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I casi del destino
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E-book157 pagine2 ore

I casi del destino

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Info su questo ebook

Francesco ha ventisei anni e sta per laurearsi in Fisica. Scrive per passione e per necessità. La fine improvvisa e inaspettata della sua relazione con Chiara lo costringe a rivedere e riorganizzare la sua esistenza. La tesi di laurea che stenta a decollare e gli strascichi di un legame sentimentale durato cinque anni lo portano a fronteggiare un periodo di forte stress emotivo. Francesco però è deciso più che mai a riprendere in mano le redini della propria vita ed è aiutato in questo da Marco, suo grande amico. Attraverso viaggi e discussioni che mostrano il desiderio di conoscenza e la connessione profonda dei due amici, Francesco sembra intravedere la fine del tunnel e pensa di aver voltato pagina. Il caso o la fatalità piombano all'improvviso per scrivere l'ultima pagina di questa storia.
 
LinguaItaliano
Data di uscita21 lug 2016
ISBN9786050486629
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    Anteprima del libro

    I casi del destino - Filippo Mammoli

    Milaneschi

    Capitolo 1

    Si è davvero vivi solo nel momento in cui si percepisce che non durerà per sempre

    FILIPPO MAMMOLI

    Finalmente. Le parole arrivavano, e senza alcuno sforzo. Con la potenza straripante di un fiume che invade le strade di un paesino, come nella canzone Dolcenera di De André che, per una straordinaria coincidenza, stava uscendo in quel momento dalle casse del suo stereo. Era da più di tre mesi che non riusciva a scrivere una singola riga, e sì che ci aveva provato. Con convinzione, determinazione, tenacia, caparbietà. Troppa. Eppure lo sapeva, anche se non riusciva ad accettarlo passivamente, che scrivere e raccontare è una di quelle cose che riescono bene, o riescono e basta, se ci si lascia andare diventando quasi spettatori del miracolo creativo. Quel prodigio che permette al flusso dei pensieri di trasformarsi in inchiostro sulla carta o in pixel neri sullo schermo del computer. Questa immagine lo aveva sempre affascinato nel profondo. Gli era sempre piaciuto infatti pensare all'atto dello scrivere come se fosse una vera e propria creazione, una materializzazione del pensiero.

    Troppe volte e a qualsiasi ora del giorno e della notte aveva tentato invano di sporcare lo schermo luminoso e bianco, di un bianco così abbagliante, che pareva fatto apposta per accecarlo e rimproverarlo dei continui piccoli fallimenti, che rischiavano col tempo di diventare grandi e insormontabili. Aveva dimenticato tutto e tutti negli ultimi mesi e questo, come stava per capire, non lo aveva aiutato a superare il famigerato blocco dello scrittore, da cui si era sempre creduto immune, essendo arrivato al suo terzo romanzo in tre anni.

    Poi successe che le parole, o meglio le immagini, gli si rovesciarono addosso all'improvviso, proprio quando stava per uscire a fare una passeggiata nel parco dietro casa.

    Il buio fitto della sua mente creativa fu rischiarato in un istante come da un flash o meglio, come da una serie di lampi in una notte tempestosa. La scarica di adrenalina che attraversava il suo corpo era così forte da diventare insopportabile.

    Per questo motivo mollò tutto quanto aveva in mano, chiavi, libro e cellulare direttamente sul pavimento e iniziò a scrivere alla vecchia maniera per risparmiare tempo, cioè con carta e penna anziché sul notebook. Cambiò idea dopo quasi un'ora e corse ad accendere il pc portatile, quando il braccio e la mano iniziavano a fargli male, data la scarsa abitudine a quel gesto desueto. Ormai i canali dell'ispirazione erano aperti e non correva più nessun rischio a interrompere il flusso creativo per pochi minuti.

    Si sentiva come sospeso nel tempo, fuori dallo spazio ordinario, in una dimensione parallela dove il suo stato di grazia lo aveva proiettato istantaneamente regalandogli l'imperturbabilità.

    Si estraniò a tal punto dal mondo circostante e da se stesso, dai suoi bisogni più elementari e quotidiani, che scrisse per ore e ore ininterrottamente.

    Aveva avuto l'impulso iniziale intorno alle undici del mattino, e a parte una breve pausa per andare in bagno, non si fermò mai, dimenticandosi persino di mangiare. Continuò a scrivere tutta la notte in uno stato che, a poco a poco, da euforico diventò febbrile fino a quando, alle prime luci dell'alba, crollò esausto addormentandosi sul tavolo del soggiorno.

    Fu risvegliato alle undici da una telefonata di Marco, uno dei suoi migliori amici, che non sentiva da qualche giorno. Per alcuni secondi il trillo del telefono entrò a far parte del sogno sotto forma di campane a festa, segno inequivocabile che il suo inconscio desiderava prolungare il sonno, poi riuscì finalmente a realizzare e svegliarsi per raggiungere il cordless abbandonato sul divano.

    «Ciao Francesco, ancora in letargo?» esordì Marco.

    «No no, ero un attimo in bagno e non trovavo più il telefono» rispose Francesco colto in fallo «sai come succede con questi cordless, pare che abbiano le gambe, li lasci sul letto in camera e li ritrovi sul divano.»

    «Sì sì, va bene ho capito, come vuoi. Senti, hai idea di continuare a rincorrere telefoni animati per tutto il giorno, o pensi di uscire un po' ché mangiamo qualcosa insieme e ti riprendi un attimo?»

    «Ok d'accordo» confessò infine Francesco «ammetto che stavo dormendo ma ieri ho avuto una giornata intensa e movimentata, così ho fatto un po' tardi.»

    «Dai!» esplose allora Marco «dimmi che non eri solo e che magari...»

    «No, infatti non ero solo» lo interruppe Francesco «eravamo due, anzi tre o forse quattro.»

    «Adesso mi stai prendendo per il culo!»

    «Dici? Ma no dai, è solo che ho ricominciato a scrivere» rispose Francesco «e non riuscivo a smettere, è stato come scoperchiare una pentola che bolliva sotto da troppo tempo.»

    «Aaaah! e io che pensavo chissà che cosa. Però sono contento per te, dico davvero. Anche se ormai sono due mesi che tu e Chiara vi siete lasciati, per cui sarebbe anche ora che» Marco si fermò, come a lasciar intendere qualcos'altro.

    «E infatti era da oltre due mesi che non riuscivo più neanche a scrivere una parola e magari questo è un nuovo inizio» disse Francesco deludendo le aspettative dell'amico.

    «Lo spero per te, ma tu hai bisogno di uscire, devi riaprirti al mondo e soprattutto hai bisogno di qualche nuova conoscenza, in senso biblico! Dammi retta, spesso per non dire sempre, è la medicina di tutti i mali.»

    «Sì certo Marco, in senso biblico ovviamente. Arriverà il momento ma adesso non me la sento di forzare.»

    «Affidati a me e lascia che ti porti un po' in giro nei locali che frequento abitualmente e poi vedrai che la forzatura dovrai farla per resistere a tutte le occasioni che ti si presenteranno. Ci vediamo al circolo tra mezz'ora, d'accordo?»

    «Bene. Ciao.»

    «Ciao.»

    Marco era una persona che a prima vista poteva sembrare molto diversa da Francesco, soprattutto esteriormente. In realtà la loro intesa e la loro sintonia andavano ben oltre le apparenze e le differenze superficiali. L'amicizia che li legava era molto profonda e si conoscevano praticamente da sempre, addirittura dall'asilo d'infanzia del paesino di provincia in cui abitavano entrambi.

    Li univano molte cose dalle più banali come la passione per il calcio o l'interesse per la musica. Avevano visto insieme molti concerti rock e pop ma i loro divertimenti musicali non si fermavano qui. Si trovavano infatti spesso a casa di Marco per eseguire brani dei Pink Floyd o di Vasco, con Francesco che cantava e Marco che suonava la chitarra o il piano, di cui prendeva lezioni da alcuni mesi.

    Erano intimamente legati da un comune modo di sentire e pensare la vita, anche se poi ognuno dei due vi si rapportava diversamente. L'amore per le arti e in particolare la letteratura occupava molte delle loro discussioni.

    Erano entrambi lettori molto assidui e spesso si passavano i libri anche se i loro gusti non erano completamente sovrapposti.

    Riguardo poi al look, Marco curava ogni dettaglio e poneva molta attenzione all'abbigliamento a differenza di Francesco, che era un tipo molto più sportivo da quel punto di vista. Marco era elegante anche nel portamento e utilizzava tutto il suo fascino per lanciarsi nella conquista femminile. Gli piacevano le sensazioni che derivavano dalla conoscenza di donne sempre diverse, in una ricerca estenuante che forse era anche e soprattutto ricerca di se stesso. Aveva bisogno di conoscersi e scoprirsi attraverso il riflesso nell'animo femminile e le emozioni che lui era in grado di suscitare in ognuna delle sue partner. Il modo di rapportarsi all'altra metà del mondo li divideva nettamente ed era stato spesso oggetto di discussione o di vera e propria lite, perché li poneva su sponde diverse dal punto di vista del divertimento e faceva sì che per loro fosse differente lo scopo delle uscite notturne in discoteca o nei locali.

    Per questo e forse un po' anche per gelosia Marco aveva avuto pessimi rapporti per almeno due anni con Chiara, l'ex fidanzata di Francesco.

    Era una cosa questa che Francesco non aveva mai capito bene fino in fondo e non era mai riuscito a farla combaciare con l'intelligenza di Marco, sulla quale non aveva mai nutrito alcun dubbio, anche nei momenti di maggior distanza tra di loro.

    Nella sua estrema razionalità Francesco aveva commesso un errore piuttosto comune, trascurando una verità ovvia e intramontabile: tutti gli uomini, anche i più intelligenti, possono rimanere talvolta prigionieri delle loro emozioni più primitive.

    Ma dopo un periodo burrascoso che li aveva portati quasi a non parlarsi più, e che era durato qualche mese, si erano riavvicinati e ritrovati amici in un modo così profondo come forse non lo erano mai stati prima.

    E da quando Francesco era tornato single o meglio, sul mercato, come preferiva dire Marco, la loro frequentazione si era fatta più assidua e quasi quotidiana.

    Ma per quanto Marco insistesse, Francesco ancora non usciva con l'intenzione reale di rimettersi in gioco e fare nuove conoscenze femminili.

    Troppo fresche erano infatti le sue ferite e c'erano ancora migliaia di ricordi e sensazioni che gli restavano appiccicate sulla pelle come tatuaggi, legandolo a Chiara.

    Sapeva che doveva voltare pagina, sapeva che Chiara apparteneva al passato, ma era ancora il suo passato, e voleva seppur inconsciamente restarvi aggrappato fino a quando non fosse svanito da solo come la nebbia primaverile.

    Avvertì impellente il bisogno di una doccia, per svegliarsi e rilassarsi provando a riorganizzare i pensieri su quanto gli stava accadendo negli ultimi mesi.

    Appena aperto il rubinetto si sentì invadere da una sensazione piacevolissima, non era solo la carezza calda e avvolgente dell'acqua sulla pelle, ma qualcosa di molto più profondo e forte.

    Gli accadeva spesso da qualche settimana di passare piuttosto rapidamente da momenti di depressione ad altri di vera e propria euforia. Durante questi ultimi si sentiva come non mai padrone del suo destino che adesso gli appariva stimolante proprio perché sconosciuto anche e soprattutto dal punto di vista sentimentale.

    Ripensava a se stesso e a come si era modificata più volte nella sua vita la percezione del suo io, di come gli ultimi eventi lo stavano portando a guardare al tempo in generale, sia passato che futuro, con occhi completamente diversi.

    A riprova del fatto che la sua vena creativa sembrava essersi riaperta definitivamente, numerose immagini molto vivide si succedettero nella sua mente, tanto che sentì l'impulso improvviso, o meglio l'urgenza di fissare sulla carta questi pensieri e si precipitò fuori dalla doccia immediatamente. Il tempo di indossare l'accappatoio e scrisse così, di getto, senza fermarsi a riflettere neppure per un istante.

    Uno non molteplice

    vorrei percepirmi nell'ingorgo scostante

    degli eventi,

    nel traffico palpitante di esistenze

    del panta rei universale.

    Mi vedo invece attraversare

    opposti e paralleli stati

    dell'inconscia coscienza,

    allontanandomi dall'io svanito

    nel pozzo labile

    della memoria

    tenace custode di fastidiose repliche,

    con la dolorosa agilità

    di un camaleonte dello Spazio

    e del Tempo.

    Appare allora possibile intuire,

    in languidi attimi

    di marmorea tranquillità,

    il principio sovrano

    di ogni umana stortura:

    l'assurda pretesa di porre fine

    all'ancipite battaglia

    del divenire,

    all'equilibrio instabile tra potenza

    e atto,

    nel vano tentativo

    di possedere l'attimo

    che non esiste.

    Non era la prima poesia che scriveva, ma questa rispecchiava come nessun'altra il suo stato d'animo momentaneo così complesso e contraddittorio, ma al contempo del tutto limpido nella sua mente.

    Se avesse dovuto descriverlo con parole normali,

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