. Labuda, Mieszko I, Wrocław 2002.

    [2] Su di lei cfr. J. Tyszkiewicz, Dobrawa, in Encyklopedia historii Polski. Dzieje polityczne, Warszawa 1994, p. 143; J. Wyrozumski, Dzieje Polski piastowskiej (VIII wiek-1370). Kraków 1999, pp. 82, 85-86.

    [3] In generale cfr. M. Moroni, La conversione dei popoli al Cristianesimo dal secolo IV al X e le profezie d ‘Isaia, in L ‘Arcadia, III, (1918), pp. 357-374; Z. Sulowski, Le baptème de la Pologne, in Millénaire du Catholicisme en Pologne, Lublin 1969, pp. 31-86.

    [4] Cfr. A. Gieysztor (a cura), Storia della Polonia, Milano 1983, p. 21.

    [5] B.A.V., Vat. Lat. 3833, Collectio Canonum, f. 87-87b. Il documento è conservato, come è stato ricordato dal Biliński, nella Biblioteca Apostolica Vaticana e non nell ‘Archivio Segreto. Cfr.B. Biliński, I Polacchi nell ‘Archivio Vaticano e il primo trentennio dell ‘Expeditio Romana (1886-1916), in L ‘Archivio Segreto Vaticano e le ricerche storiche, 1983, pp. 37-90. Sullo specifico documento ha scritto J. Ptásnik, Dagome Iudex (...), Kraków 1911, p.28.

    [6] I brani qui proposti sono tratti da J. W. Wós, Materiali per la storia della Polonia sotto la dinastia Piast, Firenze 1980, pp. 46-49.

    [7] Il successo della controriforma, scrive lo storico polacco Tazbir, fu favorito sia dall ‘arrivo nel regno della Compagnia di Gesù [1565], sia dall ‘accoglimento dei decreti del Concilio di Trento da parte del sovrano Sigismondo II Augusto Jaghellone [dieta dell ‘agosto 1564] consigliato dal cardinale Hosio il quale, più di ogni altro svolse un intenso lavoro pastorale nel paese sorretto, in questo suo impegno, dal nunzio pontificio Giovanni Commendone. Cfr. D. Caccamo, Il rinnovamento cattolico nell’Europa orientale, in Storia della Chiesa, vol. XVIII/2: La Chiesa nell’età dell ‘assolutismo confessionale. Dal Concilio di Trento alla pace di Westfalia (1563-1648), a cura di ç. Mezzadri, Milano 1995, pp. 221-227.

    [8] Fu così che il «polonismo e il cattolicesimo si fusero intimamente, e la lotta religiosa dei protestanti fu in larga misura anche una lotta per la conservazione della nazionalità avita» G. Ritter, Die Neugestaltung Europas im 16. Jahrhundert, Berlin 1950 (trad. It., La formazione dell ‘Europa moderna, Bari 1994, p. 514).

    2.

    Definito pertanto il tema, la Polonia del XVII secolo, mi sono messo alla ricerca della relativa documentazione d’archivio, cercando di rintracciare soprattutto nei documenti vaticani, particolare campo dei miei più che decennali interessi, fatti ed eventi che mi avrebbero permesso di delineare con maggiore attendibilità questo preciso segmento storico. Una preferenza caduta soprattutto sulle carte inviate e/o ricevute dai diversi rappresentanti della Santa Sede che si sono avvicendati nella nunziatura di Varsavia [1] .

    Tavola nr.1

    Nunzi Pontifici ordinari in Polonia in età moderna

    [2] [3]

    [4] [5]

    Nella ricerca di notizie ed informazioni, non ho – tuttavia – mancato di consultare altre fonti dove la realtà polacca del XVII secolo poteva essere presente. Dunque, ho verificato e confrontato specifici avvenimenti diplomatici, minuzie relative alla vita di corte ecc., anche attraverso agli avvisi, un particolare documento considerato da alcuni come punto di partenza del moderno giornalismo. [6]

    A questo proposito Mario Infelise scrive che gli avvisi furono uno «strumento corrente per far circolare nella maniera più rapida possibile le notizie politiche e militari», mezzi informali di quella che viene solitamente detta comunicazione sociale e che animeranno in qualche modo, durante tutto il Seicento, la «prima opinione pubblica» europea. [7] Anzi, proprio per la loro importanza, per l’informazione che spesso contenevano, gli avvisi erano oggetto di ripetute copie che passavano di mano in mano e consultate sia dall’aristocratico, dall’addetto alla cancelleria, dal diplomatico, sia dal popolino minuto. [8] Per certi versi, gli avvisi manoscritti, proprio per il loro carattere privato, contenevano notizie sicuramente più varie rispetto a quelle riprodotte negli avvisi a stampa, i quali, destinati al grosso pubblico, trattavano questioni di grande risonanza, mentre tralasciavano le minuzie a volte, come si è detto, più interessanti per meglio definire, sotto l’aspetto sociologico, la società dell’epoca.

    Studiando con particolare attenzione gli avvisi manoscritti riuniti nel volume Barb. Lat. 6571 [9] e indirizzati a Roma al cardinale Carlo Barberini [1630-1704] [10] da Giovanni Battista Romanini, residente polacco a Vienna, ho riscontrato una particolare curiosità relativa, non tanto al contenuto del documento e/o all’informazione che offre, quanto alla sua stesura. In concreto, la singolare peculiarità è data dall’indicazione, nello stesso documento, di due differenti luoghi di spedizione, nonché di due distinte date.

    Tavola n.2

    (Prima data e primo luogo) (Sec. Data e sec. luogo) (Destinazione ultima)

    Varsavia e/o Cracovia → Vienna → →Roma

    [es. 1 dicembre 1699] [es. 12 dicembre 1699]

    Nel primo caso viene indicato il luogo dove l’informazione è stata raccolta e da dove viene poi inviata al Romanini mentre, nel secondo, al contrario, si allude alla data e al luogo da dove il nostro residente (=vedi Vienna) invia il foglio al committente, dopo aver aggiunto qualche particolare notizia riguardante la corte degli Asburgo e/o più in generale sull’impero.

    Per incarico del porporato romano, il residente polacco a Vienna rastrella le informazioni da persone a lui legate e presenti nel regno dei Sarmati europei e/o nell’area dell’Europa di centro’’, per poi inoltrarle direttamente al suo interlocutore", dal quale erano attese con autentico interesse. Del resto era ovvio che il cardinale protettore, proprio per la sua peculiare carica, fosse particolarmente desideroso di conoscere con precisione la reale situazione politico-diplomatica del regno chiamato a proteggere, pronto a risolvere, dove possibile, eventuali contrasti.


    [1] H.D. Wojtyska, Acta Nuntiaturae Polonae, t. I, De fontibus eorumque investigatione et editionibus. Instructio ad editionem (...), Roma 1990.

    [2] Il cardinale Commendone torna in Polonia in qualità di legato dal 1571 al 1573. Cfr. H.D. Wojtyska, Acta Nuntiaturae Polonae, t. I, op. cit., pp. 219-220 e bibliografia ivi citata.

    [3] Nel 1592 il cardinale polacco Jerzy Radziwiłł ricopriva l ‘ufficio di legato a latere. Ib., p. 234 e bibliografia ivi citata.

    [4] Tra il 1596 e il 1597 mandato in qualità di legato a latere il cardinale Enrico Caetani, Ib., pp. 238-240 e bi-bliografia ivi citata.

    [5] Paolucci Fabrizio [1651-1726] vescovo di Ferrara, nunzio straordinario in Polonia nel 1698. Cfr. H.D. Wojty-ska, Acta Nuntiaturae Polonae, t. I, op. cit., pp. 2278-288 e bibliografia ivi citata.

    [6] Cfr. F. Fattorello, Le origini del giornalismo in Italia, Udine 1929; C. Barbieri, Storia e vita del giornale, Padova 1942; C. Capra-V. Castronovo-G. Ricuperati , La stampa italiana dai Cinquecento all ‘Ottocento, Bari 1986. Per gli avvisi manoscritti e/o a stampa cfr. S. Bongi, Le prime gazzette in Italia, in Nuova Antologia, XI, (1869), pp. 311-346; R. AnceL Etude critique sur quelques recueils d ‘avvisi, in Mélanges d ‘Archéologie et d ‘Histoire, 28 (1908), pp. 115-139; K. Repgen, Zür Diplomatik der Nuntiaturberischte: Dienstvorschrift für das Abfassen von Avvisi aus dew Jahre 1639, in Rönski Quartalschrift, 49, (1954), pp. 123-126.

    [7] M. Infelise, Gli avvisi di Roma. Informazione e politica nel secolo XVII, in La Corte di Roma tra Cinque e Seicento. Teatro della politica europea, a cura di Gianvittorio Signorotto e Maria Antonietta Visceglia, Roma 1998, p. 189. Più in generale per una maggiore informazione sulla funzione informativa della stampa si veda Zeitschriften und Zeitungen des 18 und 19 Jarhunderts in Mittel-und Osteuropa, a cura di I. Fried, H. Lemberg und E. Rosenstrauch Königsber, Berlin 1986.

    [8] Le informazioni che giungevano, ad esempio, dall ‘assedio di Vienna [1683], furono oggetto di diverse copie che circolarono per tutta l’Europa. Cfr. M. Brahmer, Powinowactwa polsko-wloskie. Z dziejów wzajemnych stosunków kulturalnych, Warszawa 1980, p. 138. Sopra questo tema si veda anche l ‘articolo di J. Wójtowicz- K. Maliszewski, La campagna di Vienna del 1683 alla luce della raccolta di informazioni di Carlo Cartari, in Studia Italo Polonica, 4, (1991), pp. 53-67.

    [9] B.A.V., Barb. Lat. 6571, Avvisi di Polonia mandati dal 22 dicembre 1693 al 29 dicembre 1700 al cardinale Carlo Barberini protettore del regno di Polonia da Giovanni Battista Romanini residente in Vienna, ff. 1r-419v.

    [10] Ricopriva dal 1681 l‘incarico di cardinale protettore del regno. Su di lui cfr. A. Merola, sub voce, in DBI, vo. IV, 1964, pp. 171-172; G. Platania , La Polonia nelle carte del cardinale Carlo Barberini protettore del regno, in Accademie e Biblioteche d ‘Italia, LVI, 2, (1988), pp. 38-60; Ib., La nomina di Carlo Barberini a protettore di Polonia (1681) in alcune lettere inedite conservate nel fondo Barberiniano della Vaticana, in Per sovrana risoluzione. Studi in ricordo di Amelo Tagliaferri, Gorizia 1998, pp. 251-224.

    I. POLITICA E RELIGIONE NELLA POLONIA DELL’ULTIMO WASA

    1.1

    Le vicende politiche e religiose riguardanti la Polonia tra la prima e la seconda metà del XVII secolo, sono fortemente intrecciate al nome della principessa italo-francese Ludwika Maria Gonzaga Nevers [1612-1667] [1] la quale, nel regno dei Sarmati europei, seppe svolgere con vero successo il compito di prawdziwa rządziocha (=autentica governante) [2] come non si vedeva dal tempo dell’italiana Bona Sforza [1494-1557] [3] .

    Un ruolo politico che la impegnò a contrastare) congiuntamente a Jan II Kazimierz [1609-1672] [4] , suo secondo marito [5] , sia la rivolta dei cosacchi Zaporoghi capeggiati dall’atamano Bohdan Chmel’nickij [1593-1657] [6] , sconfitti poi «con molta lor confusione» [7] nel giugno 1651 dall’esercito regio presso Beresteczko, sia l’incursione delle truppe dello zar moscovita Aleksej Michajlovič [1629-1676] [8] , che conquistata prima Kiev e successivamente Smoleńsk [9] , entrava trionfalmente a Wilna dove si proclamava gran duca di Lituania:

    Aggiongono inoltre le stesse lettere di Cracovia che il Gran Duca di Moscovia si trovasse personalmente nella città di Vilna, metropoli della Lituania, dove con inumana barbarie avea fatti tagliare a pezzi a sangue freddo da 15 mila persone d’ogni sesso [10] .

    Tutto questo non era - però - ancora sufficiente. Anzi alla Polonia non fu risparmiata in questi anni neppure la rivolta interna guidata da Jerzy Sebastian Lubomirski [1616-1667] [11] così funesta per la nazione, dal momento che si andava ad assommare all’invasione delle truppe dello svedese Carlo X Gustavo [1622-1660] il quale, rotta la tregua di Sztumska Wiés [12] , approfittando dello scontro cosacco-polacco, decideva di occupare vastissimi territori della Rzeczpospolita compresa Varsavia. Sicché, devastata e saccheggiata - volta per volta - da svedesi, brandeburghesi e transilvani, la capitale subiva «con poco contrasto» e suo malgrado, il drammatico e forzato stazionamento di truppe straniere:

    Di Polonia avvisano essersi il Re di Svezia con poco contrasto reso padrone della città di Varsavia [...]. Oltre che stavano per cadere nelle mani de’ Cosacchi le piazze di Caminietz Podolschi et altri luoghi non potendo resistere che per pochi giorni [13] .

    Fu peraltro al giungere dell’esercito nemico alle porte di Cracovia (antica capitale del paese) [14] , che il sovrano polacco prendeva la decisione di abbandonare precipitosamente il campo, trovando rifugio a Tarnów [15] e successivamente a Głogówek, in Slesia, accompagnato dalla consorte intenzionata a fronteggiare, più del marito, la gravissima situazione:

    Il Re s’è ritirato a Tarnów perché ha veduto che la nobiltà non si vuol difendere e massime quella di Cracovia e la soldatesca pagata cominciò la maggior parte a tumultuare per mancamento di denari, benché si protestasse di voler esser fedele mentre fusse pagata [16] .

    Quale la causa scatenante che aveva indotto la potenza nordica, sostenuta - a dire il vero - da gran parte della stessa szlachta, ad entrare così prepotentemente in territorio polacco? Secondo l’informazione data alla Segreteria di Stato da monsignor Pietro Vidoni [1610-1681], nunzio apostolico a Varsavia [17] , a spingere gli svedesi ad intraprendere un’azione militare contro i Sarmati europei, c’era in sostanza la decisione di «voler la cessione del titolo di Re di Svezia che usa questa Maestà» [18] .

    Un motivo chiaramente di facciata che nascondeva deliberatamente l’aspetto più politico della strategia militare orchestrata da Carlo Gustavo, concretatosi poi nella volontà di allargare l’autorità di quel sovrano nell’area livonese ancora soggetta al governo di Varsavia con l’acquisto d’importanti porti che si affacciavano nel mar Baltico.

    Se la rinuncia al titolo regio era l’appiglio per nascondere, almeno ufficialmente, le reali intenzioni di una più importante operazione d’egemonia, la questione veniva, nondimeno, vagheggiata da entrambi i fratelli Wasa che non avevano mai perso la speranza di poter tornare un giorno a sedere sul trono di Stoccolma già appartenuto a Zygmunt III Wasa [1566-1632], loro genitore [19] .

    Lo stesso Jan Kazimierz, ancora cardinale, all’indomani della morte di Władysław IV [1595-1648] [20] , prima che la dieta d’elezione lo scegliesse quale nuovo e legittimo sovrano di Polonia [21] in concorrenza con il fratello minore Karol Ferdinand Wasa [1613-1655] [22] , aveva assunto pubblicamente il titolo di re di Svezia pretendendo che fosse trattato con i riguardi dovuti ad un sovrano seppure nominale, come scriveva al cardinale Panciroli Giovanni de Torres Giovanni de Torres [1605-1662], in quel momento nunzio pontificio a Varsavia [23] .

    Il Signor Cardinale Casimiro assunto il titolo di Re dì Svezia giunse qua giovedì 25 de’ passato, ed avendo dal Serenissimo Principe Carlo Ferdinando, da Monsignor Arcivescovo di Gnesna Primate del Regno e da tutti questi altri Signori ricevuto tutti lì trattamenti e titoli dovuti ad un Re. Io mi risolsi di visitarlo come feci, sabato 27 pure del passato e fui accolto dalla sua Corte e da Sua Maestà istessa con divozioni di grandissima cortesia e più dell’usato [24] .

    Rivendicazioni dinastiche che non avevano) né avrebbero potuto avere, alcuna soluzione pratica, mentre altri erano i problemi ai quali il sovrano polacco fu chiamato con forza ad indicare una via d’uscita. È in presenza del potop (=diluvio svedese), che Jan Kazimierz resterà sgomento e sorpreso [25] . Soprattutto rimarrà allibito nel costatare come la diplomazia internazionale fosse, almeno in questo momento, insensibile alle ripetute richieste di soccorso lanciate da Varsavia. A smuovere dal torpore e dall’apparente indifferenza, non valsero neppure i pressanti inviti fatti dalla stessa Ludwika Maria all’indirizzo di Ferdinando III d’Asburgo [1608-1657] al quale la sovrana chiedeva ripetutamente di autorizzare, seppure in segreto, qualche levata in Germania [26] . L’irremovibile diniego dell’imperatore ad accogliere un tale accorato richiamo, fu censurato con forza dagli stessi sovrani polacchi che non mancarono di far sentire il loro disappunto al rappresentante pontificio sperando di vedere con ciò la Santa Sede, sempre attenta alla difesa degli interessi cattolici in un’area fortemente scismatica, farsi mediatrice in questa circostanza.

    La corte di Varsavia si sentiva abbandonata al proprio destino, e spingeva affinché fosse conformata da parte romana la più volte annunciata disponibilità all’elargizione del denaro necessario a fronteggiare una così drammatica situazione. In effetti, ancora nel settembre 1655, monsignor Pietro Vidoni dovrà accertare l’opposizione di Vienna a soccorrere i Sarmati europei, una posizione intransigente che avrebbe potuto provocare) almeno secondo il giudizio che lo stesso nunzio aveva espresso alla Gonzaga Nevers durante un colloquio privato, «la perdita totale del regno» [27] .

    Per quanto nei sovrani polacchi albergasse ancora una debole speranza per un possibile appoggio da parte imperiale, tutto crollò con il ritorno a Głogówek del Visconti, latore delle negative - ed ufficiali - risposte di Ferdinando d’Asburgo. Visconti ragguagliò sulla difficile, quanto inutile, missione viennese e non mancò neppure d’informare la coppia reale del pressante intervento svolto dal D’Elce [28] , nunzio pontificio a Vienna, che aveva tentato in ogni modo di far recedere l’Asburgo dall’intransigente posizione, senza «il di cui aiuto - scrive Vidoni - io vedo le cose instradate a maggiori precipizi»:

    Il signore Residente Visconti appena gionto da Vienna ha voluto favorirmi, né potrei mai a bastanza ridire a Vostra Signoria Illustrissima quanto si sia lodato degli uffici di quel monsignor nunzio interposti con Sua Maestà Cesarea replicatamente e con vivezza e caldezza uguale al bisogno. Io l’ho pregato di testificarlo anco a Sua Maestà perché s’accerti sempre più quanto Sua Beatitudine prema non meno a riparare i pregiudizi della Religione cattolica che delle sue fortune. Le ho soggiunto ch’appunto Nostro Signore con le ultime delli 9 mi faceva significare di non lasciar anco in quella sera d’inviarne nuovi ordini a Monsignor e che poteva esser certo che non aveva Sua Beatitudine cosa più a cuore di questa e m’ha aggionto che gl’uffici di Nostro Signore in quella corte sono in stima uguale al concetto che porta Sua Maestà Cesarea della gran virtù e pietà di Sua Beatitudine e che però saranno i mezzi più efficaci per ottenere l’intento da Sua Maestà Cesarea senza il di cui aiuto io vedo

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