Carmina

Di Luca Centoni

Nell’era di Facebook, Twitter, WhatsApp e oltre, pare ovvio reinterpretare il linguaggio, e di conseguenza la comunicazione, sia a livello formale che contenutistico. In questo contesto social che ruolo può essere ancora attribuito alla poesia? Ammesso che si riesca prima a intenderci su che cosa si intende (non casuale bisticcio di parole) per poesia, alla fine il valore della poesia è quello che essa ha sempre avuto. Essa parlerà della bellezza, del dolore, dell’amore e della morte e grazie alla forza evocativa che possiede, riuscirà a entrare nella sfera dei sentimenti e delle emozioni di chi legge, sempre rinnovandosi e mutando significato e significante al mutarsi dello stato d’animo del lettore.

Si può scrivere una poesia con la stessa leggerezza con cui si scrive un messaggino? O ancora si scrive solo esigendo da se stessi un profondo esame di coscienza, un rinnegamento di sé, e – non ultimo – un doloroso scontro con la struttura linguistica?

Nel caso della poesia di Luca Centoni è impossibile rispondere in un senso piuttosto che in un altro.

I suoi versi sono una discesa nell’abisso del cuore delle donne che ha incontrato, amato, perduto, abbracciato. Un cuore illuminato da lampi, popolato di progetti, di sogni e di delusioni, di confessioni, e di contrasti, altamente vitale. Carmina, silloge emblematica a partire dal titolo, è la sintesi delle sue esperienze relazionali.

Liriche legatissime fra loro, in parte concatenate, in parte attraversate da fili addirittura lessicali non mancano di scissioni interiori, proliferare di voci intime e talvolta laceranti che pure accompagnano il poeta lungo un percorso di felicità istintivo e infuocato, ma nello stesso tempo pacificante.

• Lingua: Italiano
• Editore: Giovane Holden Edizioni
• Data di uscita: 1 lug 2016
• ISBN: 9788863968897

Anteprima del libro

giunta...

Prefazione

Anni fa, sul quotidiano Avvenire, apparve un interessante editoriale di Maurizio Cucchi dal titolo Amare la poesia a scuola: è oggi possibile?, in risposta a Davide Rondoni, che aveva suggerito (era, penso, una provocazione) di togliere la poesia dall’insegnamento scolastico obbligatorio, lasciandola ad una più felice scelta, esente da equivoci…

Lo stesso Alberto Bevilacqua, il cui ricordo è rimasto, dolorosamente intatto, in noi, si lamentava, proprio allora, di una poesia divenuta, a suo avviso, un semplice oggetto scolastico, legato a parafrasi e gelide composizioni… Non esisteva ancora, come adesso, la ricerca, pur utile se ben dosata, delle cosiddette figure retoriche. Al di là di tutte le carenze della nostra scuola, va, però, detto – e parlo per esperienza diretta – che, da noi, esistono non pochi docenti preparati e sensibili che amano e trasmettono poesia ai loro giovani o giovanissimi studenti.

La poesia vive, e